4
Apr
2012

Voglio andare a vivere in Germania. Ovvero: i giovani e la scienza

Martedì ho avuto la fortuna di far parte della giuria della “National Sci-Tech Challenge“, un’iniziativa promossa da Junior Achievement ed ExxonMobil che si rivolge agli studenti delle scuole superiori e ha l’obiettivo di invogliarli allo studio delle materie tecnico scientifiche. Assieme a Marina Barbanti, Piero Biscari ed Edgardo Curcio abbiamo valutato gli elaborati di nove team di studenti. Quello vincitore – proveniente dal Liceo Statele “Giordano Bruno” di Albenga (SV) – parteciperà alla competizione europea, a Rotterdam, tra un paio di settimane (in bocca al lupo!). Secondi e terzi sono arrivati, rispettivamente, il Liceo Megara di Augusta (SR) e l’Itis Giorgi di Brindisi. Credo sia stata, per me e gli altri giurati, un’esperienza utile e istruttiva. Non solo perché avere a che fare coi ragazzi è sempre piacevole, ma anche e soprattutto perché abbiamo potuto, pur in un campione non necessariamente rappresentativo, osservare consapevolezze e ingenuità che, suppongo, appartengono a gran parte degli italiani. Quali?

Questo era il testo della Challenge:

Il vostro team rappresenta il management di un’azienda di 300 dipendenti che opera nel settore dell’imballaggio delle bevande gassate. Sviluppate uno schema per la gestione del vostro business che massimizzi l’efficienza energetica, riduca i rifiuti e le emissioni e, allo stesso tempo, assicuri che il vostro prodotto funzioni e che sia valido sotto il profilo commerciale ed economico. Il vostro prodotto dovrà essere utilizzato dai produttori di bevande in tutti e nove i paesi che paertecipano alla Sci-Tech Challenge (Belgio, Francia, Germania, Italia, Norvegia, Olanda, Polonia, Regno Unito e Russia). Tra i vari elementi, dovrà essere posta attenzione al processo di produzione, ai materiali impiegati, alle fonti di energia utilizzate, all’ubicazione dell’impianto di produzione, alla distribuzione dei beni, al personale, ecc.

Il primo aspetto che ci ha colpito è quello relativo alla localizzazione dell’impianto. Su nove team, cinque (56 per cento) hanno scelto la Germania (motivazioni: logistica, disponibilità di materie prime, tecnologia, ed energia rinnovabile); due (22 per cento) l’Olanda (motivazioni: logistica ed energia rinnovabile); uno (11 per cento) l’Ungheria (motivazioni: logistica e basso costo del lavoro) e uno la Polonia (motivazioni: logistica e disponibilità di gas naturale). Zero (0 per cento) hanno scommesso sull’Italia. E’ vero che l’Italia era posizionato perifericamente al mercato di riferimento, ma credo sia istruttivo che neppure uno dei gruppi presenti abbia pensato che il suo stesso paese avesse delle carattestiche tali da poter attrarre un business di questo genere.

Un secondo elemento è il peso, a mio parere eccessivo, che gli studenti hanno dato alla produzione di energia rinnovabile. I loro sforzi si sono concentrati più sulla riduzione delle emissioni tramite il consumo di energia verde, che sull’efficientamento dei processi produttivi (con una significativa eccezione su cui tornerò a breve). In verità, una delle ragioni che ci hanno spinto a premiare i tre team che hanno raggiunto il podio è stata proprio l’attenzione per l’innovazione in tutte le fasi del processo, con una particolare attenzione all’accorciamento delle filiere e alla riduzione degli sprechi. In sostanza, ho la sensazione che ci sia, verso le fonti rinnovabili, un carico di aspettative che difficilmente può essere sostenuto. Non sono sicuro che, nel lungo termine, questo eccesso di credito da parte dell’opinione pubblica faccia bene alle fonti “pulite”. Anzi, forse già oggi stanno cominciando a pagarne il prezzo.

Un terzo tema è, appunto, il singolo step produttivo su cui pressoché tutti i gruppi hanno tentato di offrire delle soluzioni per tagliare le emissioni: il trasporto dei dipendenti allo stabilimento. Molti gruppi hanno proposto di organizzare una sorta di trasporto collettivo con pullman elettrici o ibridi, o addirittura la creazione di “villaggi residenziali” prossimi all’impianto, in modo da tagliare non solo le emissioni, ma anche i tempi e i consumi legati allo spostamento. A parte gli aspetti economici, mi pare che i ragazzi tendano a sovrastimare l’importanza (in termini di emissioni e consumi) dei trasporti e soprattutto a sottostimare l’importanza della libertà dei dipendenti di vivere dove pare a loro – e non dove è più “carbon efficient”!

Quarto, abbiamo osservato un enorme sforzo creativo che, anche nelle sue manifestazioni più fantasiose, muoveva comunque da una visione concreta di come si svolgono le produzioni in uno stabilimento industriale. I ragazzi prestavano attenzione all’organizzazione del lavoro, all’ottimizzazione dei tempi e degli spazi, all’impiego razionale dei mezzi di trasporto del prodotto, alla localizzazione degli impianti, ecc. Qualcuno si è addirittura spinto a suggerire soluzioni che, forse, avrebbero creato qualche problema sindacale (concentrare le attività nelle ore notturne per approfittare dei prezzi elettrici più convenienti – loro non lo sapevano, ma questo ha fatto la fortuna della Val Trompia!). Ma, in generale, hanno mostrato molta più consapevolezza di quanta fosse lecito attendersi sul reale funzionamento delle cose.

Quinto, gli studenti hanno mostrato di preoccuparsi costantemente della fattibilità tecnologica delle loro idee (anche quando a un occhio più esperto apparivano poco fattibili…) e, soprattutto, parevano molto realisti nel distinguere quel che si può fare da quel che si potrebbe fare – e dunque, implicitamente, fiduciosi nella capacità dell’ingegno umano di innovare e trovare soluzioni.

Infine, la maggior parte dei gruppi hanno strutturato il loro business plan sulla sostenibilità intrinseca del prodotto, per il quale hanno cercato di trovare caratteristiche innovative tali da renderlo competitivo (incluso il marketing). Pochi hanno citato gli incentivi pubblici come strumento per ampliare la loro marginalità. Questo, più di tutto, mi ha rincuorato e lasciato qualche speranza. Un altro mondo è possibile, se non intortiamo i giovani con troppe puttanate antiscientifiche e se li spingiamo a scoprire, o mantenere, l’amore per la scoperta e il gusto di sapere “come è fatto”.

PS In bocca al lupo, ancora, ai ragazzi di Albenga!

PPS Ragazzi, per carità, con affetto, una sola critica: imparate a scrivere le unità di misura come Dio comanda!

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5 Responses

  1. massimo

    V’è una loca cosa che non ho capito: dove sarebbe la disponibilità di gas naturale in Polonia? É vero è opinione comune che ci siano importanti giacimlenti di gas di scisto, ma finora la produzione è solo una prospettiva. E poi occorrerebbe spiegargli che molti paesi (Germania in primis) che si fanno belli con me rinnovabili generano la maggior parte della loro elettricità con il carbone. Complimenti comunque ai ragazzi per l’entusiasmo e l’impegno.

  2. Francesco P

    E se il mercato di riferimento avesse compreso anche la Penisola Iberica, i Balcani ed il Nord Africa, cosa avrebbero scelto i ragazzi? Penso che probabilmente non avrebbero scelto lo stesso l’Italia, nonostante la posizione geograficamente baricentrica rispetto al mercato di riferimento per via di tutti gli altri fattori che pesano negativamente sullo sviluppo industriale. Probabilmente sarebbe rientrata in gioco la Francia, ma non certo noi.

  3. alexzanda

    ma poveri ragazzi, ovvio che prestano troppa attenzione alle emissioni e alle rinnovabili, l’avete letta la traccia del tema? quel punto è chiaramente centrale nel quesito che chiede di progettare qualcosa che PRIMO “riduca i rifiuti e le emissioni” e SECONDO “al tempo stesso assicuri che il prodotto funzioni”….. ovvio che le priorità sono capovolte nello stesso testo del challenge, cosa si pretende poi?
    sapete cosa capisco io da questa storia?
    1. che il testo del tema è stato fatto da qualche professore idealista fuori dalla realtà
    2. che se non ci svegliamo questa cultura per cui è più importante che ci siano poche emissioni piuttosto che il prodotto funzioni ci seppellirà, e probabilmente è già tardi visto come è formulato questo challenge!

  4. Alessio Breviglieri

    @ alexzanda

    1) Se è “al tempo stesso” non è PRIMO e SECONDO.
    2) C’è più probabilità di essere seppelliti da rifiuti ed emissioni che non da una “cultura.”
    3) Che questo testo ti dia una sensazione di irrecuperabilità è una cosa che ha il valore comunicativo di “non ci sono più le mezze stagioni”.

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