15
Ago
2009

Flat tax uguale più lavoro

È stato il grande teorico del modello neoclassico della crescita, Robert Solow, 53 anni fa in un famoso articolo sul Quarterly Journal of Economics, a riclassificare i 5 diversi effetti negativi esercitati da alte aliquote fiscali: meno investimenti, meno offerta di lavoro e minor propensione all’attività, allocazione dell’offerta di lavoro in settori meno produttivi, minor produttività marginale del capitale investito, minore efficacia e stock degli investimenti in tecnologie trainanti. Ed è stato un altro Nobel che ispirò Arthur Laffer e Ronald Reagan, Robert Mundell – che in Europa preferiamo ricordare solo per la sua teoria sulle aree monetarie ottimali da cui, in maniera un po’ bastarda, nacque l’euro – a studiare approfonditamente l’effetto che più basse aliquote marginali hanno sulla partecipazione al mercato del lavoro e sulla produttività comparata tra Usa e Ue (suoi studi, mi è capitato spesso di polemizzare negli anni passati in trasmissioni radiofoniche e televisive con Vincenzo Visco e Luigi Spaventa, secondo i quali non vi era “nessuna evidenza” dell’applicabilità all’Italia delle tesi fiscali di Mundell). Poiché per esperienza ho imparato quanto sia dura la resistenza dell’ambiente accademico, mediatico e politico italiano alle evidenze in materia di effetti benefici provocati da basse aliquote marginali, segnalo come molto utile questo recente paper.

I due autori, Denvil Duncan e Klara Sabirianova Peter della Georgia State University, già da anni approfondiscono il filone degli effetti perversi esercitati dai sistemi ad alta tassazione progressiva. Per esempio in questo altro studio, di un anno fa, dati comparati alla mano dimostravano come la pretesa principe su cui si fonda il sistema dell’imposizione progressiva – gli effetti di redistribuzione e di diminuzione della dispersione del reddito disponibile – viene assolutamente smentita in un Paese come il nostro, a bassa compliance fiscale in ragione di una crescita troppo rapida del prelievo – più di 20 punti di Pil in entrate fiscali aggiuntive in 30 anni. Da noi, un sistema a forte progressività contribuisce a esiti esattamente opposti a quelli dichiarati, e che sono alla base del tradizionale sostegno maggioritario politico sindacale alle aliquote progressive: in Italia le più alte aliquote marginali contribuiscono a un innalzamento dell’indice di Gini, invece del suo contrario.

Nella nuova ricerca, i due autori mettono nel mirino uno dei punti sui quali Bob Mundell è più stato criticato in Europa, e cioè l’incentivo alla crescita dell’offerta da lavoro rappresentato da aliquote marginali più basse. Per questo, studiano gli effetti concretamente dispiegatisi nel mercato del lavoro russo dopo l’adozione della flat tax al 13% (linko la voce Wikipedia in inglese, che si sforza almeno di non essere pregiudizialmente ostile, se leggete quella italiana avete un’idea di come da noi lo statalismo di cui la progressività è espressione tenti di esercitare anche il controllo di internet), riforma che ha fatto impennare il gettito raccolto e accelerato potentemente la crescita del Paese, rispetto alla stagnazione fine anni Novanta che si verificava in un sistema ad aliquote progressive dal 12 al 30%. Perché la ricerca è particolarmente interessante per noi italiani? Perché per l’appunto noi siamo un Paese – come la Russia – che ha conosciuto un vero e proprio shock storico da accelerate pretese dell’ordinamento nei confronti del contribuente, e per questo come i russi siamo caratterizzati da alta evasione ed elusione (meno alta della loro, ma comunque più alta della significativa evasione che sussiste anche in Paesi come Francia e Germania, che l’Ocse stima avere un Pil “nero” intorno al 15-18% rispetto al 22-25% dell’Italia. Ricordo invece che per l’Istat l’economia “nera” sta intorno al 16,5% del Pil, calcolata secondo un algoritmo che non mi ha mai persuaso e che non è condiviso da analoghi istituti statistici di Paesi avanzati, che non lo incorporano come noi nel Pil “ufficiale”. Col metodo italiano, com’è evidente, la pressione fiscale attuale pari al 43,5% sul Pil appare agli occhi dei contribuenti inferiore a quella reale, visto che essa andrebbe più correttamente calcolata solo sul Pil emerso che paga le imposte e ne avverte il peso, superiore in realtà al 50% del reddito).

Di conseguenza, studi sugli effetti di una flat tax applicata in Paesi dell’Est o in transizione – dei 24 Paesi al mondo in cui essa è oggi vigente, 20 appartengono a quella categoria –  e dunque pressoché sempre ad alta evasione, sono particolarmente utili per capire come le cose funzionerebbero anche da noi.  Ebbene Duncan  e Sabirianova documentano che l’effetto benefico della flat tax rispetto al prelievo progressivo, sull’incremento di offerta di lavoro e sul totale delle ore concretamente lavorate per ULA, in Russia c’è stato eccome. Si è manifestato in maniera differenziata per genere, tra i lavoratori. Nel senso che mentre per i maschi ha interessato praticamente tutti i decìli di reddito fino a un aumento del 4-6% delle ore lavorate, per le donne l’incremento è invece stato più limitato agli scaglioni più bassi di reddito dipendente, e a quelli più alti. Anche le donne hanno – come i maschi – regolarizzato assai più che in precedenza l’eventuale secondo lavoro – che il prelievo progressivo incentiva a svolgere in nero – e hanno comunque incrementato il tasso di partecipazione al mercato del lavoro. Ma per i decìli mediani di reddito, l’incentivo è risultato minore perché il più dell’effetto ad accrescere l’offerta di lavoro si concentra, nelle famiglie formate e unite, sul componente maschio.  Esplicitamente la ricerc sottolinea in diversi passaggi che l’effetto riscontrato è maggiore in Paesi ad alta evasione, di quello che si manifesterebbe in paesi Ocse in cui la pressione fiscale e cotnributiva è salita in maniera assai più graduale nel secolo scorso, determinando in consegunza autodifese evasive meno forti ed estese. Di conseguenza, ecco dimostrato perché una flat tax ci farebbe bene non solo accrescendo gettito e diminuendo l’evasione, ma soprattutto “incentivando” alla crescita sul versante dell’offerta.  Inutile sperare in dibattiti sul tema, in Italia.

8 Responses

  1. Piero

    provocazione : siccome i lavoratori autonomi ed i professionisti (cioè chi può evadere) in Italia denunciano come sbagliatissima media del pollo al massimo 20.000 euro lordi annui o giù di lì (beati i ricchi operai e gli impiegati)… se ne deduce che bisognerebbe mettere l’aliquota flat pari a quella dei 20.000 cioè per esempio 20% o giù di lì..
    così finalmente i dipendenti la smetterebbero di tener sù le finanze dello stato quasi da soli… una bella re-distribuzione del reddito netto perfettamente egualitaria.. ed il buco di bilancio così creato verrebbe automaticamente sanato dalle miriadi di assunzioni che le imprese con più basso cuneo fiscale farebbero.. la moltiplicazione dei pani e dei pesci.. anzi dei polli direi… in Usa Obama cerca di aumentare un pò le tasse ai ricchi x estendere la sanità.. un eccesso di progressività uccide senza dubbio la produttività… ma la flat pure essa è mortale x il bilancio dello stato… oltre che un pugno nello stomaco al senso morale dei ceti meno abbienti.. la morale però non si può contare con i numeri… è qualità…

  2. Piero

    aggiungo un’osservazione : dato che il debito pubblico quasi fuori controllo… PRIMA si deve lottare contro l’evasione e recuperare un pò di risorse.. POI si può diminuire le aliquote secondo criteri di proporzionalità (es. 1% a tutte le aliquote)… altrimenti se si “anticipa” il costo senza immediata copertura è default…

  3. Dario

    @Piero
    A Piero mi sento di dire ,visto che anche io sono un lavoratore autonomo, che la maggior parte deglli autonomi non evadono!!!! Con gli studi di settore, almeno le piccole aziende intendo, fanno veramente fatica ad evadere.(al nord perlomeno).
    Non aggiungo altro perchè non mi aspetto di farti cambiare idea quando tutti i media dicono il contrario.

  4. michele

    @Piero

    Io sono un dipendente e pago, purtroppo, tutte le tasse. Ma non sento come ingiusto il fatto che ci sia una grossa percentuale di evasione delle tasse in Italia. Anzi sono convinto che se non ci fosse chi si oppone al mostruoso prelievo fiscale, evadendo, questo sarebbe ancora piu’ alto, dato che l’unico limite alla scandalosa ingordigia degli orchi che orchestrano quotidianamente il banchetto fiscale, è la penuria di bambini da mangiare, non certo un improbabile sentimento di pentimento.

    Lode e onore quindi a tutti i paladini che, rischiando quotidianamente di essere catturati dagli sgherri del potere, difendono i propri bambini dal famelico appetito di lurchi e crapuloni orchi, perche’ cosi’ facendo, difendono anche me, che invece sono un vigliacco e non ho il coraggio di oppormi al furto di piu’ del 70% del redditto che produco con il sudore della mia fronte.

  5. oscar giannino

    No caro Piero, proprio NO: permettimi di dissentire in maniera fortissima dal tuo secondo commento. l’impostazione per la quale PRIMA si lotta contro l’evasione e POi si abbassano le aliquote è il mantra grazie al quale i difensori dell’alto prelievo perpetuano il proprio consenso sociale, innescando guerre sociali tra gli italiani soggetti a ritenuta alla fonte e tutti gli altri, accusati di essere evasori e sprezzatori del patto sociale. Gli italiani a basso reddito NOn dovrebbero affatto essere contrari all’aliquota unica, per il semplice fatto che con aliquote fortemente progressive – come si dimostra da TUTTI i dati a disposizione dei paesi che sono passati da questo sistema alla flat tax, o hanno comunque fortemente piallato la progressività delle aliquote – SEMPRE la contribuzione al totale dl gettito da parte dei più alti decìli di reddito è inferiore rispetto a quella che si determina con aliquote meno progressive. E’ sempre accaduto così, te lo ripeto, non è affatto una tesi ideologica, è comprovata dai fatti: negli Usa dai tempi di Reagan e dell’abbattimento a metà delle aliquote più elevate – ai tempi di kennedy stavano al 65% – i “ricchi” hanno iniziato a pagare sempre più del totale del gettito. da noi in Italia, non a caso, la forte progressività ottiene che solo meno del 2% delle oltre 40 milioni di posizioni fiscali “fisiche” risulti superiore ai 70mila mila euro l’anno di reddito. I “poveri” ci guadagnano, con la flat tax. Infine. la riduzione lentissima e dell’1% per ogni aliquota come dici tu non cambia affatto l’effetto complessivo del sistema che resta iperprogressivo, dunque NOn modifica gli incentivi in base ai quali i contribuenti sono indotti a lavorare e guadagnare di più, o quanto meno a farlo non in nero. Alle prospettive di default contribuisce assai di più l’aumento della spesa corrente in proporzioni SEMPRE – ripeto SEMPRE – superiore alla crescita nominale del Pil, tranne che in due soli anni dal 1992 in avanti. Ma di questo naturalmente non si parla mai, perch*é la spesa pubblica “fa” consenso e asseconda gli apparati politico-amministrativi. Quel che mi stupisce è la quantità di italiani che, su questo tema, è idealmente prigioniero degli argomenti grazie ai quali la minoranza al potere rende tutti servi dello Stato anche quando non si è suo dipendente, come diceva il vecchio Gipper.

  6. Una cosa che un po’ mi ha sempre stupito, e’ il fatto che, parlando di fisco ed evasione, raramente si tengono in considerazione due fattori: il “costo” del fisco, inteso come gli oneri aggiuntivi tanto per il contribuente quanto per lo Stato per la gestione della tassazione, della riscossione e dei controlli, e la complessita’ delle verifiche da parte dello Stato.

    Mi sembra che un sistema di flat tax (direi unito ad una congrua no-tax area – benche’ a questo punto non sia proprio piu’ flat) possa semplificare notevolmente i controlli. Controlli piu’ semplici implicano meno “zone grigie” in cui nascondere evasione ed elusione, e, a parita’ di risorse, piu’ controlli (o meno risorse necessarie).

    Aggiungerei poi che, tanto per fare un esempio nel caso delle persone fisiche, definendo un unico sistema di calcolo dell’imponibile e poi applicando delle aliquote a quell’unico imponibile (le addizionali regionali e comunali oggi usano un imponibile leggermente diverso rispetto all’imposta statale, tanto per dirne una), renderebbe piu’ semplice per il cittadino redigere la dichiarazione e per lo Stato controllare.

    Sono tante le cose che secondo me si potrebbero fare in questo senso, e mi spingerei anche a ipotizzare un meccanismo simile al “reddito di cittadinanza” che integri la no-tax area, le pensioni minime e cosi’ via, unificando e semplificando una marea di trattamenti oggi diversi (e gestiti da enti diversi) – in pratica si tratterebbe di sottrarre da una somma che lo Stato da’ ad ogni cittadino una flat-tax sul 100% del reddito prodotto. Folle? Da incompetente? Forse, ma a naso moolto piu’ semplice del sistema attuale, e quindi con economie molto forti da considerare.

    Nella stessa logica mi piacerebbe anche vedere “esposta” la percentuale di tassazione destinata agli interessi sul debito pubblico…

    GT

  7. Piero

    @oscar giannino

    ok… controproposta.. tagliamo le aliquote DOPO aver tagliato la spera corrente e gli sprechi.. ma NON PRIMA… il motivo è sempre lo stesso : il Default..

    @ Michele.. il ragionamento logico che se chi può evadere non evadesse.. allora le aliquote x chi non evade sarebbero ancora + alte.. mi sfugge proprio..cmq grazie e ciao

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