8
Mar
2014

La Rai e una certa idea di donna—di Paolo Di Betta

Riceviamo e volentieri pubblichiamo da Paolo Di Betta.

Quest’anno la Rai festeggia i 90 anni della radio e i 60 della televisione, da cui una profusione di mostre e convegni celebratori. Si aggiunga che il servizio pubblico ha investito la Rai di un ulteriore compito fondamentale per la società, che concerne la sola metà del cielo: garantire una corretta rappresentazione della donna nei mezzi di comunicazione. All’opera quindi! Da questa congiunzione astrale nasce il convegno “Donna è…”, a chiusura del quale (il 6 marzo 2014) la Presidente della Rai ha affermato che “Un paese che non utilizza tutta la risorsa femminile non è un paese democratico”.

Da economista d’impresa uso continuamente il termine risorse umane, eppure l’utilizzo fatto in questa frase ma generato in me un senso di disagio, per tre motivi.

Il primo motivo concerne la sostanza della frase. Le donne non sono risorse per una democrazia, piuttosto le donne esercitano le proprie libertà individuali in una democrazia. (E possono farlo meglio rispetto alle dittature.)

Quando si parla di donne e democrazia si parla di donne, in un certo senso, “ontologico”, si entra cioè in un ambito che concerne la loro vita, che concerne cosa esse sono veramente. Non siamo all’interno di un contesto limitato, come ad esempio nell’ambito di lavoro, dove l’uso del termine “risorse umane” sarebbe giustificato. Occorre quindi una certa cautela nell’usare “risorse”, perché in quanto risorse esse sono atte sia ad essere salvaguardate sia ad essere usate.

Perseguire l’equilibrio di genere dovrebbe essere un obiettivo implicito della democrazia, perché deve essere “strumento per stimolare la crescita e il benessere delle famiglie, delle imprese, dei paesi”? È questo il modo in cui si sostanzia la corretta rappresentazione delle donne? La Presidente della Rai ha una strana concezione della democrazia, come qualcosa che richiede l’immolazione. Forse un male interpretato spirito kennediano ha indotto l’idea che le donne non debbano chiedere per sé come individui ma è la democrazia che è titolata a chiedere loro. Non so dove possa avere avuto origine questa idea, anche perché, e mi avvio al secondo motivo, inserire una frase del genere è di per sé esempio di cattiva comunicazione.

Il secondo motivo è quindi di forma, riguarda il modo in cui il discorso è formato, la sua sintassi e la sua grammatica. La frase ha richiamato alla mia mente un’altra frase, del film Rising Sun (Sol levante, 1993) con Sean Connery e Wesley Snipes. In quel film il poliziotto interpretato da Harvey Keitel fa irruzione in una villa californiana dove alcuni giapponesi della Yakuza si intrattengono con alcune escort locali. Il poliziotto afferma, con disprezzo non disgiunto da razzismo (traduco dalla sceneggiatura): “Stanno depauperando le nostre risorse naturali. Questi maledetti sono implicati in tutto!”.

Come si vede l’associazione mentale, attraverso il termine “risorse”, non è delle migliori. Certo, direte voi, perché la tua mente è deviata. Sì, e il punto è proprio questo: discorsi edificatori come quelli della Presidente sono diretti a persone che hanno una concezione sbagliata delle donne, persone che più facilmente si soffermano su qualche minuzia del discorso per costruirci su ciò che fa loro comodo, anche mal interpretando il senso del discorso.

Scrivo ciò per suggerire sommessamente che occorre pure pensare, quando si vuole essere pedagogici, agli effetti involontari di alcune frasi dette con buoni propositi. Questo è uno dei principi della comunicazione: pensare a come gli altri possono mal interpretare le nostre affermazioni, specie se le frasi sono riportate in comunicati stampa striminziti o in una notizia del TG che dura 30 secondi. In casi come questi le nostre frasi possono avere effetti non intenzionali e occorre cercare pure di anticipare tali effetti, onde evitarli. Sicuramente il discorso della Presidente aveva un respiro ampio, un orizzonte allargato, una gravitas che non possono essere ripresi interamente in un comunicato stampa. Ma qui sta il punto: che senso ha un discorso del genere se poi serve soltanto per un comunicato stampa? A mio avviso quindi questo è un cattivo esempio di comunicazione: si sa che tutto viene ridotto ad un comunicato stampa. Non male per il colosso della comunicazione in Italia!

Il terzo punto riguarda la legittimazione del parlante. Che titolo ha la Presidente della Rai a fare un discorso su donne e democrazia? La Presidente di una società per azioni dovrebbe occuparsi di gestione aziendale, non di discettare su democrazia e donne. Non so chi partecipava a quel convegno, forse c’erano illustri politologi e studiosi di gender, eppure, come ovvio, soltanto la Presidente della Rai ha avuto spazio sui mezzi di comunicazione. Hilary Putnam ha sostenuto che debba esistere una divisione del lavoro anche nel dare i significati a certe parole, riservandola agli specialisti. La Presidente della Rai è titolata a dare significato al termine “democrazia”? La Rai è titolata a dare significato al termine “donna” e quindi organizzare convegni dal titolo “Donna è…”? L’investitura proviene dal contratto di servizio? È il servizio pubblico che giustifica queste pretese?

Concludo con l’unico augurio che un misogino sente di fare a tutte le donne (confesso che sola metà del cielo era captatio benevolentiae), in occasione dello stanco rito della Festa loro dedicata (che ovviamente, non ho mai capito):

Non siate mai risorse per una democrazia, possiate invece esercitare i vostri diritti individuali in una democrazia.

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