17
Apr
2014

Roma: Marino caccia l’assessore rigorista, smentisce il governo e sceglie le tasse

C’è una pessima tendenza che si sta affermando nelle grandi amministrazioni locali italiane con i conti in dissesto. Di fronte alla necessità di ridurre il debito accumulato e di incidere con rigore nella spesa corrente fuori controllo, sindaci e presidenti dopo tante parole si trovano innanzi a una scelta. Farlo per davvero, oppure cacciare gli assessori al bilancio che, al momento della formazione della giunta, erano fieri di aver scelto per le caratteristiche di indipendenza e competenza, proprio per evitare spesa facile e favori ai partiti. E’ accaduto a De Magistris a Napoli, a Crocetta in Sicilia. Ieri si è purtroppo aggiunto alla lista il sindaco di Roma, Ignazio Marino. E l’assessore Daniela Morgante, rea di proporre tagli veri, è stata accompagnata alla porta.

Marino dirà che non ha colpa, che la Morgante si è dimostrata impoliticamente priva di ragionevolezza con le sue proposte. E che chi lo critica è espressione di un complotto. Quest’ultima accusa è classicamente espressione di una coda di paglia: di una politica che crede di nascondere i propri difetti accusando chi li sottolinea di servire interessi diversi da quelli collettivi. In questo caso, del cittadino e contribuente di Roma e di quello italiano, visto che del dissesto della finanza pubblica della Capitale pagano un sovraccosto rilevante sia innanzitutto i romani, sia tutti gli italiani che hanno dovuto subire l’onere di due decreti salva-Roma in pochi anni, nel 2008 e ora.

Marino è sindaco da un anno. Ma, come dimostrano le oltre 300 pagine della relazione di verifica della finanza capitolina curata dalla Ragioneria Generale dello Stato, se è verissimo che la prassi di bilanci falsi affonda a Roma nei decenni, per costi sottostimati o totalmente celati, la macchina del debito non per questo si è fermata né nel 2008, dopo l’escissione di 14 miliardi di debito pregresso dalla contabilità del Comune, né nel 2013 quando Marino è diventato sindaco. Anche nel 2013 la spesa corrente in Campidoglio è cresciuta, è salita oltre i 5 miliardi di euro. Una spesa per oltre il 50% fatta dal solo costo dei 25 mila dipendenti diretti comunali, e dei 37mila aggiuntivi dell’oceano di società controllate. Persino nei conti disastrati dello Stato nazionale, il costo del personale è pari all’11% del Pil e al 22% del totale della spesa: al Comune di Roma la percentuale e gli oneri sono percentualmente addirittura doppi.

Il sindaco sapeva bene che conti inerzialmente tali da continuare a generare altri 2,5 miliardi di debito entro il 2015, e 5 miliardi tenendo conto del consolidato delle municipalizzate – cifre puntualmente elaborate da agenzie di rating come Fitch – non si riallineano con le centinaia di milioni iniettate dal governo con il salva-Roma. Quel che serviva, anzi quel che serve, è un intervento energico. Una scommessa politica. Presentarsi ai romani come colui che ridisegna perimetro e costi dell’amministrazione capitolina dopo decenni di cavallette e locuste. Sapendo che i tagli incidono su interessi, clientele, pletore di dirigenti infilati dai partiti per gonfiare portafogli privati, e di correnti. L’assessore Morgante viene invece estromessa perché le sue ipotesi di tagli erano troppo pesanti. Su oltre 2 miliardi di costi diversi da quelli retributivi, aggiungere ai 300 milioni di minori spese da patto di stabilità altri 200 milioni di risparmi, più altri 197 milioni di spese non coperte: significava insomma spendere 700 milioni in meno, diminuire tra il 30 e il 50% molte dotazioni annuali,a funzioni come cultura e i municipi, manutenzione urbana e via continuando.

Marino ha detto no. Non ci sta. Ma se i tagli sembrano eccessivi, è perché il sindaco non ne vuole sapere, di fare una scelta risoluta per abbattere il debito sul versante delle dismissioni. C’ è ben oltre un miliardo di euro, tra patrimonio immobiliare pessimamente gestito, e quote di società partecipate di primo e secondo livello, che il Campidoglio potrebbe e dovrebbe smobilizzare. L’elenco è immane, di società partecipate, enti pubblici vigilati ed enti di diritto privato controllati: ACEA S.p.A, ACEA ATO2 S.p.A., Aequa Roma S.p.A., Aeroporti di Roma S.p.A., AMA S.p.A., ATAC S.p.A., Centrale del Latte di Roma S.p.A., Centro Agroalimentare Roma S.c.p.A., Centro Ingrosso Fiori S.p.A., EUR S.p.A., Investimenti S.p.A., Le Assicurazioni di Roma – Mutua assicuratrice Romana, Risorse per Roma S.p.A., Roma Metropolitane S.r.l., Roma Patrimonio S.r.l. in liquidazione, Roma Servizi per la Mobilità S.r.l., Servizi Azionista Roma S.r.l., Zètema Progetto Cultura S.r.l.. E ciascuna di queste ha una germinazione di società sottostanti.

Invece no. Il sindaco ha accettato solo l’ipotesi – tutta da verificare – di dismettere una trentina di società comunali di secondo livello che non offrono servizi, ma naturalmente recuperandone e tenendone a costo pubblico tutti i dipendenti. Sono sparite, per ordine del sindaco, le promesse revisioni degli oneri a carico del Campidoglio nei contratti di servizio di Atac e Ama. E dire che persino le farmacie comunali accumulano debiti per milioni di euro: 15 da ripianare nel prossimo bilancio. Il Campidoglio riesce a perdere dai mercati all’ingrosso che controlla, come da musei e mostre: 50 milioni di spese per 7 milioni di incasso dai biglietti.

La scelta del sindaco è di difendere la spesa comunale come “sociale” mentre gronda di “particolare”. E, pr difenderla, il sindaco decide di elevare al massimo ogni possibile aliquota, da quelle sulla casa all’occupazione del suolo pubblico, dalla tassa di soggiorno a quella sulle affissioni. Il Messaggero ha documentato in maniera comparativa come Roma sotto il sindaco Marino diventerà la landa più disgraziatamente tassaiola d’Italia, con un prelievo maggiore di chi stava ai massimi, e quasi doppio della media nazionale. Quel che è peggio, è che una parte non trascurabile della sua maggioranza e del Pd pensa che la cosa migliore sia rinviare le scelte vere al dopo elezioni europee, limitandosi per ora a un accordo di massima sui saldi che rinvii ogni decisione seria al piano triennale di rientro.

In questo modo, si pregiudicano tutte le sane intenzioni poste dal governo ponendo vincoli seri di raddrizzamento dei conti di Roma, come condizione esplicita nel decreto di salvataggio. Ci pensino, il sindaco e la sua maggioranza. Per una volta non seguiamo l’esempio tedesco, visto che la grande Berlino è sulla via di accumulare 65 miliardi di debito al 2015. Scrivemmo nei giorni del salvataggio che Roma non doveva diventare la Grande Mantenuta d’Italia. E lo ripetiamo, ora che in Campidoglio sembra prevalere la linea di farsi sordi e ciechi.

 

 

 

You may also like

ITA-Lufthansa: un punto di partenza, non un punto di arrivo
Il disordine fiscale: l’esempio della tassazione sul tabacco
Un insegnamento di Franco Tatò
Prescrizione tributaria: una concreta proposta per la campagna elettorale

5 Responses

  1. Mike_M

    “Scrivemmo nei giorni del salvataggio che Roma non doveva diventare la Grande Mantenuta d’Italia.” A me pare che lo sia da sempre …

  2. adriano

    Cosa significa “smentisce il governo”?”Sceglie le tasse ” come il governo.Dopo l’aumento della patrimoniale sugli immobili,la conferma di quella sui risparmi con l’aggiunta dell’aumento dell’imposizione al 26% ed il resto che verrà per coprire la finta revisione,non mi pare che “le sane intenzioni” siano differenti.Prima di mettere a bilancio i tagli bisogna farli,altrimenti si perpetua la consuetudine dei trucchi contabili.Ca nisciun è fess,Marino lo sa e applica le normali procedure.Le tasse.

  3. Filippo

    Articolo ben fatto,chiaro e con dati precisi.Ma come sempre più spesso mi capita,dopo la lettura di articoli su questo sito,mi trovo a dover gestire il male al fegato che mi prende quando leggo queste cose.Io sono pessimista,non credo che si troverà mai una soluzione.Il carrozzone è troppo grande e appetitoso e troppe sono le persone che ci vivono sopra.Cittadini che hanno un lavoro e uno stipendio in una delle miriadi di società o enti controllate dal Comune,politici che sbarcano il lunario nello stesso modo,imprenditori collusi con questo sistema.No,non credo che ci salteremo mai fuori e che tutti,come il sottoscritto che vive a 400 km da Roma,continueremo a foraggiare questo sistema.Non ci sarà mai nessun candidato che,prima delle elezioni,abbia il coraggio e la dignità di dire ai romani “vi prometto sangue sudore e lacrime per i prossimi 5 anni”.Tanto non verrebbe eletto e forse ne andrebbe a rischio anche la sua incolumità fisica.Men che meno riesco a pensare ad un candidato che,vincendo le elezioni con un programma elettorale “normale”,appena insediato inizi a tagliare e chiudere enti parassitari a destra e a manca SENZA assorbire all’interno di altri uffici chi ci lavora.non durerebbe un giorno.
    A tutto c’è rimedio,anche a questa situazione che come Giannino scrive,è prassi di decenni di malcostume nel celare la vera entità del buco nel bilancio comunale.Infatti c’è sempre un governo pronto a votare il decreto salva Urbe,inserendo se del caso la norma all’interno di un pacchetto di altre norme per farla passare inosservata e tutto procede come prima,destra o sinistra uguali sono.
    Ma io dico,per fortuna che siamo in Europa e siamo soggetti come Paese a condizioni ferree estremamente gravose e dure da sopportare sopratutto in questi anni di crisi del sistema.Ma se fossimo fuori dall’Europa?sarebbe ancora più agevole per questi squallidi mestieranti continuare a fare questi maneggi,senza più nessuna regola esterna da seguire.
    Pessimista dicevo,per le troppe persone che sono parte di questo sistema,in primis i cittadini stessi che magari quando devono pagare le tasse comunali si indignano e si arrabbiano e si lamentano di avere i tributi più alti d’Italia dimenticandosi che sicuramente ognuno di loro ha almeno un parente o conoscente che grazie a questo sistema vive.Sono pronti a fare questo sacrificio,a rinunciare al lavoro sicuro?Kennedy disse “non chiederti cosa può fare il tuo Paese per te,ma chiediti cosa puoi fare tu per il tuo Paese”.C’è qualcuno lì fuori che si fa questa domanda?

  4. pimar

    Questa volta non occorrono molte considerazioni per commentare la diagnosi del disastro di Roma Capitale. Pretenziosa (ma elettoralmente inutile) medaglia di cartapesta inseguita dall’ex sindaco Alemanno e ulteriormente svilita dall’attuale successore Marino.E’ bastato un anno per appesantire il dissesto – per debiti + disavanzo + maggiore pressione fiscale + municipalizzate Atac e Ama fuori controllo + tutto il testo – che l’incompetente Marino fece, un mese fa, pretesto di ricattatorie minacce al Governo succube del malfamato decreto salvaRoma da 570 milioni a spese di tutti gli italiani. E’ bastato poco per dimenticare le assunzioni scriteriate da un milione e più di maggiori costi l’anno. E’ bastato poco per perseverare nella perversa politica di ricorso a maggiori imposte e oneri per i cittadini e di rifiuto di più sano e necessario contenimento della spesa e rigore amministrativo. Con l’agghiacciante aggravante della cacciata tout-court dell’assessore al bilancio intenzionato (o quantomeno disponibile) ad operare tagli di budget. Decisione ignominiosa ma non per l’assessore Morgante bensì d’un sindaco indifferente al diluvio di sistematiche e documentate analisi – per tutte quella della Corte dei Conti – abbattutesi sulla gestione capitolina. Che smentiscono in partenza la falsa giustificazione di aver ereditato il pesante fardello dalla precedente Giunta, per il semplice motivo che nel 2013 la spesa è cresciuta ancora senza freno.
    L’analiisi tecnica del default capitolino illumina i dati economici e finanziari e le tendenze dissipatrici che, nell’immediato futuro, toccheranno vertici ancor peggiori. Ma da essa deriva il’inappellabile giudizio politico (e morale) che ogni cives romanus ha diritto di trarre ed esprimere su chi siede in Campidoglio. Indignato rigetto, totale sfiducia, allarmata preoccupazione per un’ennesima esperienza amministrativa capace soltanto,in poco tempo, di aggiungere mali nuovi ai vecchi. Con la folcloristica appendice di patetiche pedalate in bicicletta.

  5. ROBERTO

    Egregi,
    giusto ieri, Pasquetta ho visto una macchina blu con tanto di scorta sirene e altro fermarsi a fare il pranzetto di pasqua. Non commento.
    Ma se Marino non riesce nemmeno a contrallare i dipendenti del Comune che timbrano e se ne vanno a fare shopping ( vedi i report delle iene per 2/3 puntate) negando anche l’evidenza !

    Intollerabile.
    RG

Leave a Reply