27
Ott
2013

Ufficio parlamentare per il bilancio: chi l’ha visto?

L’anno scorso è entrata in vigore la riforma costituzionale che ha introdotto nell’ordinamento italiano il pareggio di bilancio.

Come l’istituto Bruno Leoni ha fin da subito (PDF) e ripetutamente sostenuto, non basta tuttavia scrivere pareggio di bilancio nella rubrica della legge perché pareggio effettivamente sia.

In effetti, rispetto alla rigidità del concetto di pareggio di bilancio, che resta solo nella rubrica della legge costituzionale, il primo comma accoglie il concetto di un saldo elastico rispetto al ciclo, con esclusione di un vincolo di parità tra entrate e uscite assoluto per ogni bilancio, consegnando una “visione dinamica del principio dell’equilibrio, grazie alla quale in caso di output gap negativo la regola è rispettata in presenza di un disavanzo, nell’ambito di un saldo strutturale di medio periodo in pareggio”.

La legge rinforzata n. 243 del 24 dicembre 2012 di attuazione del nuovo art. 81, ha ulteriormente attenuato la portata della riforma (PDF), grazie a un rinvio al saldo strutturale definito in coerenza con l’ordinamento europeo sul cui significato ci siamo soffermati già qui.

Sembra quindi che di un principio innovatore di pareggio di bilancio, quantomeno distinto e più rigoroso rispetto a quel principio di equilibrio tendenziale fra entrate e spese che già emergeva, secondo la Corte costituzionale, dal precedente testo dell’art. 81, ci si sia presto dimenticati, ancor prima che entri in funzione l’Ufficio parlamentare per il bilancio, organismo preposto, secondo la riforma a produrre analisi, verifiche e valutazioni sulle previsioni macroeconomiche e di finanza pubblica, sugli andamenti di finanza pubblica e sull’osservanza delle regole di bilancio.

E a proposito di tale organismo, che secondo la legge di attuazione del pareggio dovrebbe entrare in funzione il primo gennaio dell’anno prossimo, pare che della sua costituzione non ci sia ancora traccia in Parlamento. La procedura di individuazione dei suoi membri richiede la nomina da parte dei Presidenti di Camera e Senato di tre soggetti scelti tra una rosa di dieci persone elette con voto a maggioranza qualificata da parte delle commissioni bilancio di Camera e Senato. Una procedura non eccessivamente complicata ma nemmeno immediata, che molto improbabilmente potrà essere conclusa nel giro di due mesi. Dal momento che, ad oggi, non si è a conoscenza di segnali che facciano supporre un interesse parlamentare alla nomina dei membri dell’Ufficio, e considerando anche che il Parlamento sarà impegnato nell’immediato futuro con questioni importanti come la legge di stabilità, è facile immaginare che l’entrata in funzione dell’Ufficio non rispetterà i tempi previsti e non avremo, almeno non nei tempi ordinati, quell’organismo che, come si legge nella lettera del Tavolo Civico per migliorare lo Stato inviata la scorsa settimana ai presidenti delle camere ed ai componenti delle commissioni bilancio, potrebbe “consentire al Parlamento di avere una visione indipendente e qualificata in contraltare alle documentazioni, troppo spesso lacunose, presentate da qualsiasi Governo passato in sede di votazione”.

Sarà forse questo disinteresse un elemento ulteriore per dedurre che la riforma del principio del pareggio di bilancio è stata sì apparentemente voluta, ma ben presto dimenticata?

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