24
Ago
2011

Cosa ne facciamo delle Province e dei piccoli Comuni?

Cinque livelli di governo vi sembrano pochi? Comune, Provincia, Regione, Stato e Comunità Europea… Per rispondere a questa domanda credo basti dare una occhiata a costi e competenze. Non c’è dubbio che l’anello debole di questa piramide risieda allora proprio nelle Province. Per come è venuto a strutturarsi il nostro sistema di governo, le funzioni in capo alle Province sono poca cosa rispetto a quanto viene deciso a Roma o nei capoluoghi di Regione. E in tempi in cui occorre fare cassa (non con misure una tantum, ma con interventi strutturali sulla spesa pubblica) bisogna andare a vedere cosa si può tagliare. Tagliare per non aumentare il carico fiscale (attraverso contributi di solidarietà o tasse intitolate a Robin di Loxley). Nel suo studio che abbiamo pubblicato oggi (PDF), Andrea Giuricin compie un calcolo dei risparmi che si otterrebbero con la riduzione o con la abolizione delle Province. Il decreto approvato di recente dal Governo (per anticipare al 2013 il pareggio del bilancio) dice che occorre abolire quelle Province con meno di 300 mila abitanti e con una sua superficie inferiore a 3 mila chilometri quadrati. Se stiamo a questi parametri, le Province che dovrebbero scomparire sarebbero 29 (sulle 103 esistenti). Da questa riduzione delle Province, stando ai calcoli di Giuricin, si potrebbero però ottenere ben pochi risparmi: circa 300 milioni di euro. Diverso sarebbe invece il discorso nel caso di una sforbiciata completa dell’Ente: l’abolizione completa delle Province porterebbe a un risparmio complessivo di circa 2 miliardi di euro. Si tratta di una cifra che rappresenta poco più della metà di quella che sarebbe raccolta con il contributo di solidarietà. Le differenze di non poco conto, fra queste due misure, sono abbastanza evidenti: nel primo caso si tratta di una riduzione di spesa, nel secondo dell’aggiunta di nuove tasse; con l’abolizione delle Province si attuerebbe un taglio strutturale alla spesa, con il contributo di solidarietà si raccoglierebbero soldi per un periodo delimitato di tempo (solo tre anni, per fortuna).
Altra cosa interessante messa in rilievo da Giuricin nel suo paper è la composizione della spesa delle Province in questi ultimi anni. Se le spese per il mantenimento del personale e per l’acquisto di beni e servizi si sono mantenute pressochè stabili, a subire una forte diminuzione sono state le spese per investimenti in opere. Il succo è questo: i denari pubblici in mano alle Province servono quasi esclusivamente per il mantenimento della struttura. Dunque, di qui a dire che si tratta di enti inutili il passo è breve. Inutili e costose. Abolirle comporta però due problemi: a chi devono essere attribuite le poche funzioni svolte da questi Enti? Cosa ne facciamo del personale che lavora all’interno di queste strutture? Le risposte a queste domande si trovano in un volume curato da Silvio Boccalatte (fellow dell’IBL) e intitolato in maniera molto chiara “Abolire le Province” (Rubbettino, 2008). Da un punto di vista “decisionale-politico” le Regioni sono l’Ente ideale per farsi carico di questo profilo, per quanto riguarda invece l’aspetto “amministrativo-esecutivo” sono i Comuni a poter giocare un ruolo di primo piano. Problemi di ordine sovra-comunale, gestiti oggi dalle Province, potrebbero tranquillamente essere affrontati con “accordi funzionali” di diritto pubblico tra i Comuni interessati. Che si potrebbero avvalere della professionalità dei lavoratori prima in capo alla Provincia. In tal modo si eliminerebbe solamente il personale “politico” della Provincia, e si potrebbero ricollocare i dipendenti. Accordi tra Comuni, mirati a risolvere determinati problemi, sarebbero la soluzione per gestire questioni che ora interessano un Ente intermedio fra Comune e Regione.
Visto che abbiamo parlato di Comuni, e che la manovra si propone di ridurre la spesa pubblica accorpando quelli più piccoli (il Governo si è riproposto di tagliare quelli con meno di 1.000 abitanti), è il caso di segnalare anche per tale questione un libro pubblicato di recente da Rubbettino: “L’accorpamento dei piccoli Comuni” di Giuseppe Castronovo. Il libro di Castronovo muove da due considerazioni oggettive: in Italia esiste un numero molto elevato di Comuni composti da poche centinaia di abitanti; piccoli Comuni e grandi Città sono retti dallo stesso schema giuridico. Su un totale di 8.101 Comuni, ve ne sono 4.600 che non superano i 3.000 abitanti. Per Castronovo l’accorpamento di questi piccoli Comuni portrebbe a una gestione più economica ed efficiente. Stando ai dati riportati nel libro, la spesa corrente pro capite nei Comuni con abitanti compresi fra 0 e 499 è di circa 1.225 euro. Tale spesa va a calare con l’aumentare del numero di abitanti, fino a posizionarsi sui 700 euro nei Comuni con abitanti compresi fra i 3.000 e i 4.999. Insomma, così come per le Province si tratta di un discorso sia di tipo economico che di efficienza. E’ necessario mantenere strutture politiche e amministrative in Comuni di piccole dimensioni? Il buon senso direbbe di No, il libro di Castronovo aggiunge valide argomentazioni a sostegno di tale posizione.

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25 Responses

  1. Che le province vadano abolite lo sento dire dal 1970. Anche senza complicati studi econometrici, è assolutamente evidente a chiunque abbia un minimo di raziocinio e buona fede. Il costo non è solo quello vivo, ma soporattutto i costi indotti dalla frammentazione di regole e regolette, consuetudini e prescrizioni, senza citare le forche caudine della corruzione palese e occulta. Ma tutte le azioni concrete, che mirino a rompere la frammentazione cadono nel vuoto da sempre, e chi le propugna ne paga anche le conseguenze. Da 1 direttore genreale (statale) siamo passati con il decentramenti (federalismo?) regioanle a 20 direttori generali (regionali) e in breve tempo a 20×105 direttori generali (2100). Questo aiuta a spiegare come mai uno Stato che 20 anni fa costava il 40% del PIL e, nonostante ruberie e corruzione, produceva l’acciao migliore d’Europa, ci faceva telefonare a costi europei e vendeva telefonia a mezzo mondo, costruiva autostrade al passo coi tempi (di allora) e a Natale ci vendeva pure il panettone di Stato. Oggi lo Stato costa più del 50% e cosa fa? Sarebbe il caso che il Dottor Giannino spendesse qualche trasmissione a spiegarcelo, invece di interpellare amministratori provinciali e comunali in gramaglie. Forse porre l’obiettivo di un progressivo ma rapido ritorno al 40% sarebbe più utile che discettare sulla importanza di Imperia, Oneglia e/o Porto Maurizio.

  2. Maurizio vaghi

    Purtroppo sappiamo che ogni risparmio nella spesa pubblica si riconduce ( ovvio visto che anche in economia vale il principio di conservazione di energia ) a erogare nmeno fondi a qualche soggetto beneficiario ( fornitori, dirigenti, dipendenti etc )

    Sarebbe forse utile, a pro di educazione pubblica e quindi maggior consapevolezza della “società civiel ” , dedicare un po di informazione a far capire che abolendo le province vuol dire soprattutto abolire la inutile sovrastuttura “elettiva” ( di nessuna rilevanza operativa ) mantenendo o migliorando le funzioni operative.

    Quindi meno soldi a un nugolo di politici di mezzo livello, portaqborse, faccendieri etc etc e forse un po piu di effiecnza a cittadine e salvaguardia dei Dioendenti che il loro lavoro, come si puo, comunque lo fanno per la pubblica utilità

    Vediamo di usare un po di maieutica per far sorgere pensieri piu concerti nella mende degli elettori/ diepndenti pubblici e separare il cordone ombelicali che politici in gramaglie cercando di manetnere vestendosi dei panni dei salvatori di posti e stipendi

  3. Maurizio vaghi

    Purtroppo sappiamo che ogni risparmio nella spesa pubblica si riconduce ( ovvio visto che anche in economia vale il principio di conservazione di energia ) a erogare nmeno fondi a qualche soggetto beneficiario ( fornitori, dirigenti, dipendenti etc )

    Sarebbe forse utile, a pro di educazione pubblica e quindi maggior consapevolezza della “società civiel ” , dedicare un po di informazione a far capire che abolendo le province vuol dire soprattutto abolire la inutile sovrastuttura “elettiva” ( di nessuna rilevanza operativa ) mantenendo o migliorando le funzioni operative.

    Quindi meno soldi a un nugolo di politici di mezzo livello, portaqborse, faccendieri etc etc e forse un po piu di effiecnza a cittadine e salvaguardia dei Dioendenti che il loro lavoro, come si puo, comunque lo fanno per la pubblica utilità

    Vediamo di usare un po di maieutica per far sorgere pensieri piu concerti nella mende degli elettori/ diepndenti pubblici e separare il cordone ombelicali che politici in gramaglie cercando di manetnere vestendosi dei panni dei salvatori di posti e stipendi

  4. Roberto 51

    Concordo parzialmente con la sua analisi perché, secondo me, il vero buco nero che inghiotte troppe risorse e non è adeguato ai tempi è la regione, che ha una connotazione troppo politica rispetto ai servizi di cui si occupa.
    Le elenco alcuni motivi:
    1-Gran parte dei bilanci regionali riguarda la sanità e qualcuno dovrebbe spiegarmi perché in Veneto la sanità debba essere gestita in modo diverso rispetto alla Lombardia, quando di Sistema NAZIONALE si tratta, e quando io, cittadino, mi rivolgo alla struttura che ritengo per me ottimale, senza guardare alla regione. Non pensiamo poi a cosa vorrebbe dire acquistare tutto a livello nazionale e non regionale.
    2-C’è troppa disparità dimensionale. Da una parte una Lombardia che è grande come uno stato, dall’altra un Molise che è come una piccola provincia.
    3-Molte regioni sono invenzioni burocratiche, non esistono motivazioni storiche o culturali che le tengono assieme. La mia Lombardia unisce province lontane tra loro da tutti i punti di vista: storia, dialetto, economia, cultura, cucina.
    4-I consiglieri regionali (circa 1.100) si sono autoassegnati lautissimi stipendi e prebende, pari o superiori a quelle dei deputati.
    5-L’operato degli apparati regionali è difficile da controllare, perché non è sotto i riflettori della stampa nazionale e neppure di quella locali, di solito attenta alla dimensione provinciale.
    6-etc.
    In conclusione, io sarei per l’abolizione delle regioni, anche a statuto speciale, mentre concordo invece con l’accorpamento dei comuni, perché effettivamente con meno di 5.000 abitanti è difficile erogare servizi adeguati a costi accettabili.

  5. mentorex

    Quanta gente inutile chiusa negli uffici delle province, dei comuni e delle comunità montane. L’ex sindaco del mio paese e tanti consiglieri comunali che prima facevano altri lavori, alla fine del loro mandato in comune si sono sistemati nalla provincia con stipendi da dirigenti (6-7 mila euro) e non sono tornati affatto al loro vecchio lavoro.
    Come mai nella mia regione (Lazio) quando s’è trattato di chiudere i piccoli ospedali non s’è guardato in faccia a nessuno e in men che non si dica sono stati chiusi?
    A breve i risparmi non ci saranno ma alla lunga sì e spero chiudano tutte le province e tutte le comunità montane!
    MARIO MONTI PRESIDENTE DEL CONSIGLIO SUBITO.

  6. mentorex

    La gente che ci lavora non potendo essere licenziata, ahimè, ci toccherà mantenerla fino alla morte. Spero che Ade arrivi subito per questi parassiti e squallide figure che abituati a vivere nell’ombra non conoscono l’onestà e campano grazie alla nostra elemosina.
    MARIO MONTI PRESIDENTE DEL CONSIGLIO SUBITO

  7. A me dispiace un poco che anche IBL si allinei alle invettive populiste contro le province. Non credo, infatti, che la soluzione risieda nella ABOLIZIONE delle istituzioni, bensì nel loro efficientamento.

    Inoltre, prima che delle province, noi italiani dovremmo liberarci del nostro provincialismo: nazioni importanti e da noi spesso acriticamente osannate, come Usa, Uk o Francia, hanno almeno tante suddivisioni amministrative quante ne ha l’Italia (anzi, Uk e F ne hanno di più)…

  8. mentorex

    @Paolo Magrassi
    Ma le frequenti come utente le istituzioni italiane o come dipendente?
    Nel primo caso saresti leggermente miope nel non inquadrare che le province sono solo un feudo dei partiti, se ci lavori dico ” beato te” così giovane e già pensionato.
    O pardon stipendiato.
    basta con le chiacchiere, i partiti hanno inquinato il senso civico e sono diventati associazioni a fine di lucro, altro che senso dello Stato. Questo ce lo fanno sentire solo a noi quando ci obbligano a pagare le tasse per mantenere una pletora di burocrati e passacarte-mangiapane a tradimento.
    Efficacia e efficienza nell’amministrazuione pubblica non sanno manco che significano.
    Una mia ex compagna di classe, impiegata alla provincia mi racconta che si annoia quando va a lavoro perchè non sa cosa fare e che come lei ce ne stanno tanti ma proprio tanti.
    Si prendono pure, a fine aanno, il premio produttività.
    Che ridere l’Italia un paese di comici e saltimbanchi.

  9. Mentorex,
    la mia identità è, a differenza della sua, nota e verificabile, fra l’altro, sul mio sito web, accedible cliccando qui sul mio nome: come dimostrano le mie pubblicazioni, molte delle quali sono colà consultabili, sono purtroppo avveduto circa la notevole inefficienza degli enti locali italiani, così come di parecchie istituzioni centrali. E siccome vivo tra Usa e Francia da 30 anni e leggo quotidianamente la Stampa di quei paesi oltre al nostro, ho imparato qualcosa anche dei problemi amministrativi nelle nazioni più progredite democraticamente. (Ho anche un gruppo in Facebook che si intitola “In politica col reddito attuale”, dove propongo che alle cariche elettive, come consigliere deputato senatore, non venga corrisposto alcun compenso.)
    Ciò, unitamente a un innato gusto per l’analisi e l’approfondimento dei problemi, mi induce a diffidare delle soluzioni semplicistiche e dei facili slogan populistici (com’è questa pippa delle province). Mi aspetto questo ciarpame al bar e nei giornaletti di bassa qualità: ma sono un tantino stupito che essi possano allignare anche qui. Ora che ho capito l’ambiente, vi lascio in pace.
    Un saluto. PM

  10. CLAUDIO DI CROCE

    @Paolo Magrassi
    Sono d’accordo nel diffidare delle soluzioni semplicistiche e da bar . La mia proposta è da salotto- quello, modesto , di casa mia – ed estremamente complicata ,vista la legislazione italiana e ancora più i giudici che la applicano e/o la interpretano secondo la loro ideologia – e cioè LICENZIARE IL 30% DEI PUBBLICI DIPENDENTI .
    Sfido qualunque cittadino a contestare l’affermazione che in qualunque ufficio pubblico se ci fossero il 30% di dipendenti in meno ci sarebbero problemi , lavorando ovviamente , nell’erogare i famosi SERVIZI AI CITTADINI DEBOLI che sono l’alibi dietro cui si nascondono i ” servitori dello stato ” fannulloni e costosissimi.
    Per quanto riguarda la Francia sono assolutamente d’accordo sulla grande efficenza della PA ma è anche costosissima e il deficit /PIL addirittura superiore a quello dell’Italia lo dimostra e stanno operando per ridurla . Gli USA dall’inizio della crisi hanno licenziato molti civil servants , esattamente come ha fatto la GB .
    Ci dobbiamo mettere in testa che in tutto l’Occidente il welfare – che comprende anche assunzioni massicce nella PA – è FINITO : non abbiamo più i soldi per mantenerlo. Lo hanno capito perfino i cinesi – non credo discutendone al bar – in quanto sono giustamente preoccupati dei soldi che hanno prestato all’Occidente sprecone e godereccio.

  11. mentorex

    Come sempre succede in Italia si finisce per dividersi tra guelfi e ghibellini mentre il “padrone” del vapore conduce la locomotiva dove gli pare. Il senso di radical chic di certi personaggi della vita politica italiana ha pervaso tanto gli intellettuologhi (è troppo definirli intellettuali) italioti che quando si va sul pratrico ti additano come qualunquista-populista. Che ridere, il buonsenso mandato in pensione perchè secondo certi personaggi bisogna filosofeggiare per dare un tono alto a questioni elementari di costi-benefici.
    Se i grandi scienziati per elaborare le loro teorie avessero dovuto misurarsi per con queste ombre che si aggirano nel nostro paese a quest’ora staremo ancora dentro le caverne.
    Non capire che la pazienza è finita significa proprio vivere a Gardaland o a Disneyworld.
    Se tutti conoscessero il secondo principio della termodinamica si camperebbe tutti veramente meglio.
    ahahahahahahahahahahahahaha

  12. mentorex

    Diogene per pensare troppo a quello che succedeva in cielo e poco a quello che gli succedeva sotto il naso non si accorse di un pozzo e vi cadde dentro.

  13. Ma scusate, aboliamo le province e ammettiamo che le loro competenze vengano gestite a livello intercomunale in modo da assorbire i dipendenti delle ex-province? Mi sembra una moltiplicazione di posti dove assumere in maniera clientelare e mi sembra irreale mantenere i dipendenti e sperare di risparmiare 2 miliardi solo dall’eliminazione del ceto politico provinciale….

    Se si ammette che esiste la necessità di una gestione sovracomunale di alcuni ambiti (gestione troppo complicata a livello regionale) è ovvio che un livello intermedio serve almeno nelle grandi regioni (in Molise no…).

    Se proprio si vuole ridurre la classe politica provinciale si renda il consiglio provinciale un mero organo di sorveglianza dell’operato della giunta con 10 membri dell’opposizione e basta.

    Mi sembra un post poco incisivo rispetto al solito…

  14. erasmo67

    Credo che l’accorpamento dei comuni porterebbe ad un duplice beneficio.

    Da una lato molti costi di gestione sarebbero eliminati, stiamo parlando di riduzione del numero dei dipendenti pubblici.

    E se da un lato si guarda ai comuni con poche centinaia di abitanti io vedo, per esempio in Lombardia che vi sono molti comuni confinanti, senza soluzione di continuità del tessuto urbano che contano alcune migliaia di abitanti (3.000 – 7.000) l’accorpamento in comuni grandi di almeno 10.000 abitanti permetterebbe di gestire dei servizi per il cittadino che un comune di 3-4000 abitanti non può neppure prendere in considerazione.
    Servizi di trasporto integrato, servizi scolastici integrati, servizi sanitari e socioassistenziali.
    Tutte cose che si riescono a mettere in movimento solo con una massa critica che è sicuramente sopra i 10.000 abitanti.
    Non ha senso rinunciarvi per assurdi campanilismi, vecchie diatribe da secchia rapita e qualche poltroncina politica.
    Anche a parità di costi (impiegati pubblici) si potrebbe spendere molto meglio creando veri servizi per i cittadini, che siamo noi.

  15. giancarlo

    CLAUDIO DI CROCE :@Paolo Magrassi Sono d’accordo nel diffidare delle soluzioni semplicistiche e da bar . La mia proposta è da salotto- quello, modesto , di casa mia – ed estremamente complicata ,vista la legislazione italiana e ancora più i giudici che la applicano e/o la interpretano secondo la loro ideologia – e cioè LICENZIARE IL 30% DEI PUBBLICI DIPENDENTI .Sfido qualunque cittadino a contestare l’affermazione che in qualunque ufficio pubblico se ci fossero il 30% di dipendenti in meno ci sarebbero problemi , lavorando ovviamente , nell’erogare i famosi SERVIZI AI CITTADINI DEBOLI che sono l’alibi dietro cui si nascondono i ” servitori dello stato ” fannulloni e costosissimi.Per quanto riguarda la Francia sono assolutamente d’accordo sulla grande efficenza della PA ma è anche costosissima e il deficit /PIL addirittura superiore a quello dell’Italia lo dimostra e stanno operando per ridurla . Gli USA dall’inizio della crisi hanno licenziato molti civil servants , esattamente come ha fatto la GB .Ci dobbiamo mettere in testa che in tutto l’Occidente il welfare – che comprende anche assunzioni massicce nella PA – è FINITO : non abbiamo più i soldi per mantenerlo. Lo hanno capito perfino i cinesi – non credo discutendone al bar – in quanto sono giustamente preoccupati dei soldi che hanno prestato all’Occidente sprecone e godereccio.

    la francia però ha sfondato il rapporto deficit/pil a causa dei salvataggi bancari, non a causa del costo della sua efficientissima PA. il punto è che io pagherei pure le tasse che pago ma vorrei che tutto funzionasse meglio:-le scuole con un progetto formativo vero e non con l’autonomia che l’ha solo distrutta, gli ospedali dove non devi aspettare l’inizio del nuovo mese per prenotare una eco che ti faranno dopo altri 4 mesi; i treni non dico numerosi ma almeno puliti, le strade in degne condizioni, ecc ecc.

  16. marco

    Ridurre i livelli amministrativi/decisionali a tre (come la Chiesa e come ambirebbero le grandi multinazionali) si PUO’
    Ridurre i livelli amministrativi periferici del 90% (sindaci ed eliminazione province) si PUO’ BASTA VOLERLO E PENSARCI SU
    e a chi si mette di traverso chiedere se e’ sensato avere a nord di Aosta i comuni di Gessan Sarre Saint Pierre e a sud Quart Nus Chambave? e a Reguzzoni o Maroni se ha senso far fronteggiare Busto Arsizio e Gallarate (e comuni limitrofi) a metri cubi di cemento e centri commerciali
    Riduzione dei comuni ai soli 104 comuni con più di 60.000 abitanti (efficientamento strutture) che rappresentano oltre il 25% della popolazione nazionale e ristrutturazione del resto del territorio in circa 750 “contee/distretti” di circa 60.000 abitanti (per i 45 milioni di abitanti residui) possibilmente configurando “macroregioni” intorno ai 6 milioni di abitanti (10 regioni con composizione media di 10 città e 75 distretti: una complessità facilmente gestibile dalla struttura regionale centrale con conseguente eliminazione delle province)

  17. marco

    Il presidio locale decentrato si risolve in un appartamento e poche persone (in funzione di orografia e del numero ed eta’ degli abitanti) ed una buona connessione internet, ed un bancomat evoluto. I dipendenti si riciclano, previo addestramento specifico in strutture surrettizie limitatamente pubbliche e prevalentemente private o cooperative da far sorgere e sviluppare. Il tutto in un arco temporale di 3/5 anni.

  18. Franco

    Ma davvero si crede che i nostri politici si taglieranno le poltrone? Ci vorrebbe una rivoluzione alla francese per farlo e per andare ben oltre!!!. Lo scenario più probabile è che taglieranno le province e creeranno le aree metropolitane +/- con lo stesso numero di poltrone. E ancora una volta in barba ai soliti peones che continuano a credere a tutte le ciance continuamente propinate per avere il voto.

  19. andrea ghidina

    Concordo sulle province. Un po’ meno sui piccoli Comuni, specie se (come quello di cui sono stato sindaco per dieci anni, di circa 700 abitanti) si trovano in montagna ed in posizione isolata (il centro più vicino, un comune di 1.100 abitanti è a 10 km di strada di montagna). Accorpando si risparmia (poco e non subito, perché la riorganizzazione costa e dal 2007 al 2009 ci abbiamo provato seriamente a unire uffici e servizi), ma si tolgono punti di riferimento e servizi. Dire che accorpando i piccoli comuni i servizi migliorano è dire una grossa bugia, che i cittadini che li abitano (di serie b per molti motivi) non meritano. O li vogliamo chiudere, nel senso di trasformarli in villaggi fantasma? Sarebbe bene che il parametro per decidere non fosse solo il risparmio. Io taglierei nei mefitici meandri dell’amministrazione dello Stato, prima di tutto.

  20. CLAUDIO DI CROCE

    @Franco
    Il vero problema non sono solo i politici e i loro peones , parenti , amici, dipendenti pubblici che vivono alla grande grazie a questo sistema e che quindi lo difendono , sono anche i ” cittadini ” il ” popolo ” che va in piazza sfilando con loro per difendere la Regione, la Provincia, il Comune di appartenenza senza rendersi conto di cosa costa .

  21. andrea ghidina

    @CLAUDIO DI CROCE
    Beh, nel comune che ho presieduto ci sono sei impiegati e, prima che la Regione ci imponesse (di fatto) ore e ore di formazione per insegnar loro a lavorare insieme (con psicologi, esperti giuristi, facilitatori e così via) riuscivano a garantire (e bene) i servizi essenziali. La loro gestione era affidata alla Comunità Montana, così come i servizi più complessi (come la raccolta dei rifiuti). Poi nel 2007 abbiamo creato un’associazione con altri cinque comuni vicini, mettendo insieme i dipendenti in uffici comuni. Corsi, psicologi, facilitatori… Io ci credevo veramente. Ora mi sono ricreduto.
    Chi vive in un comune grosso (e per grosso intendo con più di 5.000 abitanti) non ha idea di cosa sia il comune piccolo per un cittadino. Il più delle volte nei piccoli comuni non c’è che il municipio (non c’è più neppure il parroco). La possibilità di un rapporto personale sia con dipendenti che con gli amministratori. La possibilità di garantire dei servizi pubblici di prossimità (se un anziano è da solo non c’è bisogno che qualcuno lo segnali, il Comune lo sa ed interviene; se una famiglia ha un figlio con disabilità non ha bisogno di particolari trafile per avere presidi: il Comune lo sa e interviene). Quando abbiamo unito i servizi di sei comuni (per un totale di circa 5000 abitanti) questi piccoli meccanismi sono iniziati a sparire. E i risparmi non si sono ancora visti.
    Ridurre di un terzo il personale in un piccolo comune lo porterebbe alla chiusura. Certo, se attuassimo la Sua proposta, nel giro di 5-6 anni ridurremmo le spese. Ma ribadisco: tagliano i comuni si tagliano i servizi.

  22. andrea ghidina

    La gestione dei dipendenti era affidata alla Comunità Montana, non dei servizi. Mi rendo conto che il mio commento è ambiguo.

  23. CLAUDIO DI CROCE

    @andrea ghidina
    La sua risposta è quella tipica dei pubblici amministratori/dipendenti : noi garantiamo servizi essenziali ai poveri, ai vecchi soli, ai disabili ecc… ecc… Innanzi tutto voi garantite il vostro stipendio e poi ,scusate, tutti , giovani e vecchi, soli o in compagnia, vorremmmo avere molti servizi, comodi, sotto casa, gratis , assistenza sanitaria di buon livello , gratis, vacanze gratis , fiera del peperone gratis, danze, balli e cotillons gratis , e quantaltro la fantasia dei pubblici amministratori – applauditi dai cittadini elettori – ci ha elargito da almeno trentanni . Solo che così facendo ci siamo caricati di un debito pubblico enorme che non solo non possiamo aumentare ma che dobbiamo diminuire . Mi rendo conto che per un politico o un pubblico amministratore è molto meglio continuare a elargire servizi pagati da altri garantendosi la popolarità e la rielezione , ma in questa situazione il politico e il pubblico amministratore deve invece spiegare al cittadino elettore che la festa è finita , che tutti i servizi devono essere ridimensionati e in certi casi eliminati. E’ l’unico sistema per evitare di finire non solo come la Grecia , ma anche come l’Argentina che è stato molto peggio.
    Sventolare inoltre la bandiera dell’evasione fiscale facendo credere che eliminandola – cosa impossibile – si possa continuare questo sistema goga e bigoga ( chiedo scusa del gergo piemontese ) è un imbroglio , solo un imbroglio.

  24. giancarlo

    cosa dobbiamo fare dei piccoli comuni e dell provincie?
    abolirle. accorparle. estinguerle.
    sapete, farei anche di piu’. con riferimento a tutte le nuove provincie.
    io avrei fatto pubblicare sui quotidiani i bilanci comparati delle vecchie provincie e, a fianco, i rendiconto delle nuove provincie da esse originatesi.
    Sono stra-sicuro e certo che in tutti i casi il totale fonti impieghi rilevato in seno alla vecchia entità provinciale che precedeva la loro costituzione è sensibilmente inferiore (dico almeno del 10% 20%)al totale della sommatoria dei nuovi bilanci delle provincie originatesi. Ecco. io quella differenza l’avrei caricata in tasse ai residenti della nuova provincia, rei di essere stati elettori della nuova provincia, in quanto avevano votato SI al referendum costitutivo!!
    Solo mi domando, chissà perchè rovvistando nella categoria dei giornalisti, difficilmente ne trovi uno che ti presenta un siffatto paragone con un bel servizio giornalistico al TG1, ol al TG2, TG3,TG4,TG5,ECC ECC?
    cHISSA? CHISSà PERCHè? . … MAH forse fa più audience un servizio sulla fiera del pomodoro pachino, oppure i parrucchieri per cani?
    mi stò convincendo sempre più che ci vuole solo il mitra.. (scusate l’esagerazione) ma per dire che per l’italia non c’è scampo!!!

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