4
Mag
2010

La Kos di CdB, il mercato delle cure e la legittimità del profitto

Da quando la scelta di “andare in borsa” (diciamolo meglio: di offrire a potenziali acquirenti quote della propria attività) può diventare motivo di polemica? Eppure su due quotidiani è uscito un appello dell’Unione cristiana imprenditori dirigenti, l’Ucid, che invita a fermare la scelta della Kos, intenzionata a trovare nuove risorse attraverso il mercato azionario. La Kos è una società che fa capo alla Cir di Carlo De Benedetti e che possiede centri di assistenza e riabilitazione per anziani.

Secondo Angelo Ferro, presidente dell’Ucid, sarebbe un errore che quanti comprano azioni per fare profitti dovessero orientarsi verso la Kos. L’argomento usato è che si sarebbe di fronte a “una deriva della finanziarizzazione dove tutto, anche le persone anziane non autosufficienti diventano un bene da comprare e da vendere”. Insomma, il tremontismo produce ogni giorno un mostro concettuale nuovo, così che la retorica finisce per prevalere sulla realtà. Il fatto che alcuni risparmiatori destinino loro risparmi a case di cure diventa “finanziarizzazione”: qualcosa che sarebbe di per sé malvagio, anche se non si capisce secondo quali logiche.

Ovviamente, chi un domani dovesse investire in Kos non comprerà e venderà “gli anziani”, come viene detto nel passo sopra citato, ma solo la propria quota di quelle strutture che si occupano degli anziani. Quando una realtà assistenziale entra in borsa, vi sono risorse private che non vengono usate in altri impieghi (viaggi, autovetture, gioielli), ma invece finiscono ad assistere persone non autosufficienti e comunque bisognose di aiuti. C’è qualcosa che non va? Non è giustamente anche a partire da considerazioni di questo tipo sul buon uso che si può fare dei soldi che, da sempre, si sono giustificati la nascita e lo sviluppo delle banche di orientamento cattolico? E non erano forse stati taluni importanti santi e teologi del tardo Medioevo che avevano legittimato il profitto?

In sé, di tutta evidenza, il profitto finanziario è buono. Poi certo può esserne fatto un uso corretto o sbagliato, e ovviamente può diventare (in maniera patologica) l’unico obiettivo della vita di una persona. Come ogni cosa buona, può essere assolutizzato e quindi pervertirsi. Ma il profitto è quel tipo di ricchezza che si ottiene attraverso rapporti liberamente scelti e non aggressivi, e in questo si distingue dalla rendita parassitaria e dal furto.

La tesi di Ferro è però chiara: non si dovrebbe “fare profitto” su realtà come queste. Eppure fanno giustamente profitti i medici specialisti, gli odontoiatri e molte altre professioni dell’universo sanitario e assistenziale che operano nel libero mercato: e per fortuna che è così. I benefici che queste categorie sanno ottenere mettendosi al servizio degli altri sono, per tutti noi, la migliore garanzia che essi lavoreranno in maniera adeguata. Immaginiamo anche solo per un istante che ne sarebbe dei nostri anziani se le badanti romene o filippine non operassero nel sistema privato concorrenziale, ma fossero dipendenti di Stato e quindi fossero sottratte alla logica del profitto.

L’idea che i servizi di assistenza debbano essere solo e necessariamente statali e non profit è del tutto indifendibile. Lasciamo invece la massima libertà a tutti e diamo a ogni famiglia la possibilità di scegliere a chi rivolgersi.

C’è una questione sottesa alla riflessione svolta dall’Ucid che merita un po’ più di attenzione: ed è il fatto che quello dell’assistenza agli anziani è un settore largamente statizzato. Invece che lasciare ad ognuno di noi la facoltà di finanziare, nel corso degli anni, il sistema previdenziale privato che a noi meglio aggrada, lo Stato ci tassa quanto più è possibile e poi ci offre i suoi servizi: in forma gratuita o sovvenzionata. Siccome poi è del tutto inefficiente, spesso – per fortuna, direi – il settore pubblico si rivolge anche a strutture private, che hanno un rapporto di convenzione con le Regioni.

Tale sistema si presta ad abusi e corruzioni: non c’è dubbio. Chi lo critica può trovare molti buoni argomenti, ma certo non può proporre di andare verso soluzioni ancor più burocratiche e stataliste, che tolgano il dinamismo della concorrenza e del profitto da un settore che, semmai, deve veder crescere soggetti in grado di competere e realizzare utili.

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7 Responses

  1. Articioch

    Io dico: se l’UCID non vuole che la Kos entri in borsa, dia lei a de Benedetti i soldi di cui ha bisogno per le sue case di cura.

  2. bill

    Primo: Ovvio che concordo con Lottieri.
    Due considerazioni: 1) più che tremontismo, è sempre il solito stupido socialismo. 2) piuttosto che dare soldi a CDB e alle sue scatole cinesi, quasi quasi diventerei socialista anch’io.

  3. Michele

    Premetto che piuttosto che dare soldi a uno come De benedetti che vive nel paradiso fiscale Svizzero e che chiede di tassare i risparmi degli italiani, mi faccio castrare. Poi per il resto è chiaro che una società che offre assistenza per gli anziani può legittimamente essere un’attività finanziata da capitali privati a scopo di creare ricchezza. Quindi può benissimo essere collocata in Borsa al pubblico. Società di questo tipo quotate si trovano in tutto il mondo: si guardi gli stati Uniti per esempio. Invece con De Benedetti il discorso è che se costui vuole collocare le azioni in mano di piccoli azionisti, stiamo pur certi che per costoro non sarà un grande affare.

  4. gobettiano

    De Benedetti vive in un paradiso fiscale. Davvero? Ed allora?
    La posizione dell’UCID è semplicemente avvilente e purtroppo emblematica che alla faccia della caduta del muro di Berlino i sovietici sono tra noi. E non sono certo quelli del pd

  5. Michele

    x gobettiano
    Per carità quelli del PD sono solo ex comunisti che oggi si sono riciclati in “democratici” e che inneggiano a tartassare il risparmio degli italiani assieme ai sindacalisti e a miliardari svizzeri come il De Benedetti: il risparmio degli italiani viene da costoro definito una rendita quasi che ci si debba vergognare per avere dei risparmi in un conto in banca. E fanno tutto questo solo per avere i soldi per fare favori agli amici svizzeri della sinistra che sfruttano paradisi fiscali e società offshore (un deja vu, mi pare). E, caro gobettiano, non ti pare un pochettino ridicolo che il nostro De Benedetti si indigni e chieda di “tassare in modo pesante e permanente” il risparmio dei cittadini italiani per poter abbassare le tasse alle aziende (di cui quelle dello stesso ingegnere)? Non è tutto ciò un po’ ridicolo e penoso visto che quest’illustre pallone gonfiato non pagherà un soldo delle tasse che propone, non è ridicolo che queste tasse verrebbero pagate invece da milioni di italiani, lavoratori e pensionati sui loro risparmi, non è ridicolo che queste tasse servirebbero solo a gonfiare le tasche dei soliti baroni di confindustria, per la gioia della sigle sindacali e dei soliti politici di sinistra?
    Certo, caro gobettiano, quelli del PD non si possono più definire tecnicamente comunisti. Ma ladri e ipocriti certamente sì. E l’effetto pratico delle loro politiche è lo stesso: espropriare la gente comune dei beni ottenuti col lavoro e col risparmio. Quindi francamente non so di quali sovietici tu stia parlando, ma francamente definire l’ucid sovietica ed esaltare il PD sono cose che mi fanno ridere. Detto questo l’ucid sbaglia a fare questioni etiche sulla quotazione in borsa di un’attività di servizi come l’assistenza agli anziani. L’unica cosa sicura che veramente si può dire è che se De Benedetti vuole vendere azioni ai piccoli azionisti, si può star certi che costoro non faranno un grande affare.

  6. Michele

    Ah a proposito. Non c’è nulla di più disgustoso del socialismo che si traveste e che si propone come liberalsocialismo. Il socialismo rimane sempre quello che è per quante buffonate, voi epigoni di marx vi inventiate: il socialismo rimane sempre e comunque “la via della servitù” (Friedrich Von Hayek): inutile che vi travestiate. Capito, mio caro gobettiano?

  7. Stefano Sylos Labini

    Le strutture pubbliche spesso sono inefficienti e generano sprechi, però, in un settore come quello dell’assistenza degli anziani dove il mercato è oligopolistico, cioè esiste un’offerta concentrata in pochi operatori, bisogna tener presente che le imprese hanno un potere di mercato e possono stabilire i prezzi applicando un margine sui costi diretti (imprese price leader). In questo quadro la quotazione in borsa di un’impresa che opera in un settore come quello dell’assistenza agli anziani comporta grossi rischi poiché per far crescere le quotazioni azionarie l’impresa – grazie al potere di mercato di cui dispone – potrebbe aumentare i prezzi dell’assistenza al fine di conseguire profitti crescenti, potrebbe offrire servizi di qualità scadente per risparmiare sul costo del lavoro oppure potrebbe rifiutare di assistere persone anziane molto debilitate che generano costi elevati. Per cui, operatori privati accanto all’operatore pubblico possono essere utili alla collettività in quanto aumentano le possibilità di scelta, ma operatori privati quotati in borsa sono nefasti perché l’esigenza di fare alti profitti andrebbe a condizionare tutte le scelte aziendali.

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