30
Ott
2011

Monopolisti a loro insaputa/2: Alitalia

Rocco Sabelli, amministratore delegato di Alitalia, non intende chiedere «nessuna proroga sulla moratoria Antitrust», la legge «salva Alitalia». Perché ritiene di non essere in monopolio. (Rocco Sabelli intervistato da Alessandra Puato sul Corriere della Sera del 3 ottobre)

Non poteva mancare Alitalia sul podio dei nostri “Monopolisti a loro insaputa”. Il vettore di bandiera detiene in realtà una piccola quota del mercato italiano del trasporto aereo, poco meno del 21% dei passeggeri totali che hanno volato sui cieli italiani nei primi nove mesi del 2011 (18,8 milioni per AZ su 90,3 totali), un valore molto più piccolo di quello detenuto in passato dalle aziende alle quali è subentrato: nel 2007 la vecchia Alitalia, compresa la controllata Volare,  più AirOne avevano trasportato 33 milioni di passeggeri, il 31% dei quasi 107 milioni del mercato italiano.

La ragione per la quale si può essere monopolisti pur detenendo appena un quinto del mercato deriva dal fatto che nel trasporto aereo ogni rotta (o fascio di rotte nel caso sussistano in determinate aree più aeroporti, sostituibili tra di loro poiché localizzati a breve distanza) rappresenta uno specifico mercato. E’ quindi possibile che su talune rotte la concorrenza si accresca e che su altre si riduca sino a scomparire del tutto. E’ esattamente quello che è avvenuto negli ultimi anni in Italia:

  1. Sulle rotte internazionali infraeuropee la concorrenza si è notevolmente accresciuta per l’effetto congiunto dell’incremento di offerta dei vettori low cost e della contemporanea riduzione della nuova Alitalia.
  2. Sulle rotte intercontinentali l’offerta della vecchia Alitalia era già stata ridimensionata con l’attuazione del piano Prato mentre quella di AirOne era trascurabile. Con l’aumento di offerta dei vettori stranieri la concorrenza si è anche qui accresciuta (nonostante si tratti di un segmento di mercato non liberalizzato).   
  3. Sulle rotte domestiche AirOne era il principale concorrente della vecchia Alitalia e con l’aggregazione dei due vettori la concorrenza si è molto ridotta ed è scomparsa del tutto su molte delle rotte originate dai due aeroporti principali (per il traffico nazionale) di Linate e Fiumicino.

Vediamo in dettaglio i casi di Linate, Fiumicino e Malpensa:

  1. Linate (21% del traffico domestico): nell’estate 2008, ultimo trimestre della vecchia gestione, Alitalia deteneva il 45% dei posti settimanali offerti sull’insieme delle rotte nazionali ed AirOne un ulteriore 37%. Con la loro aggregazione la quota di mercato potenziale saliva pertanto all’82%. Un anno dopo, nell’autunno 2009, la quota di mercato del nuovo vettore sulle rotte nazionali da Linate risultava del 78%.
  2. Fiumicino (51% del traffico domestico): nell’estate 2008 Alitalia deteneva il 55% dei posti settimanali offerti sull’insieme delle rotte nazionali ed AirOne un ulteriore 29%. Con la loro aggregazione la quota di mercato potenziale saliva  all’84%.
  3. Malpensa (10% del traffico domestico): nell’estate 2008 Alitalia deteneva il 34% dei posti settimanali offerti sull’insieme delle rotte nazionali ed AirOne un ulteriore 22%. Con la loro aggregazione la quota di mercato potenziale saliva al 56%.

E’ opportuno ricordare a questo punto che l’Autorità Antitrust quando negli anni precedenti la crisi Alitalia diede il via libera all’incorporazione in Alitalia del vettore Volare stabilì che su tutte le rotte su cui, a seguito dell’aggregazione, la quota di mercato (calcolata sugli slot a disposizione) avesse superato il 60%, Alitalia avrebbe dovuto rilasciare gli slot eccedenti sino a rientrare entro tale limite. Se in occasione dell’aggregazione di AirOne in Alitalia l’Antitrust non fosse stata privata per un triennio dei suoi poteri dalla legge di salvataggio è presumibile che avrebbe adottato identico provvedimento. Quali sarebbero stati gli effetti per i tre principali aeroporti, i quali rappresentano il 70% del traffico nazionale?

A Malpensa non sarebbe accaduto quasi nulla. Infatti anche con l’aggregazione di AirOne Alitalia non oltrepassava il limite del 60% per le principali rotte nazionali (Napoli, Bari, Catania, Palermo, Cagliari e Olbia) con la sola eccezione di Fiumicino, per la quale raggiungeva il 68%.

A Linate le rotte nazionali sulle quali il nuovo vettore superava il 60% erano ben otto delle dieci più importanti, come si può osservare nel Graf. sottostante, e su sei di esse si era pervenuti ad una situazione di monopolio.

 A Fiumicino la situazione risultava ancora più grave: 17 rotte con quota superiore al 60% delle quali ben 11 in monopolio, come si può osservare nel Graf. sottostante.            

         

 

 

 

 

 

In totale le rotte con quota superiore al 60% risultavano pari a 24, corrispondenti a oltre metà del traffico nazionale, e di esse quelle in monopolio a 16, corrispondenti a circa un terzo del traffico nazionale.

Dal salvataggio di Alitalia e sua aggregazione con AirOne l’unico cambiamento di rilievo che ha interessato il mercato del trasporto è l’arrivo dell’alta velocità ferroviaria sui collegamenti Torino-Milano-Roma-Napoli. Hanno essi introdotto una concorrenza modale ai collegamenti aerei Milano-Roma, Milano-Napoli e Torino-Roma? La risposta è positiva per la tratta Milano-Roma in quanto le tre ore di percorrenza ferroviaria risultano simili ai tempi effettivi del trasporto aereo da centro città  a centro città. Altrettanto non può dirsi per la altre due tratte per le quali i tempi dell’AV ferroviaria (4,5-5 ore) continuano a essere nettamente battuti dall’aereo.

Ha quindi pienamente ragione il Presidente dell’Antitrust Catricalà il quale, nell’annunciare l’avvio di un’istruttoria sugli effetti della fusione Alitalia-AirOne «per verificare posizioni dominanti e di monopolio» ha sostenuto che «esistono rotte in cui c’è la concorrenza con l’alta velocità, però esistono anche rotte dove questa concorrenza non c’è». Riuscirà l’Antitrust, dopo un trienno di letargo forzoso, a rendere finalmente consapevole Alitalia del suo status di monopolista?

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