24
Nov
2016

Cosa può volere di più un uomo che sia felice, in salute, senza debiti e con la coscienza pulita? (Adam Smith)

È indispensabile riportare l’attenzione sul contatore inesorabile del nostro debito pubblico che caratterizza il sito dell’Istituto Bruno Leoni. Ne ha scritto qualche giorno fa sul CorSera Ferruccio de Bortoli nell’articolo “Debito pubblico cattivo maestro”. È stato scritto un libro uscito questa primavera di Carlo Cottarelli ed. Feltrinelli ” Il macigno: perchè il debito pubblico ci schiaccia e come si fa a liberarsene”. Ma di debito pubblico più se ne parla e meglio è .Perché, come viene esposto nel libro, il debito pubblico fa male, fa tanto male alla crescita,allo sviluppo, alla reputazione di un paese nei rapporti con gli altri paesi,  con i mercati finanziari e le banche internazionali.   L’autore dichiara che si tratta di  un libro fuori moda perché parla di un problema scomodo, che non si vorrebbe  vedere, uno di quei tabu che non vogliamo affrontare:  ma siccome l’emotività influisce molto anche sui processi economici di noi umani è bene accendere il cervello e prendere il toro per le corna. Così fa Carlo Cottarelli nel suo libro scritto con linguaggio chiaro, semplice  e con toni antiretorici e anticonformisti.  Vengono, infatti, esaminati e sfatati tanti luoghi comuni sul tema, con la capacità di offrire soluzioni. Si ragiona sulle posizioni dei “pasdaran” dell’austerità a tutti i costi, motivata, a volte, solo dalle pulsioni fideistiche del “ce lo chiede l’Europa” che oltre a suonare forse antipatico certo non è, comunque, auto-evidente e richiede studio, dati ed analisi, come fanno Nicola Rossi e Paolo Belardinelli con il loro SuperIndice. Si riflette sul fatto che, in fondo, per dissolvere “il macigno” del debito si potrebbe anche uscire dall’euro, perché no? Ma si analizzano anche le conseguenze pesantissime che ciò implicherebbe, in un onesto ponderarne sia i costi sia i benefici. Nel libro emerge come tematiche economiche così complesse,  in realtà, si nutrano anche della natura e delle abitudini consolidate dei popoli . Questo può far storcere il naso ma è una evidenza storica indiscutibile. In 150 anni dall’unità, l’Italia ha pareggiato il suo bilancio solo 2 volte. Ora però abbiamo il terzo debito rispetto al pil più alto del mondo dopo Giappone e Grecia. Insomma, la sensibilità di noi italiani, popolo di grandi risparmiatori, tanto è alta per il debito privato tanto è bassa per il debito pubblico. Altrove i sentimenti sono diversi.  La parola debito in tedesco ha la stessa radice di colpa, schuld. La politica britannica Margareth Thatcher, interrogata sulla sua formazione economica, così rispose: “Le mie politiche non sono basate su teorie economiche, ma su principi con i quali io come milioni di persone siamo cresciuti: una paga onesta per una giornata onesta di lavoro, vivi secondo i tuoi mezzi, tieni da parte nel nido un uovo per i giorni di pioggia e paga puntualmente i tuoi conti “.Onorare i debiti, mettere i conti in ordine e fare saving, proprio nei momenti più favorevoli, potrebbero sembrare  concetti da massaia anni 50 o da desperate housewife post moderna. In realtà è la strada maestra da seguire e indicata da Cottarelli. Servono riforme strutturali per la crescita, certo, con contenimento ai livelli attuali, quanto meno, molto meglio meno! della spesa pubblica e, soprattutto, utilizzare i risparmi per l’abbattimento del debito. E abbattere il cuneo fiscale. Perché il lavoro in Italia costa tanto (CLUP- costo lavoro per unità prodotto) ma la produttività è cresciuta pochissimo, ed è questo un altro grande tabù di cui è difficile parlare, lo hanno fatto con l’usuale coraggio Alesina e Giavazzi in un articolo di qualche giorno fa. Come diceva una vecchia pubblicità…Sembra facile! Non lo è affatto.  Quelle offerte potrebbero apparire soluzioni soft, light, come si dice dalle mie parti “ un taja e medega” ( taglia e aggiusta), ma sono possibili. Soprattutto, per evitare che a breve, nel “mondo post referendum”, qualcuno il debito pubblico pensi, anziché di abbatterlo, di ripudiarlo, con rovinose conseguenze per tutti.

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