3
Apr
2010

L’astensione non conta. Ma potrebbe almeno “costare”

Se non avessi avuto una questione personale con l’assessorato all’agricoltura della regione Lazio, l’offerta politica dei maggiori partiti alle ultime elezioni regionali non sarebbe stata sufficientemente stimolante da indurmi a votare. Nel mercato, astenersi dall’acquisto di un bene o dall’uso di un servizio, anche se questo non significa necessariamente optare per un altro bene, o un altro servizio, comporta sempre delle conseguenze sulle scelte economiche e commerciali di chi produce quel bene, o di chi offre quel servizio. Tutto abbastanza ovvio.

Nel mercato della politica, invece, l’astensione non produce nessuna conseguenza: resta invariato il numero di seggi che vengono assegnati, e resta invariato il rimborso che ogni partito percepisce. Infatti il rimborso viene calcolato sulla percentuale dei consensi che ogni partito ottiene, ma questa percentuale viene automaticamente proiettata sul numero degli elettori, e non su quello, reale, dei votanti effettivi. Ci si divide un montepremi sempre uguale, insomma, a prescindere da quanti biglietti della lotteria siano stati venduti.

Di questo si è occupato Michele Ainis su la Stampa, ripreso poi efficacemente da Phastidio. Se i rimborsi elettorali venissero distribuiti sulla base dei votanti effettivi, l’astensione non si limiterebbe più a mandare dei semplici “segnali” alla classe politica, libera poi di scegliere se coglierli o meno, ma toglierebbe soldi veri alle casse dei partiti, che sarebbero quindi in qualche modo obbligati (o “incentivati”) a produrre un’offerta politica e programmatica più convincente.

Premesso che preferirei che i soldi dei contribuenti non fossero usati per finanziare la politica (e molte altre cose), chiunque volesse presentare una proposta di legge in tal senso avrebbe il mio più completo sostegno. Buona Pasqua.

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5 Responses

  1. Pier

    Dare il rimborso elettorale in base ai voti / votanti incentiverebbe la politica appunto a fare di più.

    Inoltre da convinto anti-astensionista penso che anche al cittadino, visto che snobba le scelte, potrebbe essere tolta in sede di dichiarazione la franchigia di “spese di produzione del reddito” così toccati veramente nel portafoglio coloro i quali io dico che “non vogliono sporcarsi le mani con il voto” , almeno pagherebbero pena!

    I rimborsi elettorali, non per le prime presenze, ma solo per chi ha raggiunto una certa percentuale, sono preferibili per la trasparenza a tutte le altre forme che beninteso dovrebbero essere sanzionate.

    Pier

  2. Articolo pertinente e condivisibile sia per la sua analisi (vedi rapporto votanti ed effettivi) sia per il suo rapportarsi con il mercato.
    Personalmente ritengo che la questione dei finanziamenti pubblici e rimborsi elettorali non verrà mai sollevata dai controllori, allo stesso tempo anche il contenimento della spesa pubblica e della rappresentanza dei posti e dei seggi.
    Sicuramente l’astensione nel breve termine è una risposta di non adesione a nessun contenitore che al momento ha poca efficacia in termini di incidenza, anche a causa delle regole e ai maneggi percentuali tipici di ogni elezione.
    Però la ritengo di profonda portata se anche in futuro questa aumenterà di consenso, superando quota 50%.
    Forse a livello di proposte e incidenza politica conterà ancora poco per il Palazzo, però simbolicamente e non solo entro una cornice di politica non politicata significherà di fatto l’abbandono e l’emancipazione degli italiani dallo Stato e dalle sue ritualità, di cui la democrazia è solo una espressione.
    Purtroppo temo che al di là delle attuali cifre non si possa facilmente andare, dato che bisogna tener conto di un 40% di elettorato votante, che vota in q

  3. Articolo pertinente e condivisibile sia per la sua analisi (vedi rapporto votanti ed effettivi) sia per il suo rapportarsi con il mercato.
    Personalmente ritengo che la questione dei finanziamenti pubblici e rimborsi elettorali non verrà mai sollevata dai controllori, allo stesso tempo anche il contenimento della spesa pubblica e della rappresentanza dei posti e dei seggi non verrà mai a modificarsi in funzione degli effettivi votanti (magari!).
    D’altronde il meccanismo della democrazia impone teoricamente che se votassero effettivamente 5 persone in un rapporto di 3 a 2 di fatto si verrebbe a realizzare una maggioranza e opposizione ben più numerosa al di là del numero complessivo di elettori potenzialmente votanti.
    Sebbene difficilmente tale risultato avrebbe una qualche legittimazione popolare…
    Sicuramente l’astensione nel breve termine è una risposta di non adesione a nessun contenitore che al momento ha poca efficacia in termini di incidenza, anche a causa delle regole e ai maneggi percentuali tipici di ogni elezione.
    Molto spesso questa astensione è letta o costituita in gran parte da cittadini che non si sentono rappresentati dagli attuali schieramenti, non certo da una visione più complessiva e generale di ripudio della pratica delle urne.
    Però l’ozione del non voto la ritengo di profonda portata se anche in futuro questa aumenterà di consenso, superando quota 50%.
    La cosa non è poi così improbabile viste le continue promesse mai mantenute e il peggioramento della crisi.
    Forse a livello di proposte e incidenza politica conterà ancora poco per il Palazzo, però simbolicamente e non solo entro una cornice di politica non politicata significherà di fatto l’abbandono e l’emancipazione degli italiani dallo Stato e dalle sue ritualità, di cui la democrazia è solo una espressione.
    Purtroppo temo solo che al di là delle attuali cifre non si possa facilmente andare, sia perchè gli italiani vedono nel voto un dovere prima ancora che un diritto, sia per la storia mitopoietica del nostro paese e del significato del concetto di Democrazia, sia più concretamente in quanto bisogna tener conto di un 40% di elettorato votante, che vota in quanto facente parte del pubblico impiego e del sistema parapartitico e parapolitico assistenziale e parassitario che caratterizza la società, l’economia e la vita dell’Italia.
    Molto difficilmente tali settori verrano a mancare alle urne in futuro…
    Ciao da LucaF.

  4. Luigi Buccelletti

    Da tempo ho maturato la convinzione che per una politica “sana” e partecipata dovrebbe esserci l’obbligo di mandato per l’eletto e che il numero di questi dovrebbe corrispondere al numero dei voti ottenuti e non alle percentuali.
    L’idea che si potrebbero tagliare i rimborsi elettorali mi eccita!
    Non si potrebbe organizzare una proposta di legge di iniziativa popolare?

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