12
Apr
2015

I numeri che non tornano nel DEF “vero”, rispetto agli annunci: fisco, sanità, Enti Locali

Ora che disponiamo della versione integrale e ufficiale del Documento di economia e Finanza del governo e degli allegati, si può farne un esame non più basato sulle illazioni. Con una premessa, purtroppo inevitabile. Non aiuta a nutrire fiducia la pessima figura rimediata ieri dall’esecutivo, quando si è scoperto che nel decreto legislativo sulla decontribuzione dei contratti a tempo indeterminato si prevedeva una clausola di salvaguardia alla Totò-truffa per la quale, visto che 1,8 miliardi potrebbero non bastare, raggiunta quella cifra sarebbero state le imprese e i lavoratori a vedersi aumentare i contributi. Gli sgravi pagati da coloro ai quali il governo li dispone mancavano, nella variopinta serie delle trovate circensi della politica. Il governo è stato costretto a una precipitosa marcia indietro, sorpreso con le dita nella marmellata su un aspetto paradossale, che aveva sempre nascosto. Non è una buona premessa per far saltare le clausole di salvaguardia fiscale per 2 punti di Pil previste nei prossimi 3 anni, ma tant’è. Sul DEF, procediamo per punti.

Il tesoretto. Renzi è stato abile, ha timbrato il DEF come la prima disponibilità di un tesoretto da spendere subito, dopo anni di strette. Viene naturale associare l’idea di un tesoretto a risultati virtuosi intanto conseguiti. Peccato che quel miliardo e seicento milioni che Renzi deciderà di usare vedremo come, se estendendo il bonus 80 euro o se in misure a sostegno della povertà, e guarda caso lo deciderà pochi giorni prima delle elezioni regionali in arrivo, sia di maggior deficit pubblico per il 2015, che passerà dal 2,5% del Pil al 2,6%. Deficit, non virtù. Ed è è l’intero DEF, in realtà, a essere molto diluente sugli obiettivi di perseguire fino al 2018. La scelta è di non accelerare energicamente gli interventi sulla spesa per adottare subito energici sgravi fiscali aggiuntivi e consolidare così l’esile ripresa in corso. Peccato: a fine 2016 finisce il QE della BCE, il grande regalo di cui stiamo beneficiando e che abbatte anche il valore dell’euro trainando l’export. Diluendo gli obiettivi rischiamo di perdere la grande occasione.

Il vero merito. C’è una grande scelta positiva, nel DEF. L’impegno a far saltare la clausola di salvaguardia fiscale che lo stesso governo aveva assunto nel 2016 per 1 punto di PIL, con aggravi di IVA e accise (più due altre clausole minori previste dai governi precedenti). Sarebbe stata una batosta. Viene annullata per lo 0,4% del Pil grazie ai minori interessi sul debito regalataci da Draghi, e per lo 0,6% con tagli di spesa che rappresentano tutto il nuovo sforzo sulla spesa del DEF, rispetto a quanto già stabilito per i prossimi anni nell’ultima legge di stabilità. Ma fu un demerito dell’attuale governo prevedere le clausole perché non abbracciò i tagli di Cottarelli un anno fa (che dovevano essere di 7 miliardi nello stesso 2014, poi di 16 nel 2015 e di 34 nel 2017). Dunque il demerito di allora si pareggia rimediando con la cancellazione: ma sempre errore di questo governo era stato.

La crescita. Il governo è prudente sul 2015, limitandosi a una attesa di crescita dello 0,7%. Ma fin dal 2016 si scommette su una crescita reale doppia e su una componente di inflazione che risale rapidamente verso il 2% tra 2015 e a 2016: dunque una crescita nominale che dovrebbe essere più vicina al 3% che al 2%. E’ questo quadro, a reggere tutte le stime di finanza pubblica. A fronte del poco che si fa su spesa e tasse, è molto ottimistico. Perché – tranne che per il Jobs Act – dipende in realtà da un commercio mondiale che torni ad aumentare del 4% e ben oltre il 5% tra 2016-2018 , e da un petrolio che non salga per tutti i prossimi anni sopra i 57 dollari al barile. Incrociate le dita.

Le tasse. La versione finale del DEF ha mutato la scansione della pressione fiscale, che dal 43,5 del PIL a cui era salita nel 2014 e restava nel 2015 cresceva ulteriormente al 44,1% nel 2016 e 2017. La nuova tabella è basata sull’assunto caparbio che gli 80 euro vanno contati come meno tasse e non più spese – come accade invece per criterio contabile europeo – e dunque in base a questo afferma che la pressione fiscale scenderà dal 43,5% del Pil al quale restava nel 2015 al 42,9% quest’anno, per poi decrescere nel 2016 al 42,6%, e via via fino al 41,1% nel 2019. La diminuzione rispetto al previsto ingloba per quest’anno il criterio degli 80 euro come meno tasse, ma se l’Europa non l’approva la pressione resterà al 43,5%. Per gli anni a venire, oltre il solito criterio sugli 80 euro si sommano le mancate clausole fiscali, che dovrebbero saltare a partire dal 2016. Ma attenzione, sono previsioni al netto di che cosa potrebbe avvenire ripetendo quanto accaduto dal 2008 ad oggi: quando i tagli alle Autonomie sono state compensati per oltre un terzo da aumenti della pressione fiscale locale. Fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio, finché un governo non deciderà sgravi universali per tutti abbassando questa o quella aliquota di questa o quella tassa.

Nessun taglio. E’ l’annuncio del governo. Che va interpretato: si legge così: nessun taglio aggiuntivo a quelli già disposti per i prossimi anni dall’ultima legge di stabilità. Che sono puntualmente riportati nelle tabelle del DEF. Intendiamoci: poca roba. La spesa pubblica complessiva è stata del 51,1% del Pil nel 2014. Se levate gli interessi sul debito, la spesa primaria è del 46,5% del PIL. Dovrebbe scendere gradualissimamente al 43,3% del PIL solo entro il 2019, mentre gli interessi sul debito passerebbero dal 4,6% del 2014 fino al 3,7% fino al 2019, non si capisce in base a quale ottimismo sull’orizzonte successivo alla fine del QE della BCE. Se esaminate le tabelle programmatiche dei grandi aggregati della spesa pubblica a venire, troverete che un solo comparto scende significativamente, quello dei consumi intermedi cioè delle forniture, che dovrebbe passare dai 134 miliardi 2014 pari all’8,3% del PIL al 7,8% nel 2016 e via via fino al 7% in altri 3 anni. Nessun’altra grande voce, stipendi e pensioni, presenta diminuzioni comparabili, né superiori allo 0,3-0,4% del Pil in 5 anni.

Stato e Autonomie. Il più della non troppo rilevante riduzione della spesa pubblica complessiva – dal 50,5% del PIl in questo 2015 al 49,4% nel 2016 al 48,6% nel 2017 – ha però un andamento previsionale asimmetrico. La spesa corrente di cassa dello Stato centrale sale dal 26,6% del PIL nel 2014 al 28,1% nel 2015, al 29,1% nel 2016, e al 29,2% nel 2017. Quella degli Enti Locali scende dal 13,7% del Pil 2014 al 13,1% nel 2015, al 12,7% nel 2016, e continua a scendere fino all’11,9% nel 2018. Ecco l’allarme rosso: i tagli veri alle Autonomie restano, sono già disposti. E i contribuenti devono vivere questa prospettiva sapendo che, con la nuova local tax in arrivo sul mattine al posto di IMU-TASI o con sovrattasse come quelle ai passeggeri di porti e aeroporti, la pressione fiscale può risalire per compensare parte dei tagli veri che lo Stato non vuole per sé. ma dispone alle Autonomie locali.

La sanità. Indispettito per la protesta preventiva delle Regioni, Renzi alla conferenza stampa del DEF ha sparato contro le troppe ASL che restano in Italia. Abbia ragione o no, nel DEF però i numeri raccontano un’altra sttoria. La sanità nel 2014 è costata 111 miliardi, con un +0,9% sul 2013, ed era composta da spese per personale di 35,4 miliardi, forniture per 29,6mld, prestazioni per 39,6 miliardi. Nel 2015 costerà lo 0,2% in più poiché le spese di personale e forniture salgono, e scende a 38,8 la spesa per prestazioni. Nel 2016 è previsto che la sanità costi l’1,9% in più, per 113 miliardi. Nel 2017 la spesa diventa di 115,5, nel 2018 di 117,7 e nel 2019 di 120 miliardi, con tassi di aumento del 2% l’anno. Quella di Renzi era un’ottima battuta, peccato che i conti del governo dicano cose diverse.

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5 Responses

  1. Gianfranco

    Giannino ha purtroppo ragione, tuttavia il suo sforzo di spiegare agli italiani come stanno le cose fa tenerezza: non dimentichiamo che il 99,6 % di quelli che hanno votato si sono scelti consapevlmente questa banda di ladri e truffatori o, nel caso migliore, incompetenti e pasticcioni, senza contare gli altri quasi 40% di astenuti, beati e soddisfatti di come andavano le cose….

  2. alessandro

    Sono d’accordo su tutto, aggiungerei che per quanto riguarda la sterilizzazione dell’aumento dell’IVA per il 2016, prima di ascriverla a merito aspettiamo che vengano identificati i tagli di 10 mld (e sono 10 mld in quanto 6,9 mld sono venuti da soli …), considerando che i tagli di circa 4 mld del 2015 sono ancora orfani e verranno probabilmente compensati da aumenti di imposte locali. La mia previsione è che il taglio andrà a gravare sulla voce investimenti fissi lordi (forse è per questo che è stato importante presidiare il ministero delle infrastrutture?). Il tutto naturalmente fidando nelle capacità previsionali di chi non brilla per onestà intellettuale.
    Un’ultima considerazione, dal taglio della fiscalità siamo passati al taglio dell’aumento della fiscalità! Bisognerebbe inoltre ricordarsi che il taglio delle imposte ha senso ed effetto solo se è finanziato da tagli di spesa: non valgono tagli finanziati da disavanzo (bonus 80 euro) o da altre imposte (decontribuzione e taglio IRAP). Come dite ai conti della belva: viva il netto, abbasso il lordo.

  3. MARCO

    non cessa l’abitudine a dichiarare il contrario di quanto si scrive
    siamo un paese dissanguato da una ostilitè indegna a sabotare ogni tipo di meritocrazia per consolidare la mediocrazia di una classe politica incolta e svogliata DEDITA SOLO ALL’ARRICCHIMENTO PERSONALE E DEI PROPRI FINANZIATORI
    vergognoso non urlarlo per sturare le orecchie dei dormienti
    E PER GIUNTA LA SFRONTATEZZA DI CHIAMARE L’ITALIA “la bella addormentata” e pregare che non si svegli CA IRA, CA IRA à la lanterne on les pendra

  4. MG

    ..E infatti..da DPEF..Promesse E Favole…il DEF ha assorbito le Promesse direttamente nelle Favole. Questi l’unica cosa che si sono assicurati sono dipingere una economia irreale in modo da attrarre flussi di denaro verso i titoli di stato e nel contempo congelare l’economia reale e dei flussi di denaro reale all’interno del Paese..cosi da poter tirare a campare e farsi magari i loro giochetti finanziari con qualche grosso broker con sede legale in qualche paradiso fiscale…fottendosene di tutto il resto. Grecia..aspettaci..stiamo arrivando. Che Bello!..La distruzione felice di ricchezza e know industriale di questo Paese..roba da masochisti dementi…Il “si salvi chi puo” è sempre valido..da 4/5 anni a questa parte…

  5. sottotonio

    Grazie Draghi, per aver raggiunto tutti gli obiettivi statutari della BCE, tu si che sei un perfetto tecnico-statista. Abbiamo infatti nella zona euro una crescita economica invidiabile, un’inflazione vicina o pari al 2%, e pochissimi punti di disoccupazione, nonchè un paese, la Grecia che, vista la cristiana solidarietà europea, ha deciso di attaccarsi alla canna del gas russo. Non ti ringrazieremo mai abbastanza per l’elemosina sugli interessi concessaci, e per la bufala del QE che si dovrebbe tradurre in maggiore credito a famiglie ed imprese (ah ah ah ah). E grazie UE che hai scelto a capo-bastone un certo Junker, premiato per la sua pluridecennale esperienza di attrattore di capitali evasi. Avrebbe perfino da insegnare dalle nostre parti, dove si dichiara tutti per solidarietà patriottica e modestia caratteriale pressappoco il medesimo reddito di una filippina.
    Ed in particolare grazie per aver svalutato l’euro agevolando così proprio il comparto produttivo che ha sofferto meno la crisi, quello delle esportazioni. Era peccato quando fu pratica usuale di Banca d’Italia con la liretta, ma quando lo fa Drqghi ci inchiniamo tutti al cospetto di cotanta saggezza. Consumi zero, risparmi cento, perchè per la UE è peccato mortale spendere e spandere, e noi italiani, com’è noto, spendiamo e spandiamo da sempre, mica come i teutonici che prediligono tenersi le monetine nei forzieri, non sia mai che si traducano in cose reali, tipo la manutenzione delle strade. E poi grazie anche per la ricetta dei tagli, perchè colui che ha difficoltà ad ingravidare l’economia è meglio che se le tagli del tutto. Non mi sto ovviamente riferendo a quel priapo di Draghi.

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