28
Apr
2011

Parmalat, i negozi chiusi, l’acqua. Perché l’Italia non capisce il mercato

Parmalat, l’apertura dei negozi il primo maggio, i due quesiti referendari sull’acqua. Che cosa unisce queste tre vicende, apparentemente distinte e distanti per origini, sviluppi, attori in causa e conseguenze su tutti noi? Una cosa c’è. Importante, ed amara. E’ la distanza che continua a sussistere nel nostro Paese tra una corretta nozione del mercato, delle sue libertà e dei suoi benefici, e ciò che pensano invece vaste aree dei ceti dirigenti e dell’opinione pubblica italiana.

E’ apparentemente di buon senso, il monito che molti alzano, a maggior ragione dopo la grande crisi finanziaria di questi anni, affinché si attribuisca minor peso alle considerazioni meramente economiche, in nome di valori che debbono essere tenuti in altrettanta se non maggiore considerazione. Capita così che sia stata l’italianità di Parmalat, ad aver sviato per settimane il più delle banche e della politica italiana, mentre semplicemente i francesi di Lactalis crescevano nel capitale dell’azienda italiana risanata da Enrico Bondi dopo il più grande crac della storia finanziaria del nostro Paese. Accade che siano i diritti dei lavoratori, la ragione invocata dalla Filcam Cgil in polemica contro il sindaco di Firenze Renzi e quello di Milano Moratti, che hanno disposto la facoltà di apertura degli esercizi commerciali il primo maggio, per non far trovare ai turisti le città senza negozi. E capita infine che sia la difesa dell’acqua come risorsa pubblica, la causa invocata dai promotori del referendum, per bloccare a loro detta che interessi rapaci di aziende private traggano indebito profitto da una risorsa collettiva.

Italianità, diritto al riposo e tutela di beni pubblici sono valori importanti, in sé. Ma diventano fuorvianti, se invocati e applicati al fine di impedire al mercato di poter compiere la propria azione positiva.

Su Parmalat, i francesi di Lactalis hanno prima acquistato un 28,9% acquistandolo sul mercato e poi lanciato un’offerta pubblica di acquisto totalitaria sull’intera compagine. Vedremo che cosa dirà la Consob, ma a giudicare da quanto è noto i francesi hanno pienamente rispettato le regole vigenti, ed è grazie a questo che offrono tutti gli azionisti l’equivalente per quota parte del premio di controllo. A contrario, gruppi imprenditoriali italiani concorrenti ma senza denari come Granarolo, e primarie banche come Intesa, Unicredit e Mediobanca, hanno indotto la politica ad annunciare interventi pubblici per modificare le regole del gioco a gioco in corso, per poi rimediare una pessima figura visto che nessuno ha inteso mettere sul piatto risorse analoghe o maggiori di quelle del gruppo francese. Il desideri di tutelare un’italianità senza denari che quelli pubblici del risparmio postale si è rivelato per quello che era: un abbaglio che ha dato dell’Italia l’immagine di un Paese pronto a chiudersi su se stesso ma dimenticando i diritti elementari degli azionisti Parmalat.

Nel caso del no alle aperture dei negozi il primo maggio, la tutela dei lavoratori del commercio dimentica che il calendario delle aperture disposto dalle diverse leggi regionali consente apposta ai sindaci di intervenire per un’offerta flessibile, essenziale per accrescere l’attrattività delle grandi e piccole città d‘arte e perle del turismo italiano. La facoltà disposta per il sindaco e quella degli esercenti in caso di ordinanza non è un obbligo, non viola alcun fondamentale diritto alla tutela di un lavoro dignitoso ma, soprattutto, meglio in grado di essere remunerato accontentando più clienti altrimenti destinati a non trovare soddisfazione ala propria domanda.

Infine, nel caso dei due quesiti sull’acqua ammessi dalla Corte Costituzionale, a ben vedere siamo davvero in presenza di una mistificazione. Il principio dell’acqua pubblica è valso a raccogliere un milione e quattrocentomila firme di italiani. Senonché l’acqua nel nostro ordinamento è pubblica e resterà pubblica, nessuno se ne può appropriare. Un quesito fa cadere la necessità che l’affidamento del servizio avvenga attraverso gare di evidenza pubblica – non solo nell’acqua ma i tutti i servizi pubblici locali – a cui sia soggetti pubblici che privati possano partecipare, ma in condizioni di trasparenza che senza gare verrebbero meno, come ci confermano ani e anni di cronache pubbliche del nostro Paese. L’altro quesito impedisce la remunerazione i tariffa di una quota degli investimenti, e in questo modo impedisce un meccanismo certo attraverso il quale chi gestisce il servizio realizzi quegli oltre 60 miliardi di investenti che sono necessari, per impedire che la rete in Italia perda i media il 30% dell’acqua immessa e che finalmente cessi lo scandalo di un cittadino su tre le acque acque reflue non vengono oggi trattate da adeguati depuratori. La privatizzazione cattiva e spregiudicata che i proponenti dipingonoa tinte fosce conme l’Idra da stoppare non c’entra niente e – purtroppo, dico io – non esiste, è solo una bandiera per ottenere consensi. Il 97% del servizio è gestito da soggetti pubblici, a controllo pubblico anche quando sono società quotate in Borsa e dunque con vasto concorso di capitali privati. I referendum avrebbero solo l’effetto di rendere il servizio meno trasparente, di addossare sulle finanza dei soli Comuni spese che non sono assolutamente più alla loro portata, e in alternativa di alzare la fiscalità generale – con effetti regressivi, per cui chi ha meno reddito pagherebbe con le tasse anche per chi invece l’acqua la usa continuando a pagarla magari pochissimo.

Può dunque suonare assai nobile dire “al diavolo l’economia, costruiamo un mondo più decente”. Ma quando questo motto diventa la scusa per acquisire rendite a proprio vantaggio in nome di valori pubblici, allora il mercato e cioè il rispetto delle sue regole, non della sua presunta ideologia, è capace di generare effetti di gran lunga preferibili. Proprio nell’interesse di tutti.

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14 Responses

  1. Fabrizio Manso

    Condivido le sue analisi sul tema dell’apertura dei negozi il 1 maggio e su Parmalat. La prima dimostra l’arretratezza di pensiero dei sindacati e la seconda la pochezza della classe politica, anche se credo che dietro la teoria dell’italianità di Parmalat ci siano altri obiettivi.
    Non ho seguito molto la vicenda dei referendum sull’acqua, ma continuo a pensare che la gestione “privata” di un monopolio naturale come credo sia un acquedotto non sia l’ideale: la concorrenza è impossibile. Facciamo un’ipotesi: non sono soddisfatto del servizio fornitomi dalla società privata che mi fornisce acqua perché ritengo sia troppo cara. Cosa faccio? mi rivolgo ad un’altra società che avrà costruito un acquedotto parellelo al vecchio, ma più efficiente e quindi più economico? Non credo che qualcuno costruirà mai un acquedotto parallelo. Ipotizziamo che lo facesse. In una situazione quindi di concorrenza il prezzo dovrebbe tendere al costo marginale. Il costo marginale della fornitura di acqua credo sia 0. Per sopravvivere le due società dovrebbero fare cartello, che dovrebbe essere vietato.
    Abbiamo privatizzato la telefonia (cosa giusta secondo me), però ci sono dei problemi del tipo cui accennavo prima: nella mia azienda non siamo felicissimi del servizio fornito da un operatore. Abbiamo chiesto ad altri (ce ne sono parecchi), la loro risposta è stata: è troppo oneroso portare i cavi del telefono sino alla vostra azienda, tenetevi il vecchio operatore e tanti saluti alla concorrenza. Adesso ci vengono proposte altre soluzioni tecniche sulla telefonia che valuteremo, ma esistono tecnologie diverse dal tubo per portare acqua?
    La privatizzazione delle autostrade (secondo me ingiusta) a me non porta nessun vantaggio (è impossibile fare mercato), ma ai proprietari ha portato un vitalizio.
    E’ altresì vero che lo stato gestisce come peggio non si potrebbe quanto noi gli affidiamo. Ribadissco, non sono convinto della gestione privata dell’acqua. Qualcuno mi convince?

  2. Luca Martinelli

    Giannino, è lei che mistifica la realtà. Risponda a queste domande: (1) perché la legge Ronchi salva alcuni affidamenti diretti (in house) solo perché successivamente questi soggetti si sono quotati in Borsa (Acea, Iren, Hera)? Cosa c’entra questo con il mercato? (2) A quante gare ha partecipato Hera, per diventare il gestore del servizio idrico integrato in mezza Emilia e in Romagna? (3) Perché lei fa riferimento ai Comuni, come enti gestori: anche in caso di successo referendario, non viene meno l’idea che il servizio sia organizzato sulla scala dei bacini idrografici (Ambiti territoriali ottimali, secondo la legge Galli del ’94)… l’unico principio in cui differiamo è la natura di questi enti gestori, che possono assumere forme di associazione tra gli enti locali diverse dalla spa (soggetto di diritto privato). Chiediamo enti di diritto pubblico: aziende speciali, consorzi!

  3. Francesco Veterani

    Carissimo Giannino, lei parla di soggetti a controllo pubblico, ma non specifica la natura di questa aziende: si tratta di SPA società di diritto privato, che operano come tali (nel rispetto della legge).
    Ben diverso è il sistema che un milione e quattrocentomila cittadini informati da noi (e quotidianamente disinformati da personaggi di basso rango che vorrebbero essere giornalisti…) hanno scelto, ovvero un sistema di enti di diritto pubblico, partecipato dai cittadini e dagli stessi lavoratori (come prevede la nostra amata costituzione). Si ricorda lo scandalo dei trasporti romani? Le assunzioni facili? Bene è lo stesso modello che ritroviamo nelle società che lei definisce pubbliche, ma che pubbliche non sono affatto! Il nostro percorso non è iniziato con il referendum e non finirà con esso, se si fosse documentato o se avesse voluto essere super partes, avrebbe raccontato ai suoi lettori della legge di proposta popolare che giace dal 2007 nel cassetto delle commissioni in parlamento…
    Parla poi di remunerazione del capitale, obbligatorio per legge, ma non racconta da quanto tempo questo sistema è in uso, e perché non ci sono ancora stati i benefici a cui allude e imputa al mercato libero. Il servizio idrico integrato è di fatto un sistema monopolistico, con concessioni che come minimo partono da 20 anni e toccano punte di molto superiori. Dove sta la concorrenza? Io cittadino posso scegliere di usare l’acqua di un tal gestore piuttosto che un altro? No! La legge di mercato si dovrebbe espletare con una gara preventiva praticamente a scatola chiusa, nella quale vengono prese decisioni in base a promesse di multinazionali (che fra l’altro vengono cacciate dai loro paesi d’origine come la Francia che a Parigi ha allontanato Veolia e Suez)?
    Poi racconta una favola tutta sua, quando dice che i referendum addosseranno tutto sulle spalle dei poveri comuni, basandosi sulla fiscalità generale non saranno i meno abbienti a pagare anche per gli altri ma semmai il contrario, oppure vuol continuare a dar ragione a tutti gli evasori fiscali d’Italia solo per dar contro al referendum? Perché è questo che ne esce dal suo ragionamento, i meno abbienti pagano le tasse perché non possono evaderle, mentre i più ricchi le evadono perché ne hanno facoltà… io un paese così non ho intenzione di viverci, e invece di fare come molti connazionali che se ne vanno, rimango qui e lotto perché si cambi radicalmente rotta.
    Inoltre mi chiedo il senso della sua frase di chiusura, perché pare proprio una pessima insinuazione nei confronti di chi come me e centinaia di migliaia di altri cittadini, stanno cercando di migliorare il proprio paese.
    Risponda seriamente e senza pregiudiziali a queste domande e a quelle del sig. Martinelli.
    Saluti.

  4. Francesco Veterani

    @Fabrizio Manso
    Io non tenterò di convincerla che il privato è cosa buona nel Servizio Idrico Integrato, ma ci tengo a raccontarle che i promotori dei due quesiti referendari, non “nascono” per il referendum e non “moriranno” con esso, e le do ragione quando lei dice “E’ altresì vero che lo stato gestisce come peggio non si potrebbe quanto noi gli affidiamo.” anche se non sempre è così. Però è proprio per questo motivo che c’è la concreta proposta di un differente metodo di gestione, partecipata dai cittadini e dai lavoratori.

  5. Caro Giannino, l’analisi che lei fa ha un certo fascino e potrebbe indurre chi non è adeguatamente informato a pensare che sia vero ciò che lei affera, in realtà si tratta solo di argomenti verosimili che non hanno però alcun fondamento e riscontro pratico nella situazione reale.
    Ci sono delle situazioni nel nostro paese che, anticipando le privatizzazioni, hanno pensato di sperimentare quello che lei afferma, parlo di Aprilia, Arezzo e altre, ebbene cosa è accaduto in queste realtà? Si sono verificati aumenti spropositati delle tariffe, calo vertiginoso degli investimenti con il risultato di vedere complessivamente peggiorare in modo considerevole la qualità del servizio idrico integrato e la bontà stessa dell’acqua erogata.
    Di contro una società a totale partecipazione pubblica come Metropolitana Milanese offre un servizio fra i migliori in assoluto a livello nazionale con tariffe fra le più basse e perdite sulla rete dell’ordine del 10% a fronte di una media nazionale di circa il 35%, solo gli efficienti e meticolosi tedeschi arrivano ad avere perdite dell’ordine del 10%.
    Questo le dimostra come si possa fare una gestione di qualità reinvestendo nell’attività anche e soprattutto in Italia e con una società a totale capitale pubblico.
    Non potrà mai esserci alcuna SpA che, perseguendo il profitto per gli azionisti, possa allo stesso tempo mantenere alta la qualità dell’acqua, del servizio di distribuzione e contemporaneamente perseguire pratiche che vadano nella direzione di un consumo etico e parsimonioso della risorsa.
    La sbandierata efficienza e concorrenza del mercato è una bugia colossale essendo di fatto il settore acqua un monopolio naturale e non sarebbe certo l’affidamento tramite gara ad evidenza pubblica il metodo per creare concorrenza, servirebbe unicamente per stabilire chi sarà il monopolista per il periodo della concessione stessa non mettendo in campo alcun beneficio a favore dell’utente finale.
    Come mai a Parigi dopo anni di acqua privatizzata e tariffe che sono cresciute ininterrottamente, si è in arrivati, nel giro di poco tempo di gestione pubblica, alla prima diminuzione delle tariffe?(http://www.officinah2o.it/cronaca/diminuzione-del-prezzo-dellacqua-a-parigi/)
    Forse perché la gestione pubblica è l’unica possibile per un settore fondamentale come l’acqua.
    Giannino, provi a ragionare su questi elementi e ad approfondire le informazioni anziché cercare di fare mera propaganda, scoprirà che c’è una cittadinanza informata e consapevole che non intende farsi scippare l’acqua da nessuno e ricordi che … si scrive acqua e si legge democrazia.

  6. Il guaio è che io il mercato in Italia, non lo vedo. Se ci fosse, sia pure imperfetto, un pensierino ce lo faremmo. Monopoli, cordate, cartelli. Scuse per creare nuove Autority senza autorità ma costosissime. Diciamo piuttosti che esistono le spa, che esisono perosne che si possono permettere di comperare azioni, e quindi le spa debbono fare profitti, essere aiutate, mentre i poveri cristi possono pure fare sacrifici, rinunciare al giusto, per gli azionisti. Vivo nell’alto lazio Ato 2 acqua gestita da Acea, esce dal rubinetto sporca, con sassetti, vermetti e chi sa che impurità che posso immaginare dato il sistema delle tubature vecchio, mi viene la stessa acqua di prima, la pago più del doppio, la pago anche se non la consumo. per uno strano ragionamento che serve appunto per proteggere gli azionisti, presto anche acea metterà i truffaldini misuratori tipo quelli della Enel, tu non puoi controllare, il controllo e la gestione sono affidati dall’enel e lo saranno poi dalla Acea, con appalto. Non si sa più a che santo votarsi, se anche stai fuori e stacchi la luce.. ti arrivano bollette enel con consumi di fantasia, intanto paghi.. insomma sono protetti tutti tranne gli utenti, anzi no chiamiamoli come piace ai furbi : “i consumatori” quegli zozzoni che consumano e non vogliono pagare 1000, quello che vale meno di 100, quei lazzaroni, a loro penserà una altra spa che fa capo ad equitalia e che dovrà guadagnare per i suoi azionisti… Ci prendono in giro questa è la verità.
    Mentre l’utente è colui che utilizza un servizio e che ha DIRITTO che questo sia erogato al meglio, senza esser ingannato, vessato usurato. Forse se comperassimo meno azioni e lavorassimo di più, avremmo un Paese meno corrotto, più ricco , meno colluso

  7. pietro 48

    perfettamente daccordo con marista; mi piacerebbe aggiungere qualche mia idea ma sono stanco di sentire discorsi inutili. L’unica cosa vera è che la finanza ha vinto e si sta comprando tutto, anche le nostre intelligenze. Tutto il sistema che si sta costruendo è per la sua protezione.
    Parmalat per come vedo, è la parabola di una rinascita italiana (grazie a Bondi) e proprio per questo doveva restare italiana anzi lo stato doveva intervenire perchè l’azienda restituisse quanto con la complicità delle banche ha rubato a chi ci aveva creduto. Ecco questo sarebbe un bel segnale per il cittadino. Altro che opa…
    A nessuno fa paura che i francesi si stanno prendendo tutto l’alimentare? Io da italiano soffro perchè guarda caso la francia per le sue aziende pubbliche per legge non può scendere sotto l’80% (in italia al 17%) e questo nessuno ne parla? Perchè? possibile che nessuno accetti l’idea che ci stanno rubando le nostre “conoscenze tecniche” e che poi chiuderanno come di fatto è accaduto per tante aziende.

  8. francesco marangi

    Abito in Puglia dove (suolo carsico) non ci sono acque di superficie.
    La campagna della mia città è antopizzatissima: su un totale di 50.000 abitanti, ben 15.000 sono residenti in campagna, campagna che in estate arriva ad ospitarne 40.000.
    Pressochè tutte le abitazioni rurali hanno delle cisterne sotterranee in cui viene stoccata l’acqua piovana raccolta dai tetti e dai piazzali.
    Anch’io, che abito in campagna, faccio quella raccolta nelle mie cisterne.
    Decine di migliaia di persone raccolgono in proprio dell’acqua.
    Domande e risposte giuridiche e di filosofia del diritto: l’acqua nelle mie (nostre) cisterne è di proprietà mia (nostre) o di qualche altra persona o di qualche ente?
    E’ mia (nostra).
    I signori Martinelli e Veterani sono proprietari di quell’acqua?
    No.
    Possono prendersi quell’acqua contro il mio consenso?
    No.
    Sono libero di farne l’uso che voglio, anche di venderla a quel mio vicino che, taccagno, ha scavato una cisterna piccola o a regalarla a quell’altro che ha tanti fiori da innaffiare e che tanto mi piacciono o a donarla a quell’altra vicina ancora, tanto bella e gentile, che però fa 5 bucati al giorno?
    Si.
    Cari Martinelli, Veterani e similia, se volete dell’acqua, come ogni altro bene e servizio, essenziale o superfluo della vita, non potete pretenderla a carico del lavoro e a discapito della ricchezza delle altre persone, ma dovete dar loro qualcosa che esse siano disposti ad accettare in cambio.
    Diversamente, la vostra si chiama prepotenza e furto.
    Saluti

  9. paolo

    Probabilmente il sig. Veterani non sa che a prescindere dalla natura giuridica della società è chi ha il controllo a dettarne linea e obiettivi. La nostra amata costituzione che tutto il mondo ci invidia non permette ai cittadini di esprimersi su temetiche economiche e comunitarie ( ma questo non è partecipare ??).
    Il mercato idrico oggi non è libero perchè controlla tutto il pubblico per il 97% nelle diverse forme citate nel post, inoltre gli investimenti per il 91% (dati Federutility e il Mulino) sono pubblici. Questo pesa tutto sulla fiscalità generale anche perchè gran parte della tariffa nella sua composizione è oscura e non tiene conto dei reali consumi . Sarebbe auspicabile pagare per ciò che si consuma (alla faccia del risparmio del bene prezioso). L’aumento delle tariffe del 47% è avvenuto ben prima del decreto Rochi in nome di investimenti non fatti, rimanendo tuttavia le più basse d’europa proprio per questa mancanza. Un conto sono le tariffe che possono aumentare nel breve e un altro il costo reale del servizio .Perchè una gara ad evidenza pubblica con requisiti precisi non piace? Deve essere tutto a sola discrezione dei partiti che sicuramente faranno partecipare i cittadini??
    le aziende pubbliche non perderanno automaticamente i loro affidamenti, perchè questo dipenderà dai loro bilanci dalla qualità della loro gestione e anche dalla convenienza della tariffa. Secondo i referendari l’affidamento è alla cieca!! Mai sentito parlare di Antitrust e di regolamento per l’affidamento? Inoltre la Consulta si è espressa chiaramente sulla rilevanza economica del servizio idrico sottolineando la centralità delle decisioni dello stato.
    Il secondo quesito referendario si riferisce ad un comma più ampio in cui il corrispettivo del servizio ha molte forme tra cui la remunerazione del capitale investito ( fate lo sforzo di leggerlo integralmente).
    Insomma se i sostenitori spiegassero veramente lo stato dell’arte sul problema idrico italiano, la gestione della rete, e il decreto nella sua totalità sarebbe una tragedia; Forse preferiscono evitare di far acqua da tutte le parti per preservarne la risorsa a tutti i costi. Provate a visitare il principale sito internet del comitato referendario avrete la sensazione di imbattervi in una sorta di proloco volta a pubblicizzare eventi, slogan, libri e merchandising, ma che si guarda bene di analizzare la questione nazionale in maniera approfondito e il decreto integrale.
    Non ci sono reports quantitativi e analisi comparate, ma questo forse è tipico di “personaggi di basso rango che vorrebbero essere giornalisti”.
    Questo corrobora il teorema che la classe dirigente è realmente lo specchio della società dove troppo spesso i cittadini non sono migliori, rendendosi protagonisti attivi di quel tanto vituperato killeraggio mediatico e informativo.

  10. adriano

    Ho letto i quesiti referendari.Incomprensibili,come sempre.Come sempre la scelta sarà un atto di fede.E per chi non ha fede?.Una volta c’era la speranza.Ora rimane la carità.Invece del costituzionale referendum abrogativo con quorum,occorre l’anticostituzionale referendum propositivo senza quorum.Questa sarebbe la “battaglia” da proporre da chi citando la “democrazia” dovrebbe operare per potenziare il voto non per mantenerlo simile ad una burla.

  11. @ adriano, giustissimo quello che afferma e assai moderato il termine burla, io sarei meno moderata. L’indole prevaricatrice abbonda nei responabili del governare in Italia, da sempre e sempre più. La amministrazione , la burokrazia che se fossimo una democrazia dovrebeb essere funzionante e posta al servizio del citadino, è invece scientemente e da tutti, mantenuta autoreferente e lavora contro il cittadino. Cosa ci si può aspettare da gente che non conosce gli ELEMENTARI del buon governo, ma solo i fondamentali del sopruso? E non è fatto di destra o sinistra, le due comode categorie ad uso dei gonzi, e ci cado pure io alla fine, quanto ormai temo,di una distorsione mentale insita sin nel più piccolo usciere del più piccolo ufficio. Si è prepotenti e prevaricatori ormai per cultura, spesso senza rendersene conto, le modalità di guida dell’Italiano medio sono uno dei rivelatori della miserrima anima del Paese. E non mi voglio dilungare, ma una idea su alcune responsabilità me la sto facendo, ed è davvero avvilente, si, esser servi corrompe, finger di non esserlo, non basta.

  12. michele

    Concordo con lei sig Giannino per quanto riguarda la prima parte dell’artico riferito alla parlamat questi imprenditori con le “pezze al culo ” mi lasci passare il termine hanno vermamente stufato e se l’italia si trova in queste condizioni è colpa loro spero che se na vadano all’estero e non tonino più sarebbè un liberazione, se non si hanno i soldi non si compra niente da nessuna parte soli in Italia invece si può comprare tutto siamo da primato anche in questo.
    Per quanto riguarda l’acqua publica invece devo dissentire : mi spiego non sono in generale contrario alle privatizazioni anzi credo che siano utili a migliorare un mercato italiano troppo legato a leggi medievali e protezzionistiche, ma si vuole fare in Italia senza nessuna garanzia e senza un piano sicuro che non faccia ricadere i costi insostenibili della rete idrica interamente sul cittadino e i guadagni interamente alla società che a ben ragione non investiranno neanche un’euro su qualcosa di cui non detengono la prorpietà e che inoltre è anche in condizioni pessime .
    Poi chi garantisce che tutti avranno l’acqua quando econimicamente non c’è l’interesse per la società e quale società si sobbarcherebbe il costo di tale opera senza guadagno credo nessuna.
    Sul discorso del primo maggio credo che i sindacati siano sempre più confusi è anacronistico dire che i negozi devono stare chiusi il primo maggio e poi dire che non c’è lavoro.

  13. Sergio

    Non ci sto caro Oscar, proprio non ci sto, la favola che privato è bello resta una favola e non convince più. Premesso che per me lo statalismo è una malattia mentale e va estirpato, ci sono però paletti che non tollero vengano tolti: la difesa, la scuola, la sanità, l’acqua e l’energia. Oltre che ovviamente quelle funzioni che sono pubbliche ma siccome non remunerative nessuno si sogna di proporne la privatizzazione. Parliamoci chiaro, io sono contrario alle municipalizzate così come sono contrario alle tariffe. Voglio dire, in uno stato democratico libero e liberale si pagano poche tasse e chiare e la cosa pubblica è leggera e trasparente. Per cui se io pago l’Ires e l’Iva DEVO essere a posto, non DEVO dare più soldi al Pubblico, per cui se si deve rinnovare la NOSTRA infrastruttura distributiva dell’acqua la si fa con i soldi pubblici e poi se io consumo l’acqua il gas o la luce pago IL COSTO PURO della materia prima e non il servizio in quanto pubblico e quindi già pagato con le tasse. Concordo che il quesito referendario è peloso, cosa cambia se i soldi vanno nelle tasche di un altro Benetton o di un boiardo pubblico? Il fatto è che i boiardi non devono esistere, i manager pubblici devono avere forme diverse di remunerazione premiante che non passa attraverso le rendite di posizione. Ma la soluzione non è privatizzare, istituzionalizzare cioè il fatto che un servizio collettivo è un business. Allora caro Oscar io sono al suo fianco nella battaglia contro questa italia sprecona e statalista, ma la mollo immediatamente se Lei confonde il Servizio con il Business. Proponiamo invece un nuovo modo di gestire i servizi pubblici attraverso manager pubblici che vengono premiati per l’efficienza del servizio e non per l’anzianità, proponiamo la trasparenza e il controllo delgi appalti, mandiamo in galera i concussori e i concussi anzichè mollarli con la prescrizione breve. Voglio dire, una struttura statalista è così gigantesca che consente di nascondere qualsiasi nefandezza. Una struttura leggera rende possibile in controllo. Questa è la strada. Amen

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