13
Lug
2009

Sangue sudore e lacrime

Il 4 Luglio l’Economist ha scritto (p 26) che l’ottimismo di Berlusconi rischia di rendere ancora più improbabili le riforme di cui l’Italia ha bisogno, e che questo Governo (tanto quanto il precedente) non sembra neanche in grado di concepire. Certamente, del resto, non ci si può aspettare nulla di buono da un Ministro dell’Economia colbertista e da conti pubblici che stanno esplodendo, con un deficit salito al 9%, ma il tempo corre.

Eppure, ricorda l’Economist, se l’Italia fosse governata da un leader in grado di spiegare la gravità della crisi agli italiani, forse qualcuno lo seguirebbe, come quando si rese necessario sacrificarsi per entrare nell’euro. Se la crisi non esiste, d’altra canto, come giustificare profonde e dolorose riforme? Continuiamo ad illuderci di vivere nel paese dei balocchi.

A furia di dire che la crisi è un fenomeno puramente psicologico (e fare pressioni dissuasive su chi afferma il contrario), prima o poi il Governo proverà a curarla facendo incetta di Prozac. Bisognerebbe invece piantarla con questa recita e mostrare almeno per una volta un po’ di fegato. Ma, si sa, “il coraggio uno non se lo può dare”.

12
Lug
2009

Grandi, grosse e stupide oppure intelligenti?

Interessante dibattito sulle smart grid – una delle presunte panacee per salvare il sistema elettrico dal suo peccato originale – tra Lynne Kiesling (qui le parti uno, due, tre, quattro e cinque del suo intervento), Ken Maize (qui) e Robert Michaels (qui e qui). Le reti intelligenti possono essere un’idea furba da tanti punti di vista, ma certo l’argomento di Michaels secondo cui la sicurezza dell’approvvigionamento elettrico può essere garantita solo da reti robuste e ridondanti, ancorché stupide, non è da buttar via.

11
Lug
2009

Londra, la capitale del Capitale in fermento

La bozza di direttiva europea sui fondi alternativi di investimento continua a fare discutere. In attesa della prossima mossa della Commissione Europea, il primo cittadino di Londra, Boris Johnson, attacca duramente la proposta. Il sindaco, in un intervento alla Royal Opera House, critica duramente la scelta di regolamentare un settore non direttamente responsabile della crisi.

Se da un lato appare evidente come Johnson voglia tutelare i propri interessi, l’industria Hedge e Private Equity infatti è concentrata per un buon 80% nella City, dall’altro appare altrettanto chiaro come questa normativa rischi di penalizzare non solo la città di Londra ma tutta l’Europa.

I limiti sul leverage e gli alti costi di implementazione potrebbero innescare una pericolosa fuga di capitali (da qui la preoccupazione del sindaco) dall’Europa verso i mercati meno regolamentati di New York e Shangai, con buona pace dello storico primato di capitale del business della City.

11
Lug
2009

Nucleare dove?

L’approvazione del ddl sviluppo ha scatenato una pluralità di reazioni, di segno diverso ma generalmente esagerate, sul possibile ritorno dell’Italia al nucleare. Infatti, bene o male, i tre articoli filo-nucleari della legge (gli articoli 25, 26 e 29) delineano l’inizio di un percorso ma si tratta, appunto, dell’inizio. Al di là degli aspetti singolarmente positivi o negativi, comunque, il governo ha dato un segnale importante in merito alla sua reale volontà di procedere su questa strada. Infatti, l’esecutivo ha sei mesi di tempo per mettere nero su bianco il suo progetto – con tanto di definizione degli standard, criteri per l’individuazione dei siti, norme di costruzione, esercizio e smantellamento degli impianti, eccetera. Si poteva fare meglio? Certo: per esempio si poteva evitare di assegnare al Cipe (?) il compito di scegliere la tecnologia, e si poteva creare un’Agenzia di sicurezza degna di questo nome. Si poteva evitare di mettere le mani su Sogin e si poteva evitare di attaccare ripetutamente l’indipendenza dell’Autorità per l’energia (a proposito: appuntamento a settembre per il prossimo round, mi dice la mia sfera di cristallo). Si poteva evitare tutto questo e si poteva fare meglio quel che si è fatto, ma, nella misura in cui il meglio è nemico del bene, qualcosa lo si è fatto e da lì bisogna partire. Quindi, come ha scritto oggi Il Foglio, “tre hurrà per Claudio Scajola” e speriamo che usi la finestra di opportunità che lui stesso ha aperto per mettere i puntini giusti sulle rispettive “i”. A questo punto, le questioni veramente aperte sono due più una. La prima: il lavorio dei tecnici del Mse per rispettare le scadenze e presentare i vari decreti. Cioè, rispondere alla domanda: nucleare come? La seconda: nucleare dove? Read More

10
Lug
2009

Draghi e l’esempio FSA sulla tutela del cliente

Mario Draghi ha tenuto un intervento superlativo all’assemblea dell’ABI dell’altroieri. Dalla governance bancaria da modificare alla riforma delle popolari, dalla necessità di pubblicità per i risultati degli stress test ai calci nel sedere per le intollerabili commissioni sul massimo scoperto addirittura maggiori rispetto a prima dell’intervento governativo, ho contato più di una decina  di giudizi assolutamente abrasivi, rispetto al quieto far finta di niente del sistema bancario italiano. Il pessimo segnale è che solo Repubblica, nell’intero panorama dei giornali italiani, ha ritenuto opportuno dedicare un pezzo veramente approfondito in cui dar conto di ciò che Draghi aveva veramente detto: e dire che sarebbe stato divertente, anche per le testate vicine al centrodestra, notare che il governatore scavalcava Tremonti criticando le banche nella misura di dieci a uno…

Su un punto essenziale, la tutela del cliente rispetto ai disservizi e all’informazione asimmetrica praticata dalla banca, temo però che sarà deludente la nuova riforma  alla quale Draghi si è riferito e di cui siamo in procinto di attuazione, il cosiddetto Arbitro Bancario Finanziario, con tre collegi nel Nord, Centro e Sud Italia, e accesso delle istanze anche tramite le filiali Bankitalia, che assicurerà le strutture tecniche per il suo funzionamento. Un buon esempio da seguire potrebbe essere quello ieri annunciato dalla FSA britannica. Stanca della sostanziale indifferenza degli intermediari finanziari britannici – nel modello UK ricadono tutti sotto la sua supervisione – l’Autorità ha preso una decisione radicale. Tutti gli intermediari che ricevano più di 500  richieste e proteste entro ogni semestre dovranno non solo girarle per esteso alla FSA, ma questa organizzerà cinque diversi files pubblici in cui istituto per istituto si renderà noto quanti sono i complaints sul totale della clientela, quali sono i tempi di risoluzione, quanti quelli che sfociano in contenzioso giudiziario, e  via proseguendo. Il tutto, naturalmente – ha aggiunto il capo della retail division della FSA Dan Waters, con un sorriso a 24 denti – a carico degli stessi soggetti regolati, visto che sarebbe improprio che l’Autorità spendesse più denaro del contribuente per l’inefficienza degli intermediari… Un bell’esempio da seguire, direi.

10
Lug
2009

GM si riprenderà prima della Opel “russa”

I media Usa oggi sono tutti dedicati all’uscita di GM dalla procedura di bancarotta, durata a malapena 40 giorni, con le nuove decisioni di tagliare 450 manager, interi marchi, e un calendario che viene annunciato come “serrato”, per iniziare e restituire le decine di miliardi di dollari pubblici  gentilmente messi a disposizione dall’Amministrazione USA. Un’impresa da far tremare le vene ai polsi, possibile solo se a questo punto Fritz Henderson e i restanti manager davvero incidono il corpaccione dell’inefficienza GM a colpi di accetta. Improbo sì, però comunque un compito meno improbabile di quello che graverà sulla spalle della ormai ex branch europea di GM, la Opel avviata alla partnership con la cordata  austriaca di nome – Magna – ma russa di sostanza – il gruppo automobilistico Gaz più Sberbank. Le follie recenti di Gaz le trovate descritte qui con abbondanza di particolari. Chiedere per favore ai francesi di Renault, che a inizio 2008 hanno speso un miliardo di dollari per rilevare il 25% di Avtovaz. Il gruppo russo ha perso 800 milioni di dollari su 6 miliardi di fatturato nel 2008, le sue vendite a fine giugno da inizio anno sono inferiori del 47% a quelle del 2008, e i revisori del bilancio lo scorso 2 luglio con grande scorno di Putin hanno scritto nero su bianco di avere a questo punto molti dubbi, sulla capacità aziendale di far fronte alle rate del debito pari a 1,7 miliardi di dollari…

10
Lug
2009

Nuovi dati sulla crisi:prudenza, per favore

Il dato relativo alla produzione del mese di maggio fa subito brindare i più. E’ il primo mese in cui la decrescita si ferma, rispetto al mese precedente. Anno su anno, siamo a un meno 20%. Il più 2% nel comparto energetico e il segno più per i beni durevoli e non durevoli – tradotto: auto e alimentari, farmaci e tabacchi – fanno pensare che a giugno vi potrebbe anche essere un timido segnale di miglioramento su maggio. Di qui a una consistente ripresa, la differenza è fatta dall’andamento che resta gravemente negativo per metallurgia e meccanica, il cuore della manifattura italiana fuori dall’auto.

Il quadro mondiale si presta a una lettura a doppio binario. L’Asia sta andando più forte di quanto si pensasse solo poche settimane fa, come si vede dagli andamenti dell’export cinesi a giugno e degli altri Paesi a maggio, resi noti tra ieri e oggi: dalla Cina alla Sud Corea alle Filippine a Taiwan, la crescita dell’export su base mensile, che ha iniziato a manifestarsi tra marzo e aprile, continua a essere superiore alle attese e si colloca in una forbice tra il 5% generale e il 7% cinese. La Corea del Sud sta realizzando una crescita record: più 2,3% di Pil nel secondo trimestre, dopo che nel primo comunque aveva evitato la recessione crescendo dello 0,1%.  Tradotto in termini più semplici: l’Asia sta ridislocando potentissimamente e rapidissimamente i propri flussi commerciali al proprio interno, in attesa che America e paesi Ocse riprendano a consumare. Non è un processo dal quale Europa e Italia abbiano molto di che aspettarsi, per il traino dei propri dati congiunturali. Solo con politiche filo-cinesi atte a farsi aprire le porte – che Pechino ha chiuso in molti comparti alzando dazi e procedure amministrative, in modo che lo shift verso la domanda interna abbia il più possibile alimentazione da prodotti domestici o comunque asiatici – si riuscirà a garantirsi accessi e proprie crescite di volumi nel medio periodo.

Venendo all’Occidente, per l’export italiano è decisivo il dato tedesco e quello americano. La ripresa inattesa della produzione industriale tedesca a maggio – un più 5% su base mensile – ha fatto stappare molte bottiglie. Ma analizzandola bene si nota che dipende solo dall’avvio a termine del processo di destoccaggio delle scorte, rispetto a domanda per lo più interna. Infatti i dati dell’export e import dello stesso mese, rilasciati ieri, non sono affatto coerenti con un’ipotesi di ripresa del traino della locomotiva tedesca. Quanto agli Usa, dell’interruzione del contenimento delle perdite di posti di lavoro avvenute nell’ultimo mese rispetto alla tendenza dei due precedenti abbiamo già detto, e nel frattempo i nuovi dati su andamento dei prezzi immobiliari – ancora in caduta – e delle foreclosures- i pignoramenti – testimoniano che la caduta della capacità di consumo è ancora potentemente in corso, per riallinearsi a un reddito disponibile in doppia contrazione a motivo della perdita rilevante di base occupazionale e del rapido innalzarsi della propensione al risparmio.  In tali condizioni, fossi un’industriale italiano nel settore dell’export manifatturiero, starei molto attento a credere che il peggio è alle spalle.

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9
Lug
2009

Shabbat bancario e domenica del banchiere

Ci ho pensato a lungo, prima di dirlo. Poi ho capito meglio. Ma non mi è piaciuta lo stesso, la proposta lanciata dal ministro dell’Economia all’Assemblea dell’ABI. Di abbattimento fiscale degli interessi passivi sulle perdite e sofferenze, da parte bancaria si parla riservatamente da tempo. Non sono mancate energiche prese di posizione pubbliche, non solo di Faissola ma di top banker come Passera. Se il governo ritiene, faccia pure. Basta però che il risultato non sia paradossale: già oggi le grandi banche pagano un tax rate reale inferiore anche di 30 o 40 punti a quello della piccola impresa italiana. Il colmo sarebbe abbassargli ulteriormente le tasse perché gli impieghi soffrono della cattiva condizione dei prenditori, mentre non lo si fa a questi ultimi che incassano in prima persona coi loro dipendenti i colpi della crisi.

Mi pare poi del tutto macchinoso subordinare lo sgravio fiscale a una remissione degli interessi praticata dalle banche ai prenditori. Chi la amministra e secondo quali criteri, questa perdonanza a tempo? La imponiamo per legge, se le banche non si adeguano? La disponiamo per avviso comune governo-Abi, ma con che base coercitiva?  E’ volontaria e dipende dai paternoster e dalle avemaria che l’imprenditore si impegna a recitare per espiazione? Capisco che a Confindustria la proposta sia piaciuta subito: tutto va bene, pur che l’impresa abbia più ossigeno e meno richieste di rientro. Ma la misura biblica ha l’aria di una gran drittata: premia le banche e non gli altri soggetti, le sottopone a inevitabili discrezionalità nel valutare dall’esterno a chi sospendere il pagamento interessi e a chi no, e infine solleva il governo dal dover adottare  meccanismi più strutturali e di mercato, come quel Fondo Italia di cui vi ho scritto sul nostro blog. E che a Tremonti non piace, perché gli “sporca” le prospettive di recupero gettito tramite scudo fiscale.

9
Lug
2009

Trenitalia Cargo: la concorrenza falsata e la sicurezza ferroviaria

La sicurezza nel trasporto ferroviario è tornata prepotentemente in prima pagina in seguito alla gravissima tragedia di Viareggio. Le vittime sono salite a 23 persone, mentre altre continuano a lottare per la sopravvivenza in diversi ospedali italiani.
Spesso si è confuso il problema della sicurezza con la liberalizzazione del mercato ferroviario; il trasporto merci su ferro è stato liberalizzato in Europa da alcuni anni, ma è sbagliato collegare l’apertura del mercato con il fatto che l’incidente sia capitato ad un’azienda concorrente di Trenitalia Cargo.
Il problema relativo alla sicurezza non è dunque legato alla liberalizzazione come dimostrano i casi inglesi e svedesi, i più liberalizzati e al contempo i più sicuri. Sui binari di questi due Stati, viaggiano in concorrenza diversi operatori ferroviari e l’unica conseguenza rilevata è stata quella di una maggiore efficienza nel settore.
In Italia esiste un grave problema relativo alla concorrenza; se nel settore merci è riscontrabile una qualche competizione, soprattutto nel segmento internazionale, nel trasporto passeggeri continua ad esserci un solo monopolista, Trenitalia. Questa azienda è pubblica, poiché è interamente controllata dal Ministero dell’Economia, tramite la Holding Ferrovie dello Stato e controlla anche Trenitalia Cargo.
Ci sono due problemi legati alla sicurezza che hanno tuttavia una certa rilevanza anche il tema della concorrenza; in primo luogo quello relativo all’Agenzia per la sicurezza ferroviaria. Questa è stata creata pochi anni fa, separando il controllo della sicurezza da Ferrovie dello Stato. Questa separazione ha avuto una lunga gestazione, poiché dopo alcuni anni, l’organico di tale Agenzia non è ancora al completo. Read More