17
Ott
2009

Banca del sud: le ragioni del pessimismo, le condizioni per il successo

Giovedì sera Oscar Giannino ed io abbiamo postato, quasi in sincronia, due opinioni di segno opposto sul progetto di Banca del sud, ma la mia, che per ragioni temporali di inserimento precede nel blog quella di Oscar, non ha fatto in tempo ad avvalersi della lettura della sua. Ho rimediato solo ieri sera e dopo aver letto peraltro anche la sua analisi più ampia sul Messaggero mi sono posto la seguente domanda: potrebbe funzionare il progetto (e quindi avere ragione Oscar) e a quali condizioni? Che cosa giustifica invece il mio pessimismo, in linea con quello di Francesco Forte? Cerco di rispondere con questa breve integrazione al post precedente.
Inizio col premettere che se l’articolo di Oscar Giannino fosse uscito non sul Messaggero ma su Le Figaro e commentasse un progetto di Nicolas Sarkozy e Christine Lagarde mi troverebbe pienamente d’accordo con lui. Non sarei d’accordo sull’ampliamento dell’intervento pubblico ma non avrei dubbi sulle aspettative di successo dell’iniziativa. Cosa fa la differenza tra un identico progetto proposto in Francia o in Italia e spiega il mio pessimismo? La minore qualità relativa della classe politica italiana e, soprattutto, della burocrazia pubblica.
Il colbertismo in Italia non può funzionare perché si pone obiettivi ‘napoleonici’ ma deve perseguirli con eserciti burocratici nostrani. E’ per questa ragione che gli unici progetti pubblici sui quali posso trovarmi d’accordo a priori sono quelli che prevedono una riduzione del perimetro dello stato e del suo intervento; è anche per questa ragione che sono pessimista sulla Banca del sud e ho riportato nel post di giovedì quella bella citazione da Francesco Forte. Che cosa sintetizza essa se non l’inadeguatezza della classe politica che, quanto più grandi sono i progetti, tanto più si perde su aspetti ridicoli (ad esempio di che regione debba essere il presidente o il vicepresidente o in quale palazzo storico debba avere sede il gestore dell’Expo 2015). L’esempio dell’Expo è particolarmente istruttivo e viene da Milano, non dal sud; per questo sono pessimista, à bien plus forte raison, sulla Banca del sud.
Le qualità personali di Giulio Tremonti sono tuttavia indiscutibili, non risentono del mio pessimismo sulla qualità media della classe politica italiana e non hanno nulla da invidiare alla grande tradizione degli interventisti pubblici francesi. Potrebbe quindi riuscire nel progetto di Banca del sud, a cui sembra tenere molto, ma solo a condizione di seguirne i passi personalmente e prioritariamente e se riuscisse a imprimere una svolta, improbabile ma non impossibile, nel modello italiano di bassa politica e di bassa burocrazia. Estrapolando dal passato la Banca del sud non funzionerà, anzi non riuscirà neppure a divenire operativa; con una drastica rottura rispetto al passato potrebbe anche farcela.

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8 Responses

  1. rugantino

    Lei è troppo generoso con la Francia. Malgrado l’indubbia superiorità della sua burocrazia, è molto probabile che una banca del Mezzogiorno finirebbe per essere solo un’inutile spreco di denaro anche in Francia. In Italia ovviamente il problema non si pone neanche. La capacità della classe politica di condizionare gli enti pubblici, come di fatto sarà la nuova banca, ad ogni livello rende l’operazione uno spreco di risorse che l’Italia non può certo permettersi oggi.

  2. rugantino

    Oops, vedo che ho messo un apostrofo di troppo nel commento precedente. Chiedo scusa per non avere riletto il commento.

  3. oscar giannino

    Condivido il pensiero di Ugo. La realizzabilità del progetto è improbabile, non impossibile. Può avvenire solo a patto di una fortissima discontinuità con tutto ciò che abbiamo sotto gli occhi, al Nord come al Sud, e con moltissimo se non con tutto ciò che ci ha fatto vedere sinora l’attuale maggioranza – liberal-liberista a parole quando è all’opposizione, statal-dirigista quando è al governo. Personalmente credo di aver fatto comunque bene a provare a mettere nel testo – discutendo animatamente con i suoi estensori – alcuni punti chiave:
    – limiti ex ante ed ex post coercitivialla presenza dello Stato, 5 milioni di capitale iniziale – niente! – ed entro 5 anni neanche quelli, visto che si conferità ai soci privati
    – impedire che la banca del mezzogiorno come holding faccia essa impieghi, perché il comitato promotore dove entreranno le regioni non deve maneggiare un solo euro, per quello ci sono le banche private che sono i soli bracci operativi dell’istituto
    – volgere gli strumenti di raccolta del capitale agevolato – le obbligazioni con aliquota del 5 invece che del 12,5% – alla ripatrimonializzazione delle Bcc e a impieghi diretti verso le imprese, anche a rafforzamento del loro capiotale e nonsolo per prestiti e-o a finanziare infrastrutture
    – infine il coinvolgimento degli sportelli di Poste , perché ne deriverà obbligatoriamente la separazione dei servizi in monopolio postale sussiudiati dallo Stato, dai servizi di raccolta risparmio che devono avvenire in separazione contabile e societaria su piede di parità con banche private concorrenti, altrimenti qeuste ultime – che faranno scontata, legittima e sacrosanta opposizione in Banca d’Italia e anche e soprattutto a Bruxelles – bloccherano a ragione il ruolo di Poste.
    Quanto a ciò che sarà in concreto, occhi aperti e penna tagliente in mano…

  4. La Baca del Mezzogiorno che potrebbe funzionare se il ministro Tremonti ad occuparsene personalmente mi pare un grave punto di deboleza. Come nel caso di successo de l’Aquila per opera diretta del Presidente del Consiglio. Una ripresa vera, una novità vera potrà essere definita tale se e quando non ci sarà bisogno di un deus ex machina ad occuparsi ‘direttamente’ di una specifica questione che dovrebbe invece essere risolta attraverso un normale, efficace funzionamento delle strutture burocratiche e politiche.
    Dopo di che, non vedendosi, almeno per ora, entusiasmo di soggetti privati per l’operazione e stante invece la pressione su Poste italiane si ammanta l’operazione di un peccato originale pesante che, unito al ‘dover’ finanziare le imprese del mezzogiorno non lascia presagire granchè di buono. Neppure se se ne occupasse prioritatiamente il ministro Tremonti.
    luigi zoppoli

  5. Mi permetto di esprimere una paura. E se la partecipazione dello Stato fosse solo un modo per controllare lo sviluppo del Sud? (lo dice un toscano, quindi non ci sono pregiudizi di parte)
    Purtroppo non riesco a credere così tanto in un ministro dell’economia che adotta politiche, a mio modesto giudizio, da economia pianificata.
    Qualcuno sa dove sono andate a finire le liberalizzazioni? Se le incontrate ditegli di darmi un colpo di telefono, mi mancano…

  6. Ugo Arrigo

    Ringrazio per i numerosi commenti. Come si sarà capito sono per una netta riduzione del perimetro delle organizzazioni pubbliche e per un contenimento dell’intervento pubblico in economia e della produzione diretta di servizi effettuata al di fuori del mercato. Ritornerò su questi temi prossimamente, cercando di evidenziare caratteri e conseguenze dell’espansionismo pubblico. Se proprio gli interventisti debbono avere il sopravvento almeno ci assicurino uno stato efficiente, in grado di impiegare le (numerose) risorse senza sprechi. Meglio una sfera pubblica piccola che grande; se proprio grande deve essere allora dobbiamo almeno pretendere l’efficienza perchè uno stato grande che spreca è del tutto intollerabile.

  7. Rosario Amico Roxas

    Banca del Sud !!!!???? Rosario Amico Roxas

    Sulla Banca del Sud il ruolo dello Stato è quello del promotore – spiega Berlusconi – Non è un carrozzone pubblico, ma sono presenti anche privati.
    (Il Messaggero 11.marzo 2010)
    ****************

    Come no ?
    Si tratta dei medesimi privati che hanno goduto dello scudo fiscale, per cui non si saprà mai da dove provengono quei quattrini sanati e trasformati in vergini banconote.
    Le tappe del malaffare, delle speculazioni sono chiarissime
    1) Scudo fiscale,
    2) Grandi opere,
    3) Banca del Sud,
    4) Privatizzazione dei beni primari (già iniziata con l’acqua),
    5) Controllo della stampa (già in fase avanzata,
    6) censura delle TV, già in fase avanzatissima,
    7) uso di mezzi coercitivi e violenti (La Russa ministro della difesa basta per tutti !!!! e lo abbiamo visto e sentito !).
    8) Repubblica presidenziale con poteri senza limiti ad un incensurato,,, rimasto tale per essere riuscito a neutralizzare i processi a suo carico !
    Tutto ciò darà una grande spinta al progetto P2ista di restringere almeno l’80% del patrimonio nazionale
    in mano a non oltre il 15% della popolazione, composta di amici, amici degli amici, soci, compari e complici.
    E’ il progetto di Gelli (applicato in Argentina) per tenere sotto costante ricatto l’intera nazione, attraverso il controllo minuzioso di ogni aspetto economico, sociale e, quindi, politico… altro che liberismo… questo è fascismo allo stato puro.

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