9
Giu
2011

Riflessioni sul referendum per la politica nucleare

Riceviamo e volentieri pubblichiamo da Pier Paolo Signorelli.

In questi ultimi settimane, sull’onda ansiogena per quanto è avvenuto in Giappone, si sono rincorsi in un tourbillon di latrati, dichiarazioni apocalittiche di ambientalisti, funamboliche contro-prese di posizione di ministri,  sdegno pubblico sui mass media; insomma l’intera gamma di reazione emotiva dello squallido teatrino mediatico che a noi italiani tanto piace.Ad accendere ancor di più gli animi si aggiunge l’appuntamento (assai travagliato) dell’imminente referendum e su cui, invero, gli oppositori al nucleare sperano di assestare un duro colpo al Governo. Premesso che il progetto nuclearista di quest’ultimo appare avventato, perché privo del necessario coordinamento con l’attuale parco centrali a gas, ed assai superficiale perché non è stato  capace di strutturare la nuova offerta di energia nel numero e la potenza degli impianti senza preventivamente tracciare una via della crescita economica ed industriale del Paese per i prossimi decenni, resta il fatto però che, su un tema tanto importante, le factiones politiche non siano riuscite ad impostare una seria riflessione scientifica, non populista, affrontando la tematica con spirito analitico e propositivo, e non solo polemico – ideologico, trascinandoci tutti quanti a decidere, al posto loro,  secondo una situazione antinomica: sì o no.

Per misteriose ragioni, la proverbiale virtù conciliatrice italiana viene meno e si assumono invece posizioni estremamente intransigenti, quasi da fanatici. Si ripropone, mutatis mutandis, quella spaccatura degli anni ’70 apertasi coi referendum sul divorzio e l’aborto. In quel caso, il Vaticano premeva per una radicalizzazione delle posizioni, impedendo una qualunque possibile sintesi e/o conciliazione: se si è per la famiglia non si può accettare l’opzione del divorzio e dell’aborto!

Eppure a distanza di anni si è ampiamente constatato che dichiararsi aperti a simile eventualità, non comporta l’automatica adozione di tali rimedi. Significa piuttosto che nell’eventualità in cui si presentassero gli estremi di opportunità e necessità, quelle opzioni si possono adottare. Egualmente – riteniamo –  nel caso del nucleare: l’apertura, innanzitutto culturale ed intellettuale, verso tale fonte non comporta l’automatica adozione di un progetto di installazione atomica. Perché ciò possa avvenire, devono prima verificarsi tutta una serie di condizioni, in primis la sicurezza e l’economicità, senza le quali la centrale in esame non si costruisce. Si tratta cioè di una disamina molto attenta ed analitica su singoli progetti. E forse non è avventato credere che nel corso dello sviluppo tecnologico sia più facilmente  raggiungibile la prima condizione piuttosto che la seconda, soprattutto nella ristagnante economia italiana.

Infatti, se la domanda energetica nazionale non crescerà significativamente nei prossimi decenni, come effetto di un autentico rilancio economico, non si potranno mai sostenere gli onerosissimi costi di costruzione, risultando il prezzo del kW nucleare non conveniente. Per l’appunto, vanno analizzati e vagliati singoli progetti e specifici contesti, piuttosto che fare di tutta l’erba un fascio e scegliere acriticamente ed in modo aprioristico.

In tutta questa complessa vicenda, il ricorso al referendum per simili tematiche, appare del errata, sia perché il referendum è per sua stessa natura strumento molto semplice, quasi rozzo, che   risolve tutto in un “sì” od un “no”. Sia perché l’eventuale bocciatura impedirebbe di costruire una centrale atomica “a prescindere”, indipendentemente cioè dal tipo di contesto futuro che si andrà poi a delineare, dalla prossima tecnologia disponibile e dallo scenario geo-politico generale. Di poi, l’uso referendario è politicamente molto delicato, spesso non appropriato, poiché una qualunque parte politica ricorrendo a tale strumento sull’onda emotiva del momento, priva il Parlamento del suo proprio ruolo decisionale e del relativo fardello di responsabilità politica che dovrebbe sempre sapersi  assumersi, soprattutto su un temi tanto importanti.  Infine, va riconosciuto che ai votanti va richiesto di esprimersi su tematiche dove è necessaria una competenza tecnica di cui la quasi totalità dell’elettorato è sprovvisto.

Tutto considerato, allora, appare più prudente tenersi aperta la porta, non decidendo in modo preventivo, superficiale e definitivo.  Conservando come disponibile l’opzione nucleare, qualora ne ricorrano le necessità economiche e/o politiche, il Paese un domani potrà  avvalersi di una tale alternativa. E questa evenienza, che si distribuisce su  di un’ottica di lungo periodo, all’incirca un 40 – 50 anni, cioè il tempo di vita di una centrale, non è remota, soprattutto nel secolo della Globalizzazione, che vede il risveglio dei giganti asiatici e dei paesi loro partner, cioè quasi metà della popolazione mondiale. In simile scenario,  il problema dell’accaparramento delle risorse, prime fra tutte quelle energetiche, è tutt’altro che peregrino; anzi, non è difficile ipotizzare future tensioni internazionali e consequenziali conflitti locali, quale sfogo di scala medio – piccola, per accaparrarsi lo sfruttamento dei siti migliori. Prova ne sia che, ad oggi, non c’è mai stato, non solo un secolo, ma neanche un decennio senza sanguinosi conflitti per l’acquisizione delle risorse, e la prima decade  del XXI° secolo è stata contraddistinta proprio da un diffuso confronto bellico. Rebus sic stantibus, non è saggio per un paese povero di risorse energetiche e minerarie affrontare il secolo della Globalizzazione rinunciando preventivamente alla tecnologia nucleare, nonché  alla relativa ricerca e competenze tecniche che nel frattempo si potrebbero acquisire strada facendo. A tal proposito, si rammenti che una volta che si è fuori da una filiera tecnologica-industriale è poi quasi impossibile recuperare il terreno perduto, specie con il livello di concorrenza asfissiante che  si è oggi andato strutturando nel mondo.

In realtà riteniamo che questo del referendum sia stato un “grimaldello” populista per battere l’altro populismo, quello di destra, facendo leva sulle paure storiche e le angosce recenti che il fantasma nucleare esercita sugli italiani. E come fin troppo spesso accade, il controllo sull’innesco sfugge, e s’innesta – ironia della sorte – una razione a catena di ben altre proporzioni. Perché quello del referendum risulterà essere non già una semplice e democratica consultazione popolare, ma “un pubblico lavacro assolutorio” che vada a giustificare, innanzitutto moralmente, la debolezza culturale e politica del modello italiano. Cioè, ciò che si sta chiedendo –  e su cui gli italiani  come tanti folli lemming accorrono a certificare – è una giustificazione, una assoluzione di massa di fronte alla nostra incapacità tecnica ed organizzativa di risolvere il problema del nucleare. In altre parole, poiché lo temiamo – evidentemente troppo – lo rifuggiamo anziché ricercare strade risolutive.

Si tratta del più evidente sintomo del declino di un paese, incapace di accettare le sfide di lungo raggio. Pare ravvisare, recuperando la visione di Spelgler nella “Decadenza dell’Occidente”, la cristallizzazione della crescita, delle forze, in  favore di un più quieto, ma inesorabile, ripiegamento su se stessi. Riconosciamo in una simile processo l’atteggiamento di una società senile, spaventata ed incerta, che si sente disturbata nel suo placido e mediocre vivere quotidiano dal fragore di simili impegni.

Si rifletta sull’impietoso confronto fra la situazione descritta con la società occidentale di appena 40 anni fa, quando l’Uomo andava sulla Luna, si costruivano le Twin Towers (enormemente innovative per quell’epoca e per  i successivi 30 anni i più alti grattacieli al mondo) o si inaugurava il volo supersonico per linee civili con il Concorde.

È volutamente mancata la risoluzione di una responsabile posizione di convergenza che da una parte riconoscesse le eventuali problematiche delle scelte nucleari e dall’altra sprigionasse la volontà di superarle, di venirne a capo. Al contrario, da entrambi gli schieramenti si è fatto un chiaro gioco strumentale, e per dirla alla romana “l’hanno buttata in caciara”, con sempiterna pace per la ricerca tecnologica.

Con evidente probabilità il referendum sul nucleare riuscirà pienamente, ed il nucleare da fissione verrà sepolto sotto una pesantissima pietra tombale. Temiamo che  sarà una scelta che  ci potrà costare molto cara se nel corso dei prossimi decenni si verificherà una crisi energetica internazionale di fronte alla quale non si abbia approntato, anni prima, un piano di risposta, che – si badi bene – non deve necessariamente includere il nucleare, sebbene questo possa essere un’opzione di cui tener conto nel lungo periodo.

Non ci si illuda sull’aleatorietà di un simile scenario, poiché la sfida della Globalizzazione è appena agli inizi, e non attiene solo alle  complesse problematiche energetiche, ma a tutto il nostro sistema Paese, a cominciare dall’industria che sta’ perdendo un pezzo dopo l’altro, alle infrastrutture che dopo decenni continuano a mancare,  al mancato recupero e rilancio del patrimonio artistico più grande del mondo. Siamo un Paese immobile al quale, effettivamente, non servono le potenti energie del nucleare, almeno fino a quando il mondo gli consentirà di vegetare…

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19 Responses

  1. Andreotti diceva “Pensare male ec”. Io invito tutti a farlo. A CHI CONVIENE che gli Italici non abbiano indipendenza energetica? Chi ci vende l’elettricità? Chi ci vende il carbone, chi il gas, eccetera. Sudditi fummo, siamo, saremo.
    Per i politici vale sempre: con Francia o Spagna, purchè se magna. Oggi che la Spagna non cìè più, a CHI altri conviene? Indovinate? Poi fato non voglia saltasse una centrale a noi vicina, tipo Lione e dintorni, sai che bene ci farà!Quanto al Vegetare:condurre una vita inerte, apatica, senza ideali né aspirazioni.
    Auguri a chi medita e riflette, roba rara di questi tempi!!

  2. CLAUDIO DI CROCE

    nella sola Italia muoiono più di tremila persone all’anno per incidenti stradali e altre migliaia vengono rese parzalmente o totalmente invalide . Come mai questi ambientalisti difensori della vita nostra e dei nostri figli, nipoti, pronipoti , non propongono di vietare la circolazione degli autoveicoli e il divieto di produrre questi mezzi di morte ?
    Sono tutti preoccupati del benessere del pianeta per le prossime centinaia di anni e se ne fregano di noi adesso ?
    Facciamo un bel referendum ?

  3. Piero

    la nostra incapacità tecnica nn deriva da un referendum..
    e nn è neppure pessimismo.. è un dato di fatto.. è dato di realtà..

    deriva da una mentalità clientelare storica e di massa che nell’ultimo decennio si è addirittura amplificata a dismisura…

    nel nostro paese contano solo gli amici e la furbizia (dalle pensioni bay all’evasione, dalle tangenti alle raccomandazioni pubbliche&private… x esempio)..
    nn il merito l’intelligenza e le capacità…

    se un gg ci sarà una auto-ri-forma INTERIORE del senso civico della popolazione allora il tuo discorso potrà aver senso..

    dare il nucleare ora a questo popolo è come dare un’arma vera a bambini capricciosi viziti e troppo troppo furbi..

    nè pessimismo nè ottimismo.. è semplice misura statistica della sociologia di massa che chiunque può vedere da sè..

  4. Fabio Cenci

    x Claudio di Croce

    Solo in questo blog ho usato il suo stesso ragionamento circa 3-4 volte se non ricordo male. Le risposte sono state piu’ o meno di questo tenore: si ma sono pochi morti “alla volta”, l’auto non da’ la sensazione di essere incontrollabile come particelle invisibili, insomma ….ho desistito.

    Ed e’ vero che siamo condannati alla decadenza che e’ be rappresentata dalle pale e dai mulini a vento, bel progresso rispetto ai tempi di mammut, babbut e filiut!

    Stiamo regredendo al Pleistocene. E naturalmente anche il governo di Berlusconi si guarda bene dall’investire 4 lirette 4 nella ricerca nel settore nucleare, figurarsi, meglio blandire, smussare….., placare…sembra di leggere un romanzo di Sciascia.

    Lasciamo perdere, siamo e saremo un paesetto di serie C; statisti con gli attributi non ne abbiamo MAI avuti, forse Craxi che pero’ i suoi vizietti sinistrorsi ce l’aveva….e la tendenza a…..diciamo cosi’…strafare…non diciamo altro.

    A destra e a sinistra il nulla intellettuale; Tremonti fa il filosofo primo della classe, e si pavoneggia nei convegni, gonfiando il petto come un tacchino, e nessuno investe in nanotecnologie, biotech, nucleare di ennesima generazione, NADA DE NADA.

    Ho gettato la spugna, qua non e’ aria.

  5. CLAUDIO DI CROCE

    Mi sembra impossibile che anche su questo argomento si tira in ballo Berlusconi che è stato l’unico premier che aveva inserito nel programma di governo l’avviamento di impianti nucleari . Dopo l’incidente in Giappone avrebbe dovuto insistere ? Avete idea di cosa sarebbe successo ? Penso inoltre invece di fare ” ricerca ” cioè pagare migliaia di ricercatori – che al 99,99% non diventeranno mai trovatori – non è sufficiente applicare la tecnica francese ?

  6. Fabio Cenci

    Faccio presente che io in Berlusconi ho creduto eccome. Ma mi ha deluso perche’ non ha mostrato stoffa di leader. I leaders non fanno marcia indietro, Fukushima o non Fukushima. Che tra parentesi si basava su tecnologia di prima generazione.

    Certo che sarebbe sufficiente usare tecnologia francese, ma non dobbiamo scordare che per essere grandi nazioni bisogna dimostrare di saper innovare, non andare sempre a rimorchio di altri. E noi avevamo e abbiamo ancora fior di esperti in materia, non creda che siamo cosi’ sprovveduti e ignoranti. E l’ENEL di esperienza nel settore se n’e’ fatta eccome.

    Il punto e’ che mancano politici di statura internazionale che eseguano un programma senza ….deflettere, diciamo cosi’, a seconda di come spira il vento (radioattivo in questo caso).

    Abbiamo ominicchi e ne pagheremo le conseguenze. Berlusconi ha le idee ma non ha il coraggio di portarle avanti in questo paese talebano.

  7. CLAUDIO DI CROCE

    Lei ha ragione : ci mancano politici di statura internazionale, coma la Merkel, che non cambiano idea a seconda del vento che spira.

  8. Michele

    Concordo sul fatto che certe dichiarazioni di antinuclearisti facciano sorridere ma mi permetto di far notare che l’analogia fra divorzio (faccenda privata) e nucleare (eminentemente pubblica) l’analogia non sta in piedi.
    Per la verità anche le dischiarazioni dei favorevoli non scherzano… i migliori restano comunque “color che son sospesi”, tralasciamo su cosa!
    Il pressapochismo impera. Altro che scentificità.
    Possiamo allora sentire ciò che dice Rubbia? Interessante, soprattutto per chi si professa liberista:
    1°) per arrivare al punto di convenienza (breack even point si direbbe) si devono costruire almeno 20 centrali.

    2°) nessun privato/i è disposto a investirci in tale misura troppi rischi e ritorni assai dubbi (ma va! e chi lo avrebbe detto)
    3°) I soldi chi ce li metterebbe allora? Lo Stato, ovvio!

    Senza contare che i vantaggi economici, rispetto ad altre fonti, si vanno già oggi riducenddo velocemente e nel giro di 20 anni (più o meno il tempo di costruire le prime 4 con le attuali tecnologie) sarebbero del tutto inesistenti … anzi.

  9. Michele

    Dimenticavo:
    l’incapacità tecnica come la definisce il sig. Piero, non deriva affatto dal precedente referendum, al quale io ero contrario anche se non votavo!
    Lo sviluppo delle tecnologie “core” (mai temine fu più appropriato!) è legata a doppio filo con la ricerca (e i finanziamenti) in campo militare. Non è un caso che di fatto i grandi reattori siano prodotti solo in Francia, USA e ex USSR

  10. Francesco

    Il mio ragionamento contro il nucleare si basa sulle seguenti considerazioni:
    – in tutti questi anni non è stata presentata nemmeno una bozza di piano dal governo. Sappiamo pochissime cose che si basano su altri studi. Ma il piano deve essere fatto prima della decisione finale di investire sul nucleare, perchè il piano ti permette di stimare tutte le attività, i costi, i tempi, i rischi… il piano ti deve permettere di andare nei dettagli: su che tecnologie investire, dove reperirle, dove trovare il know how, come fare la manutenzione, come gestire le scorie, etc, etc…
    C’è stato qualche politico che ha dato almeno l’idea che dietro le loro dichiarazioni ci fosse una traccia di piano? Io ho solo sentito fare discorsi del tutto generici del tipo l’energia nucleare è un bene perchè alla lunga ti consente una maggiore indipendenza energetica…. cose di questo tipo… ma di che % di indepenza economica si sta parlando (magari molto bassa)? dopo quanti anni ci si può arrivare? che costo avranno per il paese questi investimenti? dopo quanti anni ci si potrà recuperare i costi di investimento e di mantenimento? e soprattutto quali sono i rischi che andiamo incontro visto che siamo un paese altamente sismico (forse il più sismico a livello europeo).
    – l’altra considerazione è che non stiamo di un investimento il cui rischio è la perdita dell’investimento stesso. Qui oltre a questo c’è il rischio, in caso di errore, di un danno permanente alla popolazione e all’ambiente. Direi definitivo. Si dice che si sono verificati solo 2 casi negli ultimi 50 anni e che quindi il rischio è basso. Ma i rischio è la percentuale che l’evento si verifichi per il danno che si produrrebbe. Quindi in italia il rischio è altissimo.
    Non credo che questo ragionamento sia ideologico ma concreto.
    La fiducia va bene ma non su questi argomenti.
    – In sostanza abbiamo in questo momento l’opportunità di dare un’indicazione che se non sfruttiamo poi ci troveremo a subire decisioni senza poter più far nulla.
    A mio avviso è ideologico pensare

  11. @Michele

    L’incapacità tecnica non esiste, visto che sono aziende italiane a costruire i reattori sperimentali di 4à generazione in Russia.
    Ne il problema è la ricerca nucleare militare, basta voler investire in reattori al torio di cui esistono prototipi funzionanti e i militari sono fuori, dato che non sanno che farsene.

    Nota, per altro, che se la Germania e la Svizzera inizieranno a spegnere i loro reattori nucleari, l’energia elettrica che vendono in Italia i francesi e gli svizzeri e gli sloveni, non sarà più così a buon mercato, se ci sarà del tutto.
    Ne riparliamo quando ci saranno i primi black out dovuti alla mancanza di energia erogabile.

  12. Fabio Cenci

    Mi scusi Michele,

    ma secondo lei il fotovoltaico e il solare non sono pesantemente sovvenzionati dallo Stato? Davvero lo crede?

    Tutte le energie alternative sono sovvenzionate dalla collettivita’ perche’ semplicemente il ROI non torna. Tutto qui.

    Proprio oggi apprendo che anche il Giappone vorrebbe liberarsi delle centrali nucleari. La mia domanda e’ solo una, ma nessuno risponde a domande “elementari”:

    se la Germania e il Giappone chiudessero tutte le loro centrali…oggi, come compenserebbero le decine di GW che verrebbero a mancare? Come, concretamente? E quale sarebbe il costo per coprire la falla? Qualcuno ha fatto il calcolo di quanto la collettivita’ tedesca e giapponese dovrebbe pagare (ammesso che sia tecnicamente possibile in pochi mesi colmare il gap, e NON lo e’)?

    Mi piacerebbe tanto vedere i calcoli di ROI associati a tutto cio’ che e’ “alternativo”, ma in realta’ e’ solo “retrogrado”, in quanto queste forme di energia sono note dai tempi dell’uomo di Neanderthal. Come dico sempre, al tempo degli antenati il sole c’era, il vento pure, e si moriva a 40-50 anni.

  13. Michele

    Ma certo che è sovvenzionato, lo so bene ne ho fatti di 55%!!
    A parte la misura della sovvenzione, chiaramente sproporzionata in origine ma ora ridotta, (credo fosse paura/incomprensione delle propensioni degli italiani) è chiaro che si tratta di nuove tecnologie che stanno assai velocemente maturando e che a breve, diciamo cinque anni?, non avranno alcun bisogno di sovvenzioni. Per quell’epoca forse, se va bene, si sarà individuato un sito per una centrale nucleare.
    Quanto alla germania e al Giappone, per il giappone apprendo la notizia da lei, ma per quanto riguarda la Germania hanno coerentemente elaborato un piano alternativo, che avrà anche i suoi costi, ma non parlano affatto di pochi mesi. Io ritengo abbastanza assurdo disfarsi di centrali già costruite a caro prezzo ma la Siora Merkel….
    In fine e mi scusi, ma la sua ultima considerazione non mi pare molto centrata: anche l’uranio c’era ai tempi dell’uomo di Neanderthal e anche il Petrolio se per questo!
    Anche di silicio ce n’era in abbondanza allora come adesso ma non vuol dire che fossero ingrado di farci un microchip.

  14. Giandomenico Beccaria

    Ho cercato informazioni sul nucleare per poter partecipare al referendum con consapevolezza e ho trovato alcune informazioni sul numero di morti per TWh (terawatt ora) delle varie fonti di energia a partire dall’inizio della produzione di elettricità per via nucleare ed esattamente:

    Carbone (media mondiale) 161
    Carbone (Cina) 278
    Carbone USA 15
    Petrolio 36
    Gas naturale 4
    Combustibile biologico/biomasse 12
    Torba 12
    Solare (sui tetti) 0,42
    Vento 0,15
    Acqua 0,10
    Acqua(incluso Bangiao) 1,4 (Bangiao produceva 2500 TW/anno e ha avuto 171.000 morti)
    Nucleare 0,04

    Questa tabella comprende le morti dirette e indirette (inquinamento ecc.). I particolari e i commenti sul sito: http://nextbigfuture.com/2011/03/deaths-per-twh-by-energy-source.html

    Senza nucleare, che è la fonte di energia più pulita e a rischio più basso, entreremo in una crisi industriale ed economica senza via di uscita.

  15. Guido Montagna

    @Fabio Cenci
    Rispondo a Fabio Cenci riguardo ai costi dell’energia in Germania dopo l’uscita dal nucleare .
    Se tra 10 anni la Germania dovra’ pagare molto di piu’ l’energia perche’ non avra’ piu’ il nucleare , sa cosa succedera ?
    Premesso che mi piacerebbe risentirci tra 10 anni per vedere cosa ha fatto la Germania in questo periodo per colmare il Gap energetico; sicuramente avra’ fatto qualcosa: la loro politica ( e il loro popolo ) hanno la normale facolta’ di guardare avanti e programmare per il futuro , quello che in Italia non è mai esistito.

    Tornando al problema costi : l’energia costerà di piu’ e allora i tedeschi faranno una rivolta , dimostrazioni , critiche al governo ?
    No , non faranno niente perche’ e’ stata una loro scelta , condivisa dalla maggioranza e quindi ne accettano i lati positivi e negativi ; non si lamenteranno se la luce costera’ di piu’ ( poi e’ tutto da vedere se aumentera’ ) .

    Certamente qualcosa faranno : i privati applicheranno tutte le possibili tecnologie per il risparmio energetico ( lo stanno già facendo adesso senza che ci sia una ragione immediata ) e le aziende faranno lo stesso , magari con con i contributi fiscali di un governo che possiede ancora soldi e buon senso.

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