30
Dic
2014

Ha ragione Stella: facciamo del Quirinale un museo. Anzi, spianiamolo

Gian Antonio Stella scrive oggi un bel pezzo proponendo che il Quirinale smetta di essere usato a fini istituzionali e diventi un museo. Il 27 maggio 2007 avanzai sullo stesso argomento una provocazione che non è affatto tale, e che ripropongo

Modesta proposta provocatoria, dopo l’assai più serio appello di Francesco Cossiga lanciato ieri a Giorgio Napolitano, affinché siano opportunamente ridotti i costi della casa istituzionale simbolo dell’unità stessa e della sovranità della Repubblica, il Quirinale, che a noi contribuenti costa multipli di Bukingham palace ai britannici. Dico io, allora: facciamo di meglio e di più. Spianiamolo, il Quirinale. Spianiamolo idealmente, per la funzione che ha da decenni. Ma anche non troppo idealmente cioè in realtà: facciamone il museo che a Roma manca.

Non certo per recare affronto ai Papi, che da Sisto V a Pio IX vi governarono col Triregno. Né ai Savoia che lo fecero reggia nazionale, razziando arazzi ed ebani preziosi da tutta Italia. Né tanto meno al Capo dello Stato attuale, che potrebbe benissimo restringersi nella cosiddetta Palazzina, posta al quadrivio della romana via Quattro Fontane – un venticinquesimo dell’attuale estensione del Palazzo – e lasciare tutto il resto, Manica Lunga e Galleria d Alessandro VII, Ala Sabauda, Salone dei corazzieri e l’intero complesso di quattro ettari dei Giardini dei Carafa. Lasciarlo a chi o a che, direte voi? Ed ecco la mia risposta, assai meno provocatoria di quanto sembri. A un enorme museo archeologico su Roma stessa, quello che alla Capitale continua colpevolmente a mancare.

La ragione del cambio di destinazione dell’area del Quirinale c’è tutta, come si apprenderà ufficialmente mercoledì prossimo, in una cerimonia alla quale presenzierà lo stesso Capo dello Stato. Perché è proprio davanti alla Palazzina del Fuga, laddove Napolitano potrebbe opportunamente restringere i propri uffici, che è avvenuta una nuova grandiosa scoperta , l’ennesima ad opera del più geniale archeologo di cui Roma e l’Italia tutta dispongano: il professor Andrea Carandini.

Proprio lui, quello che a ottobre del 2006 stipò di oltre 4.500 persone l’Auditorium della Musica. E tutti gridarono al miracolo, perché le migliaia di romani insolitamente mattinieri erano accorsi non certo per assistere a una parata di potenti industriali, bensì per cibarsi avidamente di una lezione su mito e realtà della fondazione dell’Urbe, in quel 753 avanti Cristo. Una conferenza divulgativa sì, ma con tela e ordito fatto di etnografia e stratigrafia, esegesi storica e filosofia politica, le quattro armi appuntite attraverso le quali questo genio dell’archeologia che è Carandini in trent’anni di scavi ha letteralmente azzittito sotto prove schiaccianti tutta la storiografia plurisecolare su Roma accumulatasi, secondo la quale la Constitutio romulea attestata nell’Annalistica era solo un mito, e nulla in realtà era accaduto di veramente degno di nota a Roma prima del quinto secolo avanti Cristo e dell’età dei Tarquini, quando furbescamente si retrodatò di due-tre secoli miti fondativi e radici delle istituzioni dell’Urbe, come in una colossale e riuscitissima opera orwelliana di propaganda politica per via di falsificazione storica.

Carandini commentò quel bagno di folla affermando che evidentemente dal ceto medio, che in Italia si conta a milioni, sorgeva una nuova èlite assetata di cultura e di sapere. E chi scrive qui non ha dubbi: se si dovesse scegliere una neoèlite, tra tutte le altre e quella del geniale archeologo che smentisce gli storiografi tromboni e ne fa pane per le masse, tutta la vita scelgo questa e voglio Carandini premier. Vota a sinistra e non lo nasconde, anzi ha scritto anche un librino pochi mesi fa in cui lega l’evoluzione della reggia e della costituzione romulea a Tocqueville contro le tirannie delle maggioranze: insomma Berlusconi non gli sta simpatico, al genio della piccozza di cui vi parliamo. Ma se lo può permettere, dall’alto delle sue scoperte.

Torniamo al Quirinale. Che cosa ha scoperto, quel cercatore inesausto di tracce stratigrafiche di storia arcaica vera, e non di miti costruiti ad arte dai politici? Ha accertato che uno dei siti sacri e civili più fondamentali per la ricostruzione della Roma regia pre-repubblicana, il Tempio di Quirino, sta esattamente sotto il Quirinale di oggi, non sotto palazzo Barberini come alcune fonti volevano. Quirino, per capirci, era il Dio romano delle curie, parola che secondo Plutarco ricordava la lancia dei sanniti e per Varrone invece la patria di Tito Tazio: ma in realtà le 30 curie e le 3 tribù sono proprio la caratteristica fondante della divisione territoriale e amministrativa introdotta dalla costituzione di Romolo, insieme all’istituzione del complesso sacrale del Foro-Campidoglio-Arce capitolina e alla creazione del calendario. Il tempio di Quirino è legato sin dagli inizi dell’Urbe al culto di Romolo, trasfigurato in cielo dopo la sua scomparsa per un temporale, e resta per secoli punto di riferimento dei grandi riti civili. Nel 293 avanti Cristo il console Papirio Cursore lo dedica a Roma dopo aver sconfitto i sanniti e distrutto Aquiolonia e Sepino, e ancora Augusto lo riabbellisce e restaura.

Carandini da decenni, proprio con gli scavi accaniti nell’area del Palatino come alle Mura Serviane, alla Via Sacra del Foro come alla Casa delle Vestali, ha di fatto retrodatato le prime fasi della creazione dell’Urbe all’850 avanti cristo, ben prima della nascita di Atene. In un paese che avesse senso di sé e dell’importanza di una storia tanto mistificata, a Carandini ministri e sovrintendenti avrebbero dato carta bianca per campagne di scavo volte a identificare tutti i grandi siti ancora sconosciuti che hanno a che fare con la ricostruzione della vera storia della Roma più antica: il Tempio di Cerere, Libero e Libera sull’Aventino, la Casa di Servio Tullio sull’Oppio che evolverà poi in residenza di Sejano ai tempi di Tiberio. E il Tempio di Quirino, appunto: quello che solo grazie a tecniche di introspezione basata sulla riflessione delle onde magnetiche – non potendo scavare – Carandini ha oggi rintracciato sotto il Quirinale.

E’ da anni, che Carandini richiama la necessità di avviare un grande censimento di tutti i luoghi ancora nascosti dell’archeologia romana arcaica. E’ da anni, che sottolinea l’insensatezza di una carta archeologica di Roma ferma a quella di Rodolfo Lanciani nel 1890. E’ da anni, che chiede mano libera per poter scavare non solo al Foro e nelle aree dedicate, ma sotto i Palazzi del potere e le Chiese che nel centro di Roma nascondono vestigia preziose. E che richiama tutti i responsabili politici al controsenso di una Città che vanta la civiltà che da essa per millenni si è irradiata nel mondo interno, e che non ha un Museo Archeologico degno di questo nome e modernamente strutturato per milioni di turisti, costretti ad aggirasi per il Foro senza neanche un plastico a portata di mano quando con oculari dotati di Gps e software tridimensionale potrebbero letteralmente “camminare” entro i templi e i palazzi di Roma, dal settimo secolo a. C. sino alla caduta dell’Impero.

L’abbiamo fatta un po’ lunga, direte voi. Ebbene allora ecco le tre proposte finali. La prima è che al Colle capiscano che il professor Carandini dovrebbe essere lui  il consigliere del Capo dello Stato incaricato della conservazione e tutela del Quirinale. La seconda è che al professor Carandini sia concessa mano libera per scavare tutto ciò che vuole, nell’area del primo Palazzo d’Italia e anche sotto le sue fondamenta. La terza è che noi saremmo disposti idealmente a spianare il Quirinale tutto. Meglio vederlo sostituito da un Museo del passato che all’Italia manca, che eternato in un cronicario della politica ingessata dell’Italia attuale.

 

2 Responses

  1. serra roberto

    Favorevole che il Palazzo del Quirinale diventi il Museo degli Italiani, il Palazzo del Presidente potrebbe diventare quello cella Consulta, in questo modo il Presidente degli Italiani potrebbe rimanere sempre sul colle del Quirinale ma in un palazzo diverso ( che e’ comunque prestigioso )

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