24
Gen
2010

Il Corriere sostiene Draghi. C’è chi sfida il silenzio

Desidero ringraziare pubblicamente Ferruccio De Bortoli, per il suo editoriale stamane sul Corriere della sera. Ero il solo giornalista italiano ad aver posto  – qui sul nostro blog e sui tre quotidiani del gruppo Caltagirone, Messaggero, Mattino e Gazzettino –  il problema della candidatura di Mario Draghi alla presidenza della BCE. Candidatura che si gioca nelle prossime due settimane visto che all’Ecofin del 15 febbraio si decide il vicepresidente della BCE, e se passa il candidato portoghese è game over, con presidenza impossibile nel 2011 per un altro banchiere centrale della fascia eurosud.  La decisione di De Bortoli di schierare il Corriere, e di firmare lui stesso l’editoriale,  riconcilia almeno per un giorno con la stampa itaiana. Perché? Bisogna dirlo, il perché. E’ lo stesso che riguarda un paio di altre grndi vicende italiane che passano sotto totale silenzio, o quasi.

Naturalmente, non siamo qui affatto più bravi di tutti i colleghi. Non è che io abbia antenne a Francoforte e Bruxelles che manchino ai grandi giornali italiani. Le mosse preparatorie della successione a Trichet sono seguite da grandi giornali europei da almeno sei mesi. Ft e Ft Deutschland, Figaro, Les Echos, Telegraph, Times, Faz. Basta fare una ricerca, e troverete decine di articoli. Nei quali si segnala il come e il perché i tedeschi vogliano alla guida della BCE Axel Weber d’accordo coi francesi. Mentre la candidatura portoghese alla vicepresidenza brucia Draghi. La domanda è: come mai nessun grande giornale italiano aveva considerato utile occuparsi della faccenda che riguarda il governatore di Bankitalia, e il resto d’Europa sì?

La risposta è: perché nella stampa italiana oggi molti preferiscono evitare di toccare temi che possano provocare pericolosi e temibili mal di pancia. Non succede nella politica. Ma nell’economia sì. E’ la regola pressoché ferrea. Personalmente so anch’io bene che sollevare il tema della candidatura Draghi non può, per esempio,  piacere al ministro Tremonti. Parlarne non tocca certo i meriti di Tremonti. Ma sappiamo tutti che invece, facendolo, si urtano sensibilità. Sapevo che scrivendone mi sarei esposto alla reazioni. Che sono puntualmente arrivate. Ma se uno fa questo mestiere con un minimo di dignità, si tratta di reazioni che deve mettere in conto e andare avanti. Per questo plaudo a De Bortoli. Il suo editoriale coglie nel segno, secondo me, quando dice che l’Italia rischia di rimpannucciarsi nel tradizionale e silenzioso compiacimento della puntuale bocciatura europea dei propri acerrimi avversari in patria.  

Poichè torno sul tema, ne approfitto per rispondere alle obiezioni venute alla proposta. Personalmente, non considero affatto l’esperienza in Goldman Sachs di Draghi, dopo la guida della direzione generale del Tesoro,  come un bias che lo renda solo per questo “agli ordini” delle grandi banche d’investimento. Per la conoscenza che ho di lui, è stato il modo per comprendere “dal di dentro” tecnicalità e rischi della finanza ad alta leva e di quella derivata: il punto irrisolto che oggi spinge Obama alla repentina uscita polemica contro le grandi banche USA, tema sul quale la penso come Zingales. Disciplina del capitale di vigilanza e dei coefficienti patrimoniali diversificata per titpo di impiego de capitale intermediato – distinguendo impieghi commerciali dal proprietory trading – sono per me una soluzione da preferirsi al ritorno al passato, cioè alla nostra legge bancaria del 1936 o al Glass-Stegall Act. Aggiungo, inoltre, che se proprio devo guardare alla polemica italiana, considererei addirittura preferibile per il governo spedire Draghi in carrozza a Francoforte. Ma per me il punto non è questo: bensì sollevare con forza il tema dell’intollerabilità dell’atteggiamento sin qui seguito dai tedeschi, sugli attivi patrimoniali delle proprie banche.

Quanto a come sia diffuso nel giornalismo economico odierno in Italia l'”evitare di spiacere a chi può”, basti pensare a un paio di altre vicende. Il ritorno alla fusione Autostrade-Abertis. E soprattutto l’ipotesi Telefonica-Telecom Italia. Entrambe, negli anni alle nostre spalle, infuocarono il giornalismo e la politica italiana. Oggi appaiono come bagliori su qualche media, solo per riscomparire nella più fitta vnebbia l’indomani. Eppure tutti sappiamo che le trattative sono  buon punto, su due asset che nel panorama asfittico dell’economia e del capitalismo nazionale non è che siano proprio secondari. Lo dico senza alcuna tentazione di impancarmi a maestro di nessuno. E’ una mera contatazione, sulla quale ognuno è libero di pensarla come crede. Io, e noi qui, siamo l’ultima ruota del carro. Ma una ruotina fiera di dirla come la pensa.  Se e quando sbagliamo, nessuno può pensare che lo stiamo facendo in conto terzi.

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9 Responses

  1. Giorgio Maria Di Nicolo'

    Caro Giannino, avevo letto il suo post (via twitter) in merito, poi mi sono – come lei – rallegrato dell’editoriale di De Bortoli. concordo pienamente con il suo post qui sopra. complimenti a tutti e 2.
    francamente non sapevo di una nuova liasion abertis-aspi (ben nascosta nei media) mentre (nonostante le ovvie formali smentite) l’ipotesi TI-Telefonica è sotto agli occhi dei più.

    boicottare Draghi per beghe interne politiche è il consueto (già ricordato da FDB) suicidio-rallegrato italico. un italiano alla BCE sarebbe una vittoria di tutti. irresponsabile non rendersene conto.

    in effetti su questo blog si leggono cose introvabili sugli altri mezzi. bravi. schiena dritta e dignità massima. semper!

  2. Paolo

    Grande Oscar!!! Perchè non dedicare a questo tema anche una puntata della trasmissione Nove in punto, la versione di Oscar?

  3. Ci sarebbe il modo per i grandi, seppur rabberciati, quotidiani italiani di fare proprio anche solo il dibattito sulla candidatura del Governatore della BAnca d’Italia a Francoforte: la rivolta dei suoi lettori.
    Siamo tutti certi che ciò non accadrà, ma vuole mettere che orgasmo per gli amanti della stampa libera vedere qualche migliaia di lettori del sole24ore chiedere a Riotta di piantarla di fare un giornale viscido per tornare a parlare di grandi questioni internazionali??In fondo, il patriottismo economico è pur sempre stato un refrain ricorrente in questo Paese, o no?

  4. francesca

    concordo pienamente e aggiugno: per beghe interne e sgambetti reciproci dettati dalle guerrette, scivoliamo sempre più giu anche nelle classifiche internazionali che contano (oltre che perdere le posizioni di rilievo). Grazie Giannino, grazie De Bortoli!
    Francesca

  5. Antonio M

    Caro Giannino, mi scuso in anticipo se abuso nel partecipare a questo blog, ma non posso fare a meno di considerare come le mie perplessita´su queste discussioni sul favorire Draghi perche´italiano piuttosto che Tizio perche´tedesco e Caio perche´belga ecc ecc
    Pensando a Bastiat osservo come non si riesca mai a vedere piu´in la del proprio orticello, ma qual´e´per il comune cittadino inteso alla Mises ( a cui ognuno dovrebbe inchinarsi) il vantaggio di avere Draghi pittosto che il tedesco di turno?
    Se

  6. Antonio M

    Se vince Draghi noi italiani saremo favoriti? a spese di chi? dei tedeschi piuttosto che dei belgi? cosa significa che se vincono i tedeschi ci fregano? significa che si avvantaggeranno a nostre spese? significa che diventeremo piu´poveri di quanto gia´lo siamo mentre i tedeschi piu ricchi? E´una partita a somma zero?
    Personalmente ritengo che questa partita sia solo un´ennesimo gioco di potere tra plutoburocrati che si spartiscono le ossa di cio´che e´rimasto dello spirito imprenditoriale unito alla predominanza degli interessi dei cittadini/consumatori che hanno creato la fortuna del capitalismo sino a cento anni fa, patrimonio depauperato che tra l´altro permette ancora ad un cosi perverso sistema di mantenersi…ma fino a quando ? mi chiedo considerando la velocita´con cui si sta consumando il capitale !
    Infatti alla fine della storia penso che per Draghi sia meglio evitare di diventare presidente della BCE, dal momento che potrebbe trovarsi nella pericolosa situazione di gestire un incubo piuttosto che un ulteriore prestigioso incarico di corte

  7. Luca Salvarani

    Scusate l’ignoranza, ma per il cittadino italiano medio cosa cambia se vince Draghi o se vince un altro? Forse si sottende che se vincesse Draghi la BCE sarebbe più sensibile ai disastrati conti pubblici degli stati del sud? Si intende che vi sarebbe una politica monetaria più espansiva? Personalmente non credo e mi auguro di no!
    Per me sarebbe di gran lunga preferibile l’uscita dall’ euro e lasciare che il nostro tasso di cambio lo stabilisca il mercato e non qualche funzionario centrale! Se continuiamo a restare nell’euro continueremo a perdere quote di mercato perchè il differenziale di produttività rispetto agli altri paesi membri peggiora di anno in anno, perciò è necessario un riaggiustamento! Siccome il governo non vuole fare le riforme questo è l’unico aggiustamento possibile. Approposito di giornali faccio notare che su Libero e il Giornale sono stati pubblicati vari articoli in questo senso nei mesi scorsi…Uscita dall’euro e contestuale svalutazione riducendo il valore reale del debito pubblico e aumento dei tassi di interesse (per compensare l’aumento del rischio) darebbero fiato alle nostre esportazioni e costringerebbero il governo ad adottare quelle riforme che consideriamo cosi urgenti,…però finchè c’è lo scudo protettivo dell’euro nessuno si sentirà costretto a farle e magari viene anche premiato! Aggiungo che una simile soluzione sarebbe estremamente favorevole ai giovani ma non a chi comanda oggi in italia cioè gli anziani, statali, e chi possiede rendite finanziarie. Cosa ne pensa Giannino?

  8. giacomo

    Invece spero che Draghi rimanga alla Banca d’Italia. Troppo importante come controllore dell’esecutivo.

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