20
Gen
2012

Decreto liberalizzazioni: Eni nuda e senza rete?

L’articolo 18 del decreto impone la separazione proprietaria di Snam Rete Gas dall’Eni, che dovrà essere disciplinata da un decreto della presidenza del consiglio dei ministri da emanare entro sei mesi dall’entrata in vigore del decreto liberalizzazioni. Per chi, come noi dell’Istituto Bruno Leoni, ha fatto dell’ownership unbundling nel gas una questione sia pratica sia di principio (PDF), rappresenta senza dubbio una buona notizia. Forse una tra le notizie migliori che si possono trovare all’interno del provvedimento governativo. Possiamo esultare?Sì, ma fino a un certo punto. Come sempre, in questi casi il diavolo si nasconde nei dettagli, quindi prima di cantar vittoria sarà necessario vedere il testo del dpcm “fantasma” – un dpcm atteso da anni, in quanto, come ricostruisce la relazione illustrativa al decreto,

La scelta della separazione proprietaria è stata già definita con la legge n. 290/03, che aveva disposto che “nessuna società operante nel settore della produzione, importazione, distribuzione e vendita dell’energia elettrica e del gas naturale, anche attraverso società controllate o controllanti (…) possa detenere, direttamente o indirettamente, a decorrere dal 1° luglio 2007, quote superiori al 20 per cento del capitale delle società che sono proprietarie e che gestiscono reti nazionali di trasporto di energia elettrica e di gas naturale.”

Tale termine è stato spostato al 31 dicembre 2008 con la legge n. 266/05 (finanziaria 2006) e successivamente, con la legge n. 296/06 (finanziaria 2007), a 24 mesi dall’emanazione di uno specifico DPCM, tuttora non emanato.

Nell’ottica quindi di promuovere la separazione proprietaria di Snam Rete Gas da eni Spa è sufficiente stabilire con norma un termine per l’emanazione del citato DPCM.

Vedremo a quali termini e con quali tempistica verrà resa cogente la riduzione della partecipazione Eni al capitale di Snam. Questo non toglie che restino già ora diversi punti aperti. Uno riguarda il tetto del 20 per cento, secondo me eccessivo: il 5 per cento basta e avanza. È vero che potrebbe accadere come nel settore elettrico, dove in presenza di un cap analogo l’Enel scelse di abbandonare ogni influenza concreta in Terna, ma è meglio evitare rischi, tentazioni e paraculismi vari.

Una seconda criticità riguarda il fatto che il provvedimento investe solo la rete di trasporto nazionale e non anche gli stoccaggi. E’ vero che il servizio di stoccaggio ha una dimensione concorrenziale e quindi, in teoria, è meno importante definire i confini rispetto agli operatori, ma nella pratica Stogit ha in pancia la quasi totalità degli stoccaggi italiani, ed è opinione comune che il sottoinvestimento in questo segmento della filiera dipenda anche dalla solidarietà di interessi con la capogruppo. Dunque sarebbe opportuna la separazione pure di Stogit da Eni, magari dopo averne fatto spezzatino.

Ciò non toglie che, se le cose andranno avanti, sarà un grande passo avanti per il nostro mercato del gas. Un passo avanti che ci porterà a porci una domanda: se Eni non avrà più controllo sui tubi e, dunque, perderà la caratteristica (comunque evanescente) di gestore di infrastrutture rilevanti per la sicurezza nazionale, avrà ancora senso per il Tesoro e la Cassa depositi e prestiti mantenere il 30 per cento del suo capitale? Oppure potremo finalmente parlare di privatizzazione? (PDF)

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