11
Dic
2022

Corrado Sforza Fogliani, l’ultimo einaudiano

L’episodio della sua vita che egli più amava raccontare, con ogni probabilità, riguarda l’incontro che ebbe con Luigi Einaudi. L’anziano ex presidente si era ormai ritirato nel Cuneese ed egli andò a rendergli omaggio: in quello che fu quasi un pellegrinaggio. Quando Einaudi morirà, nel 1961, Corrado Sforza Fogliani aveva soltanto 22 anni: con tutta l’esistenza dinanzi a sé. Ma ora che se n’è andato, sappiamo che in qualche modo egli è stato l’ultimo einaudiano, ossia l’ultimo interprete di un liberalismo capace di unire principi universali, razionalità economica, un particolare attaccamento alla propria terra e anche a una certa idea assai concreta di proprietà privata.

Sforza Fogliani è stato un avvocato e allo studio del diritto si è consacrato incessantemente. La sua produzione intellettuale include moltissimi articoli su questo o quell’istituto, e in genere contro una serie di riforme che hanno in vario modo ampliato la sfera del potere pubblico in Italia: scritti apparsi soprattutto sulla Nuova rassegna di legislazione, dottrina e giurisprudenza e su La Tribuna. E in ognuno di questi lavori – che si trattasse di commentare il codice delle locazioni o l’Imu, i patti in deroga o la regolamentazione condominiale – era evidente il suo sforzo di unire la serietà dello studioso e le preoccupazioni di un cittadino consapevole che il disastro economico e sociale aveva le proprie radici esattamente in quel profluvio di leggi, regole e imposte.

La sua passione di giurista ha generato un’ampia letteratura: in larga parte in tema di proprietà immobiliare, ma non solo. È pur vero che il suo essere stato per un quarto di secolo alla guida di Confedilizia, la principale realtà associativa dei proprietari di case, l’ha portato a focalizzare molte delle sue attenzioni proprio sul tema degli immobili, che egli ha sempre saputo leggere con grande originalità. D’altra parte, le battaglie che condusse alla guida di Confedilizia furono moltissime e, nonostante un clima culturale avverso, in varie circostanze riuscì pure a vincerle: come – solo per citare l’episodio più noto – nel caso della cedolare secca sugli affitti, che fu introdotta nel 2011.

Il effetti, il suo radicalismo nella difesa dei principi liberali sapeva sposarsi con la concretezza di chi sa quali sono i risultati che è lecito sperare e quelli che, invece, sono del tutto al di fuori della nostra portata.

Nei primi anni della sua attività professionale e intellettuale il focus delle sue attenzioni, però, era stato il giornalismo. Nel 1961 egli scrisse una monografia intitolata Lineamenti di storia del giornalismo e anche altri testi su Giovanni Bianchi e su Francesco Giarelli, quest’ultimo individuato come un pioniere dell’informazione in senso moderno. Questa attenzione alla pubblicistica ci mostra come in Sforza Fogliani fosse viva la passione per il dibattito pubblico, ma anche un’attenzione particolare alla sua Piacenza.

Di questa costante fedeltà alla propria città e alla propria provincia mi resi conto perfettamente quando, su suo invito, accettai di “disegnare” il Festival della Cultura della Libertà, che nel prossimo gennaio giungerà alla settima edizione. In varie circostanze mi capitò di proporgli temi molto ancorati a prospettive “localiste” (variamente volte ad affermare le ragioni dell’autogoverno e della concorrenza tra giurisdizioni) e mai in nessun caso egli avanzò obiezioni. Mi resi conto che il suo essere “risorgimentale” non gli impediva di cogliere le ragioni liberali della localizzazione del potere, che obbliga a responsabilizzarsi e a competere. Ma non c’era soltanto questo.Infatti, egli aveva con la sua Piacenza un legame fortissimo, dal quale traspariva la consapevolezza che viviamo in “luoghi” assai più che in “spazi”, e che un mondo reso integralmente omogeneo dal potere e dalle sue burocrazie è un mondo del tutto governabile e assoggettabile. In fondo, anche la sua decisa avversione a un’Unione europea centralizzata e burocratica, insieme alla difesa del ruolo delle banche locali (espressa nettamente in Siamo molto popolari, uscito per Rubbettino nel 2017), poggiava su tutto ciò: e anche questo, a ben guardare, è un altro tratto molto einaudiano della sua personalità.

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