8
Set
2009

Ciao, Mike

Su Mike Bongiorno, si è discusso per anni. Irriso o elogiato, amato o odiato, è stato un pezzo, e non marginale, di storia italiana. Su queste pagine, viene spontanea una considerazione un po’ eccentrica. Mike è stato l’emblema della concorrenza in ambito televisivo, nel nostro Paese. E’ lui la prima delle stelle della RAI a lasciare la televisione di Stato, imbarcandosi sul Biscione e dimostrando così che un’altra televisione era possibile. Più di recente, è sempre Milke a mollare la televisione del Cavaliere (dopo uno sfilacciarsi di rapporti che dimostra come persino le amicizie più solide e redditizie possono improvvisamente valer poco) per andare a Sky, per un progetto mai completato dopo le ospitate dal suo “allievo” Fiorello. Ancora una volta, Mister Bongiorno, questa figura emblematica di una televisione non pedagogica ma “al servizio” dei suoi fruitori proprio perché “convince il pubblico con un esempio vivente e trionfante del valore della mediocrità” (Umberto Eco), prese un rischio calcolato. Giù dal Biscione, verso la nuova frontiera della concorrenza catodica. Perché paga meglio e si guadagna di più? Certo. Ma col cachet di Mike crescevano anche i tasti disponibili sul telecomando. Ciao Mike. La terra ti sia lieve.

8
Set
2009

Post hoc, propter hoc? Ovvero, sui farmaci liberalizzati

Sul “Corriere della Sera” di oggi un ampio servizio di Alessandra Mangiarotti prende spunto da un’indagine di Altroconsumo per fare il punto sugli effetti della (parziale) liberalizzazione della commercializzazione dei farmaci “da tavolo”, a tre anni dal decreto Bersani.

Fin dal titolo (“I farmaci, la liberalizzazione e i prezzi aumentati dell’8,7%”), l’impressione è che si stesse meglio quando si stava peggio. I prezzi dei prodotti farmaceutici non soltanto sono molto diversi da un posto all’altro (e questo non dovrebbe stupire nessuno), ma nell’ultimo anno sono pure cresciuti: del 4,8% delle farmacie, dell’8,7% nelle parafarmacie e del 6,1% nella grande distribuzione.

Leggendo fino in fondo l’articolo, e dopo aver resistito (ma ci vuole una solida “fede” nel mercato!) all’idea che prezzi controllati siano meglio che prezzi liberalizzati, si capisce il perché di quell’aumento, dato che con ogni probabilità – come afferma Laura Filippucci di Altroconsumo – “tre anni di varie imposizioni di legge avevano bloccato la crescita delle tariffe nel settore farmaceutico. E come era prevedibile, tolto il tappo, i prezzi hanno fatto il botto: gli aumenti sono nettamente superiori all’inflazione”. Quindi non è stata la liberalizzazione a far crescere i prezzi ed anzi è legittimo ritenere che senza liberalizzazione i prezzi sarebbero cresciuti anche di più.

Allora prendiamo l’essenziale: i farmaci venduti nei supermercati “co­stano il 17% in meno rispetto alle farmacie e il 13% rispetto alle parafarmacie” (è sempre Filippucci che parla). Questo è il punto. Poi certamente la liberalizzazione è stata molto parziale – da vari punti di vista – e va quindi rapidamente completata, elevando il livello della competizione. Si evitino, però, ragionamenti capziosi (del genere “post hoc, propter hoc”) che vorrebbero mettere sul banco degli imputati una scelta come quella di Bersani, che ha comunque aperto alla concorrenza e che quindi si era mossa nella direzione giusta.

Senza dimenticare una cosa: liberalizzare è giusto perché restituisce ai legittimi proprietari il controllo dei loro beni (questione giuridica) e perché restituisce alla logica del mercato la gestione efficace di una scarsità (questione economica). Detto questo, non sempre liberalizzare deve condurre ad una riduzione dei prezzi, e in particolare questo non avviene quando la liberalizzazione interviene in un settore con prezzi tenuti artificiosamente bassi: fu questo il caso, ad esempio, delle economie socialiste dell’Est europeo, non a caso caratterizzate per lungo tempo da una strutturale penuria di ogni prodotto.

7
Set
2009

Il trucco degli statalisti

Volker Wieland insegna teoria e politica monetaria all’Università Goethe di Francoforte, ed è un tosto scettico dei luoghi comuni ossessivamente ripetuti da statalisti e keynesiani, in merito all’efficacia e alla necessità della spesa pubblica per rilanciare domanda e offerta. Ma poiché è un roccioso tecnico della moneta, preferisce evitare contese ideologiche, per smantellare i luoghi comuni sulla base di paper elaborati e solidamente intessuti di bibliografia. Già tante volte abbiamo scritto della disinvoltura con cui nel corso dell’attuale crisi i keynesiani hanno ripreso a “correggere” i propri modelli – che i più avevano abbandonato – per alzare vertiginosamente l’effetto del moltiplicatore. È il trucco degli statalisti. In questo paper una sua ottima confutazione.    Read More

7
Set
2009

Vince Basilea, viva la BRI

La notiziona del fine settimana è senza dubbio quanto concordato nella riunione del G10 a livello di banchieri centrali, dopo la benedizione il giorno prima dei politici al G20 di Londra. Il punto non è affatto quello che demagogicamente ha occupato per due giorni le pagine dei giornali, cioè nuove regole per i bonus ai manager del credito. Bensì le cinque key measures e i tre principles to guide supervisors in the transition che trovate nell’odierno comunicato emesso da Basilea. Il punto è: come iniziare a rendere le banche patrimonialmente più “munite”, in relazione al rischio assunto e intermediato. I franco-tedeschi sono stati sconfitti, in apparenza. Volevano rinviare il tema, poiché soprattutto i tedeschi sinora si sono ben guardati dal fare pulizia nel proprio settore bancario. Io sono tra chi considera un bene, che non sia passata la loro linea.  Anche se ora bisogna passare dagli impegni condivisi ai fatti, naturalmente. Ma rinviare il rafforzamento patrimoniale bancario attraverso criteri il più possibile condivisi significa solo rinviare contestualmente il pieno ristabilimento della fiducia interbancaria. Cioè continuare a tenerci un basso moltiplicatore monetario: il che rende inutile l’oceanica liquidità garantita dai regolatori ai mercati a fini anticlici, che finisce per imboccare la via del trading sui mercati finanziari invece di passare all’economia produttiva. Vediamo in concreto di che cosa si tratta. Read More

7
Set
2009

Heroes and Villains

Oggi il mio eroe è Sizwe Nxasana, capo della banca sudafricana FirstRand, il primo uomo di colore a raggiungere la poltrona più alta di una delle quattro grandi istituzioni finanziarie del paese. In questa intervista con Richard Lapper del Financial Times, spiega che i neri non potranno essere veramente liberi finché non sapranno “farsi strada da sé”, senza dover, e voler, ricorrere all’aiuto delle leggi: “L’obiettivo della trasformazione è complementare all’obiettivo di far crescere gli affari”.

Il cattivo della giornata, e non solo di oggi, è invece José Manuel Barroso, presidente uscente e (probabilmente) rientrante della Commissione europea. A Euractiv, dice le solite cazzabubbole.

6
Set
2009

Cernobbio, ciò che non leggerete (e una piccola vittoria)

Si è appena chiusa la rituale tre giorni di Cernobbio, che segna la riapertura del dibattito di politica economica dopo la pausa estiva. Segnalo una nostra piccola vittoria: il fondo straordinario per ricapitalizzare la piccola impresa italiana, l’idea che qui abbiamo lanciato due mesi fa esatti, faticosamente inizia a farsi strada. La presidente di Confindustria Emma Marcegaglia ne ha riparlato nel suo intervento, il ministro Tremonti l’ha esplicitamente definita un’idea buona e interessante. Vedremo che cosa ne verrà in concreto: lo dico con una punta di diffidenza, ma almeno il nostro compito di modesti suggeritori di buone idee antistataliste abbiamo tentato di svolgerlo. In compenso, vi segnalo l’articolo che da Cernobbio purtroppo non avete letto, sulla stampa italiana. L’ha scritto Ambrose Evans-Pritchard, che era a Cernobbio, sul Telegraph. È ovvio perché. Ai giornali italiani è naturalmente piaciuto l’intervento colbertiano e statalista del premier francese Fillon, salutato da D’Alema come “un vero piano socialista”. Read More

6
Set
2009

Elezioni truccate, scontri in strada, monete e boulevard parigini

Siamo proprio sicuri che i disordini di questi giorni che stanno riguardano il Gabon, dove dopo elezioni altamente inquinate Ali Ben Bongo è stato fatto presidente, poche settimane dopo la morte del padre (El Hadji Omar Bongo Ondimba) non abbiano nulla a che fare con noi europei? Siamo davvero certi che si tratti di una questione tutta africana, tribale, legata alle difficoltà di società “arretrate” che faticano a costruire “buoni regimi democratici all’europea”? Read More

6
Set
2009

Compra che ti passa

Fino a che punto un ente locale può giocare d’azzardo? Il quotidiano di Genova, Il Secolo XIX, sta conducendo una meritoria inchiesta (qui e qui, il resto sul cartaceo di ieri e oggi) sull’enorme e incerto buco della Spim, la società controllata al 100 per cento dal comune, che ne possiede e gestisce il patrimonio immobiliare. Nel 2007, il gruppo – allora capitanato da Giorgio Alfieri – ha acceso un mutuo da 80 milioni di euro per comprare il Matitone, l’edificio che oggi ospita gran parte degli uffici comunali. Per coprirsi contro il tasso variabile, la Spim acquistò contemporaneamente, dalla banca Bnp Paribas, un prodotto che Alfieri definisce “assicurativo”. Nel primo anno il valore del fondo crebbe in effetti di 1,5 milioni, ma poi, con la crisi delle Borse, è precipitato a -24 milioni, per poi risalire e infine riprendere a calare. Attualmente siamo a -14 milioni. Non è detto che il prodotto, assicurazione o derivato che sia, alla scadenza (2016) non chiuda in attivo. Il problema è un altro: fino al 2016, sarà impossibile saperlo. Sarà quindi impossibile conoscere la reale situazione di Spim e, di riflesso, lo stato dei conti del comune.

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