16
Nov
2020

Monopolio educativo e la scuola d’elite sono pericolosi

Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, da Anna Monia Alfieri.

Gli Istituti pubblici paritari si confermano ai primi posti nella classifica delle migliori Scuole Secondarie di 2° grado delle principali città. C’è da crederci, visto che la fonte è Eduscopio (ed.2020/21), il portale della Fondazione Agnelli, non certo vicina al mondo della scuola paritaria. Quest’ultima, evidentemente, continua ad essere realtà culturale di altissimo livello e, in quanto tale, viene scelta per formare la classe dirigente di domani. Sono tutti d’accordo, compresi politici e giornalisti che, da anni, la scelgono per i propri figli. Proviamo a fare un sondaggio fra i conduttori televisivi, fra i politici, gli imprenditori: scopriremo che la scuola paritaria è un passaporto per un futuro di successo.

Tutto questo impone necessariamente alla scuola paritaria una riflessione a partire da una domanda molto semplice: è accettabile una situazione così? Cioè: può costituire un vanto per la scuola paritaria, sopravvissuta ad anni di pandemia ideologica e poi al Covid, essere un’eccellenza che vanta addirittura la lista d’attesa, ma, di contro, ha dovuto cedere a rette superiori ai 5.500 euro. Infatti le scuole che si conquistano i primi posti nella classifica sono licei dalle rette che vanno dai 5 agli 8 mila euro. E oltre.
Nel 2020 l’Istat prevede una “caduta” per i consumi delle famiglie (-8,7%), quindi chi può permettersi questa scuola? Non certamente il figlio dell’extracomunitario che abbiamo accolto, dell’operaio o dell’impiegato che ha 3 figli. Per loro dobbiamo sperare in una buona scuola pubblica statale, anche se, lo sappiamo, essa quest’anno non è ripartita per tutti, i disabili sono rimasti a casa. La scuola paritaria, sopravvissuta alle due pandemie, quella ideologica e quella causata dal Covid, deve accettare di tagliare in due la società. Risultato? Quello descritto dai dati OCSE PISA: un sistema scolastico iniquo, elitario e generatore di disparità tra i territori e nella società.

Allora nascono una serie di domande: può una situazione del genere essere moralmente accettata da una scuola paritaria che rimanga fedele ai suoi principi di Fondazione? Possiamo credere, in via definitiva, che l’ultima parola sia: la buona scuola statale per tutti; eventualmente, per chi può pagare, esiste anche la paritaria? La discriminante tra le due? I soldi. Ancora: può la scuola paritaria consolarsi al pensiero che sta formando la classe dirigenziale dei prossimi vent’anni, avendo formato anche quella di questi ultimi vent’ anni, la stessa che non si è curata di garantire alla famiglia italiana, come avviene in Europa, il diritto alla libertà di scelta educativa?
Non possiamo cedere a chi tenta di far scontrare le due anime del Servizio Nazionale dell’Istruzione – la scuola statale e la scuola paritaria – solo per distogliere l’attenzione dal cuore della questione: il diritto all’istruzione che non può divenire un privilegio. Il monopolio educativo e la scuola d’elite sono altamente pericolose.

Alla doverosa e sana soddisfazione per gli importanti risultati culturali raggiunti, deve unirsi (come in realtà avviene da numerose parti e ormai da tempo) un’altrettanto doverosa e sana denuncia, una denuncia che nasce semplicemente mettendosi nei panni di quei genitori che percepiscono chiaramente l’impotenza nel vedersi precluso l’accesso a quelle scuole.
Perché questi genitori si vedono esclusi i figli? Semplice: perché non possono pagare la retta.
Perché la scuola statale non raggiunge gli stessi risultati delle scuole paritarie più prestigiose? Semplice: perché non sono autonome. Alla scuola paritaria serve libertà economica, alla scuola statale serve autonomia.

Eppure con quel poco di fiato che ci resta ripetiamo che è possibile interrompere questo processo ma partendo dalla legge di Bilancio, dopo ormai sarà davvero tardi:

  1. in Parlamento, a camere unificate, si avvii una collaborazione reale fra scuole statali e paritarie e, con la quota capitaria di 5.500 euro si garantisca il diritto di apprendere per tutti gli studenti (proposta la cui efficacia è dimostrata da vari studi seri e documentati); la collaborazione fra mezzi di trasporto pubblici e privati.
  2. a questo meccanismo sono legati un nuovo finanziamento del sistema scolastico italiano e il censimento dei docenti per far incontrare la domanda e l’offerta.

Dare alla famiglia la libertà di scelta comporta rendere autonoma la scuola statale e libera la paritaria, aumentando quindi la concorrenza, tramite la chiamata diretta dei docenti da albi appositi (sempre sperando che si consenta ai docenti di ottenere l’abilitazione). Certo, una situazione del genere scuoterà definitivamente una serie di interessi: i docenti intesi come bacino elettorale, il ruolo del sindacato, l’assunzione dei docenti sulla base di criteri corretti ma arbitrari. E’ chiaro che autonomia, parità e libertà di scelta educativa sono i fondamenti del pluralismo, di un sistema scolastico di qualità, che non discrimina poveri e disabili, dando a tutti le medesime opportunità, che assume docenti con criteri oggettivi e li forma alla propria mission.

In alternativa, lo scenario dal 2021 sarà esattamente lo stesso del 2020: la scuola ripartirà solo per alcuni privilegiati, che avranno in mano le sorti della nazione. Quindi il diritto all’istruzione sarà inteso come un lusso, una cosa da ricchi, come è stato per secoli, ma con una piccola variante: il figlio “di chi può” a scuola, presso collegi prestigiosi, e poi sulle ali della grande finanza; il figlio del povero nelle grinfie della criminalità organizzata o distrutto dalla droga.

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