21
Lug
2010

La via ambientale al fallimento

Sequestro a sorpresa, martedì mattina, dell’area Montecity-Rogoredo di proprietà della Milano Santa Giulia spa che fa capo al gruppo Zunino. Di fronte alla battaglia persa con le banche dai pm milanesi che nel 2009 avevano chiesto il crac del gruppo Risanamento, oggi per i giudici si configura una strada alternativa a ciò che era stato negato alla procura: la via ambientale al fallimento.

La Guardia di finanza di Milano martedì mattina ha infatti eseguito il sequestro preventivo dell’area Montecity-Rogoredo perché, secondo la ricostruzione degli inquirenti, la falda acquifera sottostante sarebbe inquinata con alcune sostanze pericolose per l’ambiente e la salute, tra cui alcune cancerogene. Nelle settimane scorse, la Procura aveva ordinato una perizia per verificare la presenza di materiali pericolosi nei terreni sui quali sta sorgendo il nuovo quartiere. Il sequestro è avvenuto nell’ambito dell’inchiesta coordinata dai pm di Milano Laura Pedio e Gaetano Ruta su presunte irregolarità per la bonifica dell’area di Montecity Santa Giulia, per la quale sono finiti indagati (e anche arrestati) l’imprenditore nel campo dei rifiuti Giuseppe Grossi, alcuni suoi collaboratori e Rosanna Gariboldi, moglie del deputato del Pdl Giancarlo Abelli (che ha patteggiato come Grossi). I reati ipotizzati per questo filone d’inchiesta sono di attività di gestione di rifiuti non autorizzata e avvelenamento delle acque.

La pm Pedio è già stata protagonista (insieme al collega Roberto Pellicano) della battaglia che si è giocata l’anno scorso a Milano sempre su Risanamento fra la procura,  i legali di Zunino e le banche. I magistrati avevano chiesto il fallimento del gruppo immobiliare per cessata continuità aziendale già dal 2008, e contestando dunque come falso e illegale il bilancio al 31 dicembre 2008 regolarmente approvato. Nella partita poi sono entrate le big del credito con il piano di ristrutturazione del debito presentato ai sensi dell’articolo 182 bis del nuovo diritto fallimentare: che prevede, previo l’accordo del 60% dei creditori, il riscadenziamento dell’esposizione. Alla fine hanno vinto le banche e la procura ha perso.

Oggi il mirino dei magistrati  si è spostato verso una vicenda collegata, quella delle bonifiche di Santa Giulia a cui la stessa Pedio stava lavorando ancor prima di avviare la guerra del 2009 sulla continuità aziendale. Per bonificare la zona ci vorranno anni e 400 milioni di euro. I tempi si prevedono dunque lunghissimi con inevitabili ricadute sul valore delle aree del nuovo quartiere milanese che è destinato nel frattempo a crollare.  Creando problemi alle stesse banche che hanno in pegno il capitale di Risanamento e che sono sì uscite vittoriose dalla prima battaglia ma ora rischiano di perdere la guerra. Il provvedimento su Santa Giulia legato a reati ambientali potrebbe dunque configurare un’alternativa alla prima istanza riferita invece alla discontinuità aziendale. Del resto, c’è già un precedente: nell’aprile scorso il Tribunale fallimentare di Milano ha dichiarato l’insolvenza e respinto la richiesta di Snia, formulata in base all’articolo 182 bis della legge fallimentare, per ridefinire l’importo e le scadenze dei propri debiti. Circa 60 milioni di euro che sarebbero stati rimborsati per quasi il 70% ai 43 creditori che avevano dichiarato l’intenzione di sottoscrivere il piano. La pur alta adesione all’accordo non è stata sufficiente a salvare la società, quotata in Borsa, attiva nella chimica e di recente anche nell’immobiliare.

Come nel caso di Risanamento, sulla vicenda Snia hanno pesato soprattutto le incertezze sulla continuità aziendale, messa però a repentaglio dai rischi per i risarcimenti di eventuali danni ambientali. Del gruppo, infatti, faceva parte anche la Caffaro di Brescia, già in liquidazione in amministrazione straordinaria, e tristemente nota per uno dei più gravi disastri ecologici del Paese causato dai Pcb, i Policlorobifenili parenti della diossina.

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7 Responses

  1. Mauro

    Davvero bizzarri questi magistrati, sprecano tempo a indagare sull’inquinamento delle falde acquifere. Eh sì, disdicevole davvero. No, scusi, Conti, ci spieghi l’alternativa al sequestro di un’area che doveva essere bonificata prima di costruirci sopra e, evidentemente, non lo è stata. Ci spieghi l’alternativa al fallimento di una società guidata da un signore da cui, credo, nemmeno lei avrebbe comprato la famosa auto usata.

  2. andrea dolci

    Mi sfugge il senso dell’articolo.
    La societa’ in questione era tecnicamente fallita da tempo. E’ stata tenuta in vita con linee di credito concesse in spregio al mercato e alla economia solo per coprire le politiche poco trasparenti del nostro sistema bancario che mentre strozza l’industria con l’argomento di Basilea2 concede soldi a babbo morto ai finanzieri stile Zunino o Zaleski, che evidentemente frequentano i salotti giusti. Adesso emergono reati ambienatali che qualora provati in un paese normale comporterebbero anni e anni di galera e ci mettiamo pure a questionare se la procura non stia mettendo a rischio la continuita’ aziendale ?
    Capisco se certi articoli apparissero su qualche foglio legato alla confraternita’ del buon speculatore, ma leggerlo su un blog che si vanta di rifarsi al mercato ed al liberismo ha un non so che di stonato. Il mercato buono e’ quello in cui i bravi vengono premiati e gli incapaci o i cialtroni vengono puniti. Se il mercato non funziona sarebbe il caso di prendersela con chi “fa” il mercato e non con qualche PM reo di perseguire dei reati.

  3. arturo

    Ringrazio i commentatori Mauro e andrea dolci: i loro commenti ispirati a rettitudine mi confortano. Non comprendo quali motivazioni abbiano indotto ad accogliere su questo blog il soprastante “bizzarro” articolo. Oppure forse non ho ben compreso quale sia la filosofia che ispira questo blog: se essa è in linea con questo articolo, ben presto sarò un ex lettore, saluti

  4. marianusc

    “le banche hanno vinto e la procura ha perso”

    basta questo per capire a che livello di scontro ideologico-sociale siamo arrivati, e che valore diamo ai ruoli istituzionali.

  5. camilla conti

    Mauro e Andrea forse sono stata fraintesa. La mia non era certo una difesa di Risanamento nè un attacco ai magistrati. L’obiettivo era semplicemente quello di far notare che la via ambientale al fallimento sta diventando una strada alternativa da percorrere per i pm che hanno perso nel 2009 il primo round con le banche sul fronte della continuità aziendale. Le stesse banche che ora rischiano di ritrovarsi in pegno una società svuotata i cui asset sono aree dal valore prossimo allo zero.

  6. andrea dolci

    Non crede che quanto sta succendendo sia proprio la riprova della inadeguatezza delle banche stesse troppo abituate a valutare i crediti solo su meri parametri patrimoniali e finanziari dimenticando che dietro a quei numeri c’e’ un’attivita’ economica reale ?
    Se ora le banche si ritrovano spazzatura in pegno avranno semplicemente ritardato di un anno la contabilizzazione delle sofferenze legate al gruppo Zunino.
    In fondo, qui si e’ rifinanziato un giocatore di poker che aveva perso tutto; forse le banche pensavano che ci fosse modo di rifarsi nelle mani successive. Non mi sembra un comportamento da sistema bancario degno di un paese moderno e occidentale. Se poi ci mettiamo assieme altre vicende piu’ o meno simili che accomunano altri due grossi gruppi finanziari lombardi, non credo che ci sia da stare tranquilli.

  7. stefano

    Ma in effetti l’articolo può essere interpretato come tifoso di una parte.
    Però a me, prima di leggere i commenti, era sembrato per lo più un riassunto descrittivo della faccenda.
    E, detto fra noi, penso che i PM abbiano agito in maniera contorta per ottenere un risultato a mio avviso giusto.
    Per quanto sostenuto da ANDREA DOLCI, sulle banche, non parlerei di inadeguatezza: davvero troppo buono.
    E’ mia opinione (per quanto opinabile, appunto) che le banche, in casi del genere, cerchino di tenere in vita il soggetto in coma al fine di sbolognare ad altri i cerini accesi: in altre parole se finisci in mano alla banca e questa pensa di poter ancora ricavare un utile o almeno diminuire le perdite, non ti lascia morire fino a che non ti ha spremuto ben bene (e i banchieri sanno spremere anche i sassi).
    Va da sé che un sistema bancario siffatto tende ad essere utile solo a sè stesso.

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