14
Ott
2013

Napolitano, Renzi e l’indulto: i numeri dei disastri del passato, le ragioni di chi chiede di non ripeterli

La politica è immediatamente esplosa al giudizio espresso da Matteo Renzi sulla pressante richiesta al Parlamento rivolta dal Capo dello Stato, per un provvedimento di clemenza volto ad affrontare l’emergenza carceraria. Le polemiche sono centrate sul rispetto a Napolitano, sul sospetto che il candidato leader del Pd intenda colpire insieme il garante istituzionale di Letta e il governo stesso. E parole forti volano di conseguenza sia all’interno del Pd, sia tra sinistra e destra. Tanto per cambiare, la politica sembra prediligere facili giudizi di principio. Mentre la questione carceri, tanto la sua costante emergenza umanitaria che l’impatto concreto che il crimine esercita sulla società italiana, andrebbero invece esaminati freddamente, dati alla mano, allo scopo di evitare errori già più volte compiuti nella storia. E’ quello che da anni propongono – vanamente – alcuni autorevoli economisti italiani che monitorano il fenomeno, come Giovanni Mastrobuoni, Enrico Perotti, Francesco Daveri. Ed è alle loro analisi che si devono molte delle cifre che qui vi proponiamo. Per riflettere, e per giudicare meglio.

La situazione attuale – 66mila detenuti rispetto a 47 mila di capienza del circuito penitenziario – sembra esattamente riproporre quella del 2006, quando il Parlamento varò l’ultimo indulto. Allora, i detenuti erano oltre 61mila rispetto a una capienza massima dei penitenziari stimata di 43mila unità. Con l’indulto, i carcerati scesero nel dicembre 2006 a 39mila unità. Per risalire a 48mila un anno dopo, 58mila a fine 2008, 64 mila a fine 2009, 68mila un anno dopo. Da allora l’emergenza è permanente.

Ha torto o ha ragione Renzi quando chiede: ma che cosa ha fatto, la politica, da allora? vuole ripartire dagli errori commessi, invece di replicarli? I fatti sembrano dargli ragione.

Cominciamo dall’edilizia carceraria. Il Piano Carceri post-indulto, varato dal decreto legge 207 del 2008, ha conosciuto una vera e propria odissea. Da allora, tra nuovi decreti legge, decreti ministeriali e della Presidenza del Consiglio, ben 10 altri interventi normativi si sono succeduti. I poteri straordinari attribuiti al capo del DAP, il Dipartimento Affari Penitenziari del ministero della Giustizia, sono diventati 2 anni dopo poteri commissariali con pieno effetto sostitutivo di quelli ordinari, per poi essere attribuiti, da inizio 2012 a un prefetto ad hoc fuori dal recintod el DAP. E’ evidente la ragione, il commissario identificato con il responsabile tecnico del servizio penitenziario non funzionava. Lo dicono i numeri. Dai 37 mila posti di cui si parlava enfaticamente nel 2008 entro il 2012 si scese in 2 anni a 21mila, l’anno dopo a 18mila, e di fronte ai tagli dovuti al rientro di finanza pubblica – 229 milioni in meno sui circa 675 previsti – si è scesi nell’ultima versione del Piano carceri, quella del 31 gennaio 2012, a 11mila nuovi posti entro il 2014. Di fatto, rispetto al 2006, si sono aggiunti solo 3.100 nuovi posti entro dicembre 2012, e 1000 entro giugno di quest’anno. Resta l’obiettivo di 11mila nuovi posti entro il 2014, ma la serie storica mostra cheraggiungerlo è assai improbabile. La deroga alle nome urbanistiche ordinarie si è rivelata impossibile, il taglio delle risorse e la solita burocrazia hanno fatto il resto.

Passiamo alle misure alternative. In teoria, il cosiddetto terzo pilastro del Piano prevedeva novità al sistema sanzionatorio con misure che prevedessero, da un lato, la possibilità della detenzione domiciliare per pene detentive fino ad un anno, nonché la messa alla prova delle persone imputabili per reati fino a tre anni, con conseguente sospensione del processo. E’ stata approvata nel 2011 la legge 62 volta a rendere più umana la detenzione di madri con figli piccoli, ma i risultati sono trascurabili: siamo fermi ancor oggi a poche decine di casi. E’ stata approvata la legge 199 del 2010, che ha dato la possibilità di scontare presso la propria abitazione, o in altro luogo pubblico o privato di cura, assistenza e accoglienza, la pena detentiva non superiore ad un anno, poi innalzata a diciotto mesi l’anno successivo. Una norma che, in attesa della riforma della disciplina delle misure alternative alla detenzione, scade il 31 dicembre di quest’anno. Perché nella scorsa legislatura non sono stati approvate le proposte del ministro Severino: né la delega al governo per l’introduzione della detenzione domiciliare come pena detentiva principale, nel caso di condanne per delitti puniti con la reclusione fino a quattro anni; né l’introduzione nel processo penale, come in quello minorile, della sospensione del processo con messa alla prova dell’imputato, quando il reato preveda la sola pena edittale pecuniaria o la pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni; né, infine, il provvedimento generale di depenalizzazione, con una delega al governo per trasformare in illeciti amministrativi una serie di reati di non particolare gravità. Ciascuno di questi capitoli ha bisogno di interventi ad hoc, se si vuole evitare di riempire nuovamente le carceri in pochi mesi come nel 2006. Ragionevolezza vorrebbe, inoltre, che da tali provvedimenti di depenalizzazione e “pene alternative” al carcere – se ben congegnati – scaturissero contenimenti permanenti del’affollamento carcerario, non effetti-elastico come quelli sin qui sempre riscontrati nella storia penitenziaria italiana dopo provvedimenti di clemenza stop and go.

Infine, veniamo al punto delicatissimo tra tutti, quello della pericolosità sociale. Quello su cui la politica si intesta la gara a chi vuol rassicurare gli italiani. Anche qui, i numeri parlano chiaro. Gli effetti dell’indulto del 2006 furono pessimi. I delitti per mille abitanti solo nel 2009 tornarono al livello – 42,8 – del 2005. Il dato si impennò invece nel 2006-07, raggiungendo il massimo di 49,4 per poi iniziare a normalizzarsi nel biennio successivo. Non furono solo le rapine in banca a pressoché raddoppiare nell’anno post indulto, ma anche la frequenza degli altri reati aumentò in misura consistente. Gli omicidi aumentarono da 601 del 2005 a 630 nel 2007, per scendere a 579 nel 2009. Il numero dei furti salì da 1 milione mezzo del 2005 a 1.636mila del 2007.

Sono numeri assai temibili, e gli italiani fanno bene dunque nei sondaggi a invitare alla cautela. Per evitare nuovi errori, la politica deve individuare con chiarezza non solo gli esclusi da misure di clemenza per reati di particolare odiosità e gravità, ma anche e soprattutto i recidivi, non a caso soggetti anche ad aggravi di pena con la ex Cirielli. Per i recidivi la risposta può venire solo riparando al disastro sin qui rimediato dal Piano carceri. Mentre senza norme generali di depenalizzazione, non si esce nemmeno dalla vergogna del 41% di detenuti in attesa di giudizio, e del 19% addirittura in attesa del giudizio di primo grado. Non sbaglia dunque, numeri alla mano, chi come Renzi invita a riflettere sulle pesanti responsabilità politiche del passato. A mio modesto avviso, il ruolo del capo dello Stato e la considerazione nei suoi confronti nonc’entrano proprio nulla.

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3 Responses

  1. ennio38

    Sono d’accordo con Renzi. Il problema carceri va discusso e risolto in maniera diversa che con l’indulto. Mi vien da pensare che così nien é mai stato per mantenere una uscita di sicurezza per la casta. Ogni genere di casta oltre a quella politica.
    Ma vorrei approfittare ora per porre un quesito: non sarebbe il caso visto la enorme platea di furbi che esiste un Italia di adottare in un breve arco di tempo , per tutte le transazioni commerciali i pagamenti in genere sistemi tracciabili ? Perché si tarda così tanto a rendere obbligatorio il pagamento cin moneta elettronica?

  2. Piero

    è tutto semplicissimo.. la classe dirigente (politica, burocratica, industriale, finanziaria) die questo paese vuole autodarsi un bel colpo di spugna su ciò che nn son riusciti ad evitare da Mastella in poi.. Silvio sicuramente centrerà ma nn è certo l’unico.. tra l’altro la maggior parte di questi signori in carcere mai ci entrerà comunque e quindi si avvarranno di indulti e amnistie che ufficialmente vengono fatte x svuotar le carceri.. ma si sa pure il cavillo che usano : x metter fuori quelli in carcere bisogna condonare pure i retati meno gravi (corruzioni finanziarie varie)… e poi diamo l’ennesimo esempio : in Italia chi nn frega è un fesso.. andate e moltiplicatevi.. Amen

  3. giuseppe

    Ma quelli che elenca Lei, Giannino, non sono forse tutti dettagli insignificanti di fronte al fatto che la Giustizia non funziona, che un processo dura dieci anni, che gli avvocati ti dissanguano, che ce ne sono più a Roma che in tutta la Francia? Per carità, Renzi mi sta simpatico, ma in questo caso ha toppato. Nello specifico preferisco Pannella, che esprime un sentimento davvero Liberale e Libertario. E tutto quello che ha detto Lei sul processo fiscale, la asimmetria, la retroattività, lo Stato di Diritto e l’inciviltà di questo Stato? Basta, Meglio cento ladruncoli fuori che un solo colpevole dentro. Sono per il provvedimento più ampio possibile, sia per l’indulto che per l’amnistia. Semmai, il problema è un altro: da domani la Giustizia cominci a cambiare regime. Così non va. Ce lo dice il Mondo, ce lo dice l’Europa, tutti ce lo dicono. In questo caso Renzi fa affermazioni da vecchio esponente del Msi, non da Liberale. Ma io sono disposto a dargli fiducia lo stesso.

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