6
Giu
2011

Marchionne-Marcegaglia, c’è un giudice che incaglia

Qual è il punto vero, al centro della sempre più ricorrente polemica lanciata da Fiat contro Confidustria? E’ vero oppure no quel che ha detto Sergio Marchionne, e cioè che continuando a stare in Confindustria Fiat si indebolisce, rispetto alla  strategia  “fare in Italia come in America con Chrysler”? Cerchiamo prima di capire, poi darò la mia risposta.

La materia, in effetti, è intricata. Confindustria ha ragione, quando afferma  – la Marcegaglia ha scelto apposta che a replicare a Marchionne fosse il vicepresidente Bombassei, che è fornitore Fiat con la sua Brembo e soprattutto sta in uno dei due cda Fiat dopo l’avvenuta scissione tra Auto e Industrial  –  che senza la storica svolta effettuata a inizio 2009 dall’attuale presidenza a via dell’Astronomia  Fiat non avrebbe mai potuto intraprendere la strada degli accordi aziendali di stabilimento. E’ stata la Marcegaglia a creare con Cisl, Uil, Ugl e altri il fronte che 3 anni fa ha svoltato, rispetto a Montezemolo e ai presidenti confindustriali filo Fiat che per anni avevano imposto la linea che senza Cgil non bisognava muovere un passo. L’accordo interconfederale 2009 apre la strada alla conferma dei contratti nazionali per chi li vuole, a deroghe ai contratti nazionali per chi le preferisce, e a intese aziendali per chi ritiene più confacente questa terza via. Purché sia tutto contrattato con una maggioranza di sindacati, e nel caso di intese aziendali anche con il conforto della maggioranza dei voti dei lavoratori. Sotto questo profilo, Fiat è sicuramente ingenerosa, a polemizzare, anche perché storicamente ha sempre sostenuto la tesi opposta. Fino a Marchionne, che grazie al cielo cambia tutto.

Ma c’è un punto. Una volta stabilito di decidere a maggioranza, sorge la questione dei diritti sindacali nelle aziende interessati ai nuovi regimi. Punto normato dal protocollo del 1993 sottoscritto da sindacati, imprese e governo Ciampi.   Fiom e Cgil difendono l’idea di poter dire no a deroghe e intese aziendali, ma continuando nelle stesse aziende a godere di pieni diritti e cioè anche del pieno diritto di protesta contro gli accordi stessi anche una volta sottoscritti. In questa maniera, i nuovi contratti diventano non più pienamente esigibili, e la produttività aggiuntiva – scambiata con più salario detassato – va facilmente  a farsi benedire.

Questa è la materia sulla quale la Fiom ha avanzato le sue impugnative giudiziarie contro le newco Fiat. A cominciare da quella di Pomigliano. Il giudice del lavoro di Torino probabilmente entro luglio si pronuncerà sulla tesi Fiom. Per il sindacato rosso, siamo in piena violazione delle norme del codice civile per le quali non si può utilizzare una cessione di ramo d’azienda per peggioramenti contrattuali e riassunzioni selettive del precedente personale ereditato. Gli altri sindacati sosterranno che le nuove intese sono migliorative sul piano salariale e della difesa occupazionale, altro che discriminazioni antisindacali. Ma diciamolo chiaro: il più dei giuristi e degli avvocati societari si aspettano che il giudice del lavoro dia ragione alla Fiom, perché anche senza entrare nel merito degli accordi su salario e turni il giudice potrà dire che in ogni caso l’azienda non può allo stato attuale far dipendere la riassunzione dall’esplicita disponibilità individuale alla piena esigibilità delle nuove intese sottoscritte e votate a maggioranza.

Ecco il punto. La Fiat di Marchionne – ma anche di Paolo Rebaudengo, lo stratega italiano che con l’attuale Confindustria e Federmeccanica in nome del passato ha qualche riserva – sostiene che Confindustria doveva immediatamente dire al governo che senza una nuova legge sulla rappresentanza nelle aziende tutto il cammino sinora fatto rischia di arenarsi di fronte al no degli antagonisti. In realtà, Federmeccanica nel frattempo con l’accordo della maggioranza dei sindacati ha receduto dal contratto dei meccanici del 2008  che per Fiom resta l’uniuco vlido e scade al 31 dicembre di quest’anno, per riconoscersi invece solo in quello coerente al nuovo regime di deroghe, sottoscritto nel 2009 e che la Fiom considera illegittimo (non aveva firmato neanche quello del 2008. per altro). In più, Confidustria ha detto chiaro sin da giugno che la maggioranza dei sindacati deve mettersi d’accordo su nuove regole di rappresentanza, coerenti al principio delle intese a maggioranza e della loro piena esigibilità.

Perché su questa materia occorre un avviso comune tra parti sociali, per poter normare. Impossibile immaginare un governo – tanto più quelo attuale, nelle condizioni attuali – che legiferi in materia di diritti sindacali unilateralmente: regalerebbe un enorme tribuna alle sinistre unite, e per imprese e Cisl, Uil e chi i questi anni con loro ha svoltato per lo scambio più produttività-più salario sarebbe il capolinea.

Invece per Fiat, alle strette con la rinuncia de giudice alle porte, senza legge ad hoc l’intera sua strategia si arena. E qui si dividono le strade. Per capirci, senza accordo del 93 – che è giusto far decadere – significherebbe governare le newco neanche con le RSU elette dai lavoratori riassunti, ma con le RSA  direttamente nominate dai sindacati centralmente: un controsenso al quale tutti si opporrebbero.

La maggioranza delle imprese di Federmeccanica ha pieno rispetto delle esigenze Fiat. Ma a differenza di Fiat, che potrebbe andarsene dall’Italia a Chrysler ormai pienamente conquistata, vogliono continuare a produrre in Italia. Continuando sulla svolta imboccata tre anni fa. Ma con l’idea che con il sindacato riformista si tratta e si va avanti, perché è maggioranza. Senza decreti legge che rafforzano solo i signornò di professione. Per Marchionne, che è un sostanzialista, sono ragionamenti speciosi, di lana caprina, non li comprende. E intorno a lui c’è anche chi, a Torino, pensa che non è male se intanto, dando i sei mesi di preavviso dell’uscita da Confindustria, oltre che premere  su Sacconi si finisce per esercitare un’ipoteca perché il successore della Marcegaglia torni a essere filo Fiat.

Per questo la mia opinione è che sia meglio la linea riformista della Confindustria attuale, che quella  vinco o perdotutto di Marchionne. La seconda perde per strada Cisl e Uil che in questi tre anni ci hanno messo rischiosamente la faccia, su un modo diverso di fare sindacato. La prima, al contrario, li rafforza in vista del futuro e conferma l’idea che in Italia si può produrre bene senza forzature unilaterali: che possono piacere a me liberista, ma che per prime vengono bocciate dal Corriere della sera.

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24 Responses

  1. CLAUDIO DI CROCE

    Premesso che non mi interessa un fico secco di cosa pensa il Corsera e con lui De Benedetti e i suoi dipendenti , io credo che i giudici di Torino – io vivo a Torino quindi conosco il clima sinistrorso che si respira – bocceranno l’accordo FIAT . Solo che lo faranno ijn modo ambiguo per scaricare la responsabilità di decidere o no l’investimento su FIAT . Se Marchionne rompe – come io spero faccia- avrà tutti contro e tutti diranno che la sentenza dei giudici non è preclusiva completamente e che si può ” mettersi attorno a un tavolo ” Se Marchionne si piega e decide l’investimento appena avrà messo i soldi e iniziato a lavorare i giudici daranno l’interpretazione autentica , cioè restrittiva e l’accordo salta. Ma ormai i giochi sono fatti e gli investimenti non più ritirabili serviranno per pagare salari e stipendi a dipendenti che non cambieranno nulla del loro atteggiamento che ha contribuito molto a portare la FIAT sull’orlo del fallimento. Forza Sergio , porta tutto negli USA e in Canada.

  2. Marco L.

    Per capire, non per polemica, ma stiamo parlando di sostanza o di questioni di principio?
    Voglio dire, tra prima e dopo l’accordo-deroga in Fiat contestato da Fiom, numericamente che differenze reali di produttività ci sono?

  3. Sinibaldo

    Salve Giannino, il 6 di Luglio alle ore 21,00 a Pistoia presso la parrocchia di S.Agostino, organizziamo 1961/50 festa dei neo cinquantenni. Se volesse unirsi a noi, ci farebbe un grande piacere. Saluti, Sinibaldo

  4. Alberto Poloni

    Giannino, stiamo parlando della ex Carrozzerie Bertone, o no ? Da quanto tempo costoro sono in cassa integrazione ? A Torino, poi, non in mezzo alle Madonie. Questi non ci pensano neanche lontanamente di tornare al lavoro, chè tanto Sacconi un piccolo stipendio glielo passerà fino alla fine dei loro giorni. Nel frattempo se ne faranno un altro lavorando in nero. Si’, parliamo di sostanza, siamo pratici.
    Che razza di personale si troverà Marchionne a Torino ?

  5. Marco L.

    A parte che un dipendente non può decidere si stare in cassa integrazione o tornare a lavorare. Sta in cassa se è ferma la produzione e ritorna, lavativo o no, se la produzione riprende, ma avrei una domanda vera. Di quanto l’accordo ha modificiato la produttività? Di cosa stiamo parlando, di briciole o di percentuali consistenti? Non è una domanda trabocchetto, lo chiedo perchè non lo so.

  6. Michele Magnani

    Scusa Oscar, ma li hai visti i lavoratori FIAT con le loro belle polo con i colletti alzati? Cosa c’entrano loro con i METALMECCANICI? intendo quelli con tre tute di quoio una sopra l’altra che tagliano saldano e martellano per 8 ore filate? Niente accordo FIAT/FIOM! È offensivo per i veri metalmeccanici…!

  7. @CLAUDIO DI CROCE
    Condivido quello che scrivi. Ad avere la coda di paglia e a restare con il cerino in mano, saranno i giudici e la CGIL quando si ritroveranno intorno a un tavolo per decidere come sfruttare la manodopera a basso costo che si ritroveranno abbondante per le loro proteste una volta che la Fiat se ne sarà volata in America e i cancelli davanti ai quali erano abituati a scioperare, saranno definitivamente chiusi. Il mondo è grande per fortuna, al contrario dell’apertura mentale dell’asfittica sinistra italiana: se ne accorgeranno infine anche loro, i più ritardatari (ritardati?) fra i nipotini di Stalin.

  8. Famoso Iole

    Capisco la posizione di Giannino e di confindustria, ma l’Italia secondo me ha bisogno di strappi per intraprendere una vera strada di cambiamento, altrimenti siamo obbligato a proseguire su un lento declino.

  9. La trasparenza nel mondo industriale, come in quello politico, è sempre auspicabile per ottenere concorrenza e produttività. Mi preoccupano di più le altre Industrie che non parlano, e sembrano non soffrire la crisi pur non facendo innovazione tecnologica, ed inoltre si fanno lustro di ingenti donazione per Colosseo (De La Valle) e Fondazioni politiche (De Benedetti). Come e dove quadagnano l’Extra-Profitto?

  10. Marco Marchionni

    Art.1: l’Italia è una repubblica socialista basata sul lavoro altrui.

    Esempio,l’art.41
    L’iniziativa economica privata è libera.
    [Bene!]
    Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale [Chissà perchè] o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. [e fin qui…]
    La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali. [BUM!]

    Un imprenditore, in Italia, esiste “per fini sociali”, non per profitto quindi che diavolo pretendiamo? Qualsiasi imprenditore estero scapperebbe a gambe levate cosa che Marchionne a mio avviso farà a breve.
    Ci va bene che quei pochissimi imprenditori esteri che investono qui non sono bene al corrente della costituzione socialista altrimenti anche loro fuggirebbero.
    La FIOM altro non fa che applicare la costituzione spalleggiata da un governo molto più socialista ed assistenzialista di quello che lo ha preceduto.

  11. Enzo Michelangeli

    Non sono affatto d’accordo, Oscar: e’ inutile dare le colpe ai giudici se applicano leggi esistenti. Se queste sono sbagliate, vanno cambiate, e un governo come quello attuale si dovrebbe vergognare di non averlo fatto nonostante abbia iniziato la legislatura con una maggioranza piu’ che solida. Suppongo che sia quello che capita con ministri socialisti e PdC che pensano piu’ a evitare la galera e al bunga-bunga che a riformare il paese in senso liberale: per far di meglio non serve neanche chiamarsi Thatcher, basterebbe essere Merkel o Reinfeldt. Ma visto che questo e’ cio’ che passa il convento, ben venga un Marchionne che puo’ permettersi di fare da punta di diamante delle relazioni industriali grazie alla possibilita’ di delocalizzare: Confindustria dovrebbe ringraziarlo, invece di squittire e cercare menages di convenienza con CISL e UIL. Se poi il paese politicamente scegliera’ il passato, otterra’ quanto si sara’ meritato, deindustrializzazione e conseguenti disoccupazione e impoverimento: e questo e’ l’unico argomento che, alla fin fine, fa cambiare idea agli elettori.

  12. adriano

    @Marco MarchionniInfatti,il problema è la carta.Il resto segue di conseguenza.Una volta poteva essere comprensibile,ma affermare oggi che è intoccabile nella sostanza significa che certi presupposti sono ancora radicati negli interessi e nelle illusioni.Se non si cambia forse si potrà sopravvivere al destino greco,ma altri traguardi rimarranno utopie.

  13. Scegliere la politica sindacale coerente con lo spirito liberale, è stato sempre negato dalla Fiat, per definizione : la Fiat non è una corporation in un libero mercato, è una azienda privata che opera in uno Stato che privilegia la piena occupazione con lo sciopero

  14. Pino D'Ettorre

    Il mio pensiero è semplice.
    Per Marchionne l’Italia è una provincia dell’Impero e lui ne è l’imperatore: o si accettano le sue regole o la provincia non è più utile.
    Non comprende (o non vuole comprendere) che gli altri industriali non hanno il “suo” impero e che in questo paese la concertazione si può ottenere non prescindendo dai delicati equilibri che ad essa sottendono. Se ha deciso di porsi in contrasto con Confindustria e di voler “rompere” con i rituali e con gli equilibri che a fatica i sindacati più moderati stanno cercando di mantenere, lo faccia: se la decisione sarà di lasciare la “provincia”, non cerchi scuse, viceversa si adegui.

  15. CLAUDIO DI CROCE

    Dire che i giudici applicano solo le leggi esistenti significa non conoscere nulla del mondo della ” giustizia ” esistente. Al vecchissimo detto ” le leggi si applicano per i nemici e si interpretano per gli amici ” si sono agglunte dopo mani pulite le volontà esplicite del mondo degli impiegati statali del mondo giudiziario di ” rivoltare come un calzino ” l’Italia secondo le loro volontà . Anche per questo io auspico che Marchionne non si faccia ricattare e lasci l’Italia nelle mani sinistre perchè gli italiani è quello che vogliono : essere in un modo o nell’altro dipendenti pubblici . E se le riforme non si fanno da quarantanni – anche se tutti sanno che si dovrebbero fare e cosa fare – è perchè i politici che vivono di consenso sanno che se facessero veramente le riforme necessarie sarebbero spazzati via dalle elezioni. In Italia le riforme si faranno veramente solo quando lo Stato fallirà , come cercano di fare in Grecia , Portogallo , Spagna, Inghilterra . Allora arriverà una vera stangata sul sistema assistenzialista . Ma tanto state tranquilli : diranno che la colpa del fallimento è stata di Berlusconi.

  16. Michele

    @Claudio di Croce.
    Sono in buona misura d’accordo con lei, ma sicuramente non si può dire che Berlusconi non ha responsabilità per come stanno le cose e per le mencate riforme. Al governo negli ultimi 17 anni c’è stato in gran parte lui, (l’unto del signore, il sogno degli italiani ecc. ecc.) e non ha fatto un bel niente! Anzi ha fatto parecchi danni… ha voglia a parlare alla gente di politiche liberali dopo anni e anni di berlusconismo.
    I motivi di fondo , in gran parte suoi personali/privati, non rilevano, anzi aggravano il giudizio.

  17. CLAUDIO DI CROCE

    forse l’aritmetica che mi hanno insegnato alle elementari – quando c’era una maestre e/o un maestro per due anni e un altro/a per tre e le classi erano più numerose , gli insegnanti non mancavano mai ecc.. ecc.. – non è più valida Dopo la vittoria del 1994 , c’è stato il ribaltone organizzato dal compagno Scalfaro – quello dei 200 milioni al mese a cui ha risposto a reti unificate ” non ci sto” – Dal 1995 al 2000 ha governato il centro sinistra ( Dini, Prodi-D’Alema-D’Alema-Amato ) Dal 2006 al 2008 ha rigovernato – si fa per dire – Prodi .Se non sbaglio la somma fa otto. In ogni caso sono d’accordo sul fatto che Berlusconi doveva rischiare la non rielezione e fare le riforme liberali . Sarebbe stato travolto dalle sommosse sinistre – qualcuno si ricorda il primo tentativo di riforma delle pensioni del 1994 bollato dal compagno D’Alema come macelleria sociale e naufragato o il tentativo di riforma dell’art. 18 – a cui per timore di scioperi continui si era sostanzialmente allineata con l’opposizione la Confindustria di LCDM ? L’errore di Berlusconi è stato di imitare lo slogan di Andreotti : meglio tirare a campare che tirare le cuoia – senza esserlo.
    Vorrei infine conoscere i danni all’economia che ha fatto Berlusconi , oltre ad avere pagato con soldi suoi delle giovani donne .
    Spero che qualcuno non mi parli della dignità delle donne, del conflitto di interessi sulla TV ; per favore parlate di economia .

  18. Marco L.

    Infatti, avevo posto una domanda, se qualcuno è in grado di rispondere.
    Desideravo sapere, visto che è una questione che ha suscitato scontri e dibattiti, se c’è un sostanziale aumento di produttività dopo l’accordo, non firmato da Fiom, su Mirafiori, e prima su Pomigliano, o se invece la differenza è minima ma se ne è fatta una questione di principio.

  19. Caro Giannino,
    stiamo ai fatti. Cosa ha fatto sino ad oggi il buon Sergio?

    1. E’ stato un negoziatore magistrale nell’opzione put con GM
    2. Ha inciso sui costi del gruppo con la unificazione della direzione acquisiti. Questo gli ha permesso di tornare a fare un po di utili, ma in un modo non certo innovativo per la galassia FIAT.
    3. Ha agito sulla “cultura aziendale “applicando alla lettera il motto di Mao Zedong: “Colpirne uno per educarne cento”.
    4. E’ stato un ottimo affabulatore degli analisti finanziari, alzando continuamente l’asticella dei target.
    5. Ha raddoppiato la posta in gioco con l’operazione Chrysler quando si e’ reso conto che stava prdendo tutto il piatto.

    … sino ad oggi sembra un grande gambler!!! In attesa del prossimo raddoppio di posta …

    Mr. Gnaws

  20. Michele

    Gentile sig. Di Croce, non avevo dubbi che se avesse replicato l’avrebbe fatto con l’aritmetica. Mi scusi ma non stiamo parlando di aritmetica! Politicamente il discorso è ben diverso.
    I danni che ha fatto Berlusconi all’economia? Be il solo non far niente in una fase così difficile è un enorme danno! Se poi aggiungiamo che ha cancellato pure le poche e misere riforme liberalizzatrici di bersaniana memoria…
    Il danno maggiore poi lo vedremo quando Berlusconi in ogni caso uscirà dalla scena politica. Ci sarà da ridereallora a cercare sedicenti liberali e liberisti !
    Gli attuali finti liberali spariranno come neve al sole, i pochi veri rimarranno a prendersi contumelie per colpe non loro!

  21. CLAUDIO DI CROCE

    Quando al potere ci saranno Vendola, Bersani, Pisapia, Diliberto, Pecoraro Scanio ,Visco,Rizzo, Di Pietro, allora si che l’economia avrà una netta ripresa : patrimoniale subito , mascherata in qualche modo, assunzione in pianta stabile di qualche milione di persone nella pubblica amministrazione comunque denominata. rafforzamento del divieto di licenziare anche nel privato , nazionalizzazione della FIAT affidata alla CGIL, esproprio proletario delle aziende di Berlusconi che verranno date al compagno De Benedetti, tessera n. 1 del PD ,sperando che non le faccia fallire come ha fatto con l’Olivetti, Consulente del ministro di Giustizia – affidato alla Bocassini – il compagno che ha sbagliato Battisti appena liberato grazie alla volontà del compagno presidente operaio Lula. ( ma il vero responsabile è manco a dirlo Berlusconi )
    Per pagare i voti che si sono presi aumento dell imposte e delle tasse affermando ovviamente , come dice il mio interlocutore , che la colpa è di Berlusconi che non ha confermato quanto fatto da Prodi/Bersani in materia di liberalizzazioni ( quali ? e quanto incidono nell’economia ? ) Qualcuno ricorda che la parziale privatizzazione della distribuzione dell’acqua fu iniziata da Mortadella e adesso il compagno in maniche di camicia vuole i referendum per abolirla ?

  22. Alberto Poloni

    Mio caro Signor Marco, come dice giustamente Lei, gli operai di Torino (ribadisco Torino) che sono in cassa integrazione (mi pare da 5 anni, mi corregga se sbaglio) dovrebbero tornare a lavorare se (se) la pruduzione reprendesse nello stabilimento Bertone. Bene. Chi è, allo stato attuale, che può farla riprendere ? Lei conosce qualcuno ? Forse lo Stato ? Pare che l’unica proposta sensata sia quella di Marchionne. Pare che per riprenderla abbia posto delle condizioni, no ? Ci dovrebbe essere un referendum, no ? Uso il condizionale perchè penso che non se ne farà nulla, ma questo è un altro discorso. Se le condizioni di Marchionne non saranno accolte, la produzione, secondo lei, riprenderà lo stesso ? No, e allora di che stiamo parlando ? Chi decide quando e se finirà la cassa integrazione ?
    Per quanto attiene alla sua domanda, stiamo parlando di entrambe le cose: maggiore produttività e possibilità di abbattere il Soviet della contrattazione collettiva. Se le pare poco … Poi, che Confindustria viaggi ormai su altre strade e per altre logiche, non è affatto uno scandalo. Mi chiedo che ci continuano a fare i veri imprenditori in un’organizzazione dove a dettare le condizioni sono banche, assicurazioni, grandi utilities ed imprese appartenenti al Ministero del Tesoro. L’ultima uscita della Marcegaglia è li’ a testimoniarlo: non bisogna votare si’ al referendum sull’acqua perchè altrimenti i soldi per pagare l’adeguamento della rete dovranno tirarli fuori i lavoratori dipendenti che sono gli unici a pagare le tasse (sic !). E dalli col facile esercizio della criminalizzazione dei piccoli autonomi. Facile sparare su chi non si può difendere. Sappia però costei che il lavoro agli italiani non proviene dalle sue sgangherate ed indebitate aziende: le sfugge infatti il piccolo particolare che il 95% delle imprese italiane è costituito da aziende con meno di 10 addetti (titolare compreso) e che, in particolare, il 35% è fatto di ditte individuali. Fanno, in tutto, 18 milioni di persone (dato ISTAT 2009). Chi crede che vi stia pagando la crisi ed anche il debito pubblico ? Ah, già, dimenticavo, Della Valle … Chi la paga la cassa integrazione dei “poveri operai” ex Carrozzerie Bertone ? Glielo dico io: tutti quelli che la cassa integrazione, la malattia, le ferie pagate, la pensione,la tutela sindacale e giuridica e tutte quelle garanzie li’, manco sanno dove stiano di casa.

  23. Antonio

    @Alberto Poloni
    Mio caro Sig. Poloni

    Come piccolo imprenditore con 25 persone, mi asocio a lei.
    Veramente nel mio settore commercio, non ono previsti aiuti, ne cassa intregrazione, ma anzi ci viene perfino richiesto di sindacati il reintegro di un lavoratore cha ha operato da noi per soli 14 giorni a Gennaio 2007 con contratto a TERMINE.
    E’ pazzesco e si comincia ad esere stanchi ed avviliti, ormai sapendo ch non vi sono prospettivi in quanto l’unico caso a cui la piccola impresa Italiana serve è:
    1) Lodarla sui media come forma operativa tipica Italiana che garamtice lavoro ed è legata alla forte capacità e volontà dei n. piccoli imprenditori ( VETRINA PUBBLICA)
    2) Succhiarle tutto quanto è possibile per rimpinguare le necessità di uno stato assetato, il quale poi, con un modus operandi, direi ocialista, redistribuisce lui il bottino per garantirsi potere, consensi e tamponare malumori.

    Ci siamo atlmente abituati a questo istema che non ci rendiamo più conto che esistano altre realtà e continuiamo a testa bassa a lottare.
    Anche perchè il piccolo imprenditore ha talmente tanto da fare che non sa neanche come poter fare a fare altro od ad andare in un altro paese.

    Buona giornata.

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