29
Ott
2012

1962: l’anno dei monopoli. Eni, Enel, Ene, Mattei e altre storie di pirateria

Ieri molti giornali hanno dedicato ampie pagine a santificare Enrico Mattei, nel cinquantenario della morte in condizioni, secondo alcuni, ancora misteriose. Mi pareva scortese rovinare la festa. Ora, però, che la polvere si è posata forse è opportuno svolgere qualche riflessione, approfittando anche di un altro anniversario quasi coincidente: il 27 novembre 1962, esattamente un mese dopo la scomparsa del fondatore dell’Eni, veniva istituita l’Enel e si metteva in moto il processo che avrebbe portato alla nazionalizzazione dell’energia elettrica.

Partiamo da Mattei. Esistono in giro numerose biografie, più o meno spalmate sul continuum che va da “santo subito” a “santo dopo rapido processo di beatificazione”. Unica eccezione, a mia conoscenza, è il lavoro di Carlo Maria Lomartire, che quanto meno problematizza il personaggio e che pertanto raccomando (qui una recensione che avevamo scritto con Alberto Mingardi). Mattei fu uomo indubbiamente geniale, e ugualmente spregiudicato. Terminata la Seconda guerra mondiale, durante la quale si era distinto tra i partigiani, venne nominato commissario liquidatore dell’Agip, la compagnia petrolifera di Stato creata sotto il fascismo. Fregandosene della missione ricevuta, Mattei decise di fare dell’Agip la base per la creazione di una sua propria prelatura personale – certo, con tanti discorsi sull’indipendenza energetica e altra aria fritta – guidato costantemente dall’ossessione prima di entrare nei “circoli che contano” (le “Sette Sorelle” che dominavano il mercato petrolifero mondiale) e poi, non essendovi ammesso, di contribuire al loro crollo.

Lo fece in due modi, dimostrando, come dicevo, tutta la sua genialità e tutta la sua spregiudicatezza, non esitando a ricorrere alla corruzione, all’assistenzialismo e alla sistematica indifferenza per quello che la legge diceva. Sul fronte internazionale, cavalcò le rivolte del mondo arabo cercando di accreditarsi come interlocutore sensibile ai problemi dei paesi produttori, in parte riuscendovi anche se non di rado come mosca cocchiera. Sul fronte interno, promuovendo la benzina di Stato e, con grande anticipo sui tempi, la metanizzazione del paese ben prima che il gas naturale si affacciasse alla competizione globale tra combustibili (cosa che avverrà solo dopo, e in risposta a, la nascita dell’Opec). Un aneddoto: i maligni sussurravano che Snam stesse per “Siamo nati a Matelica”, in riferimento alla cittadina in provincia di Macerata dove Mattei aveva vissuto e dalla quale aveva chiamato dipendenti e fedelissimi. All’atto pratico, la risposta di Mattei alle Sette Sorelle fu quella di creare, in Italia, un piccolo Grande Fratello – l’Eni appunto – che ottenne il monopolio su tutte le attività estrattive e che addirittura, per replicare alle poche e isolate critiche, decise di dotarsi di un organo di stampa, Il Giorno. Investimento quanto mai azzeccato se ancora oggi si parla di lui quasi esclusivamente in termini agiografici. Tra i pochi oppositori, il popolare Luigi Sturzo, che ne combatté in ogni modo sia la condotta diciamo disinvolta, sia gli obiettivi politici (Salvatore Rebecchini ne ricostruisce qui la dialettica). Ma la definizione più precisa la dobbiamo a Giovannino Guareschi che di Mattei, “furibondo statalista”, diceva: “è il più spietato nemico dell’iniziativa privata che vorrebbe schiacciare con l’iniziativa di Stato”.

L’eredità di Mattei, oltre alla mitologia che ancora lo avvolge, è quella che sappiamo: il monopolio petrolifero e una lotta senza quartiere per mantenerlo, anche con armi non convenzionali come la guerra all’energia nucleare vincendo la quale ottenne grassi profitti con la svolta verso l’olio combustibile che seguì il referendum del 1987 (la vicenda è ricostruita dal compianto Paolo Fornaciari, pur con tutte le cautele da tenere verso un racconto che è inevitabilmente segnato dalla vicenda personale dell’autore). Oggi l’Eni è qualcosa di ben diverso: non è più, in larga misura, carrozzone e si è fatta multinazionale. Ma il vizietto del monopolio sembra non averlo perso. (E anche un po’ quello della propaganda, almeno se bisogna giudicare da alcune delle risposte date da Paolo Scaroni a Stefano Agnoli nella sua bella intervista sul Corriere Economia di oggi).

Il sogno di Mattei, interrotto dalla sua morte prematura, era la nazionalizzazione dell’energia elettrica e la riunione di tutto il settore energetico all’interno di un unico ente pubblico, che avrebbe voluto chiamare Ene. Il sogno non si realizzò interamente, ma in parte sì. Proprio nel 1962, infatti, poche settimane dopo la morte di Mattei, prendeva vita – esecutore materiale Ugo La Malfa – l’Enel, il monopolista elettrico che faceva piazza pulita del mercato abbastanza vitale che esisteva allora, coi privati attivi nella generazione elettrica e attenti esploratori delle nuove tecnologie (incluso l’atomo che, a dispetto delle credenze odierne, in Italia nacque privato).

L’avvento dell’Enel ebbe, secondo i suoi sostenitori, l’effetto di razionalizzare e centralizzare investimenti prima effettuati in modo disordinato e decentrato. E’ vera la seconda parte della frase: il settore venne centralizzato, facendo piazza pulita della vitalità pre-esistente (con l’unica eccezione di alcune imprese municipalizzate la cui esistenza venne tollerata), ma non necessariamente l’esito fu quello di una razionalizzazione. Anzi: scelte relative alle tecnologie in uso, con tutto quello che ne consegue, vennero di fatto politicizzate con una serie di ovvie ricadute negative, per esempio, sulla modernizzazione del paese e sulla capacità di generare innovazione e creare un ambiente favorevole all’innovazione o attento alle esigenze del consumatore (una ricostruzione degli eventi, pure sostanzialmente positiva sugli effetti della nazionalizzazione dato il contesto e alla luce degli analoghi fenomeni nel resto d’Europa, si trova nel bel volume I due volti del mercato elettrico di GB Zorzoli). Come hanno imparato, sulla loro pelle, i consumatori elettrici, è solo con la fine del monopolio legale nel 1999 che, per esempio, la qualità del servizio è andata migliorando. E come hanno osservato quanti hanno seguito la storia dell’Enel post-liberalizzazione, rilevando quanto – in meglio – l’azienda sia dovuta cambiare (e sia cambiata).

Il risultato dei quarant’anni di monopolio è che, per quattro decenni, l’Italia ha seguito una traiettoria tecnologica ortogonale rispetto agli andamenti del mercato. I bisogni dei consumatori si sono potuti manifestare solo, in forma perversa, attraverso l’intermediazione politica, e si sono tradotti nell’erogazione di favori a destra e a manca per poter massimizzare l’incasso di voti. Il paese è così arrivato agli anni più recenti in condizione semplicemente insostenibile: con costi elettrici alle stelle dovuti all’accumulazione di costi fissi (prima il nucleare e il suo smantellamento infinito, poi l’olio combustibile e la sua graduale espulsione per ragioni economiche prima che politiche, infine i sussidi regalati con eguale nonchalance a categorie di produttori e di consumatori politicamente influenti).

In breve: mezzo secolo di monopolio ci ha regalato inadeguatezze, insufficienze ed extracosti. Non dico, perché sarebbe sciocco, che né l’Eni pubblica né l’Enel pubblica non abbiano fatto nulla di buono: se l’Italia, nonostante tutto, ha un sistema elettrico e uno metanifero è grazie a loro. Ma credo sia di palmare evidenza che da questo non si possa dedurre che, senza le nazionalizzazioni, non avremmo oggi quello che abbiamo. Verosimilmente, avremmo quello e qualcosa in più (oppure, che è lo stesso, quello e qualche costo in meno).

Nel celebrare l’italica furbizia di Mattei, i quotidiani hanno per un attimo sotterrato l’attenzione all’etica e alla trasparenza che la fine del berlusconismo sembra aver restituito agli italiani. Sta bene: non sta bene che si siano dimenticati che Mattei e i suoi epigoni erano corsari della politica il cui successo personale e la cui indubbia dotazione di materia grigia, attributi e propensione al rischio non spostano di una virgola l’unico giudizio che è possibile esprimere sulla pirateria.

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27 Responses

  1. Facciamo così, stavolta passo, non commento ed evito di scrivere ciò che penso, altrimenti mi prendono davvero per un troll.
    Saluti.

  2. fra

    Sull’influenza americana sul settore energetico forse andrebbe detto qualche cosa però. Anche loro credo che siano sempre stati pirati o no? Detto questo continuo a non capire perchè deve essere l’unione europea e non i privati a finanziare i progetti di ricerca in tema di nuove fonti d’energia. Capisco la geopolitica ma fino a quando questo sistema è sostenibile?

  3. MaxQ

    Iniziativa privata nell’energia. Mmmm… certo.
    Vajont dice nulla?

    La qualità del servizio è andata migliorando con l’ingresso dei privati…. Come no!
    Andate a chiederlo a quelli che hanno abbandonato il mercato protetto. Chiedete cosa pagano e che servizio hanno; specialmente quando chiamano i call center.

    C’è molta iniziativa privata nel fotovoltaico.
    Ma a quanto leggo ogni tanto su questo sito, sembra non piacere molto.

  4. Giorgio Andretta

    Condivido completamente il contenuto del suo post, egr. Carlo Stagnaro, e ritengo il Nostro co-responsabile del degrado dell’attuale società.
    E’ particolarmente impegnativo manovrare con un mezzo elefantiaco, molto più agile il piccolo, per consapevolizzarlo è sufficiente guardarsi attorno nella natura.

  5. valerio

    le partecipazioni statali quando c’è un sistema economico da inventare sono necessarie e Mattei inseguendo i suoi fini ha contribuito allo sviluppo del sistema industriale del nord (portandolo tra i primi 10 al mondo). I monopoli statali hanno funzionato meglio dei monopoli privati che li hanno sostituiti (in italia non ho mai visto una vera liberalizzazione se non quella delle licenze commerciali per favorire l’oligopolio della grande distribuzione).

  6. giuseppe 1

    Non so dire se Mattei possa essere indicato quale principale responsabile delle inefficienze delle Aziende Energetiche. Forse in quel particolare momento storico, con investitori privati non in grado di affrontare sfide del genere, ha fatto quel che c’era da fare per internazionalizzare l’Eni.
    Sono invece democristiani e socialisti i veri responsabili del disastro, che quelle Aziende hanno occupato militarmrnte, dall’amministratre delegato all’ultimo fattorino.Oggi il disastro ci appare evidente facendo qualche paragone con le aziende elettriche dei i Francesi,che pure sono centralisti per antonomasia. Le tariffe sono vergognosamente (per noi) più basse, e non per il nucleare, che a mio avviso non costa di meno. Sopratutto i costi di dispacciamento sono improponibili, segno evidente di una organizzazione elefantiaca e burocratica. Dal versante sindacale sempre i contratti più vantaggiosi dal punto di vista normativo e retributivo. Il Sindacato non è una vera controparte, ma piuttosto un co-gestore, dal momento che non bisogna stare sul mercato, ma è sufficiente che i governi aumentino le tariffe. I dipendenti è come se avessero vinto la lotteria: poco lavoro, viaggi all’estero,benefit a gogò. Alle spalle nostre.

  7. mag

    Adesso Stagnaro vuole fare il Montanelli, quello che ce l’aveva con gli affari sporchi dell’Eni. Per conto di chi? Dietro Montanelli c’erano a quanto pare gli interessi dei petrolieri italiani (e non) minacciati dall’Eni. Invece Stagnaro si gira e che cosa trova? Niente, nulla, zero al quoto. Quale sarebbe stato il mercato a cui lasciare il campo negli anni ’50 e ’60? Quali industriosi capitalisti nazionali o solerti imprenditori avrebbero dovuto costruire e gestire le reti elettriche, i metanodotti, gli approvvigionamenti di petrolio gas e altre fonti? Chi nel 1956 e anni seguenti avrebbe mandato i suoi uomini a scavare in Egitto o a concludere contratti con lo Scià (che poi in Iran non si sia trovato nulla è un’altra cosa, un privato avrebbe provatro a vendere tutto allo Stato…) e a fare buchi in giro per il mondo? Il nostro mercato e capitalismo straccione ci avrebbe lasciati senza le infrastrutture e con i prezzi più alti (che è la stessa cosa). Probabilmente una delle tante province di qualche Sorella. Mattei uomo discutibile, certo. Però l’assalto dei partiti all’Eni è arrivato dopo di lui, o no? Stagnaro questa volta è stato fazioso, troppo fazioso.

  8. Raffaele

    Singolare analisi da parte di un libertarian a tutto tondo come Stagnaro che, in questo caso, dimostra un’attenzione ai fatti testardi e oggettivi della storia più consistente. La singolarità è la seguente: la pirateria è quel fenomeno che viaggia a gogò nei paradigmi libertarian più spregiudicati (a me non dispiace questa posizione esistenziale), mentre qui viene accostata al peggio del peggio, con in più il condimento del giudizio sull’uomo Nero-Berlusconi. Insomma, è la solita caratteristica dei libertari da salotto italioti: analisi, analisi, analisi…poi a un certo punto, cambiano qualcosa nei paradigmi, rovesciano la frittata e infine se la prendono, come certa sinistra statolatrica, contro il Cav. L’avevo già scritto e lo ripeto: marxisti rovesciati o, con Antiseri, costruttivisti alla rovescia. Tutto qua. C’è spazio per tutti, sia chiaro, ma è bene distinguere il grano (la verità) dal loglio (la propaganda spacciata per “analisi di fase”).

  9. AlxGmb

    @valerio

    valerio :
    le partecipazioni statali quando c’è un sistema economico da inventare sono necessarie…

    Sig. Valerio, per favore…

    Un sistema economico non si inventa, si evolve come forma di ordine spontaneo all’interno di processi tanto più efficienti tanto meno lo stato ci mette il becco.
    La rivoluzione industriale è nata grazie agli stati?
    E l’aviazione l’ha inventata lo stato?
    Mattei è stato il prototipo del colluso con un sistema partitico-mafioso-patriottardo i cui effetti devastanti hanno portato l’itaglia alla rovina.

    …E che dire di quando Mattei interrava i tubi nelle proprietà altrui senza chieder permessi o diritti di passo? Tipico itagliano…
    Sig. Valerio, sarebbe contento se questa notte una squadraccia di scavatori devastasse una sua proprietà per seppellire tubi senza chiederle alcunché?
    Capisce che Mattei, nel piccolo e nel grande, si muoveva da prepotente e in barba al rispetto per i diritti dell’individuo?

    I monopoli statali sono realmente necessari, e nefasti, solo per fare le guerre…forse sarebbe meglio farne a meno :-), dei monopoli statali e dello stato stesso.

    Uhff…nei prossimi giorni ci sarà la solita tiritera del 4 Novembre (sono già partiti gli spot televisivi di regime) sul valore delle forze armate, la patria e il presidente della repubblica e le sante messe per i caduti per la patria…non se ne può più!

    SVEGLIA!!!
    LO STATO NON SERVE!!!
    SABOTARE LO STATO SEMPRE E OVUNQUE!!!

    Salut a tucc.
    AlxGmb

  10. carlo buttazzoni

    Mi pare utile ricordare la serie di articoli di Montanelli sul Corriere della Sera, poco prima della morte di Mattei, molto critici sull’ENI, con la conseguente scomparsa della pubblicità ENI dal Corriere ed il successivo allontanamento di Montanelli. Giusto per un corretto inquadramento storico.

  11. Barani Umberto

    Molte cose riguardanti Mattei ed il suo vizietto di arruolare abitanti del proprio paese natio, nonché la sua spregiudicatezza ed il suo opportunismo, oltre lo statalismo radicale del proprio modo di operare, presenti nell’articolo di Stagnaro, sono state evidenziate anche dal maestro Indro Montanelli, una garanzia nel revisionismo storico, alla ricerca costante del vincere l’ipocrisia propagandistica.

  12. marco

    Credo che Mattei sia stato geniale e non credo che se è uscito da qualche limite forse don Sturzo non aveva chiaro come sono gli stati liberali. Con imprenditori decisi che competono per diventare dominanti sui rispettivi mercati, agli stati tocca mettere i paletti che consente di crescere ma ostacola il conseguimento di posizione dominante, quando ottenuta fuori dalla crescita naturale. Attribuire a Mattei gli eventi post mortem lo trovo grottesco. Dopo tutti i geni liberisti l’auto si è consolidata con l’accumulo di tre marchi, le banche idem, al di là della piccola incursione ABM, l’Alitalia salvata dagli incompetenti coraggiosi, la Snam in privatizzazione via Cassa depositi e prestiti che dovrebbe essere privatizzata invece di essere la longa manus dello stato.
    Eni ed Enel con una buffa golden share invece di una rapida vendita per abbassare il debito. Sono d’accordo che Mattei ha fatto molti sbagli come l’editoria e le industrie decotte di La Pira e non solo sulle tasche di automobilisti e trasporti. Quanto agli stati proprietari dei terreni petroliferi se non l’avesse fatto lui altri l’avrebbero fatto (BP, SHELL, EXXON??? non saprei chi, ma ne sono certo) sta nella logica, sopratutto con l’Iran e l’Algeria. Quanto alla corruzione non ne abbiamo l’esclusiva (Looked docet) ma certamente una nostra eccellenza confermata da Orsi, Scaroni e Guarguaglini per l’export, quanto ai corruttori domestici sono tanto numerosi da esser più rapido l’elenco dei “non corruttori”

  13. Francesco_P

    @valerio

    Tutte le attività che nascono in regime di monopolio od oligopolio permettono inizialmente di razionalizzare l’organizzazione e gli investimenti, ma poi non sono in grado evolvere a vantaggio degli utenti finali per via della posizione dominante. Di contro il mercato, pur con la rapida crescita del disordine, consente un processo di miglioramento continuo sotto la pressione della concorrenza. Se poi la proprietà è pubblica, ovvero semipubblica, la degenerazione del monopolio o dell’oligopolio arriva rapidamente per l’intromissione dei partiti e delle lobby nelle scelte strategiche e finanziarie dell’impresa, fino al limite del nepotismo e del finanziamento illecito.

    E’ inevitabile che in un contesto come quello italiano, tutte le partecipazioni statali o ex-partecipazioni statali soffrano anche dell’effetto “carrozone” perché i sindacati sono soggetti corporativi che partecipano attivamente alle scelte di politica industriale, dei livelli salariali e dell’organizzazione del lavoro. Non dovendosi confrontare con il mercato, il corporativismo dei sindacati va a nozze.

    Pur senza sminuire la genialità e la forza di volontà di Mattei, è chiaro che l’ENI avrebbe dovuto essere privatizzata già negli anni ’80 o ’90. ENI, come ENEL, FS, Alitalia, ecc. Le imprese IRI possono anche aver prodotto alcuni effetti positivi al loro inizio per creare un background industriale nel Paese, ma hanno perso rapidamente di significato. D’altronde per creare un’industrializzazione, come avvenne in Italia negli anni ’50 – ’60, non è neppure necessario ricorrere al capitale pubblico, quello che paghiamo ancor oggi con gli interessi super-usurai della partitocrazia, della burocrazia e del corporativismo sfrenato.

  14. Nel settore energia,come in tanti altri, abbiamo pagato la pochezza della nostra classe politica, che non ha mai avuto una politica energetica (dopo La Malfa e Fanfani) e ha usato Eni e Enel come bancomat. Mattei è stato un uomo in chiaroscuro e la nazionalizzazione dell’energia elettrica è stato l’inizio del debito pubblico italiano, ma averne, oggi come allora di personaggi come Mattei…..

  15. ambrogio

    Sono meravigliato dall’intelligenza, dalla competenza e dalla memoria dei tanti che qui intervengono. Mi chiedo come sia possibile che in Italia, con tali e tante “menti” si sia finiti in questo mare di guano……

  16. ambrogio

    ITALIA: un paese di COMICI, IMITATORI e CITATORI…..Meno male che Biagi (Enzo)non c’è più…..

  17. Franco Maloberti

    Un errore commesso frequentemente è valutare effetti macroscopici usando osservazioni microscopiche. Piccole cose, tipo fare un favore o comportamenti specifici, sono inessenziali. Quello che conta è l’effetto globale, l’impatto sul sistema Paese. Un secondo aspetto è tenere in mente quale deve essere l’obiettivo (nel nostro caso fermare il declino e favorire la ripresa economica e sociale del Paese) e le condizioni al contorno. Poi, non farsi dominare da mindset, pregiudizi, antipatie e, in particolare, non pensare che gli altri (tipo le 7 sorelle) siano meglio di noi. Infine, ricordare che la teoria, senza verifica pratica, porta talvolta a risultati imprecisi.

  18. paperino

    “L’eredità di Mattei, oltre alla mitologia che ancora lo avvolge, è quella che sappiamo: il monopolio petrolifero e una lotta senza quartiere per mantenerlo, anche con armi non convenzionali come la guerra all’energia nucleare vincendo la quale ottenne grassi profitti con la svolta verso l’olio combustibile che seguì il referendum del 1987”

    Assolutamente sbagliata la data e i particolari: la guerra all’energia nucleare fu fatta da Mattei contro Felice Ippolito allora responsabile del progetto nei primi anni ’60. Ippolito venne processato e distrutto con pretesti risibili (aveva usato una campagnola, il fuoristrada dell’epoca, dell’azienda statale che dirigeva, per recarsi in vacanza a Cortina): per questo sconto’ addirittura un paio d’anni di carcere, e la concorrenza dell’atomo al petrolio che Ippolito stava organizzando venne azzerata. In quegli anni l’Italia, grazie anche alle ricerche del gruppo di Mario Silvestri, grande ingegnere nucleare e grande storico, e grazie alla benevolenza degli americani che pur ci avevano duramente sconfitto in guerra, era all’avanguardia nella ricerca nucleare civile. Ma, come al solito, per beghe, invidie, pugnalate alle spalle interne, tutto fu perduto. Il referendum del 1987 fu solo la ciliegina sulla torta di una gara ormai perduta da lunghissimo tempo.
    Agli appassionati, consiglio l’ottimo testo di Mario Silvestri sull’argomento, anche per la qualita’ letteraria: Mario Silvestri – Il costo della menzogna – Italia nucleare 1945-1968.
    Non e’ piu’ stato ristampato dall’edizione originale einaudi del 1968, ancora disponibile in libreria fino a pochi anni fa (e questo la dice lunga sulla competenza degli italiani sull’argomento) ma si trova fortunatamente in rete.
    Un testo assolutamente da leggere.

  19. paperino

    “Iniziativa privata nell’energia. Mmmm… certo.
    Vajont dice nulla?”

    La tragedia del vajont avvenne proprio durante la nazionalizzazione coercitiva della diga: una parte della responsabilita’ della tragedia forse va attribuita alla fretta con cui si voleva portare a collaudo l’impianto, di cui era ben nota la emersa problematicita’ statica delle pareti del monte Toc, al fine di spuntare il prezzo massimo dallo Stato. Con gli esiti catastrofici che ben conosciamo…

    “La qualità del servizio è andata migliorando con l’ingresso dei privati…. Come no!
    Andate a chiederlo a quelli che hanno abbandonato il mercato protetto. Chiedete cosa pagano e che servizio hanno; specialmente quando chiamano i call center.”

    Forse sei abbastanza giovane da non ricordare quando un abbonamento internet a 33KBs (vuol dire mezz’ora per scaricare la prima pagina del corriere) sottoscritto con la telecom monopolistica costava l’equivalente di 1000 euro d’oggi… Oggi si puo’ scegliere fra il buon servizio a caro prezzo e il servizio un po’ peggio ma risparmiando.
    Purtroppo senza la concorrenza del libero mercato l’uomo non ha alcuno stimolo a migliorarsi, per quanto io debba convenire che se cio’ contraddistingue l’uomo dall’animale lo fa peggio. Pero’ siamo fatti cosi’.

    “C’è molta iniziativa privata nel fotovoltaico.
    Ma a quanto leggo ogni tanto su questo sito, sembra non piacere molto.”

    Ma quale iniziativa privata… per legge dello stato ai produttori di energia fotovoltaica il kwh prodotto viene pagato (da noi poveracci, in bolletta) circa 5 VOLTE il prezzo del resto del mercato, quello concorrenziale. E tieni conto che il prezzo del KWh nel mercato concorrenziale, in italia, per le dissennate scelte di politica energetica che fino a poco tempo fa proibivano a chiunque in nome del monopolio nazionalizzato ENEL, quello introdotto nel 1963 ai tempi della tragedia del vajont, anche l’installazione di una microturbina idraulica nel ruscello sotto casa (o un pannello fotovoltaico comprato a spese interamente proprie sul tetto, in effetti) , il prezzo del KWh dicevo e’ gia’ fra i piu’ alti del mondo, in assoluto.
    Dove vogliamo andare, per questa strada…

  20. Mat

    Notevole lo sforzo dell’autore di dare una visione di quegli anni di sviluppo di Eni ed Enel con il filtro dell’uomo della strada, ignaro degli efficienti meccanismi a latere del capitalismo che Mattei invece capiva, usava e contrastava benissimo, con grande lungimiranza e visione strategica degli interessi del paese, affinchè gli intellettuali di ogni parte potessero godere pure loro dei benefici della sua attività.

    A volte per scrivere su un argomento bisognerebbe conoscere ciò di cui si parla, e ancora meglio averne un’esprienza diretta, ma ormai in Italia è molto raro che ciò avvenga …

  21. paperino

    @marco
    “agli stati tocca mettere i paletti che consente di crescere ma ostacola il conseguimento di posizione dominante”

    Mattei e’ l’esempio piu’ “da manuale” che gli stati, nei fatti, sono sempre collusi con i monopolisti e gli oligopolisti, spartendosi il maltolto, a spese dei piu’ piccoli e piu’ deboli.
    La FIAT e’ rimasta sola sul mercato perche’ e’ l’unica che e’ sempre stata foraggiata dallo stato nei momenti di crisi, accomunata con esso nel destino dei “troppo grandi per fallire”. Con l’aggravante, per lo stato, del monopolio, insufficientemente limitato fino al ridicolo dalla nostra costituzione che e’ li’ a quasi sola garanzia delle prerogative di esso, della violenza arbitraria, attuata con mille sotterfugi con la scusa del “suo bene”, nei confronti del cittadino.

  22. paperino

    @Mat
    Vero, ma credo che Mattei, proprio perche’ estremamente efficace nella conduzione della sua azienda, quei meccanismi li capisse prima di tutto in modo istintivo, e mirasse prima di tutto al successo suo e quindi della sua azienda. A posteriori e’ facile rivestire di razionalita’ e preveggenza azioni che hanno, magari fortunosamente, da scommesse riuscite, portato al successo.
    In ogni caso, per quel poco che ne so, il successo di Mattei fini’ per dare, direttamente o indirettamente, peso preponderante nel nostro paese ai combustibili fossili, cosa di cui portiamo pesante eredita’ e che ci rende fanalino di coda in materia energetica in occidente. Soppesando tutto, non e’ facile valutare la sua eredita’. Di certo fu uomo di enorme successo imprenditoriale.

  23. “…incluso l’atomo che, a dispetto delle credenze odierne, in Italia nacque privato…”

    Già, nacque privato. Qualche notizia sulle sovvenzioni pubbliche maneggiate dai privati in questione potrebbe essere utile. D’altronde è privato anche negli Usa: almeno fin quando non arriva l’ora di pagare le spese!

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