20
Dic
2011

Mercato del lavoro, l’assenza liberale

Dal prossimo Panorama

“Se credete di chiamarci a discutere solo per parlare di licenziamenti, levatevelo dalla testa e tra noi allora è guerra”. Chi l’ha detto a quattr’occhi e a muso duro a Monti, Grilli e Fornero? Susanna Camusso? No, sbagliato. Rispondere alla domanda equivale per molti versi a dire chi sia in condizioni migliori, per aggiudicarsi la partita in onda a gennaio sullo schermo del governo tecnico. La riforma del mercato del lavoro. Mettiamola così. Il governo è partito bene per un verso, male per l’altro. Il Pdl fino a questo momento ha giocato ancora di rimessa. Ma se l’azzecca ha buone possibilità di guadagnare credito e peso. Ho detto “se”, e sotto spiego perché. Il Pd ha un problema serio. La novità, rispetto al governo Berlusconi, è in campo sindacale. E’ Raffaele Bonanni, infatti, ad aver pronunciato con tono sdegnato la frase da cui siamo partiti. E’ Bonanni, a usare contro Fornero e Monti personalmente toni più duri della Camusso. La ministra? “Una maestrina”. Il premier? “Mio zio quello cattivo, faceva la sua stessa manovra”.  Bonanni ha ragione, dal suo punto di vista. Con quello che ha rischiato negli ultimi anni affermando sempre il profilo di un sindacato ragionevole rispetto a chi sceglieva il no pregiudiziale, non si aspettava di essere omologato agli antagonisti sol perché lo prescrivono dalle colonne del Corriere della sera Giavazzi e Alesina.

Cerchiamo di motivare impressioni e giudizi.

Il governo è partito bene se la sua strategia era di far apparire la riforma del mercato del lavoro tanto più urgente e indilazionabile quanto più alti ed estesi sono i muri contrari che ritualmente vi si oppongono. Ma è partito male se il ministro Fornero – che a dire il vero ha parlato di scambio tra più flessibilità e più tutele a chi oggi ne è sprovvisto ma si è guardata bene anche solo dal citare incidentalmente il tanto famigerato articolo 18 dello Statuto dei lavoratori – ha in mente come schema il progetto Boeri-voce.info sposato da metà dei gruppi parlamentari del Pd e di cui è alfiere in Parlamento l’ex segretario confederale Cgil, Nerozzi. Non è il progetto Ichino, che dopo anni di scontro ideologico per definizione non piace a un’ampia base Pd che è ex Ds e Pds senza per questo essere antagonista – da Stefano Fassina a Cesare Damiano, solida maggioranza tra federazioni e iscritti –  e a un’ala di catto-sinistri come Rosy Bindi.

Com’è noto, il progetto Ichino e quello Nerozzi si basano apparentemente entrambi sull’idea del contratto unico a protezione crescente per tutti lavoratori dipendenti. In realtà quella di Ichino è una novità integrale vera, perché con l’eccezione di contratti stagionali e di sostituzione sopra i 40mila euro di reddito annuo la copertura crescente è quella relativa alle indennità di licenziamento economico (1 mese per ogni anno), licenziamento economico che in questo modo è sempre possibile attraverso un costo fisso ex ante che evita la tutela giudiziale a sentenza variabile, e che si somma poi a indennità per tre anni decrescenti a carico dell’impresa. Costo ex ante di licenziamento economico e trattamento universale di disoccupazione volto a incentivare il reimpiego sono i due pilastri della flexsicurity “alla danese”.

Il progetto Boeri-Nerozzi al contrario sopra i 30 mila euro di reddito prescrive impossibilità di contratti che non siano a tempo indeterminato secondo l’attuale normativa. Con l’unica eccezione di un contratto di inserimento al massimo triennale, comunque a tempo indeterminato, nel quale può avvenire licenziamento economico con protezione crescente di indennità secondo anzianità, al termine del quale tuttavia si resta coperti da articolo 18 attuale con tutela giudiziaria.

La Cgil è da sempre contraria al progetto Ichino, per metà o meno ancora si riconosce nell’impostazione Nerozzi che fa restare in piedi l’articolo 18 ma riconosce un canale di inserimento agevolato nelle imprese. Lanciando la riforma senza preillustrazione della sua scelta di fondo, ovviamente la Fornero avrebbe dovuto sapere che accresceva la durezza delle reazioni. Ergo, sta favorendo il progetto meno avanzato tra i due presentati in Parlamento dalla sinistra. Se la sua idea era diversa, allora ha sbagliato tono e modo. Se pensa di riparare aggiungendo che i salari vanno alzati per decreto, allora non ci siamo proprio.

E’ ovvio che per Bersani tenere in piedi le due anime del Pd – si dovrebbe dire tre, perché Fassina e tanti altri faticano a riconoscersi anche nel percorso agevolato triennale – sarà tanto più difficile quanto più davvero il governo sosterrà il progetto Ichino. In caso contrario, se la base diventa Boeri-Nerozzi, lo si annacquerà ulteriormente. Alla fine resterebbe un articolo 18 esteso a tutti senza più contratto a tempo o quasi, tenendo in piedi Cig ordinaria e straordinaria attuali ma estese a tutti. E’ quello che sperano, al vertice del Pd.

Il Pdl proprio in questi giorni esce dal ruolo di spettatore, si sta ultimando un ddl ovviamente scritto dall’ex ministro, Maurizio Sacconi. Apparentemente la scelta di Monti e Fornero – accontentare la sinistra chiudendo la porta in faccia a Cisl e Uil – rende più difficile elaborare una proposta “spiazzante”. Invece, ci vuole. Aver accettato da anni che il confronto per una riforma del mercato del lavoro fosse quello tra Ichino e Boeri significa aver abdicato a una visione moderna integralmente figlia dell’impostazione e dell’esperienza liberale. Non di quella che, nel migliore dei casi – Ichino – è al più socialdemocratica. Lo si può fare per condividere il severance cost, la somma nota ex ante alla quale ridurre la tutela per licenziamento economico. Ma non su questa scelta del tempo indeterminato per tutti come modello unico contrattuale, che non sta letteralmente né in cielo né in terra visto che in nessun Paese al mondo ci sarebbe una simile stretta a domanda e offerta di lavoro a tempo determinato.

In verità nella piccola come nel settore artigiano e commerciale, il cui peso sul totale dell’impresa ci contraddistinguono nel mondo, l’idea di adottare il tempo indeterminato come modello unico sopra i 30 mila euro significa dire di volere meno rigidità, per in realtà accrescerla. Al contrario, liberali e sindacati come Cisl e Uil potrebbero riconoscersi in un sistema a maglie più larghe, in cui la contrattazione decentrata e aziendale premia il sindacato più bravo a trasformare il tempo determinato in indeterminato, grazie a più produttività e più salario verificati insieme all’impresa. Non c’è tutto questo né nella proposta Ichino, né tanto meno in quella Boeri. E lasciamo perdere poi che cosa vorrebbe la maggioranza di Cgil insieme alla sinistra antagonista. Ma se il Pdl non si muove, la deriva va a sinistra, inutile illudersi. E la Confindustria potrebbe preferire il sistema attuale, già si è visto all’ultimo direttivo, visto che tanto oggi grandi gruppi in realtà riescono a ristrutturare comunque a differenza dei piccoli – la Fia tra i suoi residui dipendenti attuali ha chi ha sommato quasi 7 anni di casse ordinarie e straordinare in 11 anni, è tutto dire – ma la differenza è che se passa la bozza Ichino tutte devono pagare fino a tre anni di sussidio al lavoratore che non viene reimpiegato, cioè ben più di quanto il sistema Cig pesi oggi sulle casse delle imperse.

Sarebbe per l’ennesima volta un’occasione persa. E a prenderla nel sacco sarebbero i soliti, giovani donne e meridionali. Che tutti a chiacchiere dicono di voler tutelare, mentre dovrebbero far causa a chi dalle rigidità attuali e iperdecennali è iperprotetto, non alle imprese.

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54 Responses

  1. Al solito, interessante, seppure complesso (capisco che non ci sono alternative alla complessità, anche stante le banalità che, invece, si sentono quotidianamente su questo argomento…).
    Ne aggiungo una io, allora, sotto forma di domanda quasi retorica, e mi scuserete…
    Quanto dobbiamo aspettare perchè chi deve prendere le decisioni si sieda intorno ad un tavolo e, dimenticando i propri interessi di piccola bottega, riesca a costruire un processo, ovviamente figlio del “compromesso obbligatorio”, che serva veramente al paese tutto?

  2. Luca

    L’ideologia del pragmatismo.

    Questo paese, comunque vada, non vuole/non riesce a prendere delle decisioni coraggiose ed è sempre e comunque bloccato da interessi corporativi. Agli scioperi della CGIL o della CISL-UIL chi va? chi aderisce? sicuramente non i precari e nemmeno i giovani con un contratto indeterminato delle piccole aziende (quelle che oramai sono rimaste in Italia) i vari sindacati quando si scagliano contro l’articolo 18 chi tutelano? non certo i giovani e non certo chi, come me, sebbene sia sempre stato di sinistra non vede nel paese rappresentanza politica e sindacale.

    Non c’è un sindacato e nella sinistra qualcuno che abbia il coraggio di dire OK, la situazione è cambiata, rendiamo il sistema più adatto ai giorni d’oggi e in grado di tutelare (ma veramente) chi lavora e chi si impegna nel lavoro. Si va per ideologia per racimolare consensi.

    I problemi nel mondo del lavoro sono enormi, tuttavia non sento, da alcuna parte, delle proposte con i piedi per terra. Odio sembrare populista ma veramente certi personaggi nel mondo politico/sindacale credo non abbiano mai lavorato in una realtà seriamente produttiva e competitiva e, purtroppo, non credo sappiano di cosa stanno parlando.

    Continuiamo così, che il Sindacato continui a tutelare i lavoratori di serie A. Ma sia ben chiaro che questo sindacato, per me, non sarà e non è di sinistra ma strettamente e solo espressione di una corporazione

    Complimenti per il blog, nonostante abbia delle idee non sempre in linea con le mie, offre sempre spunti interessanti.

  3. Salve,
    direi che il sindacato è opportunisticamente recalcitrante a modificare il simbolo stesso del suo impegno a difesa dei lavoratori, da questa posizione non si muoveranno mai.
    Qui però ci vuole un forte disegno di riforma del mercato che parta da concetti moderni. Nessun imprenditore è contento di licenziare, e la maggior parte se lo fa è perchè è necessario per l’impresa. La libertà di licenziare, anche nel pubblico, potrebbe essere la spinta giusta per rialzare la produttività di un paese dove pochi lavorano tanto e pagano tanto, e molti lavorano poco e producono poco.
    Aggiungerei anche che serve una riforma anche del contenzioso del lavoro, dove si riducano di molto i tempi e i modi per i quali i lavoratori possano fare ricorso, questo per aumentare le certezze delle imprese sui costi da affrontare, senza scalfire il merito.

    Faccio un esempio: 6 mesi per impugnare le retribuzioni percepite facendo fede per la decorrenza del termine la busta paga di riferimento. Oggi un lavoratore può farti causa per 10 anni di retribuzioni, in malafede, perchè tanto un giudice che gli dà ragione c’è sempre.
    Ecc.

  4. maria teresa

    ciao giannino, per favore mi commenti le parole della fornero sui giornalisti e il loro contratto? per me scandalose…..
    grazie

  5. greg

    “il mercato del lavoro è anche troppo flessibile”, e “la flessibilità crea incertezza”. Mario Draghi 20/12/2011,Bruxelles…
    serve aggiungere altro?

  6. pietro27

    articolo di difficile comprensione e purtroppo tutti questi schemi stanno dentro conventicole che non hanno alcun rapporto con il divenire del mondo. Le domande sono altre: bisogna ridefinire il concetto del lavoro di fronte alle mutate condizioni ambientali, alla scarsità delle materie prime, al riciclo dei materiali, ad un riequilibrio del concetto di consumo…. il fatto che una comunità per vivere ha bisogno dell’apporto di tutti; qui stiamo solo razionalizzando una guerra tra poveri, bisogna distinguere di un riequilibrio della ricchezza prodotta senza se e senza ma; perchè il concetto di fondo è che senza libertà economica e quindi di un reddito sicuro, non c’è alcun tipo di libertà…. e il reddito sicuro significa che a tutti deve essere assicurato un reddito di cittadinanza con quegli stessi soldi che si stampano per darli alle banche…

  7. Ugo Pellegri

    Bonanni, dopo aver ragionato con Berlusconi, ritorna ad essere quello che ha fatto scappare airfrance con il suo massimalismo, salvo acconsentire alla costituzione della nuova alitalia sotto l’egida proprio di airfrance.
    Ora ci riprova, con la Camusso, andando oltre le dichiarazioni del ministro sostiene che che la questione dell’art. 18 è una questione di civiltà.
    Evidentemente per il sindacato è civile l’iperprotezione da una parte e l’anarchia dall’altra.
    Ichino non viene dalla luna, è stato in CGIL ed ancora fa parte del sindacato, ha una specifica competenza e tanto buon senso ciò nonostante una buona base di discussione viene respinta così come fu respinta la proposta di Spinetta.

  8. adriano

    @greg
    Mario Draghi (19.12.2011), ecco l’intervento completo:”Non mi sognerei mai di dire che gli Stati Uniti non hanno bisogno di riforme strutturali”, ha detto il presidente della Bce, affermando che gli Usa “ne avrebbero bisogno di moltissimi settori” ed accennando, a titolo d’esempio, al fatto che “il mercato del lavoro è anche troppo flessibile”, flessibilità che crea “incertezza”. Forse, in Italia, le cose stanno diversamente.

  9. tony

    Spero di sbagliarmi….ma il problema sta’ davvero nell’applicazione dell’art. 18 o nel voler a tutti costi nascondere che di LAVORO “gha ne’ pu’!!”

  10. Ma stiamo tranquilli! Ma quali problemi ci poniamo? La PMI, dopo le manovre fiscali di Tremonti e Monti, tra due anni non ci sarà più per cui inutile preoccuparsi. Tutti i lavoratori avranno le tutele. Gli altri non saranno lavoratori, saranno disoccupati, per cui no problem.
    Molti potranno andare a chiedere lavoro da Befera.

  11. alex61

    Ho in impresa di servizi rivolti al mercato italiano (da oltre 30 anni), ho 5 dipendenti regolari e due a tempo determinato. Esaminata la situazione (e la recente manovra Monti), ho preso una decisione salomonica, al primo calo di lavoro, BASTA! ricorso alla cassa integrazione. Finchè ho un pò di soldi chiuderò l’attività e saluterò i miei dipendenti.
    Qualche cosa mi reinventerò (ho una buona professionalità), nel nostro paese creare lavoro è solo una fregatura.

  12. marco

    io credo che il vero problema quello alla base sia tutto sia il principio di Pareto..non è possibile che l’80% della ricchezza sia mano al 20% della popolazione..forse bisognerebbe tornare ad Adam Smith..famoso per il concetto di mano invisibile, molto meno per l’ammonimento circa l’istituzione che, assieme allo Stato, potrebbe distruggere la concorrenza, ovvero la “compagnia privilegiata” (oggi sono circa 1000 queste compagnie che negli USA hanno in mano industria, commercio e finanza e anche politica con i danni che tutti sappiamo)..si legge in Wealth of Nations :”…nn ci si può aspettare che i dirigenti di tali compagnie, essendo amministratori piuttosto del denaro altrui anzichè del proprio, lo curino con la stessa ansiosa vigilanza con cui i soci di una società in nome collettivo frequentemente curano il loro….perciò prevale più o meno sempre la negligenza e la prodigalità..”
    ormai è il sistema ad essere sbagliato: gli stati europei non hanno più sovranità, non possono più attuare una politica monetaria e non si riescono nemmeno a riconoscersi in un governo più alto, più europeo perchè non esiste..allora mi domando: lo stato esiste per gli individui oppure gli individui esistono per lo stato?

  13. Rodolfo

    credo che dopo la manovra recesiva , in recessione , se si tocca l art 18 sull amassa attiva dei lavoratori , si creerebbe ulteriore recessione , insomma criamo poveri s poveri? gIA FACCIAMO UNA MANOVRA CHE NON è SALVA ITALIA MA SALVABANCHE , in un contesto dove si sta facendo una guerra con i mercati , tra un po arriverannpo anche ad offrire le mgli in jus prime noctis agli investiori che invece non vogliono investire in qualsiasi cosa abbia i lsimbolo euro , insomma il mercato dal piccolo riparmiatore al grande investitore vogliono 1 moneta 1 nazione 1 economia, quindi non servivanessuna manovra non serve toccare art 18 non serve lo jus prime noctis , gli investitori vogliono o l Europa stato federale con 1 economia o che si ritorni alle monete nazionali , perchè si insiste in altre direzioni , spennando i cittadinii quando i mercati vogliono solo che si superi il conservatoriso di questa moneta strana di questo progettoo ibrido di questa grande incompiuta…e cosi ci porteranno al default con il crollo dell euro pagando cosi 2 volte , 1 volta con le manovre e questa non sara l ultima , si veda oggi che la BCE distribuisce oldi alle banche ma i mercati se ne fottono e scendono, e poi con il default srebbe saggo invece pianificare le fine dell euro ed il ritorno alle monete nazionali semmai una manovra una tantum appnto er atterrare non violentemente al ritorno delle monete , . Secondo voi i soldi che la BCE sta distribuendo alle Banche da dove vengono? L europa si sta incartando stanno creando la bolla bancaria del EURO in un circolo viziooso dove gli stati metono soldi al fine di farli arrivare alle banche al fine di farseli prestare al rinnovo dalle medesime ovvero dal BCE ..ed intanto i mercati stanno abbandonando l area euro …altro che bolla subprime questa sara da manuale come quella olandee del tulipano del 1600….

  14. warren buffet

    greg :“il mercato del lavoro è anche troppo flessibile”, e “la flessibilità crea incertezza”. Mario Draghi 20/12/2011,Bruxelles…serve aggiungere altro?

    ci credo che draghi è contrario lla flessibilità…
    i dipendenti indeterminati infatti sono tutti indebitati e col mutuo…
    i precari no…non possono…

    se togli l’art 18 chi le paga le rate dei prestiti che le banche fanno proprio perché sanno che l’art.18 impedisce il licenziamento e prevede la cig…

  15. warren buffet

    FAVOREVOLI all’art.18
    – aziende oltre i 15
    – loro dipendenti
    – sindacati
    – partitocrazia
    – aristocrazia
    – piccole aziende sotto i 15 (lo sognano la notte anche loro)

    CONTRARI all’art. 18
    – europa con l’acqua alla gola che senza queste riforme finirà di sicuro
    – grandi potentati che rischiano il loro patrimonio essendo impossibilitati a dismetterlo
    – colossali fondi assicurativi che sostituiranno l’art.18 privatizzandolo gestendo tale liquidità senza più farla passare per lo stato

  16. Adriano

    Le analisi finali sono incomprensibili se non sono chiari i concetti di partenza. Così come la sospensione della democrazia è un termine vuoto, se non si premette chi deve decidere. E se all’inizio si stabilisce che è meglio non dirlo chiaramente,ognuno è giustificato a dare l’interpretazione che vuole. La chiarezza ha un costo. Se non lo si vuole pagare si procede per compromessi. Finchè dura. “La sovranità appartiene al popolo. “Chiaro. In questo caso quando ciò che il popolo ha deciso viene disatteso, è il popolo che deve deve scegliere cosa deve essere fatto. Se invece si aggiungono postille “…che la esercita come dico io” si apre la porta a qualsiasi arbitrio e si entra nel mare procelloso dell’ambiguità. Quale relazione con l’argomento? Occorre anche in questo caso fissare le premesse.E’ chiaro che il lavoratore vorrebbe un rapporto a tempo indeterminato.E’ chiaro che il datore di lavoro non può assicurarlo,perchè l’eternità non esiste in natura.Quale aspetto sociale si vuole porre alla base? Certo se si parte nella nebbia,si parte male. “L’Italia è una repubblica democratica,fondata sul lavoro. “Cosa significa? Tutto e niente. A scelta. Se si preferisce la garanzia per tutti a fronte delle necessità di vita a prescindere dalle corrispondenze economiche, la tutela del singolo deve essere assoluta. Se si preferisce la possibilità di una progressione delle aspettative di ricchezza ,non si possono prevedere vincoli eterni. Non si tratta di inventare nulla. Il sistema collettivistico comunista e quello individuale capitalistico all’americana,sono la rappresentazione pratica di questi estremi.Il primo è più comodo ma conduce ad una apatica sonnolenza. Il secondo, a mio parere, corrisponde alla realtà naturale della lotta per la vita ed è quindi duramente scomodo e crudele ma consente progresso evolutivo. E’ una scelta fra sostanziale annichilimento e continua trasformazione. Come tutte le scelte non è detto che debba essere definitiva ma la decisione spetta al popolo sovrano. Senza commi aggiuntivi. Consegnato lo strumento d’uso,le parti discuteranno i dettagli secondo le residue possibilità di convenienza. Non serve che a farlo sia il regista. Meglio lo facciano gli attori ma se i dati da cui si parte sono nebulosi, le soluzioni pasticciate lo saranno di più.

  17. Max 68

    Buonasera Oscar,

    Le propongo 3 temi:
    1)EMERSIONE
    detrazioni al 100% delle spese , con conseguente aumento del gettito per l’effetto IVA ; faremo meglio noi Italiani che l’Agenzia delle Entrate, perché noi Italiani siamo veramente forti. Quanti punti di PIL verrebbero fuori secondo Lei ?

    2)EQUILIBRIO MONETARIO
    tutti i pagamenti max a 60 ggfmdf ; ma perché la GD raccoglie a vista e impiega a 120 se va bene ? In Francia e Germania la GD paga a 30 max 60 gg , mentre qui creano un buco nero clamoroso. MA la BCE tiene conto della diversa velocità V nei diversi stati, mentre controlla le emissioni di M2 ? Il fatto che lo stato paga peggio di tutti non può e non deve essere un alibi per tutti quelli che con lo stato non hanno crediti.

    3) COSCIENZA ECONOMICA
    basi di economia politica e di dirtto pubblico obbligatori nei programmi scolastici per i maturandi : qui tutti possono dire tutto, perché fondamentalmente quasi nessuno conosce la materia del contendere, nemmemo a sommi capi.

    Grazie per l’attenzione.
    Auguri di Buon Natale a tutti
    Max 68

  18. Giuliano

    L’unica cosa realizzabile sull’articolo 18 è quella di innalzare la soglia da 15 a 150 dipendenti.

    Forse non si riuscirà ad arrivare a 150, però se si delimitasse il perimetro della questione sul problema della soglia si darebbe la possibilità a tutte le parti di dichiarare salvi i propri principi e contemporaneamente di fare effettivamente qualcosa (cosa di cui tutti si rendono conto).

    Infine, ma forse la cosa più importante, da quando l’articolo 18 è stato formulato ha esercitato un fascino tale sulla mente degli italiani che non è stata mai possibile alcuna modifica se non una attenuazione per mezzo della soglia, quindi va colto questo aspetto e si devono concentrare gli sforzi in questa unica direzione.

  19. adriano

    Per il web designer del blog.Da tempo ho difficoltà ad inserire il commento.A volte il sistema,anche se lo registra come avvenuto,non lo pubblica.Ho provato a cambiare browser,computer,sistema operativo.Inutile.Finalmente ho provato a cambiare provider.Passando da Telecom a Tiscali il problema non c’è più.Ho comunicato il malfunzionamento a Telecom e la risposta italica è stata:”Non ci riguarda.”Può riguardare il blog?

  20. Franco

    Il 98% delle aziende italiane ha meno di 15 dipendenti (chissa perchè!!) e poi si parla di nanismo, di reti d’impresa, di internazionalizzazione. Da sola questa statistica rende l’idea del DISASTRO ECONOMICO causato proprio dall’art. 18.
    In tutto il mondo si può licenziare e non esiste rapporto tra scientificamente provato che la possibilità di licenziare sia la causa dell’aumento della disoccupazione. Come già scritto da altri, in Italia c’è fin troppa flessibilità nel lavoro che grava sulle spalle dei lavoratori stessi (CIGO-CIGS- Mobilità etc..) e di cui molte aziende ne approfittano pure.
    A nessuno piace licenziare, ma se l’economia non tira e gli ordini calano, l’impresa deve poter riallineare i costi fissi ai ridotti margini e nel momento in cui l’economia si riprende quei dipendenti saranno immediatamente riassunti se non avranno nel frattempo già trovato posto altrove.
    Solo chi non ha nessuna professionalità da offrire, chi non sa fare nulla di utile, chi ha bassa produttività trova riparo nell’art. 18.
    In sostanza solo i fannulloni e gli incapaci sono tutelati dai sindacati mentre chi è bravo ed efficiente non avrà mai nulla da temere dall’art. 18.
    Eliminatelo per il bene dell’Italia e delle sue generazioni future. Abbiate il coraggio di farle queste benedette riforme del lavoro ormai arcaiche e adatte (forse) ai tempi delle ferriere!

  21. Francesco

    Carissimo Oscar,
    così mi piace poterti chiamare. Sono un tuo sincero e critico sostenitore, critico nel senso che effettivamente sposo sempre quasi in pieno le tue “letture” degli eventi, direi liberamente e senza falsi condizionamenti.
    Uso ascoltarti la mattina, essendo uno stabile ascoltatore di radio24, ma in ogni caso ti seguo (perdonami il tu forse troppo confidenziale) quando posso leggere un tuo articolo o piuttosto quando posso ammirarti quasi sempre nella veste di predicatore nel deserto in qualche trasmissione come ospite.
    Pur sapendo che il mio invito e senza dubbio fuori luogo, considerando il personaggio che sei, mi ero ripromesso di poterti inviare queste due righe a valle dell’attacco subito a Milano un paio di settimane fà.
    Non mollare Oscar, le persone che apprezzano e stimano il tuo punto di vista sono tante. Inutile aggiungere che c’è bisogno di persone come te, per l’Italia e per gli italiani.
    Grazie ancora e un sincero augurio di un sereno Natale per te e per le perone a cui vuoi bene.

    Un manager.

    Francesco

  22. Giuliano

    Ribadisco che è impossibile eliminarlo.

    Dobbiamo mirare ad alzare la soglia molto sopra i quindici.
    È utopistico pensare di abolirlo, anche se sarebbe bello.

  23. giancarlo

    in USA non esiste l’art 18. eppure hanno una disoccupazione monstre. ma finitemela con questa storiella dell’art 18 che impedirebbe a pseudo imprenditori di investire.
    la verità è che l’italia s’è fatta grande con l’impegno degli imprenditori veri, che hanno investito se stessi, i loro soldi, per il miracolo italiano. miracolo che non si è arrestato nemmeno dopo il 1970, cioè dopo l’introduzione dell’art 18. oggi, i figli di quegli imprenditori oggi conducono le imprese familiari con tanto di lauree o di master in tasca, ma senza idee, progetti ed invenzioni. nel frattempo scaricano la responsabilità della situazione sulla scarsa produttività del lavoro, mentre sono loro stessi i responsabili della scarsa produttività dei loro dipendenti. per cui finitemela con le scuse. ho già scritto che i ns imprenditori di fronte alla globalizzazione hanno cercato la concorrenza sui costi e cioè abbattere i costi, per produrre le stesse cose di prima, credendo di fare un’impossibile concorrenza ai cinesi, magari un domani contro i vietnamiti, nordcoreani bangladesh ecc (poi di seguito verrà il Sudan Zaire, Congo ecc, nel mondo c’è sempre qualcuno da sfruttare). E invece avrebbero dovuto fare gli imprenditori e non i ragionieri. Mi spiegate come fanno gli imprenditori tedeschi a vendere in Cina con le pesanti buste paga che sostengono per i loro dipendenti? I ns imprenditori sarebbero contenti di avere masse di disoccupati da assumere (sfruttare) come in Cina. e poi di vendere i loro prodotti in italia alle stesse masse impoverite? di queste scelte ora ne pagano le conseguenze. che motivazione trovate sulla differente busta paga lorda e netta degli operai tedeschi rispetto agli italiani? il cuneo fiscale? non è solo il cuneo fiscale. c’è una diversa mentalità, che porta i tedeschi a selezionare e difendere i propri dipendenti e spesso a non farseli portare via dalle imprese concorrenti, mentre da noi non si cerca di mantenere il piu’ bravo ma semplicemente di non licenziare coloro che costano meno: si guarda il costo e non il prodotto finale. Auguri

  24. Claudio Di Croce

    @giancarlo
    Avendo imprenditori incapaci, ladri, evasori fiscali,sfruttatori dei lavoratori, mi sembra che l’unica soluzione sia quella di sbatterli in galera e sustituirli o con imprenditori stranieri ( bravo chi ne trova uno ) oppure con dei capaci dipendenti pubblici ,delle menti superiori alla Monti , che sono vera ricchezza italiana . Non ci avevo mai pensato , ma un ritorno all’economia completamente statalista guidata da burocrati sarebbe la vera soluzione . Poi mi pare di ricordare che è già successo in molti paesi del mondo ma non mi sovviene di grandi vantaggi per l’economia e neanche per i lavoratori e per il poppppppppolo.

  25. Mario

    @giancarlo
    Giancarlo hai detto una montagna di stronzate ideologizzate da chi ti ha riempito il cervello di spazzatura. Almeno ascolta radio Radicale che magari capirai qualche cosa di diverso dal linguaggio di Floris o di Fazio

  26. Giuliano

    Il fatto che solo in Italia la stragrande maggioranza di aziende sia sotto i 15 dipendenti significa che l’articolo 18 ha costituito, quantomeno, un limite alla crescita delle imprese italiane, che le ha portate a non avere le dimensioni sufficienti per competere nel mondo, e più tempo passa e peggio è.

    Credo sia difficile negare l’evidenza dei numeri ma visto che di toglierlo neanche se ne può parlare mi chiedo se c’è qualcuno che può porre una argomentazione sostenibile contro l’innalzamento della soglia dei quindici dipendenti? Tenendo conto del nanismo delle imprese (solo italiano) e del fatto che tutta europa ci dice che dobbiamo riformare il mercato del lavoro (si ricordi, da ultimo, la lettera della BCE).

  27. Mario

    @Giuliano
    Hai detto una cazz.ata dopo l’altra: se fossi un imprenditore vedresti la realtà in maniera esattamente opposta; esempio:
    “l’articolo 18 ha costituito, quantomeno, un limite alla crescita delle imprese italiane, che le ha portate a non avere le dimensioni sufficienti per competere nel mondo, e più tempo passa e peggio è.”
    non è vero perchè la mia impresa, che ha meno di quindici dipendenti, dall’anno di nascita(1985) esporta all’estero nelle nazioni più tecnologicamente avanzate, USA, GB,D,F,ecc., una media del 85% anno di prodotto con punte del 96%.
    Ne conosco tante simili alla mia che hanno contratti continuativi con l’estero perchè hanno la versatilità e non sono caratterizzate da dipendenti che lavorano alla menefotto come i nostri parlamentari o gli impiegati dell’ufficio del registro o gli operai della vecchia Alfa che pur di boicottare il padrone, mettevano lo zucchero nei cilindri del motore.
    Sei il solito grullo di sinistra che non ragiona e non si documenta con la sua testa.

  28. Giuliano

    @Mario

    Mario ti sbagli, sono un imprenditore e non sono di sinistra.

    Non conosco un’impresa in cui un’imprenditore sia indifferente all’articolo 18. Costituisce un limite alla crescita. Se si è piccoli bisogna fare tutto da soli e l’azienda rimane legata alle iniziative del singolo, non si formano professionalità aziendali e quando l’imprenditore si ferma tutti a casa perché non c’è niente di stabile.

    Se si potesse aspirare a dimensioni maggiori si formerebbero quadri, dirigenti, una organizzazione vera e propria dell’impresa, invece nelle piccole imprese che ci sono oggi in Italia è tutto legato alla iniziativa del singolo che tira finché può, con consulenti esterni per tutto, dai commercialisti agli avvocati per le consulenze legali, gli ingegneri per la sicurezza, l’ambiente, etc etc, che lavorano per centinaia di imprese in modo superficiale, e tutto questo è un ulteriore limite allo sviluppo del paese.

    Se tu fossi veramente un imprenditore capiresti.

    Che poi il settore pubblico sia da rifondare siamo tutti d’accordo ma forse è un altro forum, questo mi sembra che riguardasse la riforma del mercato del lavoro.

  29. giancarlo

    @Claudio Di Croce
    se risponde al mio pensiero portando delle soluzioni che non sono nè mie nè sue dove crede di andare. non ho parlato di dipendenti pubblici nel mio post. Lei dove l’ha letto? non l’ho scritto.

  30. giancarlo

    @Mario
    non vedo programmi politici in TV da almeno 18 mesi.
    le è sufficiente. bene ora dica la sua opinione e, al più colga i miei errori, scrivendo le proprie tesi. grazie

  31. giancarlo

    @Giuliano
    è possibile che sia vero. ma un conto è dire che il 98% ha meno di 15 dipendenti, tutt’altro è dire che il 98% delle imprese ha 14 dipendenti e che queste ultime non aumentano la produzione per non assumere. invece perchè non aumentano la produzione? perchè non c’è domanda,per cui lo farebbero solo per il magazzino (che gioia!!). invece dovrebbero fare qualcosa di nuovo. Ribadisco che in USA non c’è l’art 18. come mai anche lì il tasso di disoccupazione è diventato rigido?

  32. Luca

    Ciao Oscar, sono sostanzialmente d’accordo con te, rabbrividisco al fatto che miniimprese con 5 dipendenti debbano assumere a contratto a tempo indeterminato. Mi chiedo però una cosa, tu punti giustamente sulla contrattazione aziendale, ma in queste minirealtà il sindacato non è presente, allora in questo caso come fare?

    Con cordialità

    Luca

  33. Mario

    @giancarlo
    “mentre da noi non si cerca di mantenere il piu’ bravo ma semplicemente di non licenziare coloro che costano meno: si guarda il costo e non il prodotto finale. Auguri”
    semplice, basta l’esempio che, secondo me, gli imprenditori veri tengono solo i migliori dipendenti per crescere con loro e diventare più forti, mentre i cattivi e magari i più grossi, tengono quelli che costano meno e li precarizzano.
    Non parliamo del terziario o di quelli che ci rompono i maroni tre volte al giorno per proporci questo o quel gestore telefonico.
    Chi è così incosciente da tenere i dipendenti che costano meno? chi forse ha bisogno di manovali.
    Per me i dipendenti andrebbero pagati con un fisso mensile(stipendio sindacale) più una percentuale sul fatturato o sugli utili (ovviamente solo a quelli che tirano il carro); è possibile fare questo nelle imprese con più di 15 dipendenti?
    allora io spero che Monti, siccome ha capito di non aumentare le tasse alle ditte altrimenti ne andrebbe anche del PIL, riesca ad abolire o a modificare l’art. 18 che serve solo, ripeto solo, per i lavativi mentre a quelli che tirano il carro non fa paura.
    E poi è ora di finirla che l’art. 18 evita dei licenziamenti; chi è imprenditore capisce ciò che dico; tra l’altro mi domando allora perchè la disoccupazione sia aumentata; non credo solo per la chiusura o il fallimento di alcune attività.

  34. Caro Giannino, per fortuna che ci sei , certi giornalisti … delle merende … non riescono sapere cosa sia la realtà quotidiana e nessuna trasmissione televisiva si mette a spiegare semplicemente dove sono gli sprechi del settore pubblico , quanto si spende per l’esercito ( 110000 uomini contro 55000 della Germania ) , quanto costano le società pubbliche – private a noi che paghiamo le tasse .. ecc .perchè non si fanno trasmissioni che informano ?

  35. Giuliano

    @giancarlo

    Scusa ma io penso che il numero di occupati e l’articolo 18 siano due cose indipendenti.

    Se l’economia è in una fase di crescita c’è bisogno di tanto lavoro per produrre tante cose e fare tanti servizi e quindi la disoccupazione si riduce, se l’economia è in una fase di recessione allora si produce poco, si chiedono meno servizi e la disoccupazione aumenta.

    A parità di condizioni economiche se ho il vincolo dell’articolo 18 le stesse produzioni/servizi saranno messe in atto da tante aziende con non più di quindici dipendenti. Se invece questo limite non ci fosse ci sarebbero meno aziende e della dimensione ottimale per il proprio mercato.

    Tante piccole aziende non hanno le risorse per creare professionalità, investire in ricerca, realizzare una organizzazione stabile in grado di attrarre gli investimenti di terzi. Quindi l’innalzamento della soglia dell’articolo 18 serve solo per cercare di ridurre questo vincolo pesantissimo che ha impedito all’economia italiana di creare imprese in grado di stare al mondo ma solo botteghe di eccellenti, a volte buoni ma a volte anche pessimi imprenditori.

    La cosa migliore sarebbe l’abolizione dell’articolo 18 ma è utopistico pensare di realizzarla, dovremmo cercare di far emergere l’idea di alzarne perlomeno la soglia oltre un limite accettabile (penso almeno 150 dipendenti).

    Inoltre bisognerebbe riflettere sull’idea che modificando le regole del mercato del lavoro si possa incidere in qualche modo sul tasso di disoccupazione. L’unico effetto che vedo è sul lungo periodo: se l’Italia non avesse avuto il vincolo dell’articolo 18 avremmo oggi imprese migliori con un mercato più ampio e quindi un’economia più florida e quindi minore disoccupazione. Se però la modifica del mercato del lavoro andrà verso la direzione di aumentare ulteriormente i vincoli nello sviluppo e nel modello di organizzazione delle imprese tra qualche anno sarà ancora peggio di come è oggi.

    Ora visto che i soggetti che sono titolati a dire la loro oggi in questo campo sono i sindacati e confindustria credo proprio che non ci sia speranza. Dei sindacati è inutile parlare, il loro lavoro è prevalentemente quello di mettere vincoli e regole allo sviluppo delle imprese. Per quanto riguarda confindustria si tratta di imprese che ormai hanno trovato il pieno adattamento nell’ecosistema di leggi, regole e vincoli del nostro paese. Tutte le trattative compiute fino ad oggi sono andate nel verso di aumentare le garanzie per gli uni (i sindacati) e per gli altri (i confindustriali) mascherando il tutto con un po’ di ideologia populista e di sinistra.

    Se non accade qualcosa di veramente nuovo siamo fritti. L’unica speranza è che qualcuno si accorga che aumentando la soglia almeno a 150 dipendenti non vengono rotti gli equilibri che si sono ormai consolidati da anni ai piani alti (sindacati e confindustria) ma si mettono tutti gli altri (il 98% delle imprese) nelle condizioni di competere tra loro e di far emergere qualcosa di migliore di quello che c’è.

    In bocca a lupo a tutti gli imprenditori.

  36. Mario

    Ha fatto più ricerca e sviluppo il singolo uomo, in proporzione e non, che equipe ed equipe messe insieme: non credo agli slogan, non credo alla massa ideologizzata che venera i grandi gruppi di ricercatori che pure esclamano miseria e perdono la dignità questuando anche ai Teleton, credo ai veri ricercatori alla “Leonardo” i cui discepoli dovevano pagare per imparare l’arte.
    Il garantismo ( e l’art.18 è uno degli suoi emblemi) ci ha portato a questo: difende i lavativi o quelli che hanno scelto un lavoro sbagliato anche per mancanza di professionalità.
    Ma la mancanza di professionalità è un errore della persona che non l’ha voluta acquisire partendo dalla gavetta e non è una mancanza della società che non l’ha data. Siamo pieni di corsi professionalizzanti, ma siamo molto scarsi di professionisti.
    Bertinotti ha raggiunto il suo risultato ideale: illudere le masse per arrivare alla poltrona da sindacalista, come tutti gli altri della sua peggior specie di politicanti.
    Fateci caso se non è uno scandalo che moltissimi segretari della CGIL soprattutto, siedono o hanno seduto in parlamento. e cosa hanno ottenuto: hanno ottenuto la distruzione del tessuto industriale manifatturiero italiano.
    L’industria tessile produce pochissimo rispetto a 10 o 20 o 30 anni fa.
    La chimica è scarsa. La metalmeccanica potrebbe migliorare, ma senza la Marcegaglia, o Abete o Montezemolo che sono allodole per le masse di pecore.

  37. giancarlo

    @adriano
    non ho capito. o meglio, forse faccio finta.
    lei vorrebbe dire che per migliorare dobbiamo compiere gli stessi errori degli USA, dove esiste la stortura dell’eccessiva flessibilità? ma se la stà criticando, come può perorarla?

  38. giancarlo

    @Mario
    stipendio sindacale + incentivo sull’utile.
    Ma l’utile dipende dalle scelte strategiche- per esempio se insisto 20 anni sulla punto, dopo aver insistito 20 anni o piu sulla uno, è chiaro che faccio un prodotto schifoso e che non vendero’, con danno per l’utile.
    ma chi sceglie le strategie? gli operai o gli imprenditori?
    la sua ricetta va bene finchè tutto va bene, ma quando i salariati intenderebbero fare cose diverse dalle scelte dell’imprendiore, cosa succede? chi decide? chi paga per gli errori? in italia gli operai non possono scegliere niente mentre nella comunista germania i sindacati siedono in CDA! da noi? da noi la FIOM (per carità sono degli estremisti, è vero) viene cacciata dalle fabbriche, non dai CDA.

  39. giancarlo

    @Giuliano
    facciamo cosi’:
    per 10 anni incrementiamo la soglia art 18 a 250 dipendenti.
    dopo 10 anni controlliamo. verifichiamo l’andamento della ns disoccupazione, o meglio del tasso di occupazione sulla popolazione attiva. Controllo da effettuarsi non in termini assoluti ma parametrato rispetto ai principali competitors europei. La situazione è migliorata: allora si eliminerà del tutto l’art 18. se lasituazione è peggiorata si torna a bomba. La cosa potrebbe essere fatta anche con paramentri diversi, come per esempio limiti inferiori: 100 dipendenti, oppure i suoi 150 dipendenti. azzardo: con l’accordo dei sindacati potrebbe essere fatto un esperimento in una regione italiana o in alcune procincie o distretti per verificarne gli esiti rispetto al resto del territorio nazionale. ma sempre con una inamovibile regola: se non ha funzionato e l’esperimento ha propdotto peggioramento della situazione, si torna daccapo.

  40. giancarlo

    @Mario
    se le ns fabbriche hanno continuato a produrre le stesse cose di prima (quando eravamo la cina del mondo) mentre son arrivati i BRICS, cosa pretendiamo? pretendiamo di stare sul mercato offrendo gli stessi prodotti con un costo limato del 15%, mentre la cina li vende a -50%, grazie a miliardi di cittadini disoccupati e poveri da sfruttare? per di piu’ con la regola economica del ribilanciamento fra tasso di cambio e bilancia commerciale saltata grazie all’accordo dei suoi detrattori, o per norma imposta dai suoi beneficiari (fatto che determina il perdurare di quel -50% anche nel lungo termine).

  41. giancarlo

    mario.
    sulla ricerca.
    è proprio provato che il gruppo di ricercatori (anche piu gruppi in concorrenza), e non i singoli, portano maggior numero di scoperte ed invenzioni.

  42. Mario

    @giancarlo
    Giancarlo, per me è provato che “piccola brigata, bella serata”.
    I grossi team, magari con storia come quello della Ferrari, fanno brutta ficura con un outsider come la Red Bull

  43. Mario

    @giancarlo
    guardi è da trenta anni che seguo questa regola e ho la fila di gente che mi chiede lavoro e chi fa le buste paga vorrebbe venire a lavorare nella mia ditta.
    Di lavativi non ne ho mai avuti perchè i pochi tentativi sono stati emarginati direttamente dai dipendenti.
    Per quanto riguarda l’innovazione e lo sviluppo, ha ragione Lei che questa debba venire dall’alto, ma solo in aziende come la Fiat, e di Fiat, in Italia, ce ne sono rimaste ben poche, forse neanche quella.
    Chi vuol proseguire su questa strada, nega l’evidenza e l’esperienza vissuta che gli italiani, da governare, sono ben diversi da altri popoli.

  44. addok

    caro oscar , sono un italiano che oggi grazie ai sacrifici miei, e dei avi, si ritrova un’azienda agricola moderna , terreni cASA ,ricovero attrezzi ,ecc., tutte cose o meglio tanti immobili che fino a ieri non pagavano nulla o il giusto , non so il perchè ma era la regola che non ho scritto io.
    da domani sara il crak per tante aziende come tante uguale alla mia ,visto il continuo diminuire del fatturato grazie alla grande distribuzione che impone le regole del gioco.
    ormai prima di finire in mano a equitalia spero che l’italia si svegli e si rivolti a questo stato LADRO , e impugnamo il forcone e cacciare i ladri anche a costo di default , cosi dopo le macierie i nostri figlio avranno una possibilita di uscirne con dignita , una volta liberati dai quei ladri nascosti nei palazzi

  45. adriano

    @giancarloNon capisco perchè le situazioni che non si condividono debbano essere errori o storture.Quando si deve scegliere fra due alternative facilmente e chiaramente spiegabili,a farlo devono essere i cittadini.Questo volevo dire.Se l’attuale normativa non lo consente la si cambi.”L’articolo 18 deve essere esteso a tutti”.”L’articolo 18 va abolito”.Gli elettori scelgano il principio.Le parti ne concludano la fine anche eventualmente ripristinandolo , non più con la forza della legge ma con il diritto di un accordo.

  46. adriano

    Questa disputa sui numeri non mi appassiona..Quindici,centocinquanta,duecentocinquanta,…e chi resta escluso cos’è,figlio di un Dio minore?Come si chiama uno stato che per legge discrimina i cittadini?Repubblica democratica fondata sull’ipocrisia?Oppure si devono condividere gli aforismi,riesumati a seguito delle ultime uscite dell’arzillo Sartori,per cui la democrazia è l’arte di far sembrare al popolo di decidere?Se la pianta cresce storta non ci si può poi meravigliare.Se uno stenografo guadagna più del presidente degli stati uniti neanche.Almeno citiamo l’esigenza del ripristino del potere decisionale agli elettori come democristiano preambolo .Non serve ma così ci si ricorderebbe che con le attuali premesse si ragiona di niente per niente.

  47. Blasi

    Egr. sig. Giannino,
    giorni fa avevo messo un mio scritto (in verità critico, ma non troppo) a proposito della sua trasmissione su Radio 24 sulla riforma catastale. Oggi non lo ritrovo.
    La libertà di espressione è bella e COSTITUZIONALE quando riguarda noi.
    Gli altri possono farne a meno.
    Ad ogni modo le faccio sinceri auguri di BUON ANNO

  48. Giuliano

    @Blasi

    Non ritrovo neanche io le ultime cose scritte, ma nei giorni scorsi c’è stata l’attività di un hacker tunisino che ha bloccato il sito per un giorno e si sono persi i contributi al blog delle ore precedenti, credo, non scomoderei la costituzione.

  49. Giuliano

    @adriano

    Infatti l’articolo 18 andrebbe abolito, ma visto che è una bandiera irrinunciabile per i sindacati italiani bisogna cercare di arginarlo il più possibile, non costituisce una tutela per nessuno se non per i fannulloni ed impedisce la crescita delle imprese oltre i quindici dipendenti.

    Una piaga biblica, forse se la mettiamo sui numeri i sindacalisti possono dire di aver mantenuto saldo il principio pur essendosi dovuti piegare alle raccomandazioni europee (se no non riesco proprio ad immaginare cosa voglia dire la lettera della bce all’italia quando chiede di aumentare la flessibilità nel mercato del lavoro).

    D’altra parte la flessibilità del mercato del lavoro che viene richiamata dalla bce è nel senso di ridurre i vincoli che ci sono in italia alla crescita delle imprese, esattamente il contrario di quello che propaganda la Camusso, che oggi ha detto che serve un piano sul lavoro o che ha fatto intendere il presidente della repubblica che nel discorso di fine d’anno ha dato per scontato un intervento del governo, entrambi vorrebbero far credere (come tanti altri) che mettere mano alle norme sul lavoro possa cambiare qualcosa 1) nel tasso di disoccupazione e 2) nel livello dei salari. Ma questo è falso.

    1) Il livello di occupazione dipende dall’andamento dell’economia, se c’è poca produzione ci sono pochi occupati, se c’è molta produzione perché l’economia è in crescita ci sono molti occupati. Se fate una minima riflessione sul livello di disoccupazione nel mondo in raffronto alle normative sul lavoro vi accorgete che la disoccupazione c’è, a prescindere dalla normativa, in funzione della situazione economica.

    2) Il valore dei salari dipende dal grado di tassazione del lavoro che dipende dal grado di tassazione generale. Per alzare i salari in Italia andrebbe ridotta la tassazione sul lavoro che è la più alta d’europa (come per la benzina) e non credo che questo rientri nella possibilità del governo.

    Quindi prima di chiederci dove sia e come sia una proposta liberale in Italia sul mercato del lavoro dovremmo chiederci che cosa vogliamo ottenere da un intervento del genere. Retrospettivamente tutte le modifiche alla normativa sul mercato del lavoro in Italia non hanno mai cambiato il tasso di disoccupazione né tantomeno il livello dei salari. L’unico effetto che hanno avuto questi cambiamenti nel passato è stato di favorire qualche grosso gruppo (pubblico o privato) con dei benefici fiscali o agevolazione nella cassa integrazione e di consolidare il potere dei sindacati, nelle aziende e nell’economia; cioè si è assistito ad un sistematico aumento della rigidità del mercato del lavoro.

    Quello che dovremmo volere da una riforma liberale del mercato del lavoro è quindi, come dice la bce, una riduzione dei vincoli posti alle imprese nel loro sviluppo. Il problema maggiore dell’Italia è che il 98% delle sue imprese sono bottegucce che si basano esclusivamente sulla forza di volontà del fondatore, senza organizzazione stabile, senza ricerca, senza investimenti e senza capacità di attrarre investimenti perché tutti, pur di non correre il rischio di trovarsi sposati per sempre con degli scansafatiche, hanno evitato di andar oltre la fatidica dimensione.

    Tutto qui. Se noi riusciamo ad alzare la soglia di questo maledetto articolo 18 forse riusciremo col tempo ad avere imprese della dimensione ottimale per i propri mercati e quindi in grado di strutturarsi, organizzarsi, attrarre investimenti, se no andrà sempre peggio.

    D’altra parte eliminare l’articolo 18 è impossibile, purtroppo, e mettere le mani su riforme più estese, come le proposte Ichino o Boeri-Nerozzi ci porterà ad uno scontro ideologico senza fine da cui verrà partorito un topolino, nella migliore delle ipotesi, o altre rogne per tutti, quasi sicuramente.

  50. Franco Tomassini

    Non entro nel merito dell’art.18, perché se ne parla fin troppo. Mi chiedo, invece, perché il Governo Monti, nel tassare così pesantemente la casa, non abbia, contemporaneamente, operato nel modo descritto, nel libro di Tommaso Nannicini (Non ci resta che crescere), da Filippo Taddei. Egli dice (antecedentemente al Governo Monti) che, se si tassasse la casa, ad esempio per 40 Euro al mese, un nucleo famigliare pagherebbe 480 Euro all’anno. Dato che le case da tassare sono 32 milioni, si avrebbe a disposizione una cifra tale da poter restituire, per ciascun lavoratore occupato, circa 550 Euro. Ossia, la solita famiglia che pagasse 480 Euro all’anno di tasse sulla casa, se lavorassero marito e moglie, si vedrebbe restituire 1100 Euro, con un beneficio annuale di oltre 600 Euro. Mi sembra sia mancata questa mossa, che, sembra, verrà attuata tra pochi giorni. Se fosse stata fatta prima, ci saremmo risparmiati un sacco di contumelie contro questo Governo. O no? Dov’è che sbaglio?
    Franco Tomassini – Genova

  51. Mario

    @Franco Tomassini
    beh, credo che se solo i lavoratori beneficiassero del contributo statale, la manovra non sarebbe assolutamente equa: e quelli che non lavorano? Le casalinghe o le mamme part time o non occupate con 3-4 o 5 figli cosa riceverebbero?
    Non c’è alcuna giustificazione a creare nuove tasse.
    Paghino le forze politiche che hanno fatto il buco, comprese le banche che ci sguazzano in questo sistema di credito e di carte di credito, di obbligo di conti correnti ecc. ecc.

  52. La crisi in atto rischia di togliere credibilità al mercato, pilastro del liberalismo, tornano le tentazioni protezionistiche, ma la crisi è il prodotto del liberalismo o non piuttosto della mancanza delle regole che già Hayek indicava come indispensabili per una corretta economia di mercato?

    Questo lavoro vuole offrire un’aperta difesa dei diritti individuali e, al tempo stesso, una lettura in senso liberale di quelle interazioni tra individui che vanno sotto il nome di relazioni di mercato. La tesi al centro di queste pagine è che soltanto entro una società libera, la quale riconosca l’inviolabilità dei diritti di proprietà, è possibile assistere alla nascita e allo sviluppo di autentiche comunità, sorte dal basso per iniziativa dei singoli. Non è affatto vero, d’altra parte, che queste ultime siano incompatibili con il mercato, né tanto meno che la società liberale metta in discussione la possibilità stessa di ordini comunitari e familiari. In accordo con la tradizione più autenticamente liberale, che contrappone l’ambito dello Stato a quello degli scambi e dei contratti, con l’espressione relazioni di mercato vengono indicate le interazione economiche tra soggetti privati, stipulate su base consensuale. Appartiene quindi all’area del mercato ( e non quella dello Stato) – l’insieme dei rapporti d’affari (scambi commerciali, contratti di lavoro e locazione, prestiti a interesse) fondati sulla razionalità di chi ricerca il massimo profitto nel rispetto dei diritti altrui.

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