16
Lug
2014

Loi anti-Amazon: l’inutile aiuto alle librerie a caro prezzo per i lettori

Chissà se il legislatore francese, quando ha approvato la legge sulle spese di consegna dei libri acquistati in internet, ha pensato anche solo per un attimo ai lettori di Le Conquet in Bretagna o di Saint Girons, nel cuore dei Pirenei? Due paesini incantevoli, dove però c’è da supporre che non sia facile trovare librerie fornite come se ne possono trovare a Parigi.

Il commercio elettronico ha dato un’occasione impensabile fino a pochi anni fa, specie per chi vive nelle “periferie”, di accedere facilmente all’acquisto di qualsiasi bene. Nel caso del libro, ha rappresentato la possibilità di avere a disposizione in un’unica libreria tutti i libri del mondo, anche fuori commercio. Una possibilità al di là di ogni attesa, per ognuno di noi. 

La legge Lang, che dal 1981 impone ai commercianti di applicare sconti sul prezzo di copertina non superiori al 5%, di per sé già indicatrice di un atteggiamento anticoncorrenziale e soprattutto poco attento agli interessi dei lettori, impone ora ai rivenditori on line, con una modifica approvata definitivamente il 26 giugno scorso, di applicare quello sconto solo sulle spese di consegna, che, quindi, non potranno essere gratuite. Di conseguenza, i libri on line saranno necessariamente venduti a prezzo pieno, e lo sconto ammissibile potrà essere trasferito sulle spese di consegna che, quindi, non potranno essere pari a zero.

E’ chiaro che da questa limitazione non deriva alcun vantaggio per la diffusione della lettura, che è a giorni alterni una fissazione dei nostri governi, così come è evidente che la legge, ribattezzata già “anti-Amazon”, rappresenterà, prima che un dispetto ad Amazon, un danno ai lettori, ancor più grande per quelli che non vivono nelle zone maggiormente urbanizzate o hanno, per qualsiasi motivo, difficoltà di accesso alle più fornite librerie tradizionali.

E’ chiaro che la prima vittima della legge sarà il lettore, senza che le limitazioni alle pratiche commerciali dei rivenditori on line (Amazon e Fnac, ma anche molti altri, compresi piccoli commercianti, editori e rivenditori di libri antichi, un altro mercato straordinariamente rivitalizzato dall’on line) si traduca in maggiori acquisti nelle librerie tradizionali. Tuttavia, un insano senso di concorrenza al ribasso ha giustificato la legge come una misura per impedire a tali rivenditori di sfruttare possibilità commerciali non accessibili a chi non effettua consegne a domicilio. Come a dire: se le librerie fisiche soffrono, è giusto che soffrano un po’ anche quelle virtuali.

Essere sulla stessa barca può consolare, ma non è mai risolutivo. Ha quindi poco da compiacerci la ministro della cultura Aurélie Filippetti, secondo la quale la legge è “una piccola pietra nella costruzione di un piano per salvare le librerie”: chi oggi compra libri on line, lo fa non perché le spese siano gratuite, ma perché lì pensa di trovare con più facilità tutti i libri che ha in testa, e anche quelli che in realtà non conosce ancora, in tutte le lingue, con una facilità di pagamento e consegna pari, se non maggiore, a quella dei negozi tradizionali. Non sarà quindi il divieto di consegna gratuita e una guerra legislativa per aumentare i prezzi finali a riportare i lettori nei negozi. Al massimo, li farà rinunciare a qualche acquisto.

Ci sono poi “dettagli” che prima o poi il legislatore dovrà chiarire: che fare se l’acquisto è cumulativo, tra libri e altri beni non soggetti al divieto di spese gratuite? Soprattutto, come giustificare, dal punto di vista concorrenziale, che i libri on line costeranno per legge più di quelli off line, dal momento che su questi ultimi si può applicare lo sconto del 5% sul prezzo di copertina e non hanno spese di spedizione, mentre i primi devono essere venduti a prezzo pieno e le spese di spedizione, per quanto simboliche, non possono comunque essere azzerate?

Se il vantaggio competitivo di Amazon dato dalla possibilità di fornire pressoché all’istante “tutti i libri del mondo” senza costi di spedizione era “ingiusto”, come ha dichiarato il presidente dell’associazione delle librerie francesi Matthieu de Montchalin, cosa altro è, se non “doppiamente ingiusto”, il vantaggio competitivo dato ora dalla legge alle librerie tradizionali di fornire libri a un costo inferiore rispetto ad Amazon?

Ma le vie dell’iniziativa economica sono infinite, e i rivenditori on line hanno già dichiarato di applicare spese di spedizione simboliche a un centesimo.

Ci sarà forse da aspettarsi una nuova modifica alla legge che imponga una tariffa di consegna, in un inseguimento senza fine di un legislatore miope all’innovazione e alla inventiva imprenditoriale. Per la fortuna dei consumatori, tuttavia, queste ancora corrono più veloci della mente del legislatore.

Serena Sileoni

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2 Responses

  1. Tommaso

    Nel Regno Unito il dibattito su Amazon non e’ tanto sugli sconti ma sul vantaggio fiscale che ha essendo residente in Lussemburgo. Mi sembra un atteggiamento piu’ prodduttivo?

  2. Andrea D.

    Ci sono casi, pochi e specifici, in cui il mercato non funziona come dovrebbe ed è giusto che la “politica” intervenga con leggi e regolamenti volti a garantire un corretto ed efficiente funzionamento del mercato stesso. Ma quando il mercato funziona, funziona bene, è innovativo, sviluppa nuovi modelli di business, si affida alle nuove tecnologie, ottimizza e gestisce le risorse con efficienza ed efficacia, per quale motivo la “politica” dovrebbe mettere becco, limitando la concorrenza e imponendo prezzi e modalità distributive?
    Anche in Italia si sono inventanti un’assurda legge per limitare lo sconto sul prezzo di copertina; pensate se facessero la stessa cosa sulle auto, sugli pneumatici, sull’abbigliamento, sull’elettronica o su qualunque altro articolo! Follia. In ogni caso Amazon ha ringraziato, applica lo sconto di legge e spedisce gratuitamente. Vivo in una grande città, ma preferisco comprare da Amazon: catalogo immenso (non solo locale, ma anche internazionale), facilità di ricerca, comodità e velocità. Cosa ci sarebbe di sbagliato? Perché non fanno una legge analoga per la grande distribuzione? Sconto massimo del 5% sul prezzo di listino e divieto di promozioni! Suvvia signori “politici” un po’ di pragmatismo: la cultura è importante, ma l’uomo deve pur mangiare! O no? Se non ridimensioniamo la voracità della “politica” la nostra libertà è in serio pericolo.

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