6
Mag
2011

Obbligatoria anche l’anagrafe

Nicolò è nato il 16 aprile scorso. Le persone dell’Istituto Bruno Leoni gli hanno inviato un telegramma di auguri.  Nicolò ha considerato suo dovere dare una risposta di ringraziamento argomentata. Essendo momentaneamente impedito a provvedere direttamente, ha inviato la risposta tramite suo padre.  Può ora darsi che Nicolò ci prenda gusto a denunciare i soprusi dello stato, e che questa lettera abbia un seguito.

Cari amici,

Nicolò desidera mio tramite ringraziarVi per il caloroso e gradito benvenuto che gli avete rivolto.

Non lo fa direttamente in quanto è impegnato in uno sforzo di coordinamento fra braccio e mente che gli rende momentaneamente impossibile l’uso della tastiera.

Desidera altresì cogliere l’occasione dell’incontro epistolare con menti così elevate e spiriti tanto liberi per denunciare il grave sopruso di cui è stato vittima.

Ad eccezione di alcune ore trascorse in un luogo chiamato nido, infestato da piccole bestioline urlanti, i primi giorni di Nicolò si sono rivelati confortevoli. Ma la clinica era un po’ noiosa, e così Nicolò ha deciso di andarsene a casa, magari passando per una libreria ove dare uno sguardo alle più recenti novità editoriali e munirsi di qualche nutrimento un po’ più sapido di quello che gli viene abitualmente propinato.

Ma ecco la violenza terribile, il sopruso inaccettabile: Nicolò è stato preso in ostaggio dalla clinica ove è nato, clinica che si rifiutava di liberarlo a meno che Nicolò tramite un suo delegato – o la gentile signora che lo aveva calorosamente e confortevolmente ospitato per nove mesi, ovvero il meno noto e decisamente meno utile signore che si agitava permanentemente nei suoi dintorni – non si fosse recato all’anagrafe per denunciare la avvenuta nascita. Alle sue rimostranze veniva risposto che quell’obbligo era fissato nel suo stesso interesse, e che era la condizione necessaria perché lui potesse utilizzare i suoi diritti di cittadino. Nicolò non ne è rimasto affatto convinto; anzitutto perché non trovava ragionevole che vi fosse al mondo qualcuno in grado di giudicare del suo interesse meglio di lui medesimo; e in secondo luogo perché l’iscrizione obbligatoria all’anagrafe, addirittura assistita da sanzioni penali, evidentemente non sanciva i diritti del cittadino bensì gli obblighi del suddito. Tanto è vero che egli veniva informato del fatto che l’immediato seguito della pratica sarebbe stato l’invio al suo domicilio del cosiddetto codice fiscale (con il che si dimostra che per lo stato un individuo non è mai abbastanza infante per poter essere messo al riparo dalle male parole).

Ed ecco quindi il riscatto da pagare come prezzo per la libertà, per poter uscire da quella clinica nella quale – ormai era evidente – si trovava in ostaggio. Un riscatto da pagare a rate, per tutto il resto della sua vita. La cui entità sarebbe stata tanto maggiore quanto più egli si sarebbe dato da fare con il proprio lavoro, il proprio impegno, le proprie capacità. E – ma qui, di fronte all’oscuro criterio della progressività dell’imposta, la mente del piccolo Nicolò per un attimo ha vacillato – il prezzo del riscatto sarebbe cresciuto in modo più che proporzionale rispetto ai guadagni che il suo lavoro, le sue capacità e il suo impegno gli avrebbero consentito.

Per un attimo Nicolò ha considerato l’ipotesi di immolarsi sull’altare della libertà, rifiutando l’iscrizione all’anagrafe e rassegnandosi a vivere per sempre recluso nella clinica nella quale era nato. Ha desistito di fronte alla ulteriore, terribile, minaccia di cui è stato oggetto: se egli avesse insistito nel suo atteggiamento di rifiuto, non solo a lui sarebbe stato impedito di lasciare la clinica, ma i suoi genitori, che tutto sommato cominciavano ad essergli simpatici, sarebbero stati costretti nelle patrie galere insieme a ladri, assassini e stupratori, con l’unico conforto della libera disponibilità, sempre garantita in quei luoghi di costrizione, di ogni sostanza adatta ad ottenebrare la mente.

Così Nicolò ha ceduto alla violenza, iscrivendosi all’anagrafe ed attendendo con rassegnazione il prossimo invio del minaccioso codice fiscale. Ma ha acquisito una convinzione. Ora, a casa, gli capita di ascoltare in televisione delle confuse discussioni in cui delle persone inutili – che lui ha compreso vivranno con il frutto del riscatto che egli sarà costretto a pagare – si parlano l’una sopra l’altra senza ascoltarsi. Però ha apprezzato il fatto che queste inutili discussioni sono ritmate da frasi fatte che svolgono un po’ la funzione di ritornello. Fra queste una delle più diffuse è quella che recita “ci serve più Europa, non meno Europa”. Nicolò non comprende cosa vuol dire; teme che dell’Europa, come della rosa, ci sia rimasto ormai solo il nome; ma, dopo la drammatica esperienza della presa in ostaggio e di un riscatto che sarà chiamato a pagare per tutta la vita, si è fatto convinto che ci serve più IBL, non meno.

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10 Responses

  1. Andrea Chiari

    Ho un bravo nipote che fa l’assistente universitario in materia di dottrine politiche e di storia contemporanea. Mi ha spiegato che ci sono (già da più di cento anni e mi scuso se ne ho scordato i nomi) liberisti estremi che sconfinano, nel loro rifiuto dello stato, nel terreno dei più classici e noti anarchici, fino al punto di dire che anche la polizia dovrebbe essere privata o comunque scelta dai cittadini e che nessuna imposizione dello stato può essere legittimata. Comunque, facendo i miei più sentiti auguri a Nicolò, lo riassicuro da una imposizione che certamente in età avanzata nessuno lo costringerà a subire: non avrà la pensione.

  2. Perchè negare al piccolò Nicolò una vita da apolide?!
    L’apolidia è nata proprio come forma di libertà assoluta: quella degli schiavi di guerra dell’antichità.
    Comunque il piccolo Nicolò sarà sempre in tempo per fare una richiesta dello status di apolide al suo Ministero dell’Interno e godersi la vita nel limbo senza regole.

  3. Giovanni Bravin

    Auguri a Nicola D. alla madre, ed al bebè, che comunque si trova già un debito pubblico, quindi anche lui incluso, di Euro 31.584 alle ore 9.30 di oggi 7 maggio 2011!
    Auguri!!!!

  4. Ugo Pellegri

    A bravo Nicolò, al quale auguro ogni bene, voglio ricordare che la libertà di ognuno di noi passa dal rispetto di regole.
    Talvolta le regole sembrano astruse e capita che siano applicate con ottusità burocratica ma, senza regole, possiamo fare tutto, anche ledere la libertà degli altri.
    Ascolta caro Nicolò non serve rifiutare le regole ma dobbiamo cercare di avere regole semplici, efficaci, ed applicabili.

  5. Franco

    La lettera del padre di Nicolò è molto divertente ma mi sembra una enorme sciocchezza.
    Mi chiedo: ma uno che non dichiara di esistere, su quale base può accampare dei diritti e vivere in uno stato di cui gode dei servizi (per esempio la clinica dove è nato; anche se suo pèadre ha sostenuto completamente le spese per la sua nascita, essa era comunque costruita in quello stato) e per cui, voglio generosamente ammettere, è anche disposto a contribuire pagando le giuste tasse. Ma quelle tasse pagate figureranno come una offerta anonima in quanto uno che non esiste non può agire. E il discorso potrebbe prolungarsoi anche per molto e quindi interrompo. Immagino anche il padre di Nicolò abbia molte altre obiezioni da apportare. Ma mi chiedo, infine, perché mai non ha portato Nicolò a nascere in mare al di fuori delle acque territoriali (di qualsiasi nazione, si intende!) facendo così suo figlio felice rendendolo un apolide.
    Franco

  6. @Franco Per esistere non serve dichiararlo. Si esiste e ciò dovrebbe essere sufficiente. Per quanto riguarda invece il fatto che essere nati in questo stato dovrebbe essere un motivo sufficiente per diventarne ostaggi per tutta la vita, noto che è la stessa argomentazione che veniva utilizzata nel medioevo per considerare proprietà del signore i servi della gleba, che venivano venduti insieme con le terre nelle quali lavoravano. Con una non trascurabile differenza però.
    La decima era quella che veniva versata al Signore, non quella che restava al povero disgraziato servo della gleba, come accade invece ai nostri giorni.

  7. MitMar

    Lettera divertentissima e con qualche contenuto logico. Peccato che Nicolò, quando è uscito dalla clinica, ha sicuramente percorso una strada asfaltata, più o meno bene e l’asfalto della stessa, con oneri annessi, è pagato dalla collettività di cui lui, volente o nolente, entra a far parte.
    Essere liberisti non deve necessariamente coincidere con l’essere irrealisti.

  8. valeriano

    Se Nicolò fosse nato in casa, come non si usa più, forse poteva farcela.
    E’ invece nato in una confortevole clinica. Praticamente un’auto denuncia.
    Ben arrivato tra noi Nicolò

  9. cristina

    Caro neo papà,
    la invito a vedere la cosa dalla parte dei diritti di suo figlio.
    Milioni di bambini nel mondo non hanno un nome, nessuno è responsabile di loro, nessuno sa dove sono nati, nessuno li conosce né li riconosce. Per loro è stata scritta una Carta dei diritti dei bambini (ONU 20 novembre 1989), in gran parte disattesa dagli adulti maggiorenni e responsabili di sé di tutti i paesi del mondo.
    Ci dia un’occhiata, e poi ripensi alla clinica, al codice fiscale, eccetera. Forse le cose assumeranno per lei altre posizioni nell’ordine di importanza. E constaterà di quanti diritti (giustamente) ha già goduto il suo bambino…
    Una mamma

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