30
Gen
2012

Hazlitt. Capitolo 17 – Il controllo statale dei prezzi

A giudizio di Hazlitt, è più che legittimo preoccuparsi che i ceti più poveri possano accedere ai beni essenziali e che quindi non costino troppo, ma la soluzione garantita dal controllo dei prezzi è fallimentare e controproducente.

Dapprima egli spiega che alla base di tutto c’è una falsa assunzione, la quale fraintende il senso delle relazioni tra bisogni, potere d’acquisto e prezzi; quindi egli mostra come non sia possibile fissare prezzi massimi per determinate merci senza che si verifichino due conseguenze. La prima è che la domanda di tali beni aumenta; la seconda è che diminuisce l’offerta, perché l’abbassamento dei prezzi riduce o annulla il margine del profitto, fino a quando i produttori marginali smettono di lavorare e sono portati al fallimento.

Quando dunque si fissa un prezzo massimo per un dato bene, quello che si provoca è una riduzione della quantità e dell’offerta di tale prodotto che il regolatore voleva rendere più abbondante e accessibile.

Per giunta, se la regolamentazione dei prezzi scoraggia e disorganizza la produzione dei beni essenziali, un’altra conseguenza è che aumenta l’offerta di beni di lusso, su cui – a questo punto – è più conveniente investire. Di fronte a tale situazione, di frequente i burocrati non traggono la conclusione che la regolamentazione introdotta è stata fallimentare, ma invece estendono ulteriormente il controllo dei prezzi agli altri settori, fino a costruire un’economia totalmente pianificata. Il controllo statale cresce non solo perché i burocrati non comprendono le vere cause del rialzo dei prezzi (la scarsità delle merci o l’inflazione monetaria), ma anche, necessariamente, perché la maggioranza degli elettori accorda il proprio consenso a politiche sempre più interventiste.

 

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