27
Ott
2009

La globalizzazione non comprime i diritti sociali, li estende

Il mercato dove è possibile, lo Stato quando necessario. Era questa, nella campagna elettorale 2008, la formula standard con la quale Giulio Tremonti ribadiva la proposta ampiamente illustrata nel suo libro, La paura e la speranza: non tirarsi indietro nell’uso dei dazi, sia pur coordinati a livello europeo, per rispondere alla concorrenza sleale in tanti settori esercitata dalla Cina, precipitosamente ammessa al WTO nel 2001 per sostenere, in realtà, lo squilibrio delle partite estere degli Usa in cambio dell’ingresso in forze nel mercato a più alti consumi del mondo. Ma già dal 2003 Tremonti aveva preso a indicare la via dei dazi anticinesi. In quell’anno si recò insieme a Bossi per la prima a volta apposta a Prato, nel distretto tessile occupati dai cinesi in forze, per dire che il leader leghista aveva ragione, e che bisognava piantarla con il mercatismo arrendevole. Senonché oggi Tremonti parla di posto fisso, dell’IRAP intoccabile, della finanziaria da tutelare dall’assalto dei suoi colleghi di governo. Di dazi, non parla più. Né lui né la Lega. Un caso? Non proprio. Sono almeno tre, le ragioni per cui il tema ha perso punti.La prima è la più condivisa. Nella fascia pedemontana del Nord e nel Triveneto, dove la Lega è tornata a mietere consensi talora fino al 30% e oltre, si concentrano massicciamente le piccole imprese delle filiere più colpite dal calo di fatturato e di ordinativi internazionali: metallurgia, meccanica, macchine utensili. Adottare oggi dazi a favore dei prodotti italiani comporterebbe con certezza eguali ritorsioni proprio sui mercati del Far East, gli unici che tirano nel pianeta e ai quali giocoforza devono guardare gli imprenditori italiani, troppo concentrati sul mercato tedesco e intra Ue.

La seconda ragione è monetaria. I dazi portano nel breve termine all’apprezzamento delle valute dei Paesi che li praticano. Ma oggi l’euro ha già fin troppo il problema di un cambio troppo alto. Rende assai meno competitive le nostre merci, e ciò significa ancora più crisi. E così, anche se questa terza ragione la sostengono i mercatisti e non certo Tremonti e la Lega, cade anche il motivo “sociale” dei dazi, cioè il fatto che solo adottandoli a casa nostra si obbliga l’Asia ad assumere tutele sindacali e di sicurezza dei propri lavoratori, con conseguente più alti costi dei loro prodotti. Michael Huberman che insegna storia dell’economia a Montreal, e Christopher Meissner che insegna alla Davis University di California, hanno appena prodotto un paper in cui si dimostra il contrario. Tra il 1880 e il 1913, quando nei Paesi avanzati si estendevano le prime tutele del lavoro e contemporaneamente si diffondeva nel mondo la prima globalizzazione, l’abbattersi dei dazi significò sia più commercio a minor prezzo delle merci, sia più veloci ed efficaci tutele del lavoro anche nei Paesi che prima ne erano totalmente sprovvisti. Vengono esplicitamente analizzati i casi della Francia e dell’Italia, rispetto alle prime tutele del lavoro femminile. una lettura molto interessante, da opporre a chi ancor oggi sostiene il contrario.

Resterebbe la quarta ragione: la difesa a oltranza del posto fisso “italiano”. Ma nelle filiere che oggi continuano a segnare cali superiori al 30%, nemmeno i leghisti pensano che la sfida si possa vincere difendendo tutto com’era ieri. Solo ristrutturando e razionalizzando si può affrontare il problema di eccessi di sovraccapacità tanto forti, spostandosi verso segmenti a più alta efficienza e maggior valore aggiunto. E per quello non servono i dazi. Ma ammortizzatori sociali efficienti e maggiore intensità di capitale.

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32 Responses

  1. armando

    da anni sento dire che per contrastare la concorrenza cinese

    bisogna puntare sulla qualita e su una maggiore tecnologia

    seondo me sono soluzioni temporanee che non affrontano il problema

    la qualita italiana gia eiste,e destinata a una minoranza e non puo

    essere aumentata di molto

    per la tecnologia in molti settori i cinesi sono alla pari di noi e nel

    giro di tot anni lo saranno nella totalita

    a quel punto cosa diranno i cosidetti esperti ‘?

  2. andrea lucangeli

    Caro Oscar, da “leghista/tremontiano” (conclamato) mi sento “tirato in ballo” dalla Tua accurata analisi.- Certo, l’Italia da solo ben poco può contro colossi come Cina ed India, ma allora l’Europa a cosa serve? A stabilire la lunghezza delle banane? Una seria politica di dazi anti dumping-sociale appare indispensabile per la sopravvivenza delle nostre imprese, l’alternativa è che gli operai europei si accontentino – come salario – di un piattino di riso al giorno (e ringraziando pure,un sorriso ed un inchino).- Sicurezza, rivendicazioni sindacali? Scioperi? Non se ne parla, chi protesta laggiù perde il posto e – talvolta – anche la vita….- Come si può competere se il tuo avversario ha le mani libere di tirarti “botte da orbi” e tu hai le mani legate dall’euroburocrazia? E’ un suicidio, lo capisce anche un bambino.- Ricerca, qualità, innovazione dei prodotti? Certo ma la qualità ed innovazione non sono infinite: la funzione di un rubinetto – per quanto tecnologico ed innovativo – è quella “on/off” per far uscire l’acqua…- Il “cumenda” del bresciano che produce rubinetti splendidi e super-rifiniti cosa deve fare di più? Chiudere la fabbrica perchè il suo operaio gli costa 100 ed in Cina costa 1? Lo ribadisco – questo è un suicidio di massa dell’occidente.- Con i “prepotenti” bisogna fare la “voce grossa” non abbassarsi i pantaloni.- E, domanda finale: se in Europa ci ritroviamo con milioni di persone a spasso chi li compera poi i prodotti cinesi? Dubito che un operaio disoccupato sia interessato all’acquisto di un pelapatate elettrico Made in China….

  3. Julio

    Caro andrea, non mi faccia ridere… La concorrenza sleale che si è creata in Italia con l’arrivo di grosse comunità cinesi (e non solo), vedi Prato o Forlì per fare un paio di esempi, segue il suo percorso da diversi anni ormai. E cosa ha fatto il governo di cui fate parte in 6 degli ultimi 8 anni? Una beata fava.
    Chiaro che è impossibile lottare contro Cina e India ma credo basterebbe far fare un controllo qualità delle merci che arrivano da loro, fatto qui in Europa ma pagato da loro (io non lo chiamerei dazi ma solo sicurezza) e questo farebbe aumentare il costo in origine e potrebbe migliorare il problema.
    Non serve molto, solo un po’ di obiettività, per rendersi conto di come funziona l’Italia. Sono ormai qui da 10 anni e sono sempre più convinto che prima o poi, anche a voi cadrà la maschera che copre la vostra vera faccia: quella dei politici italiani. Posso fare un elenco bello lungo su proposte o presunte leggi leghiste che sono finite nel cesso.
    Sono d’accordo sull’Euroburocrazia ma quella italiana è 100 volte peggio.

  4. oscar giannino

    calma ragazzi, calma, cerchiamo sempre di mantenerci ai temi di cui discutiamo senza darci addosso…. vedi andrea, io credo di essere uno al quale la lega sta più simpatica in media che a tutti, qui, e lasciamo perdere quanti schiaffi mi becco per essere amico davvero, di Tremonti, nel senso che ci sentiamo spessissimo. naturalmente questo non significa affatto evitare di discutere anchea fondo, sui punti di dissenso.
    conosco molti casi proprio di rubinetterie, tra Bs e Bg. sta meglio chi ha capito da qualche tempo che doveva aprire in asia, piuttosto che pensare di poter sopravvivere solo stando qui. quando la competizione è per pochi centesimi a pezzo, veramente uno o due, bisogna insieme fare più valore aggiunto sul proprio pezzo, e andare direttamente nel mercato che avrà più alto assorbimento al mondo di nuova edilizia popolare e residenziale, puntando naturalmente al segmento più elevato. credere di sopravvivere solo coi dazi più alti a casa propria, quando da noi l’edilizia sta messa come sta messa, non è una gran scelta. e quando avviene il fermod el commercio mondiale si salta, perchè è proprio sul mercato interno da soli, che non si regge più. Un conto è cercare di difendere filiere e prodotti tipicamente legati a qualità e territorialità italianam, nell’almentare e modam, altro è pensare che nella manifattura si possa vincere chiudendosi in casa

  5. andrea lucangeli

    Caro Oscar, non sono così rozzo (seppur leghista…) da non capire che non “possiamo chiuderci in casa” ma da questo a farla diventare…un albergo a ore ce ne corre! Parliamo della Cina come si trattasse di una democrazia liberale in cui gli operai possano giustamente rivendicare migliori condizioni salariali.- Ma stiamo scherzando ? In Cina esiste la pena di morte per reati di opinione, ci sono i laogai !!! E poi di delocalizzazione in delocalizzazione chi pagherà (in Italia, non in Cina….) sanità e stato sociale? Dubito che il sistema potrebbe reggersi senza PMI , chi pagherà le pensioni ai nostri nonni, forse le “anime belle” dei prof. universitari antioccidentali? Suvvia , siamo seri

  6. armando

    conosco un industriale che ha aperto una filiale in cina
    adessol la sua fabbrica opera a livello mondiale
    pero in italia sono rimasti solo i magazzinieri per distribuire i prodotti che si vendono qui

  7. onofrio

    provate a vendere caffè in Germania, alla dogana, tassa euro 4,30 al kg nonostante UE.
    Immagino fuori UE fra svalutazioni competitive, dazi, ecc.,…….

  8. oscar giannino

    andrea, e da quando in qua per commerciare tra paesi occorre che siano tutti democrazie liberali? e secondo te, c’è meno dissenso oggi in Cina con l’apertura dei mercati, di quanto ce ne fosse quando era chiusa su se stessa e non trapelava niente, oppure ce n’è di più? io non credo affatto che une size fits all, dunque non sarà la democrazai liberale occideentale il modello cinese chissà per quanto, pesano tradizioni filosofiche individualiste precedenti al collettivismo comunista che su di esse ha prosperato fantasticamente e che per questo coninuerà ad esercitare al funzione di guida e controllo, ma il livello di benessere chje sale porteròà inevitabilmente a far evolvere il modello attuale… quanto al confronto politico starà agli Usa, decidere fino a che punto tolerare il modello nazinalista più build up militare attualmente perseguito dalla cina, come schema politico affiancato al sostegno alla crescita di tutti i paesi limitrofi ormai avviati a sostituire la domanda interna Usa in calo con quella cinese in crescita… è possibilisismo , anzi sta scritto che molte produzioni a basso valore aggiunto si faranno solo lì e non più da noi, ma la sfuida per noi è di farne a valore aggiunto maggiore, o di rinunciare a epzzi crescenti di manifattura. guardxate che i datid egli anni 2004-o7 porovavano che c’erano molti segni positivi di riallocazione verso l’alto della piccola italiana manifatturiera, inuitile prendersela coi cinesi anche se l’argomento è di facile presa

  9. Alessio

    una nota azienda Svedese,pur mantenendo il suo centro decisionale nel suo paese, ha delocalizzato la produzione e sviluppato una buona struttura logistica(questa sconosciuta!)…perchè? tante le risposte ma una spicca:

    impiegato della ditta : in Svezia,dove il tasso di scolarizzazione è altissimo,è impensabile continuare a produrre con una bassa percentuale di potenziali operai.
    liberare il mercato per aumentare le possibilità e migliorare il prodotto…e il nostro modo di lavorare.

    Questo modo di pensare ha creato molti posti di lavoro(creando nuovi imprenditori) e migliorato le condizioni lavorative ( e ambientali..da bravi svedesi)
    Applicare delle barriere significa eliminare il mio lavoro…no grazie!
    Saluti
    Alessio

  10. bill

    Sono d’accordo con quanto detto più sopra da un altro amico: basterebbe controllare che gli standard europei (d’altronde, non è la UE che ha tempo anche per misurare il diametro dei piselli..?) siano presenti anche nei prodotti importati da Cina & c., e non si parlerebbe di dazi.
    Al solito: lo stato fa tutto fuorchè lo stato, e poi si chiedono misure restrittive che possono procurare danni maggiori.
    Però, se guardiamo alle pmi, in realtà molte si stanno adeguando alla globalizzazione, e le nostre esportazioni tengono. Per cui a loro bisogna guardare, e non alle antiche rimembranze del posto fisso annisessantastyle come sta tornando in voga ultimamente. Certo, in un paese di vecchi (culturalmente e anagraficamente) come il nostro può riuscire faticoso a tanti capire la rivoluzione socio-economica in atto (e non parliamo di quella tecnologica che ne è la molla..). Ma come diceva un vecchio slogan pubblicitario..o così o pomì.

  11. andrea lucangeli

    Caro Oscar Ti cito: “il livello di benessere che sale porterà INEVITABILMENTE a far evolvere il modello attuale” (fine della citazione).- Inevitabilmente? E chi lo dice? Abbiamo controprove accettabili e “misurabili” a riguardo? Chi dice che in Cina la classe dirigente sia così “illuminata” da assecondare tali cambiamenti? E’ lo stesso motivo per cui si sono (SCANDALOSAMENTE) portate le Olimpiadi a Pechino: Vi risulta che siano stati chiusi i laogai? E i Giochi Olimpici nella Berlino nazista del 1936? E la conferenza di Monaco del ’38 in cui le democrazie hanno “calato le braghe”? Ma la Storia non ci insegna proprio nulla? Ribadisco, con i “prepotenti” bisogna essere duri, in Europa non ci servono dei Chamberlain o dei Daladier ma dei Churchill…

  12. Julio

    Andrea, ribadisco quanto detto sopra: basterebbe “obbligare” ai cinesi ad avere nei loro prodotti gli standard europei. Se mi arrivano giocatoli con vernice tossica o con pezzi non a norma, se mi arrivano maglie con le cuciture che fanno schifo ai gatti, se mi arrivano apparecchi tecnologici che non compiono le norme UE ecc ecc. e noi facciamo un controllo qualità nelle nostre frontiere dell’UE ma facendolo pagare a loro, non potrebbero più fabbricare roba al costo con cui lo fanno adesso e la concorrenza sleale calerebbe molto e i prodotti europei guadagnerebbero valori nella concorrenza mondiale. Queste sono questioni pratiche.
    Per parlare del “laogai” bisogna conoscere bene la cultura cinese e in pochi la conosciamo. Per tanti cinesi che lavorano 18 ore al giorno in Italia ma hanno un letto e cibo è una meraviglia perché per la loro cultura è così. Non riusciamo a fermare questo fenomeno in Italia, figuriamoci in Cina.

  13. andrea lucangeli

    @ Julio Cerchiamo di metterci d’accordo su un punto: viviamo in un mondo globalizzato per quanto riguarda finanza e commerci, tutti possono andare avunque e fare qualsiasi cosa e poi (quando parliamo della vita reale delle persone) ECCO CHE (magicamente) SPUNTA IL RELATIVISMO CULTURALE.- E no, così non funziona.- Non tiriamo in ballo la cultura dei popoli per giustificare ogni nefandezza.- Tu industriale cinese se vuoi commerciare a parità di condizioni economiche con l’Europa PRIMA mi dimostri che rispetti i diritti umani e diritti sindacali altrimenti le tue merci te le vendi altrove.- Semplice semplice, non ci vogliono nobel o geni dell’economia ma solo IL CORAGGIO DI FARLO.-

  14. Fulvio Bestetti

    Mi sembra appurato che la crisi in cui versano le aziende manifatturiere italiane sia conseguenza della delocalizzazione delle produzioni in aree a basso costo di manodopera. I subprimes e l’America non c’entrano niente, ma in TV e sui giornali si dibatte solo dello scarso credito bancario che metterebbe in ginocchio le imprese, anche se è ovvio che il credito non serve a nulla se la crisi dell’impresa nasce dalla perdita di fatturato causata dall’importazione di prodotti “cinesi” più competitivi. Ho letto la sua spiegazione del perchè i dazi non siano più proponibili oggi, ma francamente non mi ha mica tanto convinto.

  15. Julio

    Ah certo, e a difesa della globalizzazione e del libero mercato sganciamo una barca di miliardi a quelli che hanno provocato maggiormente la crisi, cio’è, alle banche (bel lavoro del suo amico Tremonti) e difendiamo il posto fisso? Allo stesso modo che il governo gioca con le carte che più convengono, si può anche giocare nel commercio mondiale, o no? 😉
    E parlando di diritti sindacali, iniziamo a farli rispettare in Italia, dove miliaia di cinesi lavorano nelle stesse condizioni dei cinesi in Cina e delle decine di lavoratori italiani che muoiono ogni anno nel nostro paese… Poi potremmo chiedere i conti ad altri paesi

  16. stefano

    @Julio: sul controllo qualità hai ragione, ma non va fatto così. Bisogna stare attenti perché i cinesi sono parecchio furbi e anche un po’ permalosi; sulle nostre merci i dazi loro li applicano, ma se proviamo a difenderci ce la fanno pagare, hanno una indiscutibile posizione di forza.
    Il controllo di qualità, a mio avviso, va efettuato sulla pelle dell’importatore in Italia, il quale sarà costretto a chiedere maggiore qualità ai produttori o a vedere la merce confiscata e distrutta (a sue spese). Non so se mi sono spiegato.
    Ovvero: deve essere una cosa “interna”, inter nos, senza che lo Stato o la UE si debbano far sentire per via “diplomatica” in Cina.

  17. andrea lucangeli

    @ Julio Sono sconcertato da tanta approssimazione.- Veramente si ritiene (anche solo lontanamente) possibile fare un confronto tra diritti sindacali in occidente e condizioni di lavoro in Cina? Suvvia, siamo sei.- Per quanto concerne i 24.000 lavoratori cinesi (irregolari) di Prato e le 6000 aziende (altrettanto irregolari) E’ SCANDALOSO CHE LO STATO ITALIANO ABBIA ABDICATO ALLA SUA FUNZIONE REGOLATRICE.- Ho già scritto su questo blog che quella parte del territorio nazionale (l’ennesima) è fuori controllo.- Ma dobbiamo forse rassegnarci? Io non mi rassegno.- Certo, le “comparsate” di Bersani dopo-primarie sono patetiche.- Li bisogna intervenire duramente, far rispettare la Legge (concetto rivoluzionario in Italia….), “impacchettare” i clandestini e rispedirli a casa, chiudere le aziende.- Difficile, razzista, impopolare, politicamente non corretto? Chissenefrega, per una volta facciamo la cosa giusta…facciamo rispettare Legge…

  18. Piero

    @oscar giannino

    ma allora sei come Keynes : mi ricordo che tu dissi che lui disse : il meglio stato x la pianificazione è la dittatura 🙂 🙂
    a parte gli scherzi la globalizzazione :
    1) tra l’aprirsi ed il chiudersi c’è di mezzo la gradualità che consentirebbe alla distruzione creatrice di riempire i buchi facendo meno morti nell’unità di tempo
    2) la Cina tiene chiuso il suo mercato all’occidente più di quanto noi non lo apriamo a loro (non c’è reciprocità.. un pò come i diritti religiosi x l’Islam)
    2) estende i diritti sociali nei paesi in via di sviluppo dove condizioni che x noi sono giustamente inumano x loro tenendo conto da dove son partiti è un miglioramento in senso relativo (me lo ha detto pure un collega che viaggia x lavoro in Cina)
    3) ridurranno purtroppo i diritti sociali dell’occidente che partiva da un livello alto ormai non più sostenibile causa globalizzazione…

    PS: di a Giulio che a parte della mezza scemata dell’apertura ai derivati degli enti locali (non sì dà un’arma a dei bambini ignoranti e furbetti).. x il resto ha fatto piuttosto bene tenendo conto del contesto..consigliali di far amicizia tattica con l’amico italiano di GS xrchè a breve ne avremo tanto ma tanto bisogno.. meno male che Giulio c’è 🙂
    Firmato: un antiberlusconiano (tutti gli altri più o meno si equivalgono… x me..)

  19. Julio

    Beh, non posso che essere d’accordo con te nel fatto di mandare a casa i clandestini e chiudergli le aziende. Ma ti ricordo che voi siete al governo da molti anni e non avete fatto niente.
    Inutile che tu faccia commenti su Bersani, fa il suo lavoro da “politico” (per tua info, non voto PD).
    Ma mentre tu difendi il libero mercato, la tua collega Zaccariotto chiede che a Venezia si venda solo vetro di Murano per frenare l’esodo di residenti e non paghino le tasse gli artigiani (molti lo fanno già in previsione :D).
    Tutto è molto complicato e non si risolvono le cose con demagogie varie ma trattando di confrontarsi per il bene del paese, tipo quello che cerchiamo di fare tante volte su questo blog.
    Chiaramente non si sarà d’accordo in tante cose ma lo si sarà in altre che andrebbero attuate.

  20. Pietro M.

    Non ho letto tutti i commenti ma pare che sia difficile superare il paralogismo secondo cui un’economia più competitiva di un’altra deve finire producendo tutto.

    Se la Cina producesse tutto, con cosa compreremmo le merci cinesi? Con prestiti cinesi? Gli USA ci hanno provato ma nel lungo termine è impossibile, e per fortuna che la crisi li ha un po’ rallentati in questa follia. E comunque non è il caso europeo visto che stiamo in pareggio commerciale, più o meno.

    L’idea che un’economia possa finire producendo tutto e un’altra possa soltanto importare è logicamente inconsistente e non va presa sul serio.

    L’unico costo della concorrenza cinese è che, come ogni forma di fenomeno dinamico, ci sono costi di riaggiustamento, che l’Italia, inefficiente e incapace di investire, avrà problemi a pagare. Ma se questo è un buon motivo per proteggersi dalla Cina, dovremmo anche proteggerci dai computer e da internet, visto che ci sono costi di riaggiustamento anche per adattarsi alle nuove tecnologie. Per questo concordo con le conclusioni: capitali e ammortizzatori dinamici.

    Tremonti vuole fare qualcosa per l’Italia? Invece di cercare capri espiatori faccia delle riforme. Meno spesa, meno tasse, meno deficit e più efficienza nei mercati finanziari e del lavoro. La crescita verrà da sé. I capri espiatori però sono politicamente meno costosi.

  21. andrea lucangeli

    @ pietro m. Ribadisco il concetto già espresso precedentemente: vediamo di metterci d’accordo (almeno tra noi blogger) su alcune “coordinate” basilari: non si può (e non si deve, a mio avviso) tentare di tenere il mondo finanziario ed economico forzosamente distaccato dalla vita reale delle persone.- Non può esistere un mondo economico astratto, un limbo, dove tutto si può fare (basta che si intraveda un vantaggio) e dall’altra parte la politica e la vita quotidiana delle persone.- Per questo motivo mi batto duramente contro il dumping-sociale cinese.- Non posso accettare – da cittadino del mondo – un relativismo culturale che mi viene a dire che per i lavoratori cinesi avere i laogai, la pena di morte per i reati di opinione e lavorare 18 ore/giorno è accettabile perchè rientra nella loro cultura! Che forma di reciprocità commerciale può esserci con l’Europa? E’ ovvio che siamo destinati a soccombere in un tal genere di competizione.- Io, invece, rivendico (orgogliosamente) la superiorità storica/culturale/economica/scientifica del modello delle democrazie occidentali.- Punto.- Come occidentale non mi sento “peccati originali” addosso (nemmeno il colonialismo a ben guardare, visto come è finita l’Africa post-coloniale…).- Ho la nausea di una Unione Europea burocratizzata, “politicamente corretta” , inetta, ambigua e priva di orgoglio dove il più grande problema è: “c’è libertà di stampa in Italia ? Segue dibattito…”.- Una Europa che vede il Berlusca come un “problema” e che commercia allegramente con quelli che (se non segui la linea del partito) ti mettono una benda sugli occhi e ti sparano alla nuca….

  22. Pietro M.

    @ andrea lucangeli

    Non confondiamo le questioni:

    1. il legame tra finanza ed economia reale non c’entra nulla con la Cina: se c’è disallineamento è perché tra le due ci si mettono di mezzo le banche centrali che fanno crescere la finanza a dismisura indipendentemente dall’economia reale. Non è colpa dei cinesi se abbiamo delle banche centrali poco serie, e se la Fed è un’arma di distruzione economica di massa che in meno di un secolo ha prodotto ben tre disastri sistemici.

    2. il dumping sociale non esiste: chi non ha capitale produce usando forza-lavoro, chi ha capitale può permettersi salari maggiori. I giapponesi producevano cose low-cost quando erano poveri e poi si sono arricchiti; idem per gli italiani. Chiudere le frontiere alle merci cinesi significa far pagare al consumatore italiano le merci più di quanto costerebbero, il tutto per finanziare industrie italiane che sono inefficienti, visto che se lo fossero non avrebbero problemi a reggere la concorrenza. Se dobbiamo difendere la produzione di archibugi perché non sappiamo fare i missili, probabilmente abbiamo un problema che non dipende certo dal fatto che all’estero c’è ancora chi produce archibugi. Il mio ragionamento di cui sopra dimostra che il commercio internazionale è sempre merce contro merce (o merce contro credito), e quindi è sempre una questione di specializzazione relativa. Vogliamo fare i cinesi dell’Europa e produrre t-shirt? Facciamolo: sprechiamo risorse perché abbiamo una struttura economica simile al Bangladesh e manteniamola. Ma dubito che i tedeschi saranno così scemi da pagare le t-shirt il triplo per fare un piacere a noi. Una politica protezionistica a livello europeo significa che tutti i consumatori europei verrebbero tassati per sovvenzionare la nostra produzione di merci da paese del terzo mondo, quando con un po’ di serietà potremmo rimuovere gli ostacoli interni che impediscono alla nostra economia di crescere, che non dipendono dai cinesi, ma dal governo, dai sindacati, eccetera.

    3. che c’entrano i laogai? se anche in Cina le merci cadessero come la manna dal cielo, il ragionamento economico non verrebbe modificato: conviene comprare t-shirt cadute dal cielo a basso prezzo o togliere risorse potenzialmente utili per produrre cose più importanti per continuare ridicolamente a produrre t-shirt come se fossimo una repubblica delle banane? L’apoteosi del dumping sociale è Babbo Natale, che immagino che regalando giocattoli crei disastri sociali immensi. non ho mai visto un argomento secondo cui il protezionismo anticinese (e contro i nostri consumatori) migliorerebbe le condizioni di vita dei cinesi: anzi, la teoria economica dimostra che peggiorerebbe le condizioni economiche nostre e loro. Se poi si ritiene che il protezionismo faccia diventare la Cina una democrazia mi si spieghi come.

    Sul soccombere per la competizione sleale ripeto che è un problema che non esiste: è logicamente inconsistente. Un paese così economicamente debole da non poter stare sui mercati internazionali non muore per eccesso di importazioni, per il semplice fatto che non può comparle: muore di autarchia.

    Negli ultimi venti anni le condizioni di vita dei cinesi sono notevolmente migliorate, come di tutti in Estremo Oriente e anche in Europa Orientale e in alcuni paesi occidentali come l’Irlanda e la Spagna, al di là delle scemenze finanziarie indotte dall’euro. Se l’Italia è un paese in declino è perché abbiamo Tremonti (e Padoa Schioppa, o chi per loro…), non perché ci sono i laogai dall’altra parte del mondo. La nostra politica è il nostro problema, e l’attuale governo non sa cosa fare, o non ha intenzione di farlo o comunque non fa nulla per arginare i problemi strutturali di questo paese. Berlusconi è stato un fallimento totale negli ultimi 15 anni di impegno politico: non ha portato in porto nulla di buono (come del resto la Sinistra) e non ha affrontato nessun problema con serietà (idem per l’opposizione). Solo due decenni persi a cercare capri espiatori anziché a prendersi delle responsabilità. Ma, si sa, responsabilità e politica formano un ossimoro. Più che dai cinesi dovremmo proteggerci dalla nostra classe politica, ma purtroppo non possiamo.

  23. andrea lucangeli

    @ pietro m. Benissimo (!) seguendo il filo del Tuo ragionamento in Texas potrebbe esserci ancora lo schiavismo. Era la loro “cultura”, il mercato del cotone funzionava che era una meraviglia, tutti facevano affari, tutti erano contenti (a parte i negri, piccolo particolare…).- Ma stiamo scherzando? Cito “negli ultimi venti anni le condizioni di vita dei cinesi sono notevolmente migliorate”, e chi lo dice? Gli indicatori macroeconomici? Andiamo a vedere la vita REALE degli operai non quella delle elite occidentalizzate.- Cerchiamo di non rivestire il tutto con gli occhi del “buonismo all’occidentale”.- Pechino (potenza nucleare non proprio democratica) considera ancora aperto il problema della “riunificazione” con Taiwan, e noi con questi ci faccaimo affari? Ho sempre considerato gli “economisti puri” persone altamente pericolose e il Tuo dire mi conferma nel mio convincimento….

  24. oscar giannino

    Andrea, è nella vita reale , proprio come dici tu, che le condizioni dei cinesi hanno fatto un salto in avanti notevolissimo, basta andare in cina sistematicamente per rendersene conto, anche se naturalmente i fenomeno riguarda le provice rivierasche e le zone a maggior svilupopo. ma persino nelle campagne più sperdute, campano in aniera impensabile rispetto a 25 anni fa. questo non signfiica per me che sia possibile né immaginare che diventino una democrazia occidentale finché sarò vivo, né che non si debba avere un atteggiamento poitico di pressioen verso le autocrazie – per esempio, quando si tratta di manifestazioni -simbolo del regime anch’io sono per disertare, e lo scrissi a proposito delle Olimpiadi. Né ancora significa che si debba essere “comprensivi” quando i prodotti cinesi violano gli standard di correttezza e trasparenza – es i giocattoli tossici – perchè in quel cso bisogna applicare rigorosamente tutte le armi consentite dal WTO pe ril fair trade: come l’Ue ha regolarmente fatto in questi anni, su svariati prodotti cinesi dal tessile alle calzature alle pompe idruliche, a frnte di contestazioni documentate e regolarmente instradate secondo le procedure consentite dal trattato sul commercio. idem dicasi per Prato. credo anch’io che quello sia un caso clamoroso di abdicazione della sovranità nazuionale a casa nostra (aggiungo che stiamo sollecitando il governo a un’azione di spettacolare ripresa di controllo, di più non dico poer riservatezza ma spero proprio che la cosa sia possibile a gbreve). Tutto ciò non ha nulla a che vedere con il credere che la crisi italiana sia figlia della delocalizzazione. le economie competitive che hanno percorso tratti maggiori e più duraturi del percorso di sviluppo “devono” accettare la sfida di una maggior prduttività e valore aggiunto, tecnologia e innovazione, altrimenti entrano in una curva declinante. da che esiste lo scambio funziona così, ed è una regola “sana” ai miei occhi, perché ha prodotto benessere e crescita dovunque, sia pure – è altrettanto ovvio – con moti fenomeni di instabiità e crisi locali e settoriali per chi non è in condizioni di tenere il passo. non sono un panglossiano del mercato: ma chi propone economie chiuse e stazionarie vive fuori dal mondo, da questo mondo almenoi

  25. bill

    Beh, a me pare che ciò che dice Giannino sia talmente ovvio da apparire addirittura banale.
    Io detesto profondamente le dittature, e quella cinese è storicamente una delle peggiori. Ma non si è mai visto uno stato che sia uno che abbia mai rinunciato a commerciare con un paese non democratico. Altrimenti, smettiamo di comprare petrolio dagli stati arabi, di esportare merci in mezzo mondo e così via.
    Sappiamo che gli operai (e mica solo loro..) in Cina sono quasi schiavi, e che la stessa cosa fanno imprese, magari clandestine, cinesi in Italia. Beh, cominciamo a far rispettare le leggi in casa nostra, perchè mettere dazi internazionali di sicuro non risolve il problema.
    Parimenti, cominciamo a creare un mercato libero QUI, liberandoci da monopoli vari e stato, abbassando una pressione fiscale talmente assurda da apparire una presa in giro, snellendo la nostra burocrazia barocca e stupida..e mi fermo qui (tanto, ascoltando e leggendo gli argomenti di cui abitualmente si discute, queste cose non si faranno mai).
    PS: mica per fare l’apostolo di Tremonti, che a me certe volte pare socialista quasi più di un Bersani qualsiasi, ma se c’è una cosa che per fortuna non ha fatto è stato regalare soldi alle banche. Casomai, rivolgiti a Prodi..

  26. andrea lucangeli

    @ oscar @bill: esiste una profonda differenza tra quello che “è economicamente vantaggioso fare” e quello che “è eticamente, moralmente, umanamente giusto fare”, il succo del problema è tutto qui.- Se Ghandi avesse avuto un fratello economista questi gli avrebbe vivamente sconsigliato di intraprendere la sua battaglia non-violenta perchè economicamente svantaggiosa per lui: gli avrebbe detto “caro fratello vai a Londra a fare l’avvocato, viviti la tua vita agiata da borghese e lascia perdere l’India perchè….così van le cose”.- L’umanità progredisce perchè ci sono grandi uomini con grandi ideali e non “topi di biblioteca” attaccati ai numeri ed alle statistiche.-

  27. andrea lucangeli

    @ oscar: una mia carissima amica vive (da decenni) in Cina per 6 mesi all’anno.- L’unico cambiamento che ha notato è il seguente: prima i contadini lavoravano 18 ore al giorno, ora sono diventati operai e lavorano…18 ore al giorno.- Prima i contadini vivevano in baracche puzzolenti di campagna senza acqua corrente, ora gli operai vivono in baracche puzzolenti senza acqua corrente…in città…- Almeno i contadini potevano respirare un pò di aria sana, agli operai è precluso anche questo lusso….- Evviva la Cina, evviva la globalizzazione selvaggia…

  28. andrea lucangeli

    Nota a margine: ieri ho avuto la ventura di ascoltare per radio (l’ottima Radio Radicale) le tavole rotonde del Convegno di Capri dei “giovani” di Confindustria.- Una desolazione imbarazzante: la “papessa” Lucia Annunziata – moderatrice dei dibattiti – era tutta attenta a che si rispettasse “la linea” politicamente corretta, il dissenso non è gradito in quei salotti…- Dopo l’omelia di Veltroni (che ripete da anni sempre lo stesso disco rotto) tutti gli intervenuti hanno fatto a gara per dirsi l’un l’altro “ma quanto sei bravo, ma quanto sei progressista, ma quanto sei politicamente corretto, ma quanto sei liberal etc. etc.”.- Nessuno che abbia avuto il coraggio di dire: la Cina ci mette in mutande con la sua politica commerciale disinvolta ed aggressiva e noi siamo qui a Capri a festeggiare….- L’unico intervento che ha avuto un sussulto di dignità è stato quello di Lorenzo Bini Smaghi che ha accennato alla politica aggressiva cinese in Africa….- Fine.- Per il resto tutto un peana sul liberismo, sulle magnifiche sorti e progressive dell’economia globalizzata.- Avvilente

  29. andrea lucangeli

    @ Oscar. Caso Prato (Cinesi & Co.): ieri hai scritto “stiamo sollecitando il governo ad un’azione spettacolare di ripresa di controllo” che puntualmente si è verificata: maxi-blitz della GdF (chissà perchè in Italia normali operazioni di polizia giudiziaria vengono sempre definite “maxi”…), maxi-conferenza stampa della Procura e maxi-soddisfazione degli inquirenti…- Tutto maxi-bene peccato che….da domani tornerà tutto come prima.- Non è con i maxi-blitz mediatici che si risolvono i problemi ma con LA COSTANTE, PEDANTE, SILENZIOSA, DIUTURNA sorveglianza del territorio ed applicazone della Legge.- La maxi-notizia del maxi-blitz è già dimenticata, e a Prato migliaia di cinesi irregolari – come formiche oparaie – sono già all’opera per recuperare il tempo perso.- Ne verrano espulsi 50? Bene, ne entreranno altri 100…- Veramente ci illudiamo di poter combattere una invasione strisciante di uomini e di merci con le Procure (super intasate di lavoro) e la GdF? Qui bisogna decidere: facciamo sul serio (con o senza l’approvazione dell’Europa) o facciamo maxi-fuffa tanto per accontentare un pò l’opinione pubblica?

  30. Piero

    caro Oscar in qualità di responsabile di questo sito Liberista mi intrometto in questo tuo post e ti inoltro una nota di protesta verso Carlo Lottieri per censura su un mio post al suo articolo sui finanziamenti ai giornali..
    è sparito da questo post un mio commento in cui ricordavo un fatto “storico” .. possibile di diverse interpretazioni.. ma accaduto e quindi vero (Craxi interruppe bruscamente un meeting internazionale in Cina x venire a salvare Rete 4 nella notte xrchè sarebbe stata oscurata non avendo la concessione)…
    quello che Carlo hai fatto si chiama censura.. ed e MOLTO grave..
    Piero 🙁 🙁

  31. The response level to national disaster is awesome but it’s a damn shame that so many citizens take advantage of the negative situations.

    I mean everytime there is an earthquake, a flood, an oil spill – there’s always a group of heartless people who rip off tax payers.

    This is in response to reading that 4 of Oprah Winfreys “angels” got busted ripping off the system. Shame on them!
    http://www.cbsnews.com/blogs/2009/08/19/crimesider/entry5251471.shtml

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