28
Apr
2011

Imprese che resistono – di Gerardo Coco

Riceviamo e volentieri pubblichiamo da Gerardo Coco.

Possono sperare di sopravvivere aziende sottoposte a un carico fiscale che in Italia si aggira intorno al 70%? È questa la prima domanda che la politica dovrebbe porsi. E, seconda domanda: se il comparto della piccola imprenditoria (PMI) costituisce l’80%, dell’intero settore industriale e assorbe il 70% dell’occupazione (di cui 30% per imprese con meno di 10 addetti) e risponde di circa il 70% del fatturato e fornisce un valore aggiunto tra il 65 e l’85%, perché soffocarne il contributo decisivo all’economia con una imposizione fiscale insostenibile?Non è poi il tasso di crescita delle cosiddette start-up a contribuire all’offerta di prima occupazione ed assorbire la manodopera meno qualificata e più debole? Se il settore costituisce la base produttiva del paese perché taglieggiarla proprio quando il calo d’ordini si fa drammatico? È civiltà industriale quella che assoggetta l’imprenditoria alla schiavitù fiscale?  È con la requisizione delle risorse che la politica intende promuovere la ripresa?

Le PMI in Europa sono 23 milioni e dall’inizio della grande crisi hanno già registrato una perdita 3,25 milioni di posti di lavoro. In Italia, dove dall’inizio della crisi hanno chiuso oltre 30.000 imprese la situazione è aggravata da una pressione fiscale fra le più alte del mondo e da altri problemi storici come quello del credito “forzoso” a cui le PMI sono assoggettate dalla pubblica amministrazione e delle grandi aziende la cui lentezza nei pagamenti ne divora la liquidità già messa a dura prova dal problematico accesso al credito.

Nell’impresa, la capacità di pagare i costi organizzativi, finanziare innovazioni, aumentare l’occupazione ed accrescerne la produttività dipende dalla formazione di capitale e dal profitto. Una nazione non è fondata solo sul lavoro ma sul profitto industriale. Bisognerebbe scriverlo nella Costituzione. Senza profitto, fonte principale di accumulazione, nella società prevarrebbe un’economia di sussistenza cioè il sottosviluppo. Per la verità il termine “profitto” è fuorviante. Oggi non è altro che un’illusione contabile, perché nella società ci sono solo costi, i costi passati delle imprese che devono rinnovare il capitale fisico-tecnico, i costi dell’immane e irresponsabile debito statale, i costi delle crisi, i costi futuri dei cambiamenti economici e quelli di mantenimento dei posti del lavoro di oggi e di domani, se ci saranno.

E che Dio la mandi buona per tutto il resto.

La prima responsabilità sociale dell’impresa, piccola o grande è quella di guadagnare abbastanza per coprire questi costi passati e futuri, per sostenere nuove generazioni di occupati, perché le imprese in decadenza in un’economia in declino non potranno mai essere datori di lavoro né in alcun modo socialmente responsabili. Solo attraverso il profitto i problemi sociali possono trasformarsi in opportunità economiche, imprenditoriali, in capacità produttiva ed in posti di lavoro retribuiti. Solo attraverso il profitto la società può crescere. La formazione di capitale attraverso il profitto è una responsabilità sociale perché è l’unica fonte per i posti di lavoro di un futuro incerto. Nessuna società può infatti sopravvivere alle tensioni provocate da una grave disoccupazione giovanile e la disoccupazione aumenta quando il capitale è insufficiente per assorbirla. Ora sono proprio le politiche economiche e fiscali che, assorbendo capitale e profitti, si oppongono alla crescita dell’occupazione.

I piani industriali “anticrisi” basati sullo stanziamento di fondi statali e regionali sono espedienti per mantenere alta la pressione fiscale scaricandola su tutta la collettività in modo arbitrario e discriminatorio (perché poi riservare aiuti e finanziamenti agevolati solo ad aziende con più di 50 addetti con fatturato superiore ai 10 milioni e non a tutte le altre imprese?). Tanto meno si evita la falcidia delle imprese con i fondi di solidarietà (termine talmente impostore e abusato da vergognarsi ormai a pronunciarlo) regionali, facendo recitare alle imprese, cioè agli artefici dell’economia, il ruolo di assistiti da mantenere a spese della carità collettiva. A tanto portano le politiche economiche!

I veri piani anticrisi si fanno detassando le imprese per liberare risorse di capitale. Detassare significa aumentare la domanda di lavoro. E il cosiddetto sostegno alle politiche del lavoro sì fa, oltre che con l’abbattimento delle tasse, liberando l’economia d’impresa dal cappio al collo dello statuto dei lavoratori che implica indennità di licenziamento talmente elevate dal dissuadere gli imprenditori dall’aumentare i propri organici. Revisionando lo statuto si eliminerebbe il coacervo di strumenti di flessibilità, scomparirebbe il fenomeno del precariato e si avrebbe più stabilità nell’occupazione.

Tre anni fa un piccolo numero di imprese del Piemonte guidate da un imprenditore piemontese, Luca Peotta, esasperate dal vampirismo fiscale costituì un movimento di protesta:  Imprese Che Resistono (ICR). Resistere a che cosa? Appunto all’arbitrio tirannico del governo e della burocrazia statale, alla iniquità delle mutazioni legislative senza fine e a strumenti come Equitalia, creati per esercitare con maggior efficacia l’arte della rapina fiscale. In piena crisi, ICR chiedeva alle istituzioni misure eccezionali di sostegno per evitare un naufragio industriale senza speranza.

A questo movimento spontaneo ed apartitico che avanzava rivendicazioni imperniate su una fiscalità meno oppressiva e rinvii di pagamenti (sospensione degli acconti fiscali, iva per cassa, IRAP ed interessi da portare in piena detrazione, posticipo delle scadenze bancarie e previdenziali, regolarità dei pagamenti da parte della PA e delle grandi imprese) si unirono imprese da tutta d’Italia.

Oggi al movimento, che organizza incontri di sensibilizzazione in tutta Italia, cominciano ad aderire anche imprese iscritte alle associazioni imprenditoriali tradizionali, dimostratesi nel passato inefficaci nel difendere gli interessi della categoria contro misure inique e lesive della libertà di impresa (come non ricordare gli ignobili studi di settore, iniziativa incostituzionale e da ex pianificazione sovietica che, o ha eliminato di migliaia di piccoli imprenditori o li ha precipitati nel sommerso?).

Fino ad ora, dopo diversi incontri con la politica, ICR non è riuscita, sostanzialmente, a scuoterne l’indifferenza sia perché la politica non ha ancora capito la gravità del problema, sia perché il movimento, forse, non ha ancora raggiunto la massa critica (sono 1400 gli aderenti al movimento) necessaria ad un gruppo di pressione per costringere la politica ad apportare concreti cambiamenti ed evitare l’asfissia finanziaria generale. Esso, forse, deve ancora superare il punto di debolezza principale: la frammentazione tipica del settore che impedisce la formazione di una coscienza di categoria in grado di unificare il movimento e di dare efficacia all’azione collettiva. Se una grande azienda mette a rischio il lavoro di qualche migliaio di operai è emergenza nazionale. Se perdono il lavoro centinaia di migliaia di lavoratori anonimi, nessuno se ne accorge, salvo le vittime.

La politica non aiuta gli sconosciuti. Eppure il futuro economico di un paese non va formandosi ad opera di qualche grande impresa ma per merito di imprese del tutto anonime. La politica non ha ancora capito che la battaglia di ICR è una battaglia contro il sottosviluppo economico perché le piccole imprese sono sempre state e sono i mezzi fondamentali che le società industriali si sono date per far crescere l’economia. Se il loro tasso di mortalità aumenta il sistema economico regredisce rapidamente. Ma invece di prendere provvedimenti per il loro salvataggio, la politica lascerà che lo scempio della disintegrazione industriale continui. Ecco perché siamo convinti che il movimento di protesta crescerà e alla fine, per ottenere misure efficaci  dovrà ritornare alle dimostrazioni dure, di piazza. E poiché ciò che serve alle piccole e medie imprese serve alla ripresa ed al paese ci auguriamo che la battaglia a cui ICR si appresta, diventi la battaglia di tutti specialmente dei giovani, occupati o meno. Sarebbe ora che scendessero in piazza anche le donne impegnate in politica e le femministe, questa volta non per rivendicare la dignità e libertà di disposizione del proprio corpo ma quella del proprio reddito e di quello delle imprese dove la maggior parte delle donne lavora perché la vera dignità e l’emancipazione derivano dal potersi sostenere con il frutto del proprio lavoro che va difeso dall’aggressione fiscale e che non può essere barattato con sussidi e solidarietà varie senza perdere la dignità e la libertà per scivolare verso una servitù regolata dallo Stato.

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14 Responses

  1. Ringrazio il Dott.Coco, che ho avuto l’onore di incontrare personalmente, per l’attenzione consapevole e cordiale che riserva a noi “piccoli” imprenditori.
    Grazie per l’avallo dato alle nostre richieste a questa politica del sondaggio e del non governo, che in nome della poltrona, sta sacrificando il futuro di un intero paese. Grazie per l’appoggio e la considerazione, per la stima ampiamente ricambiata. Speriamo che le sue parole riescano a scovare orecchie e menti libere…rarità ormai in questo paese ove il termine democrazia viene giornalmente offeso ed oltraggiato da una massa di burattini guidati da un unico burattinaio.

  2. CESARE

    …un’ altra cosa bisognerebbe scrivere nella Costituzione: che lo stato ha un limite al prelievo:
    sarebbe giusto un 20% … possibile un 30% … da rapina un 40% ma a un certo punto ci si deve fermare !
    Allo Stato ho già versato il 50% del mio utile e lì mi fermo, BASTA … che sia ICI o IRES … non importa, allo Stato ho già dato abbastanza per quest’anno e non verso più niente. Perchè non è vero che la pressione fiscale si ferma al 70% … ma in certe condizioni di bilancio si deve versare una montagna di soldi senza averne guadagnati neanche un centesimo!!!
    Ed è così che le aziende saltano.
    Ma ho il fondato sospetto che queste cose, lor signori, le sappiano benissimo, ma hanno tutto l’interesse ad ignorarle. Velo immaginate il “signore” a fare la questua fra una miriade di piccole e micro aziende ? E’ meglio trattare con i grandi … più consoni al suo “rango”! a buon intenditor …

  3. Marcello

    Mi permetto di complimentarmi per il bellissimo intervento, chiaro e oggettivo, vorrei anche sottolineare che alle PMI bisogna aggiungere anche gli autonomi, me compreso, iscritti proprio malgrado a una delle associazioni a delinquere più ripugnanti che questo stato amministrato da delinquenti abbia mai partorito.
    Oramai siamo in tanti, taglieggiati e vessati da questa mafia statale, per chi se lo può permettere credo che lavorare sommerso sia l’unica alternativa, oppure bisogna chiudere, c’è poco da fare.
    La domanda che un lavoratore iscritto alla gestione separata si fa’ è questa:
    Riesco a mandare avanti la mia famiglia con il misero 30% che lo stato mi lascia in tasca oppure i miei figli devono mangiare e andare a scuola quindi mi tocca diventare “disonesto”, “evasore” mio malgrado, anche se in vita mia non mi sono mai permesso di rubare neanche uno spillo?
    Diventa autodifesa, diventare disonesti per cercare di difendersi dai disonesti più forti, quelli della casta.
    Ma come può essere possibile in uno stato civile che la pensione sociale percepita da chi non ha mai versato un centesimo nel pozzo di San Patrizio INPS sia di importo più che doppio di quella che percepirà chi come me viene taglieggiato dalla gestione separata per più di un terzo degli incassi?
    Con quale faccia da culo mi si viene a dire che devo farmi una pensione integrativa se quello che questi ladri mi lasciano in tasca non mi basta neanche per pagare le bollette?
    Se tutti quei soldi li giocassi al casinò o in borsa alla cieca, sono sicuro riuscirei ad avere una pensione molto più equa e dignitosa.
    LADRI! LADRI E DELINQUENTI! ECCO COSA SONO GLI AMMINISTRATORI DI QUESTO STUPIDO PAESE!

  4. Max

    Avrei una domanda riguardo gli studi di settore,sento da più parti dire che sarebbero uno strumento incostituzionale,ma se è davvero così(io non essendo un costituzionalista non sono in grado di giudicare),perchè nessuno ha ancora pensato ad un ricorso davanti alla corte costituzionale?

  5. Enrico Morelli

    Trovo l’intervento molto interessante, ma come si arriva al 70 per cento di imposizione fiscale?

  6. Marcello

    @Enrico Morelli

    Molto semplice e parlo per me:
    IRPEF 23%

    INPS GESTIONE SEPARATA 27% (che sarebbero soldi accantonati per la pensione ma così non è perché perché la pensione a chi è nella gestione separata non la daranno, tra l’altro una sentenza del tribunale ha sancito che i soldi “rubati” dalla gestione separata sono da ritenersi una vera e propria tassa seppure incostituzionale e come tale va’ pagata anche se mascherata da contributo pensionistico che non tornerà mai indietro.
    Ma per avere notizie più precise sulla sentenza e su questa truffa, ti consiglio di guardare nel sito di ACTA(Associazione consulenti del terziario avanzato) e trovi tutta la documentazione al riguardo.

    ACCONTO del 20% e oltre SULLE TASSE DELL’ANNO SUCCESSIVO, mediamente tra il 90 e il 99% dell’irpef ma, siccome le paghi ogni anno per l’anno successivo alla fine diventa un saldo; ecco che quindi chiamarlo acconto è una vera e propria presa per il culo.

    Io per fortuna non pago IRAP perché altrimenti ci sarebbe anche quella da aggiungere, comunque, senza irap siamo già al 70%, tenendo conto che è possibile detrarre parte dei contributi e magheggi vari, siamo comunque a una pressione fiscale media del 65-68%.

    Non voglio entrare in merito alle spese per stare appresso alla burocrazia, commercialisti, studi di settore, crisi, etc, è ben chiaro che in uno stato come questo è realmente difficile lavorare; quando poi ci si mettono inps e agenzia delle entrate con il loro braccio armato equitalia, è chiaro il perché 1 azienda su 3 chiude dopo un incursione di questi delinquenti.
    Per contro, su 10 contenziosi sempre contro questi delinquenti, 9 volte su 10 vince il contribuente(se questo ha la possibilità economica di provare a ribellarsi, altrimenti chiudi direttamente), fonte http://www.contribuenti.it

    Mi scuso se sono andato un pochino OT ma credo valga la pena di ragionare su questi numeri.

  7. MAssimo74

    @Borderline Keroro
    Con la stessa faccia con cui ci chiedono di votare dal 1948 ad oggi.
    Si sa che i politici sono sempre bravi a trovare dei capri espiatori per mascherare i loro fallimenti,guarda Berlusconi che prima dava la colpa a Bossi,poi a Casini e adesso a Fini per le sue mancate promesse elettorali.
    Il bello è che molti ancora credono alle sue patetiche scuse e continuano a votarlo nonostante tutto(anche se per essere onesti non’è che le alternative siano molto più allettanti).Aveva proprio ragione Woody Allen quando in un suo famoso film sosteneva che la moralità di un politico è di poco sotto quella di un pedofilo.

  8. Luca Matteja

    Scrivere qui su un blog e’ facile e comodo…si fa da casa, la sera, mentre comodi su un divano guardiamo la TV!!! Ma dove siete tutti quanti quando e’ ora di andare in piazza??? Quando qualche pirla mette uno striscione, un megafono, il proprio tempo e coraggio, magari fa nascere dei movimenti….poi aderiscono e si presentano sempre i soliti 50 gatti!!! ….io l’ho fatto per anni, mi sono giocato tanto, adesso mi sono rotto le palle: non ne vale la pena per le tribu’ individualiste che abitano la penisola italica!!! Sono genti che si lamentano solo perche’ non ci mangiano loro…altrimenti addio senso civico….se ci mangiano non si lamentano più’!!! ImpreseCheResistono era una grande idea, spero lo sia ancora, poteva sfondare ma se non ci e’ riuscita e’ solo per l’egoismo e l’assenza degli imprenditori che tutelava!!! Vi lamentate seduti sul divano di casa….il governo legge….ride…e continuera’ a spremerci!!! E tutti a farvi prendere per il culo dal vostro becchino Giulio Tremonti!!!

  9. giobbe

    LACINA CI ROVINA
    Già molti post ho scritto con questo titolo.
    Leggo aziende che sopravvivono, disoccupazione , ci tartassano di tasse (come dige a spada tratta OSCAR Giannino , che ammiro tantissimo da come lo motiva) , l’economia non cresce , come potrà crescere, da 15 anni abbiamo aperto le porte ai Cinesi , mese dopo mese si sono impadroniti del manufatturiero in giro per l’Italia , occupano capannoni dove producono di tutto fuori da ogni regola , con personale clandestino CINESE, senza pagare contributi , iva, irpef ecc. (qualunque azienda Italiana con questo comportamento farebbe utili ). Dopo 15 anni hanno creato un mondo tutto loro nel massimo dell’illegalità senza essere perseguiti se non con controlli ai quali si sottraggono in mille maniere. Un Esempio dei tanti > PRATO 4000 aziende Cinesi dove lavorano 30.000 clandestini hanno messo in crisi l’intero reparto manufatturiero di una città. http://youtu.be/XdPLaU4qt78 (anno zero) 8 Gennaio 2010 Producono e vendone alle migliaia di attività sparse per l’Italia in maggioranza Cinesi , che acquistano queste merci di dubbia provenienza prodotta in questi laboratori , senza documenti fiscali, senza ricevute ecc. Non portano soldi nelle nostre banche per non essere controllati. I nostri sindacati, ispettori di lavoro, Guardia di finanza COSA stanno facendo per debellare questo CANCRO ??
    OSCAR Giannino mi piacerebbe tanto una sua riflessione su quanto scritto.

  10. giobbe

    AVREI TANTO DA RIPORTARE E MOTIVARE.
    Vorrei tanto che nel censimento del 2011 si facesse un VERO censimento su queste attività illegali. Scrivo contro queste illegalità perchè ho avuto modo di toccare con mano e vedere , lo sapevate che 1/4 del porto di Napoli è stato venduto ad un Cinese per un “fracco” di soldi ? pensate voi cosa arriverà da quel porto.
    De Magistris ora Sindaco di Napoli, adrà a fondo su questa questione ? Il direttore della mia banca un giorno mi disse : è venuto un Cinese con una valigetta piena di banconote da 50 euro e mi ha chiesto di depositarle, ma quando ho chiesto che doveva fornirmi dati dell’azienda e anagrafici del titolare , si è alzato con un sorriso IRONICO ed è uscito con la sua valigetta.
    Un giorno a Prato entro in un bar , chedo un caffè , metto 2 euro sul banco , il barista con una bacchetta a calamita la appoggia sui 2 euro e la ritira verso l’alto e mi dice OK sono buoni (la moneta non si era attaccata) io rimango sbalordito e chiedo spiegazioni , lui dice Qui i Cinesi producono monete da 1 € e 2 € false. LO SAPEVATE ??

    209.000 risultati sui CINESI http://www.google.it/search?sourceid=navclient&hl=it&ie=UTF-8&&q=aziende+cinesi+non+in+regola+con+il+fisco

  11. Incazzato nero

    Micro PI (non PMI),dichiarazione redditi 2011, dipendente, netto = 22900 Euro; titolare, netto = 19059 Euro.
    Burocrazia in aumento, ed anche i balzelli !!
    NB: lavorando solo con aziende medio grandi ,il solo nero, sono io (incazzato !!). Ma dove vogliamo andare ?????
    L’europa e’ gia’ fallita. L’Argentina sta arrivando.

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