22
Set
2015

#PropertyIsFreedom: salviamo il diritto di proprietà

Nel nostro sistema legale, nessuno può dire se una legge nuova sarà abrogata tra un anno o un mese o un giorno (…). Ne risulta che, se non si tiene conto delle ambiguità del testo, si è sempre ‘certi’ per quanto riguarda il contenuto letterale di ogni norma in un dato momento, ma non si è mai certi che domani ci sarà ancora la stessa regola di oggi.

La citazione è di Bruno Leoni, da “Freedom and the law”, ed è molto attuale. Pensiamo agli investimenti esteri: pochi, pochissimi, in Italia. Se consultate i principali studi in materia, scoprirete che a far paura agli investitori non sono (solo) le tasse o la burocrazia. No: il problema dell’Italia è soprattutto l’incertezza: le tasse che cambiano nome e aliquote, le regole modificate in corso d’opera, le azioni incontrollate della magistratura, gli espropri sine titulo. Segno di uno Stato che non può, o non vuole, tutelare il diritto più importante che c’è: la proprietà privata.

Si pensi al Teatro Valle, una delle tante note dolenti della triste melodia che accompagna la tutela della proprietà in Italia. Emblematica, perché racconta di una gestione pubblica disastrosa, sostituita non da un ordinato processo di valorizzazione e privatizzazione, come sarebbe lecito aspettarsi, bensì da un’occupazione che dura da anni col beneplacito dell’intellighenzia sessantottina e non solo.

Chi si è occupato del Valle si è spesso soffermato sul fatto che non paghi tasse e bollette o che si tratti di un bene sottoposto a vincoli storico-monumentali. Tutto giusto, ma a ben vedere l’aspetto più grave è che uno Stato non riesca a far rispettare, all’interno della propria capitale, il più elementare dei diritti di proprietà.

Un caso, quest’ultimo, che ricorda per molti aspetti quello delle occupazioni abusive di case popolari. Basti pensare a Milano, ormai da anni teatro di un’emergenza che, come per il Valle, vede l’abusivismo farsi beffe delle regole. Gli occupanti, del resto, hanno buon gioco a lamentare la lentezza della burocrazia comunale, che impiega spesso anni per ristrutturare e riassegnare gli alloggi sfitti. Anche in questo caso, le istituzioni perdono due volte: quando non riescono a gestire l’emergenza abitativa e poi quando, una volta acclarato il fallimento delle proprie politiche, si dimostrano incapaci di far rispettare i diritti di proprietà. Uno Stato elefantiaco, che nel fare troppe cose finisce per farle tutte male. Per colpa di chi? Difficile attribuire responsabilità precise, ma certamente la legislazione in materia non aiuta. Si pensi all’articolo 54 del codice penale, che è stato utilizzato come scriminante per l’occupazione abusiva di case e appartamenti per ragioni di solidarietà sociale. O alla legge-delega 67/2014, con la quale il governo in carica ha di fatto depenalizzato l’occupazione.

Ma l’indolenza non è il male più grave. Quando ad essa sostituiscono pretese di onniscienza e interventismi iatrogeni, i governi riescono spesso a fare ancora di peggio. Basti pensare alle espropriazioni senza titolo, dichiarate illegittime in diverse occasione dall’ECHR senza che l’introduzione della c.d. “acquisizione sanante”, nel 2011, abbia reso la normativa italiana in linea con quanto più volte richiestoci. O alle regole sulla determinazione dell’indennizzo da espropriazione, che fino a pochi anni fa facevano leva su un supposto “interesse allo sviluppo economico- sociale” per restituire ai privati molto meno del valore di mercato dei beni espropriati.

Questi e molti altri sono gli esempi di uno Stato che calpesta i diritti di proprietà, trattandoci come sudditi, e che d’altra parte non è in grado di farlo rispettare nemmeno dai suoi consociati. Ecco perché è da qui, dal diritto di proprietà, che bisogna ripartire per tornare ad essere Cittadini.

Twitter: @glmannheimer

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