31
Ago
2009

Fieg vs. Google: giornali e siti non sono tutti libere imprese?

Nei giorni scorsi la stampa ha dato notizia dell’apertura di un’inchiesta dell’Antitrust nei riguardi di Google Italia. L’agenzia si sta muovendo sulla base di una denuncia dell’associazione delle aziende editoriali, la Fieg, secondo la quale “Google impedirebbe agli editori di scegliere liberamente le modalità con cui consentire l’utilizzo delle notizie pubblicate sui propri siti Internet” (ma i giornali non gestiscono forse a loro piacere le loro pubblicazioni?).

Per la Fieg, ad ogni modo, la conseguenza di tutto ciò sarebbe che “i siti editoriali che non vogliono apparire su Google News verrebbero automaticamente esclusi anche dal motore di ricerca Google”. È stata dunque avviata un’istruttoria per presunto abuso di posizione dominante.

Nel comunicato ufficiale trasmesso dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato si può leggere che “gli editori italiani, che non ottengono alcuna forma di remunerazione diretta per l’utilizzo dei propri contenuti su Google News, non avrebbero inoltre la possibilità di scegliere se includere o meno le notizie pubblicate sui propri siti internet sul portale stesso: Google renderebbe infatti possibile ad un editore di non apparire su Google News, ma ciò comporterebbe l’esclusione dei contenuti dell’editore dal motore di ricerca della stessa Google”.

In sostanza, le cose funzionano così.

Google ha un proprio sito nel quale seleziona, gerarchizza e offre al lettore le notizie più diverse: provenienti da altri siti e giornali. Si tratta di un servizio di grande successo e che quindi attira pubblicità. Sulle modalità di questa gestione gli editori vorrebbe avere voce, ma Google Italia New pretende di mantenere una piena autonomia d’azione.

D’altra parte, come si può leggere nel sito stesso, “Google News è un sito di notizie generato automaticamente”. Per vedere le proprie notizie ospitate da Google News è comunque sufficiente inviare una richiesta, che dovrà poi essere vagliata dal sito stesso. Restando ben chiaro che quei giornali che non vogliono vedere utilizzate le loro notizie non hanno nulla da temere.

L’accusa rivolta a Google è che chi non mette a disposizione le proprie informazioni per il sito informativo (Google New), finisce per sparire anche dal motore di ricerca. La strategia dell’azienda multinazionale è chiara, ma non si capisce sulla base di cosa Google dovrebbe essere obbligata a trattare questo o quel soggetto all’interno del proprio motore di ricerca.

A ben guardare, tutta la vertenza manifesta il declino dell’idea di proprietà. I titolari dei giornali dovrebbero rivendicare la libertà di gestire come vogliono le loro aziende, e dovrebbero comprendere le buone ragioni che spingono le altre imprese a fare lo stesso. Nel corso degli anni, Google ha sviluppato servizi, tecnologie e competenze che ora vuole utilizzare al meglio: e nessuno può pretendere di dirgli cosa deve fare.

Quando Microsoft fu censurata per la decisione di “incorporare” (bundling) Media Player in Windows (e ora in Europa rischia un’altra condanna per l’analogo accorpamento di Internet Explorer), la conseguenza fu che l’azienda di Seattle fu obbligata a produrre anche un sistema operativo senza Media Player. E poco importa che nessuno, ovviamente, lo acquisti. Nella contorta e anti-imprenditoriale concezione della concorrenza elaborata dai regolatori, l’impresa non deve essere libera di usare le proprie risorse al fine di fare i propri interessi, ma deve seguire le direttive di chi vuole programmare tutto. Perché starebbe a politici e burocrati stabilire come deve funzionare ogni cosa.

Nel caso di Google non siamo lontani da questo spirito. Gli editori vorrebbero essere protagonisti del motore di ricerca di Google anche quando negano a Goggle (del tutto legittimamente) i loro prodotti per il sito sulle news. Scusate la trivialità dell’esempio, ma senza dubbio io ho tutto il diritto di non dare i miei soldi all’edicolante sotto casa, ma non posso pretendere che lui mi dia lo stesso quotidiani e settimanali.

Se il motore di ricerca è di Google, sta a Google gestirlo come vuole. E se non intende trattare le notizie di periodici e siti che in piena libertà decidono di non collaborare con Google News, non si vede cosa ci sia di illegittimo in tutto questo. Anche la Cgil non segue le pratiche pensionistiche di quanti non sono iscritti all’organizzazione.

Di diversa opinione è però il presidente della Fieg, Carlo Malinconico. Questi sottolinea anche che “il mercato pubblicitario è in crisi, e i generatori di contenuto guadagnano dal proprio lavoro sicuramente meno di quanto fa Google con il loro. Non nego che per una testata Google possa essere un’opportunità. Ma le modalità con cui il motore di ricerca ‘usa’ parte delle notizie di un giornale, senza alcun controllo da parte di chi le crea, non ci sembra trasparente”.

I giornali vogliono (com’è giusto che sia) gestirsi liberamente, ma non sembrano riconoscere lo stesso diritto alle altre imprese. E pretendono che l’Antitrust segni a loro favore un rigore che proprio non c’è.

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10 Responses

  1. gabriele

    In realtà è falso che se richiedi di essere escluso da Google News vieni anche escluso dal motore di ricerca. Il motivo è che Google fa i soldi con la pubblicità. Escludere un sito comporta un motore di ricerca meno valido, il che a sua volta rischia di diminuire gli utenti e quindi la pubblicità. Inoltre Google News è più piccolo dei siti di Repubblica o Il Corriere della Sera [1].

    [1] http://www.techcrunch.com/2009/08/31/who-dominates-online-news-in-italy-not-google-news/

  2. Carlo Lottieri

    Ok. Senza dubbio non è nell’interesse di Google rinunciare alle maggiori sorgenti di informazioni, dati, commenti. E certamente non è Google il primo sito di news in Italia. Ma l’accusa indirizzatagli non è di aver monopolizzato l’informazione e verte tutta, invece, sulla “collaborazione condizionata”.
    Il mio ragionamento era volto a sottolineare che anche se prendiamo per buona l’accusa della Fieg e accettiamo l’ipotesi che – magari con siti di giornali minori – Google News operi in quel modo (“se non mi lasci usare alla mia maniera le tue informazioni, io non tratto il tuo materiale nel motore di ricerca”), anche in questa ipotesi è assurdo pensare di penalizzare la società che gestisce il motore di ricerca.
    Se anche così fosse, Google si limita a proporre uno scambio e certo non c’è alcun diritto naturale e inviolabile a comparire nei motori di ricerca altrui (esattamente come non c’è alcun diritto naturale e inviolabile a scrivere articoli sul “Corriere della Sera” o su “La Repubblica”).
    Pure sotto la clausola “ammesso e non concesso”, l’iniziativa della Fieg rivela la propria natura anti-imprenditoriale: sebbene provenga, ed è qui il paradosso, da un’associazione di aziende.

  3. gabriele

    @Carlo Lottieri
    Comprendo la volontà di osservare la natura anti-imprenditoriale di un’iniziativa su di un blog volto a diffondere cultura del mercato, che ovviamente condivido.
    Ciò nonostante non si possono prendere per buone le falsità di certe fonti preconcette solo per esporre la propria visione, cosa di cui, peraltro, viene giustamente spesso accusata la parte avversa (gli anti-liberali). Da liberale penso che i mezzi contino quanto i fini e i fatti vengano prima di tutto.

    Google è stata accusata di avere atteggiamenti monopolistici nel mercato della pubblicità online, ma nessuno ha mai provato che cancelli i siti di giornali minori (basta fare alcune ricerche su Google per controllarlo).

    Lo dico senza volontà di polemica, perché un errore può capitare a tutti.

  4. Katia

    In un modo o nell’altro l’Italia deve sempre farsi notare mostrando il peggio di se. Già tutti sanno che nel nostro paese la libertà di stampa c’è solo nella fantasia di chi spera in una società migliore: ora vogliamo pure dettare legge alle aziende internazionali! In Italia un pugno di magnati hanno il monopolio su tutto e vorrebbero che il resto del mondo si adeguasse alla nostra politica antidemocratica: davvero una bella faccia tosta. Google offre loro un servizio e subito ne vogliono approfittare nel loro esclusivo interesse. E’ vergognoso che l’antitrust sprechi tempo e denaro (nostro) per tutelare gli interessi (e non i diritti…) di certe aziende opportuniste che arrogantemente vogliono obbligare un’altra azienda a lavorare gratuitamente per loro: tipica mentalità italiana che mi auguro vivamente non venga esportata all’estero. Io suggerirei a Google innanzitutto di pubblicare i nomi delle testate giornalistiche italiane che hanno sollevato tale polemica, specificando che tali testate non intendono fornire al cittadino un servizio gratuito qual’è quello offerto da Google News. Personalmente non ci vedrei nulla di anomalo se poi Google non le inserisse nel morore di ricerca standard: ma dove sta scritto che è obbligato a farlo? Probabilmente tra non molto si inventeranno qualche legge ad hoc per agevolare i magnati della disinformazione italiana anche in questo frangente (sappiamo tutti che le notizie le gestiscono a comodo del politicante di turno), così che il mondo avrà ancora da ridere su di noi. Spero che Google non si pieghi a tutto ciò, perchè sono davvero stufa di quest’andazzo tutto italiano che ci sta portando allo sfacelo!!

  5. manT

    La questione è controversa, tutto il mondo dei media si sta scervellando sulla questione molto banale – come far pagare le notizie on-line e cosa fare in generale con la futura diffusione capillare degli e-Readers con wi-fi incorporato(in primis – Murdock, col suo leggendario intuito). Nulla di strano. Tutto è ancora in evoluzione.
    Al 80% i giornali fanno loro testate riscrivendo i lanci delle agenzie (a pagamento), poi quelle notizie vengono usate dai motori di ricerca che spera di “appiccicare” qualche banner pubblicitario…Probabilmente c’è il desiderio di far sborsare a Google qualche soldo.
    O creare qualche sinergia? Ripeto, tutto è in evoluzione. Comunque io eviterei le denunce e la strada della contrapposizione proposta dal sig. Malinconico.

    @Katia : lei scrive “Già tutti sanno che nel nostro paese la libertà di stampa c’è solo nella fantasia “, non sono affatto d’accordo con questo pensiero o meglio dire qs cliché. Mi tiro fuori da quel “tutti”. Ciao.

  6. Alf

    @Katia: anche io mi tiro fuori da quel tutti. Io non vedo con quale criterio si definisce non libera la nostra stampa. Io sono sempre aperto a idee, dimostrazioni, anche tesi con qualche ragionamento, mai a slogan. C’è per caso qualche legge che vieti o limiti il diffondere di notizie o il creare nuovi giornali? Non mi pare. Allora si può dire che la nostra stampa sia mediocre, che parli di certi argomenti e non altri.

    Sono d’accordo con Carlo Lottieri: libertà di fare business. La ricerca su Google NON è un bene pubblico!

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