7
Apr
2011

Mediobanca, Geronzi e la guerra antifrancese

L’articolo seguente è stato scritto ieri di getto prima ancora che il cda di Generali si riunisse nel pomeriggio, non mi pare sia invecchiato.

“In Italia si illudono, noi qui a Londra stappiamo champagne, ma non per la stessa ragione”. Questo il commento di amici banchieri ai desk europei londinesi di grandi banche d’affari, alle dimission i di Cesare Geronzi dalla presidenza di Generali. E’ la fine di una lunga fase, non c’è dubbio. Dove porti bisogna vedere, e per questo a Londra credono che i vincitori italiani di oggi tendano a fare il conto senza l’oste. C’é la Francia, di mezzo, e stavolta non si parla di latte ma di biscotti ben più sostanziosi.

L’abilità oggettiva di Diego Della Valle è stata quella di identificare la linea di frattura in Generali che rendeva Geronzi molto più esposto di quanto la sua aura pluridecennale di power broker  facessero immaginare a molti. Ma senza l’aggiunta di Fabrizio Palenzona, Della Valle non ce l’avrebbe fatta. E’ l’ultimo difensore di Maranghi, il primo carnefice di Geronzi.

La linea di frattura non è mai stata quella dichiarata, la comunicazione esterna del Leone gestita dai collaboratori di Geronzi. Neanche le cattiverie volate all’ultimo secondo, i milioni di euro del costo complessivo della presidenza – comunque meno che ai tempi di Bernheim, ma allora nessuno fiatava. Della Valle ha fegatosamente scommesso sul fatto che con attacchi pubblici avrebbe portato dietro di sé i fondi privati e gli amministratori indipendenti, tutti i soci privati in cda, e alla fine la stessa Mediobanca. C’è riuscito. Anche perché aiutato da un pizzico di fortuna. Se Vincent Bollorè non avesse reagito con un doppio fallo da cartellino rosso, non votando il bilancio pur essendo vicepresidente e attaccando lancia in resta in pubblico Giovanni Perissinotto. E’ a quel punto, che Della Valle ha affondato la lama. Se l’ex presidente di Mediobanca non riesce a impedire che il vicepresidente francese, esponente di un pezzo essenziale del patto di sindacato di Mediobanca stessa, ponga con le sue incaute decisioni l’ad Perissinotto in condizioni di minacciare un esposto alla Consob contro entrambi, allora bisogna mandarli a casa. Su questa linea,  da Nagel di Mediobanca ai grandi privati come Pelliccioli e Caltagirone, fino ai consiglieri indipendenti a nome dei fondi azionisti, non hanno potuto che convenire.

Ho purtroppo l’impressione, però, che il problema sia solo a parole quello della maggior focalizzazione di Generali sul suo core business, ponendo termine ai lunghi anni in cui ha sottoperformato rispetto ad Axa e Allianz. La questione è diversa, ed è per questo che i miei amici banchieri a Londra stappavano champagne. Fino a lunedì sera sembrava che la riunione del cda mercoledì si sarebbe conclusa con una abborracciata mezza marcia indietro di Bollorè, e qualche nuovo scambio di sciabola con Geronzi. Ma nella notte di lunedì si è capito invece che in primis i manager di Mediobanca consideravano la posizione di Bollorè non più risolvibile, perché ad essere minacciata era la stessa Mediobanca in prospettiva. E’ stato Palenzona, a convincerli. E tutto è precipitato.

Della Valle ha così ufficialmente aperto la grande campagna perché i soci francesi escano da Mediobanca. Il patto di sindacato scade a fine anno, controlla il 44% di Piazzetta Cuccia, e vede i soci stranieri all’11% con singole partecipazioni non superiori al 2%, salvo Financière du Perguet fino al 5% e Groupama fino al 3%. Da settembre dell’anno scorso, anche Bolloré poteva crescere con la propria quota. L’addio di Geronzi è l’inizio della fine della classe C di azionisti in Mediobanca, affiancati alle banche di classe A e ai privati italiani di classe B come Troncheti, Ligresti, le stesse Generali, la Dorint di della Valle, i Benetton, Fininvest, Doris, i Ferrero e i Fumagalli.

Per cambiare il patto ci vuole almeno il 30%, diciamo che non ci si divide tra banche e privati gli italiani possono far fuori i francesi. Che però hanno altre azioni non dichiarate, e per questo con Groupama volevano salvare Fonsai di Ligresi – li ha fermati la Consob – e ancora le stanno addosso. Bollorè ha sbagliato ad attaccare a fronte bassa, a meno che non immaginasse che senza Bernheim a Trieste gli italiani lasciassero fare ancor più ai francesi, in Mediobanca come a Trieste.

Ammesso che i francesi schiodino senza troppi danni – e a Londra dicono di no, anzi pensano che i banchieri d’affari potrebbero lucrare commissioni notevoli su tentativi di scalata stranieri alle stesse Generali –  chi si candida a crescere in Mediobanca rilevando le quote francesi, e ad avviare nelle altre partecipate dal salotto buono come Rcs e Telecom Italia svolte paragonabili a quella avvenuta a Trieste?

Dacché è stato chiaro che Della Valle si avviava a vincere, l’unione  dei soci alle sue spalle si è fatta sempre più estesa. Perché per candidarsi al ruolo di nuovo baricentro di Mediobanca,  con tutto quel che consegue nell sue partecipate, bisogna partecipare alla defenestrazione di Geronzi oggi. E veleggiare in un pelago rischioso da oggi in avanti.  Perché i privati forti di denaro proprio da investire sono pochi, essenzialmente lo stesso Della Valle ma soprattutto Caltagirone, che finora  ha molto misurato le parole ed esteso le sue quote, proprio pensando a quando inevitabilmente tra banche e pochi grandi pivati italiani il suo ruolo crescerà ancora. Ben oltre quello di presidente a interim di Generali, a cui è giunto oggi. Al contempo il mondo dei soci di Unicredit non poteva mancare alla defenestrazione, visto he Palenzona è stato decisivo per smuovere Mediobanca: ed è per questo che Miglietta ha dato il suo voto. Nella nuova vulgata dell’Unicredit post Profumo, illustrata da Palenzona, le fondazioni socie non intendono più assistere al fatto che sia solo Banca Intesa a realizzare le cosiddette “operazioni di sistema”, e cioè domani a mettere amici propri al posto dei francesi in Mediobanca.

In altri tempi, sarebbero stati innanzitutto i manager operativi di Mediobanca e di Generali, a giocare anch’essi un ruolo di primo piano nel futuro dei propri istituti. Oggi, per la statura personale e per come hanno interpretato i tempi, che non sono più quelli di Marangui, è praticamente impossibile. Anche se quella di Nagel è la firma in testa alla lista, senza la quale la condanna di Geronzi non sarebbe stata seguita. Con tutto il rispetto per Nagel, però, non sarà lui a poter né  governare i colpi portati ai francesi né la loro reazione, né a cesellare il nuovo quilibrio che si determinerà di qui alla fin dell’anno in corso, se davvero guerra sarà e non ci si accontenterà del primo colpo di cannone in Generali.

Se pensate alla politica, il ministro dell’Economia come la sua Cdp guidata da ex uomini di Banca Intesa e già mobilitata sul fronte Parmalat ed Edison  non possono considerarsi disinteressati, a un’azione volta a impedire che i francesi crescano nell’orto Mediobanca. Freddamente, il ministro ha sempre fatto intendere che il rapporto con Geronzi riguardava Palazzo Chigi, non via XX settembre. Della Valle può immaginare che la crescita italiana in Mediobanca di cui il suoi oggettivo successo in Generali è fautore possa essere anche vento nelle vele politiche della svolta montezemoliana a favore della “borghesia produttiva”, come  si scrive negli articoli di ItaliaFutura. Ma forse è meglio non dimenticare che ci sono anche aziende del Cavaliere, tra i soci Mediobanca. Sarà battaglia dura, perché di mezzo c’è un bel po’ di fette di torte sin qui tenute ad ammuffire. Quanto a Geronzi, per come lo conosco credo sia il primo a non farsi ora illusioni, su quanti gli volterano ora ancor più le spalle.

Sarebbe bello immaginare che il no a Geronzi sia il sì di tanti al graduale sciolgimento di patti di sindacato dentro, fuori e sotto Mediobanca, patti che oggi non hanno più giustificazione e significato che avevano quando vennero disegnati, e che servono solo a rendere più opaca la conduzione aziendale, meno focalizzati sulla creazione di valore i manager, e più fitti i conflitti di interesse di amministratori e soci, prenditori  prestatori, creditori e debitori. Ma scommtto che la speranza resterà delusa, sperando si sbagliarmi.

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15 Responses

  1. andrea61

    Caro Giannino, io non so se all’estero nelle grandi aziende finanziarie si discute cosi’ poco, anzi per nulla, di piani industriali, di sviluppo , di redditivita’ e invece si passa cosi’ tanto tempo a fare politica intesa nella sua accezione piu’ bassa, ovvero quella della spartizione del potere.
    Oggi qualche commentatore salutava l’uscita di Geronzi come un fatto epocale e rivoluzionario, prologo di un’ondata di salutare rinnovamento. A me pare invece che per l’ennesima volta si continui a dare troppa attenzione alle persone e non ai meccanismi che regolano le istituzioni, confondendo la causa con quello che per me e’ l’effetto.
    Avere istituzioni come Generali, Mediobanca o aziende editoriali come RCS con CDA di 15-20 elementi manco fossero aziende del vecchio parastato non e’ indice di salute; aziende i cui azionisti di riferimento non chiedono ai manager piani industriali e redditivita’ ma perseguono spesso fini assolutamente estranei al bilancio delle aziende il tutto all’interno di patti di sindacato che servono solo a dare forza ad un capitalismo pezzente incapace di giocare con le regole del mercato. Leggo che un azionista di primo piano ha lasciato il CDA per colpa di operazioni immobiliari non esattamente sinergiche con i propri investimenti privati o che un altro azionista punta dritto al controllo di RCS nonostante il suo business stia all’editoria come Berlusconi sta agli stabilimenti balneari; se questi sono gli stimoli che muovono il capitalismo italico, non intravedo un futuro particolarmente radioso per il nostro paese.
    Tra l’altro si perpetua il messaggio estremamente diseducativo per cui le aziende non servono per creare valore ma solo per permettere i giochetti a chi le controlla.

  2. LucaS

    Di Generali e Mediobanca mi interessa poco visto che tutto sono meno che aziende gestite nell’interesse degli azionisti di minoranza, e quindi nessun risparmiatore serio di lungo periodo dovrebbe considerarle… un po come Rcs! Il loro andamento di mercato lo testimonia impietosamente. Al massimo si possono seguire le notizie relative a queste aziende come se fosse una soap opera…tanto siamo li, non certo per guadagnarci! Se dovessero davvero comprarle i francesi o gli inglesi o i tedeschi… sarebbe un ottima notizia, l’importante è che non comandino gli italiani: tutto potere in meno per i politici italiani che le condizionano indebitamente e per i grandi soci italiani che cercano di trarne vantaggi per se e per le proprie imprese a danno come sempre degli azionisti di minoranza! Altrochè italianità questi hanno paura di perdere la fetta di torta che erano abituati a spolpare da anni….
    Per chi ama il vero libero mercato, oggi c’è solo da festeggiare per l’uscita a calci nel sedere (meglio tardi che mai) di un personaggio indegno e impresentabile come Cesare Geronzi, che all’estero probabilmente sarebbe già in galera da anni… un vero “sunny day for corporate Italy” come dice il Financial Times! Ancora meglio sarebbe una bella azione di responsabilità per tutti i disastri che ha combinato nelle società che ha guidato e per i quali invece è sempre stato lodato incensato e lautamente pagato (non Lei Giannino ma il 99% della stampa)…. mi ricorda un certo ministro dell’economia che come Geronzi oggi sembra intoccabile.

  3. Andrea 73

    Si favoleggia di una buonuscita intorno ai 16 milioni di euro. Non male come TFM per un solo anno di presidenza; non male come calcio sul sedere. Una domanda (populista e retorica): ma è libero mercato? o parassitismo autoreferenziale sul portafoglio degli assicurati?
    Certamente Tremonti sta accumulando potere, non più solo di interdizione, ma ora di relazione e di tessitura di una trama che lo vede come fulcro di un nuovo assetto di potere, a mio giudizio in grado di assurgere a guida del dopo Silvio.
    A tanti Tremonti non piace per la disinvoltura con cui cambia idea nel dialogare di massimi sistemi; gli va tuttavia riconosciuta, obtorto collo soprattutto in questo blog, una perfetta conoscenza di meccanismi di spremitura fiscale (da addetto ai lavori, il vituperato Visco era un pivello; gli strumenti più pervasivi sono stati dati all’Agenzia delle Entrate sotto il regno di Tremonti).
    Mi auguro che l’intelligenza dell’uomo lo porti a smarcarsi dai pesanti condizionamenti localistico-leghisti (do you know quote latte?) e con una robusta iniezione di senso di realtà (dopo la fabula berlusconiana [Repubblica in questo la descrive molto bene, gliene va dato atto]) il sistema Italia possa ritornare a competere e a crescere a tassi decenti, con meno spesa pubblica e meno pressione fiscale.

  4. marco

    Giannino,
    non pensa che questa volta le lotte di potere possano essere solo in secondo piano e che invece ci sia, giustamente, una gran voglia di vedere un ritorno dai propri investimenti ?
    Quasi tutti gli azionisti chiave hanno in carico le azioni ben sopra i 20 euro (soprattutto DeAgostini) ma anche Caltagirone che pur ha mediato parecchio comprando a Generali a 14/15,30 euro.
    Io spero che ora si vada verso una gestione veramente più efficiente tagliando i rami secchi delle operazioni di “sistema”(vedi Telecom) e spingendo l’acceleratore su sviluppo nei mercati emergenti dell’est, il Brasile, la Cina e l’India.

  5. LucaS

    X Andrea 73: 16 milioni, per quanto estremamente irritanti, sono un niente rispetto ai danni che avrebbe fatto agli azionisti di minoranza… Ecco perchè ci vorrebbe una bella zione di responsabilità….

  6. @LucaS
    parlando di finanza,potete dire a Oscar Giannino quando fara una radiocronaca sul potere finanziario e vampiresco della stirpe EBRAICA o per caso a paura di bruciarsi i baffi.

  7. paolo falconi

    egregio dottore, Lei è tra i pochi che potrebbe proporre misure concrete per il ns. paese in virtù di una preparazione professionale invidiabile e di una logica stringente.Lei controbatterà:ma l’ho sempre fatto! si è vero,ma un programma relativo alla riduzione della spesa pubblica in termini dettagliati mi manca. mi creda

  8. Nikolai

    Generali/Mediobanca è un mirabile esempio di come si possa fare politica alla grande anche senza essere l’IRI. Col piccolo dettaglio che l’IRI era pubblica, cioè di tutti, cioè controllabile col voto. Questi centri di potere extraparlamentare no.
    Visto quello che è successo in passato e queste avvisaglie mi auguro solo che non sia alle porte una nuova nefasta stagione di “privatizzazioni” ( i.e. : regali agli amici ) delle residue risorse strategiche del Paese o di qualche invasione di campo di quelli che sono distanti dalla politica ma in realtà ci sono immersi fino al collo secondo le migliori e collaudate tradizioni nazionali.

  9. michele g.

    andrea61 :
    Caro Giannino, io non so se all’estero nelle grandi aziende finanziarie si discute cosi’ poco, anzi per nulla, di piani industriali, di sviluppo , di redditivita’ e invece si passa cosi’ tanto tempo a fare politica intesa nella sua accezione piu’ bassa, ovvero quella della spartizione del potere.
    Oggi qualche commentatore salutava l’uscita di Geronzi come un fatto epocale e rivoluzionario, prologo di un’ondata di salutare rinnovamento. A me pare invece che per l’ennesima volta si continui a dare troppa attenzione alle persone e non ai meccanismi che regolano le istituzioni, confondendo la causa con quello che per me e’ l’effetto.
    Avere istituzioni come Generali, Mediobanca o aziende editoriali come RCS con CDA di 15-20 elementi manco fossero aziende del vecchio parastato non e’ indice di salute; aziende i cui azionisti di riferimento non chiedono ai manager piani industriali e redditivita’ ma perseguono spesso fini assolutamente estranei al bilancio delle aziende il tutto all’interno di patti di sindacato che servono solo a dare forza ad un capitalismo pezzente incapace di giocare con le regole del mercato. Leggo che un azionista di primo piano ha lasciato il CDA per colpa di operazioni immobiliari non esattamente sinergiche con i propri investimenti privati o che un altro azionista punta dritto al controllo di RCS nonostante il suo business stia all’editoria come Berlusconi sta agli stabilimenti balneari; se questi sono gli stimoli che muovono il capitalismo italico, non intravedo un futuro particolarmente radioso per il nostro paese.
    Tra l’altro si perpetua il messaggio estremamente diseducativo per cui le aziende non servono per creare valore ma solo per permettere i giochetti a chi le controlla.

    @andrea61
    Sono d’accordo con quanto hai detto tu.
    Michele

  10. marco

    Sicuramente mi fa un po’ nausea vedere trattata con troppa leggerezza la sottoperformance di Generali, i vari manager in modo differente da fattorini solo marginalmente, ed in modo ossequioso solo incompetenti conclamati ma abili tessitori di trame alle spalle di clienti e contribuenti. E per pura generosita’ mi atterro solo a fatti universalmente noti di cui migliaia ed il paese tutto portan cicatrici Parmalat Cirio Alitalia. Onestamente spero che i processi tolgano a Geronzi fino all’ultimo euro di una immeritata liquidazione e spero che gli amci londinesi di Giannino abbiamo occasione di brindare ulteriornente, visto che un paio d’anni fa avevano gia tentato di smuovere l’elefante addormentato di Generali. Se fanno presto forse dalla giubilazione di Cesarenascera una nuova stagione meno politica e piu meritocratica

  11. alessandro

    egregio direttore,
    io sono un dipendente del gruppo Generali e trovo estremamente vergognoso che vengano dati tutti quei soldi a uno che ha “lavorato”meno di un anno.Il comparto assicurativo è in attesa del rinnovo contrattuale a livello nazionale di difficile soluzione.
    L’altro giorno il capo delegazione,il presidente di Genertel Minucci(gruppo Generali)ha ribadito incompatibile la richiesta di aumento in tre anni di 170 Euro per la crisi.Dare la buona uscita di 16 milioni di euro (pari a 48000 euro al giorno) invece è perfettamente compatibile……. alessandro

  12. Piero

    la Borsa anticipa i punti di svolta del Pil….

    i Banchieri anticipano i punti di svolta della Politica… certo che c’è il Cavaliere in Mediobanca.. certo che Egli voleva il Corriere della Sera (= mass media = consenso politico = voti = potere politico = leggi di favore x sè e per gli amici = soldi)..
    ed invece andrà a Della Valle amico di Montezz…..

    ma il vento è girato… come pure su Radio 24 (che bazzichi anche tu) incominciamo ad intravvedere un cambio della linea editoriale .. il patto di ferro tra Marcegaglia e Silvio si stà via via sempre + allentando (ti ricordi le Illiberali Intercettazioni :)..

    sembra solo finanza… ma non lo è… o meglio… alla fine lo è.. ma lo è x strane ed ed indirette ed infinite vie…

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