3
Gen
2015

Roma, l’assenteismo pubblico, e la bufala delle norme che mancano: manca la volontà

Sembra fatta apposta per rilanciare l’illogicità del nuovo Jobs Act che vale solo per i lavoratori privati e non per il pubblico, l’assenza dell’83,5% dei vigili urbani previsti in servizio a Roma la notte di san Silvestro con 600mila persone per le strade della Capitale, e quella dei 200 netturbini che dovevano prestare servizio a Napoli a Capodanno. Le amministrazioni locali hanno reagito diversamente. Lancia in resta contro l’assenteismo il sindaco di Roma e innanzitutto il comandante della Polizia Municipale, Raffaele Clemente. Mentre a Napoli il vicesindaco Sodano ha preferito parlare di “dato fisiologico”, stante che l’età media dei dipendenti della municipalizzata è più vicino ai 60 che ai 50 anni.

La novità vera è che sia a Roma sia a Napoli la Cgil fa fuoco e fiamme contro gli assenteisti. E questo dice molto, perché nelle proteste estreme delle mille sfaccettature del mondo pubblico il microsindacalismo corporativo ha molto più peso che nei grandi numeri del lavoro privato. Ma la differenza istituzionale, rispetto a molte altre volte, è che subito il premier Renzi ha messo nel mirino gli assenteisti, promettendo che con la delega Madia sulla riforma della PA all’esame del parlamento saranno assunte tutte le misure necessarie perché vicende simili non possano ripetersi.

Detto questo, alcune distinzioni. La municipalizzata dei rifiuti di Napoli, insieme all’ATAC e all’AMA di Roma e alle consorelle di Palermo, sono nelle serie storiche purtroppo notoriamente in testa per assenze medie dal lavoro, con un rapporto giunto fino a 3-4 volte la media nazionale e fino al 25% medio giornaliero. Diverso è il caso della protesta esplosa a Roma. Che è di gravità purtroppo diversa.

A Roma non si è trattato di un assenteismo elevato frutto di scelte personali e pessime abitudini rese possibili da medici conniventi. Nella Capitale a Capodanno si è verificata un’astensione di massa coordinata sindacalmente, con la Cgil non d’accordo ma con le altre due confederazioni maggiori in linea con altre 3 sigle sindacali, determinate a un colpo di mano contro la giunta e soprattutto contro il comandante Clemente: un superpoliziotto che dopo un anno è ancora vissuto come estraneo al corpo. Un corpo che considera un affronto le misure da Clemente proposte, di rotazione di tutto il personale nella città per estirpare tolleranze e connivenze con illegalità di vario tipo, e di riforma totale delle diverse ripartizioni metropolitane.  La resistenza dei vigili urbani alla rotazione induce purtroppo ad amare considerazioni, sul retroterra da cui nasce si alimenta Mafia Capitale.  Aggiungeteci un contratto fermo da 5 anni, la richiesta di raddoppiare l’organico da 6mila a 11 mila componenti come se la Capitale non fosse stata salvata per 2 volte dai contribuenti nazionali abbuonandole in gestione separata 15 miliardi di debiti: ecco come nasce la diserzione di massa dei vigili capitolini dalle strade romane. Ed ecco spiegati i commenti beffardi di alcune sigle sindacali dietro la protesta, che come Ospol hanno giudicato l’83,5% come “un dato normale, per il freddo e il periodo”.

I sindacati ispiratori della protesta a Roma, della massiccia ondata di certificati medici e donazioni sanguigne e rifiuti della prestazione in servizio sostitutivo per chi era previsto in disponibilità, forse non se ne rendono proprio conto: con la loro scelta hanno indotto centinaia di vigili a non capire che così comportandosi confermavano solo che a Roma un problema enorme di legalità esiste dal basso, e non solo per le vicende toccate dalle indagini su “Mafia Capitale”. C’è da sperare solo che i vigili urbani romani riflettano, ora che gli ispiratori dell’assenteismo li invitano urlando allo sciopero contro la presunta “intimidazione antisindacale”. E che la politica non dica fesserie, visto che a Roma la destra pare intenzionata a cavalcare gli assenteisti dando loro ragione.

I numeri. Già ho scritto all’indomani della mancata estensione del Jobs Act al lavoro pubblico, che l’illogicità di questa scelta – pur affermata dalla Corte Costituzionale in molte sentenze – sarebbe inevitabilmente esplosa. E non a caso la settimana scorsa facemmo subito l’esempio dell’assenteismo pubblico, sottolineando il fatto che l’impegno assunto con la riforma Brunetta del 2008 a un monitoraggio sistematico al parlamento è stato disatteso dai governi successivi. Nella persistente babele dei diversi istituti che raccolgono i dati delle assenze a diverso titolo delle forze di lavoro – la rilevazione trimestrale Istat rileva solo le assenze “mediche”, (più elevate negli ultimi dati del 21% rispetto a quelle private a parità di unità impiegate, ma pensate che nel 2006 il divario era del 34%) poi si aggiungono Inps, Inpdap, coi relativi servizi ispettivi e via continuando – una sintesi complessiva delle assenze è desumibile dal Conto Annuale sul Pubblico Impiego della Ragioneria Generale dello Stato. Nel documento – che come vedete non è di agevolissima consultazione – i dati non sono comparati con il privato, e comprendono tutte le diverse forme di assenza dal lavoro, quelle mediche certificate e retribuite, quelle per ferie, maternità, assistenza a congiunti disabili, permessi sindacali e scioperi. L’ultima versione è relativa al 2013, e il difetto fondamentale è di non tenere conto dell’universo delle 10 mila società pubbliche locali. Ma resterete sicuramente stupiti nell’apprendere che i giorni medi annuali di assenza nella PA italiana nel 2013 – ripetiamo: tutto compreso a cominciare dalle ferie – sono stati 42 per gli uomini e 51 per le donne: ma con punte di oltre 60 per gli uomini e 65 per le donne nei corpi di polizia, 57 giorni alla presidenza del Consiglio, oltre 50 nel servizio sanitario nazionale, 46 in Regioni e Comuni, 40 nei Vigili del Fuoco, e meno di 20 giorni nelle Università. Ci sarebbe un volume da scrivere, per le variazioni geografiche e di sottosettore pubblico. Ma una cosa è sicura: i numeri dicono che c’è ancora moto da fare per accrescere la produttività e combattere assenze di comodo.

Le sanzioni. E’ sbagliato però credere che si debba procedere a chissà quale giro di vite normativo nel settore pubblico. La politica lo annuncia e ripeter per farsi bella. In realtà le norme ci sono tutte o quasi: bisogna solo decidersi a usarle, una volta per tutte. La riforma Brunetta, introdotta dal D.Lgs. 150/09, ha modificato profondamente il sistema disciplinare nel pubblico impiego, intervenendo in particolare sulla struttura del procedimento e sugli stessi poteri degli organi di controllo. La legge definisce di minore gravità le infrazioni per le quali è prevista l’irrogazione di sanzioni superiori al rimprovero verbale minori della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per più 10 giorni. E quelle di maggiore gravità, per le quali le sanzioni vanno dalla sospensione superiore a dieci giorni, al licenziamento con preavviso e anche senza preavviso.

Affermare che nel pubblico impiego non si può licenziare i fannulloni è una sciocchezza assoluta, esattamente come nell’ordinamento è anche prevista la possibilità della messa in mobilità per ridurre le piante organiche che risultino eccedenti dal punto di vista funzionale o economico.

Tanto è vero che la legge prevede esplicitamente all’articolo 55 il licenziamento disciplinare “per falsa attestazione della presenza in servizio, mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente, ovvero giustificazione dell’assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o che attesta falsamente uno stato di malattia; per assenza priva di valida giustificazione per un numero di giorni, anche non continuativi, superiore a tre nell’arco di un biennio o comunque per più di sette giorni nel corso degli ultimi dieci anni ovvero mancata ripresa del servizio, in caso di assenza ingiustificata, entro il termine fissato dall’amministrazione; per ingiustificato rifiuto del trasferimento disposto dall’amministrazione per motivate esigenze di servizio….” e via continuando, per non annoiarvi.

Nuovi rimedi. Non troverete nelle banche dati del sistema giudiziario italiano traccia di impugnative e cause relative a licenziamenti per dipendenti pubblici con assenze ingiustificate di quattro giorni in un biennio. I licenziamenti avvengono solo innanzi a condotte enormemente più gravi, nell’ordine di settimane e mesi (non scherzo, a giugno è stato il caso di un dipendente postale) di assenze ingiustificate e continuative. Se poi il governo vorrà aggiungere nuove prescrizioni, bene. Ma il punto è che occorrerebbero solo due misure che nella riforma disciplinare non ci sono, ma senza delle quali restano sulla carta: sanzioni al dirigente pubblico che non contesta sistematicamente ai suoi inferiori le mancanze disciplinari previste dalla legge; e sanzioni al sindaco, presidente di Regione e ministro che non rediga un rapporto annuale delle misure assunte per il pieno rispetto delle leggi vigenti in materia di correttezza, legalità e produttività delle prestazioni di servizio offerte da ciascuna amministrazione. E’ questa la svolta che manca: quella della volontà, non quella delle norme.

 

 

 

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11 Responses

  1. Antonio Cappa

    Verissimo, ma qui non si licenzierà nessuno perché ognuno ha una scusa legale (certificato medico o donazione del sangue che sia).

  2. Giovanni Mesini

    Difficile dire a distanza anche di poco tempo chi fosse realmente malato e chi no.
    Però, se non sbaglio, presentare una falsa dichiarazione (o certificato medico) per ottenere il pagamento di ore nelle quali non si è lavorato è un reato (truffa, credo).
    Ma anche l’istigazione al reato è s sua volta reato; qui non dovrebbe essere difficile, da comportamenti antecedenti e seguenti il fatto, stabilire se qualcuno tra gli organizzatori della protesta ha infranto la legge…

  3. Matteo

    Ecco un articolo serio.
    Solitamente si unisce disinformazione all’appello: “Alla corda, alla corda.”
    Naturalmente il tutto con l’obiettivo di continuare a non far funzionare niente nello stato per lasciare ogni privilegio così come si trova.
    Ovvero a sognare di ripristinare il giuramento al partito.

  4. Giorgio

    Da avvocato, ho assistito più di una volta la pubblica amministrazione in procedimenti disciplinari contro i loro dipendenti. I dirigenti vari avevano sempre timore di avventurarsi da soli nel ginepraio di norme scritte in modo delirante (leggetevi l’art. 55 bis introdotto dalla riforma Brunetta). Questo implica 1) più soldi spesi dalla PA in consulenze 2) meno certezza nell’applicazione delle sanzioni o comunque nel correlare una sanzione ad una specifica infrazione disciplinare.
    Scrivere norme chiare sarebbe un ottimo punto di partenza.

  5. Rodolfo

    Egregio Giannino, Il giorno seguente la messa in malattia dell’86% dri Vigili urbani, Uno Dei dirigenti dei Vigili Urbsni, ha dichiarato che il servizio si e’ svolto regolarmente con il solo 16% del personale, cio’ significa che il restante 86% e’ in esubero?
    Distinti saluti

  6. adriano

    “E’ questa la svolta che manca:quella della volontà,non quella delle norme.”Appunto ed è per questo che non serve estendere il decreto sul lavoro al settore pubblico.Quando l’efficienza di un servizio non si basa sulla sostenibilità economica ma su quella politica poter licenziare non serve perchè non lo si fa in quanto non conviene.Sulle assenze per malattia non si possono incolpare gli interessati ma i medici che le certificano.Le altre assenze,consentite dalla legge,non possono essere contestate a chi le utilizza ma a chi ha approvato le norme.Alla fine si risolverà nel solito nulla di fatto.Quello che servirebbe sarebbe la privatizzazione del servizio di polizia urbana e di raccolta dei rifiuti.Almeno le eventuali difficoltà di gestione farebbero capo ad un imprenditore che,pagando di tasca propria,sarebbe più attento e capace di farvi fronte.Potrebbe essere utile anche per il cosidetto organico.Le cifre citate in aumento,da 6000 a 11000,possono sorprendere chi non conosce come funziona il sistema.Ai miei tempi le cosidette piante organiche venivano stabilite in base a coefficienti numerici fissati da apposite commissioni azienda sindacati.Per creare lavoro bastava semplicemente cambiare i coefficienti,tanto erano fissati arbitrariamente.Se a pagare fosse un privato la questione sarebbe diversa.Se continua ad esserlo il pubblico meglio rinunciare a parlarne.Le parole sono infatti l’unica cosa su cui si può risparmiare.

  7. gianfranco

    ho letto da qualche parte (e ritiro tutto se non e vero) che un dirigente pubblico che licenziasse un dipendente, il quale poi venisse reintegrato dalla magistratura, “paga” in proprio tutte le penali ed i costi. Conoscendo come giudicano “certi” TAR (anche in base a leggi arzigogolate e bizantine da azzeccagarbugli), non mi meraviglia che i dirigenti facciano orecchie da mercanti

  8. Matteo

    “Quello che servirebbe sarebbe la privatizzazione del servizio di polizia urbana”
    Ecco, questo è quello che può dirsi l’ultimo stadio del furore privatizzatorio.
    “Se a pagare fosse un privato……” , cioè se le armi e la forza pubblica fossero nelle mani di un privato, e a gestire la violenza pubblica legalizzata e pagare la “polizia” fosse un privato si chiamerebbe Mafia. Esiste già, non è ancora legale ma volendo.
    Molto semplice.

  9. Francesco_P

    Roma è la capitale; sì, la capitale delle storture del sistema Italia, come la recente “scoperta” del “cupolone” affaristico-criminale.
    Purtroppo le attuali leggi e normative non brillano certo per consistenza logica ammettendo molteplici interpretazioni in contrasto fra di loro. C’è dunque la possibilità di generare un contenzioso legale infinito con il rischio di bloccare le attività del Comune di Roma e di costare un patrimonio di soldi pubblici per giungere a nessuna conclusione o – nel migliore dei casi – a conclusioni “annacquate”.
    Non dimentico il mio garantismo, e finché tutti i fatti non saranno conosciuti mi astengo dal condannare alcuno.
    Mi sorgono spontanee alcune domande.
    1) Se pubblici ufficiali con un ruolo di polizia possono permettersi di dichiarare il falso per sfuggire ai loro doveri o – peggio – per praticare qualche forma di sciopero bianco, quanto ci può fidare di queste persone nello svolgimento dei loro doveri quotidiani?
    2) Se hanno usufruito di certificati medici falsi o semplicemente rilasciati in base ad una telefonata. quanto ci può fidare dei medici di base pronti a compiere dei reati in nome del lassismo e del “velenose bene”?
    3) Quanto ci si può fidare di chi è preposto a selezionare e controllare i pubblici funzionari?
    4) La mentalità distorta coltivata dai sindacati che (almeno nel pubblico impiego) che consiste nello scambiano la negazione del dovere con il diritto, quanto può aver inciso nella diffusione di una mentalità lassista fino alle estreme conseguenze?
    5) Roma è un caso a se, o è solo il caso più eclatante che ha avuto la sventura di essere portato alla ribalta?
    Anche se non ho ancora una risposta precisa a ciascuna domanda, io vedo la necessità di compiere un “reset” di tutta la pubblica amministrazione (leggi, normative e persone) proprio per impedire che contenziosi infiniti permettano la sopravvivenza infinita di un sistema che genera solo delle distorsioni.

  10. Gian Paolo Salandin

    Ci sarebbero le norme? Evidentemente una illusione: mai sentito parlare dei Giudici del lavoro che reintegrano i professori pedofili, i ladri incalliti? mai sentito il Tar che impone i diritti acquisiti dai truffatori? Anche la Corte Costituzionale non scherza. In questo stato si fa un gran parlare della Giustizia e siamo tutti contenti a sentire che centinaia di person o sono inquisite per truffe varie a Roma (ad esempio), senza tener conto della tramenda verità: chiederanno il patteggiamento, avranno al massimo qualche mese di finta prigione. Non condannato Batman autorizzato a godcersi la pensione … La commedia dei processi è veramente un invito a derlinquere: gli ingranaggi delle leggi sono rivolte a risolvere nella sceneggiata di una comica confessione di responsabilità la pena del grandi ladri, dei profittatori ecc. Chi chiede giustizia dovrebbe seguire l’iter della pratica per anni: la magistratura fa il suo corso …inutile commedia.

  11. Gian Paolo Salandin

    Purtroppo la democrazia funziona comunque: se più del 50% dei cittadini vive di sotterfugi, compromessi, piccole o grosse truffe chi comanda farà ciò che la maggioranza vuole. In più: chi volesse cambiare il registro perderebbe i voti e la figucia degli elettori. A Roma ad esempio (mio modesto e provvisorio giudizio – forse avventato) mai potrà veramente vincvere un partito che voglia rovesciare il cumulo di favoritismi che soffoca la città. Alla fine dei conti pensiamo veramente che i vigili urbani, i dipendenti Atac, della Nettezza Urbana, ecc. vogliano il bene della città?? La maggioranza è quella che è e democraticamente vince.

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