Superbonus: il governo tenga duro
Editoriale IBL, 21 febbraio 2023
Il Governo ha fatto bene a “bloccare gli effetti di una politica scellerata”, come ha detto il ministro Giancarlo Giorgetti a margine della stretta sul superbonus. Dopo la revisione già introdotta in legge di bilancio, adesso l’esecutivo si appresta a porre uno stop alla cessione dei crediti fiscali e a impedire agli enti locali di acquistarli.
Si tratta di misure drastiche rese necessarie dalle conseguenze di un bonus ormai completamente fuori controllo. La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha parlato di 105 miliardi di euro già scaricati sul bilancio pubblico. Si tratta probabilmente della più gigantesca manovra di spesa mai approvata a favore del più ristretto numero di beneficiari. Oltre tutto, l’effetto di reale incentivazione è dubbio: quanti di quei lavori sarebbero stati comunque eseguiti?
Non solo: anche accettando che gli obiettivi europei sull’efficientamento energetico degli edifici rendono necessaria qualche forma di incentivo, come è possibile ignorare il fatto che, già prima del superbonus, l’Italia disponeva dei sussidi più generosi al mondo (l’ecobonus del 65 per cento e gli altri bonus edilizi)? E, da ultimo, come trascurare il fatto che la combinazione tra un’aliquota addirittura superiore al valore nominale dei lavori e l’illimitata cedibilità aveva dato vita a una sorta di moneta parallela, come è stato certificato da ultimo dall’Eurostat? E questo senza contare altri bonus altrettanto o più perversi, come il bonus facciate del 90 per cento, che è stato il principale veicolo di truffe per un controvalore di svariati miliardi di euro.
Il paradosso, allora, è che si sia dovuto attendere tanto prima di intervenire. Il superbonus venne inizialmente introdotto dal decreto Rilancio del 2020 nel contesto dell’emergenza Covid e doveva durare pochi mesi. Ma poi, di proroga in proroga, dopo tre anni è ancora in vigore e ha contribuito non solo all’inflazione degli interventi edilizi, ma anche ad alimentare l’illusione per cui è possibile spendere denari “gratuitamente”. Purtroppo la realtà presenta sempre il conto: l’onere per le casse pubbliche è insostenibile e le imprese non riescono a smaltire i crediti fiscali. Questo obbliga a correre ai ripari e impedisce di disegnare un phase out graduale che sarebbe stati possibile e desiderabile se si fosse intervenuti per tempo (o, meglio ancora, se si fosse evitato di varare una misura tanto assurda).
L’unico aspetto positivo di questa vicenda è che consente di aprire un dibattito sulla politica dei bonus che troppo spesso ha costituito la scorciatoia con cui la politica ha cercato di aggirare i vincoli di bilancio. Se il governo vuole parlare seriamente di riforma organica del fisco, la razionalizzazione (leggi: il taglio) del numero e della generosità dei bonus e delle altre agevolazioni è ineludibile. Speriamo che questo sia il primo passo di un lungo viaggio e non la proverbiale rondine che non fa primavera.