16
Nov
2022

Davvero il liberalismo classico deve aggiornarsi?

di Pietro Di Muccio de Quattro

L’Istituto Bruno Leoni, che tanto merita per la riaffermazione e la diffusione del liberalismo classico, ha pubblicato il breve saggio del professor Aldo Rustichini “La libertà e il potere” nella collana “Ibl Occasional Papers”. Nel saggio vengono riproposti, aggiornati, taluni dei pericoli che però la libertà affronta da secoli nella lotta contro il potere. L’Autore intravede oggi il maggior pericolo nel “cambiamento demografico della società” piuttosto che nell’ideologia del progressismo che pure mina la stabilità del sistema politico liberale.

Mi pare di aver capito che il professor Rustichini non tema tanto le conseguenze della globalizzazione, giacché stima esattamente la libertà di commercio parte integrante del liberalismo classico e dunque benefica per lo sviluppo delle economie liberoscambiste. Egli sembra paventare soprattutto la trasformazione antropologica delle società governate con i metodi liberali, che riassumo così: democrazia rappresentativa, imperio della legge, divisione e limitazione dei poteri, economia di concorrenza, umanesimo liberale. La trasformazione profonda dei caratteri demografici dei Paesi liberi avrebbe conseguenze nefaste su quei metodi, stravolgendoli e snaturandoli. La demografia cambia, dice l’Autore, per l’azione combinata del declino delle nascite e dell’immigrazione su larga scala. “La grande trasformazione demografica avrà conseguenze permanenti e irreversibili”, rileva allarmato e conclude: “Di fronte a questa trasformazione la strategia della classe dominante è stata quella di riuscire a relegare tutti quelli che hanno dubbi sulla bontà di questa trasformazione in un angolo di vergogna… Il liberalismo classico ha un atteggiamento incerto su questo punto. Siccome non capisce quale sia la vera strategia dell’opposizione storica, esso finisce per discutere la questione nei termini di un dibattito fra gentiluomini, divisi dalla diversità di opinioni ma accomunati dalla ricerca di una soluzione politica economica migliore in un mondo complesso”.

L’Autore insiste nella sua critica radicale del liberalismo classico: “vaso di coccio in mezzo a vasi di ferro”; “nella sua formulazione corrente è un profeta disarmato”; “non ha ancora assorbito scoperte importanti nelle scienze sociali”, “insufficienza teorica dei liberali”. Questa vera e propria impotenza filosofica e politica, sintetizzo con parole mie, della quale egli sembra rammaricarsi riflettendo sul liberalismo classico, non trova riscontro, al giorno d’oggi, nella teoria e nella pratica neppure di quei regimi che chiama di “democrazia rappresentativa allargata”. Egli per liberalismo classico intende “quella filosofia politica che ha le sue espressioni più sofisticate in economia nella scuola di Chicago (fino agli anni ’90 del secolo scorso), o nella scuola austriaca, in particolare Hayek (La società libera)”. Nondimeno, l’Autore giunge ad affermare che “contro il progressismo il liberalismo classico è condannato alla rovina”.

Sbaglierò a capire, ma replicherei al nostro Rustichini che egli indulge a considerare il liberalismo classico alla stregua di una dottrina passatista e la remissività gli viene procurata dalle implicazioni delle tesi che sembrerebbe avversare. Il liberalismo classico ovvero “la libertà dei liberali”, come mi ostino a chiamarla, non ha bisogno di gigioneggiare con il progressismo propriamente detto perché essa è la condizione del vero progresso, che i liberali classici chiamano evoluzione mediante acquisizione delle conseguenze inintenzionali positive e il rigetto delle negative. Per i liberali il progresso è la risultante della “terapia della realtà” non dell’intenzione di realizzarlo.

Quanto al timore che il rimescolamento sociale indotto dalle immigrazioni possa impoverire l’humus del liberalismo classico e minarne le radici, tale esito può e deve essere scongiurato mediante una completa, coerente, continua applicazione dei suoi principi. D’altronde, come non vedere che la storia delle “democrazie rappresentative allargate” sta lì a dimostrare che la democrazia liberale è appetibile soprattutto dagli immigrati che anelano di “allargarla”?

L’articolo è stato originariamente pubblicato su L’Opinione delle Libertà del 16 novembre 2022

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