3
Nov
2009

Nella Dacia di Putin

Sul Corriere della Sera di oggi Dacia Maraini prende a male parole il progetto del governo sulla “privatizzazione” dell’acqua. Poco importa che l’esecutivo non abbia alcuna intenzione di privatizzare l’acqua, né che la manovra attualmente in discussione al Senato, pur essendo marginalmente migliorativa rispetto alla situazione attuale (descritta da Rosamaria Bitetti nell’Indice delle Liberalizzazioni), sia tutto fuorché rivoluzionaria. L’offensiva della Maraini è culturale e politica, e su questo piano bisogna risponderle. Ma prima mettiamo i puntini sulle “i”

Secondo la Maraini, il timido processo di apertura del mercato avviato dall’Italia sarebbe responsabile tanto del peggioramento ella qualità del servizio quanto dell’aumento dei prezzi. Va da sé che un’accelerata verso una maggiore libertà produrrebbe conseguenze ancor più disastrose. Sarebbe semplice rispondere che nessun dato consente di parlare di un peggioramento qualitativo, o che i prezzi sono ancora troppo bassi rispetto all’effettivo valore dell’acqua, che infatti nel nostro paese iene ampiamente sprecata. Tuttavia è ancora più importante notare che né l’una, né l’altra cosa sono affidate agli “spiriti animali” del capitalismo (peraltro, in Italia, animaletti domestici). Le tariffe dell’acqua non le fanno le SpA concessionarie del servizio: le decidono gli ATO, enti mezzi regolatori, mezzi politici. Se la Maraini ritiene che l’acqua sia troppo cara, se la prenda coi burocrati. Quanto alla qualità, se anche fosse vero che è nell’interesse delle imprese private giocare al ribasso (e non lo è), esistono comunque degli standard minimi da rispettare, anch’essi fissati per via tecnico-politica. Al massimo si può sostenere che la regolazione è inefficace e gli standard non sempre vengono rispettati: ma quest’accusa riguarda il modo in cui le operazioni di sorveglianza e controllo sono organizzate, non il comportamento delle società titolari del servizi. Se la Maraini vuole venire su questo terreno, saremo perfettamente d’accordo con lei: l’Italia avrebbe solo da guadagnare dall’esistenza di un’Autorità dell’acqua in grado di dare una regolazione organica al settore e di vigilare su suo rispetto.
Questo approccio non è però abbastanza populista per le papille delicate della Maraini e in più richiede studio e competenze che più faticose da ottenere, e meno gratificanti da utilizzare, che non i proclami da comizio elettorale. Tant’è che l’unico argomento più o meno rispondente alla realtà fattuale schierato sulle pagine del principale quotidiano borghese è che la “privatizzazione” dell’acqua è avvenuta in Cile sotto il regime di Augusto Pinochet. Se permettete, ’sti cazzi. Immagino che in base alla stessa logica Maraini sia per l’abolizione dell’INPS perché è stato istituito da Benito Mussolini. In ogni caso, quello che è stupefacente nel pezzo della Maraini è la totale incomprensione della differenza tra proprietà del bene acqua e modalità dell’affidamento della gestione del servizio idrico integrato. È soltanto di queste ultime che si parla. E l’alternativa è, da questo punto di vista, secca: o il monopolio pubblico, o l’affidamento tramite gara. La gestione del servizio richiede non solo di far funzionare acquedotti e fognature, ma anche la capacità tecnica di realizzarne di nuovi e di raccogliere i capitali necessari agli investimenti. Il meccanismo delle gare ha quanto meno il merito di rompere il conflitto di interessi in capo agli enti locali, che altrimenti sarebbero contemporaneamente concedenti e concessionari. Potrebbero quindi essere tentati di utilizzare le risorse destinate al servizio o agli investimenti per altre attività, per esempio l’assunzione di personale non necessario a scopi clientelari. Maraini farebbe bene a guardare quanto gli acquedotti italiani, specie nel Mezzogiorno, siano sovraorganico e a quanto ammontano le perdite, in media circa un terzo dell’acqua captata. Questo stato disastroso è frutto chiaramente del deficit di concorrenza, non di quel po’ di apertura del mercato che si è riusciti a praticare.
Quando Maraini parla di ripubblicizzazione del settore e di ritorno all’affidamento diretto non fa altro che contrabbandare una visione putiniana della politica: dove è lo Stato a decidere chi fa cosa, come e con quali risorse. Se poi le risorse vengono sprecate per saldare debiti personali o promesse elettorali, tanto peggio per i consumatori

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7 Responses

  1. Si sa perfettamente, che gli ATO possono essere delle società pubbliche a partecipazione privata. Ad Enna ne abbiamo un esempio, di Ato in default, che si è trasformato in aberrazione per la collettività locale. Una pessima esperienza sui rifiuti che non auguriamo a nessuno: “Uno scandalo !” La Maraini fa bene ad essere preoccupata, perchè c’è da preoccuparsi per il fatto che l’acqua da bene pubblico, qual’ è, si sta trasformando, sempre più, in bene privato oggetto di business. “Andando avanti così, ne vedremo delle belle !”

  2. carlo

    io non avrei perso tempo a rispondere alla maraini. non ha nessuna competenza in materia e lo dimostra .come tutti gli intellettuali della compagnia di giro quando mette in scena queste piece cerca benemerenze per altri motivi. la risposta era : ch’ aggio a fà pè campà.la novità è che per queste pietose esibizioni esiste già fabio fazio e la sua trasmissione.probabilmente con il crollo degli investimenti pubblicitari al corriere non sanno più come riempire le pagine

  3. andrea lucangeli

    @ carlo Sono perfettamente d’accordo con la Tua analisi.- Ormai l’opposizione in Italia la fanno – di fatto – “nani, saltimbanchi e ballerine” (Paolo Rossi, Crozza/Dandini/Guzzanti, Parietti….) e qualche “intellettuale rimasuglio ideologico del passato (Maraini, Augias, Asor Rosa, Scalfari…).- Sempre la solita (patetica) “compagnia di giro” che cammina con la testa rivolta all’indietro…- Ma perchè non espatriano tutti a Cuba, paradiso del socialismo che loro tanto agognano?

  4. Luciano Pontiroli

    Non ho letto la Maraini, come sempre, e traggo conforto dalla risposta di Carlo Stagnaro: ho evitato una sicura perdita di tempo e una probabile incazzatura.
    Purtroppo il Corriere mantiene alcune collaborazioni d’altri tempi, come questa con la Maraini o quella con Canfora (questo però da qualche tempo non fornisce più i suoi contributi, perlatro non del tutto da buttare, ma certo non è un campione del pensiero liberaldeomocratico). Il guaio è che l’intellettuale, se gode del privilegio di una rubrica fissa, dice quello che vuole, anche se non sa di che cosa parla … come avviene spesso per i letterati, che evidentemente non conoscono economia, sociologia e diritto, ma ne parlano a proposito ed a sproposito.
    A Cuba non ci andranno mai, se non in vacanza o su invito del governo rivoluzionario …

  5. alessio

    una domand, mi scuso anticipatamente per l’ignoranza sottostante, privatizzare, liberalizzare, va bene. Di solito con il termine liberalizzazione in Italia si indica l’assegnazione di una rendita da monopolio naturale a dei gruppi amici…
    non c’è proprio altro modo per perseguire l’efficienza del sistema pubblico (specie dei monopoli naturali)? es. con meccanismi di governance che premino in termini di traferimenti i più virtuosi? voglio dire, che differenza c’è nella gestione autostrade pre/post benetton? il sistema ne ha giovato?

  6. Giovanni Bassi

    Nelle Eolie in ottobre è piovuta tanta di quell’ acqua … basterebbe raccoglierla con cisterne ( lo si è fatto per 7.000 anni ) e potabilizzarla : ce ne sarebbe d’ avanzo , per tutti gli usi , per tutte le Isole . Invece l’ EAS ( Ente Acquedotti Siciliani ) preferisce far arrivare costosissime navi cisterne dal continente. Ed è in infatti in fallimento , cioè in “liquidazione” , come si legge nelle bollette, sempre più care, per un servizio sempre più inefficente …
    La concorrenza abbassa i prezzi e crea efficienza . Il Monopolio, sopratutto nel Centro-Sud è sinonimo di spreco .

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