21
Ott
2013

Un occhio alle finanziarie di Spagna, Portogallo e Irlanda. E al 6% di Pil di maggior spesa pubblica italiana rispetto alla Germania

Fino a Natale, la legge di stabilità andrà incontro a tumultuosa navigazione. Cominciando dall’esame preventivo a cui è sottoposto dalla Commissione Europea. E’ il primo anno che scatta la nuova regola europea, per la quale le leggi fondamentali di finanza pubblica sono sottoposte a un filtro comunitario prima ancora dell’approvazione parlamentare (la Francia, tradizionalmente sovranista, ha tirato dritto per la sua strada malgrado il bonus riconosciutogli da Bruxelles di più tempo per rientrare sotto il 3% di deficit,e il Parlamento ha già approvato la finanziaria).

Non è un caso che sabato Bruxelles abbia chiesto a Letta di saperne di più. Perché in Europa ne sanno quanto noi, e in definitiva un testo articolato delle misure praticamente ancora non si è visto. Bisogna accontentarsi di successive descrizioni generali, dei diversi interventi interventi di minor spesa e maggior gettito. Dalla tassazione sugli immobili alle minori detrazioni, in 6 giorni si è letto di ogni.  Mentre aspettiamo di capire meglio e Fassina resta al governo dicendo che insieme al Pd combatterà “il rigore imposto dalla Ue”, il Pdl alza muri contro gli aggravi fiscali che pure nei testi sin qui circolati ci sono eccome, il sindacato proclama il primo scioperino generale di 4 ore, e Squinzi di Confindustria dichiara che se solo gli avessero detto quanto era incasinata la situazione col cavolo che faceva il presidente, è forse utile dare un’occhiata anche in casa d’altri, soprattutto ai membri dell’euroarea che sono malandati come noi. E  che sono stati sottoposti al monitoraggio obbliogato della Trojika. C’è un ampio dibattito, economico e politico, sugli effetti che le politiche di austerità hanno scatenato nelle economie del Sud Europa. Ma è ancora da vedere se non sia stato meglio per i Paesi “obbligati” a manovre dure, alla fin fine, perché il morso del controllo trimestrale ha obbligato le loro classi dirigenti a riforme energiche. Noi abbiamo sperimentato invece soprattutto aggravi fiscali.

Spagna

A Madrid il premier Mariano Rajoy, del partito popolare, è quasi a metà del suo mandato quadriennale. E’ indebolito da scandali sul finanziamento illecito al suo partito, ma spera che in economia il peggio sia alle spalle. Il budget 2014 presentato a fine settembre è il più “leggero” dal 2011, ma la differenza è che da allora i governi, prima socialista e poi di Rajoy, son già dovuti intervenire con quattro manovre straordinarie in corso d’anno oltre alle finanziarie regolari. Avendo la Spagna un bonus biennale per rientrare sotto il 35 di deficit, il budget propone tagli e incrementi di entrate questa volta per soli 8 miliardi, per far scendere il deficit al 5,8% del Pil rispetto al 6,5% e probabilmente un po’ di più a cui dovrebbe chiudere a fine 2013. Ma già dal secondo trimestre dell’anno in corso l’economia spagnola ha ripreso ad andar leggerissimamente meglio, la disoccupazione raggiunto il 26.7% ha cessato di salire e mostra primi segni di decrescita, diversamente da noi, e le previsioni del Pil nel 2014 sono state ritoccate al rialzo, verso più 0,7-0,8%. Per la prima volta è insomma una finanziaria di “manutenzione” dei conti, con una diminuzione prevista soprattutto dai minori interessi sul debito per lo spread molto più basso di quello del 2012 e inizio 2013 (erano 100 punti base più del nostro, prima che l’instabilità italiana ce lo facesse riagganciare nel corso dell’estate). Ma alle spalle ci sono state misure da lacrime e sangue. Tra la finanziarie dell’anno scorso e l’intervento straordinario del marzo 2012, appena vinte le elezioni, Rajoy ha dovuto migliorare i saldi pubblici spagnoli per circa 30 miliardi di euro, le misure più pesanti da quando la Spagna democratica è succeduta al regime di Franco. Se prima di lui il socialista Zapatero aveva alzato l’IVA di 2 punti e tagliato del 5% il salario dei dipendenti pubblici, Rajoy ha alzato l’aliquota più elevata Irpef e ha dovuto tagliare con durezza i fondi alle Regioni autonome in dissesto. Anche in Spagna i contratti pubblici sono bloccati da 5 anni senza indicizzazione, ma le riforme del lavoro sotto Zapatero come Rajoy – a favore anche dei contratti a tempo, a differenza delle nostre, come dagli aggravi fiscali sono state tutelate le piccole imprese a differenza che da noi – hanno di molto abbassato il costo del lavoro per unità di prodotto. Infatti, export e competitività vanno meglio del previsto. Restano tre problemi gravi, oltre la disoccupazione: 700 mila case vuote,il relitto della bolla immobiliare; il dissesto bancario – la Spagna ha usato 42 dei 100 miliardi messi a disposizione dalla Ue – lungi dall’esser risolto;e la riforma delle pensioni da rivedere, visto che il sistema continua a perdere l’1,5% del Pil l’anno e gli effetti dell’innalzamento dell’età pensionabile a 67 anni – deliberato da Zapatero – ha troppi anni davanti a sé per riequilibrare i conti. La Spagna aveva una spesa pubblica pari al 46% del Pil nel 2009, a fine 2012 era salita al 47,8%, con entrate pubbliche totali salite solo dal 35% del Pil al 37,1%.

 

Portogallo

Anche il premier portoghese, Pedro Passos Coelho (socialdemocratico, a Lisbona il partito appartiene al centrodestra) è entrato nel terzo anno di mandato, e con la finanziaria appena presentata ha annunciato l’uscita dalla più pesante recessione in 40 anni. Nel secondo trimestre 2013, l’economia portoghese è cresciuta dell’1,1% sullo stesso trimestre 2012. L’Italia ci metterebbe la firma. La finanziaria 2014 presenta un miglioramento del saldo pubblico di circa 4,7 miliardi, rispetto al 6,3% sul Pil a cui dovrebbe chiudere il deficit 2013. Ma sulla finanziaria 2014 pesa ancora la crisi istituzionale apertasi in primavera, quando la Corte costituzionale – facendo sobbalzare la trojka Ue, Bce e Fondo Monetario che monitora il Paese – dichiarò illegittime 4 delle 9 principali misure assunte nella finanziaria 2013, per circa 1,3 miliardi così sfumati di miglioramento del deficit. Il Portogallo negli anni alle nostre spalle ha tra l’altro tagliato, oltre alle indicizzazioni e alle pensioni, 13esime e 14esime, le prime a privati e pubblici dipendenti, le seconde solo ai pubblici, e la Corte su quest’ultimo punto ha detto no. Come ha respinto i tagli ulteriori – era il terzo round, dal 2011 – alle indennità di malattia e a quelle di disoccupazione. Tutte cose impensabili, per l’Italia. Il Capo dello Stato, Cavaco Silva, si vide costretto costretto a chiedere un patto di larghe intese tra il centrodestra e l’opposizione di sinistra socialista, per una maggioranza dell’80% in grado di cambiare la Costituzione e rispondere così ai no della Corte. I socialisti hanno rifiutato. E su Passos Coelho resta così l’impedimento di procedere a drastici tagli dei 600 mila dipendenti pubblici, il 16,5% del totale degli occupati, difesi strenuamente dalla sinistra. Se le tensioni nell’euroarea riprendono, oltre al terzo pacchetto di aiuti alla Grecia potrebbe esserne necessario un secondo anche per Lisbona. La spesa pubblica era pari al 49,8% del Pil nel 2009, arrivò al 51,5% nel 2010, è scesa al 47,4% a fine 2012. Con totale delle entrate pubbliche inchiodato al 40% del Pil, rispetto al 39,6% del 2009.

 

Irlanda

Dublino ha oggi il peggior deficit nell’euroarea,ancora all’8% del Pil. L’Irlanda ha cumulato con la Spagna il peggio: nella crisi è esplosa sia la bolla bancaria sia quella immobiliare. Per questo, il budget 2014 irlandese è ormai l’ottavo consecutivo di austerità. Le sette finanziarie precedenti, tra tagli di spesa brutali e innalzamenti fiscali assai meno tosti dei nostri – l’Irlanda si è opposta ad alzare l’aliquota IRES sulle imprese, al 12,5%, un sogno per le aziende italiane e per di più non esiste l’IRAP – hanno migliorato i saldi pubblici per l’equivalente del 17% del Pil. E’ sicuramente l’esempio di maggior successo in campo europeo, a fronte dei 67,5 miliardi di aiuti ottenuti dalla trojka nel 2010, e infatti l’Irlanda è tornata sui mercati a piazzare titoli e a dicembre il monitoraggio della trojka cessa. E il budget 2014 contiene una manovra pari a soli 2,5 miliardi. L’economia è attesa in crescita del 2% nel 2014, e la disoccupazione dai massimi del 15% nel 1012 è scesa al 13%. Il governo guidato da Enda Kenny del partito Fine Gael (moderato, appartiene alla famiglia dei Popolari europei) voleva abolire il Senato per risparmiare, ma pochi irlandesi son andati alle urne e ha vinto il no. I laburisti, alleati al partito di maggioranza relativa moderato al governo, sono oggi a un terzo dei voti ottenuti nel 2011. Pagano il prezzo di aver difeso le imprese, ma il Paese è al rilancio. Quante cose avremmo da imparare, da Dublino.  La spesa pubblica era il 48% del Pil nel 2009, esplose al 65,5% nell’anno successivo, e già l’anno scorso era stata tagliata al 4,6,2%. Il totale delle entrate pubbliche è rimasto pari al 34,5% del Pil, perché la volontà resta di tagliare la spesa.

 

Ricordo a tutti che a fine 2012 l’Italia aveva una spesa pubblica pari al 50,6% del Pil, ed entrate pubbliche totali pari al 47.8%. La Germania, tanto per capire il gap, aveva una spesa pubblica del 44,7%: 6 punti di pil meno di noi, il che fa 100 miliardi tondi tondi. Anche se levate gli oneri da debito pubblico dovuti al maggior spread italiano su quello tedesco, restano 50 miliardi di maggior spesa italiana. E la Germania non è certo un Paese senza Stato e senza welfare… I contenimenti di spesa energici qui da noi ancora non si vedono neanche col governo Letta, ergo continueremo ad avere pressione fiscale elevatissima. Non lo so proprio se non era meglio la trojika, ognuno pesi questi numeri.

 

 

 

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9 Responses

  1. giancarlo

    Non ci resta che trasferirci in portogallo. Lì si che si sta bene. Anzi andiamo tutti in irlanda. Sembra che a lei piacciano tutti i paesi dove si può trovare gente in giro… Come le file di disoccupati in attesa. Ci vada lei. Se le piace e prenda il posto di uno di quei poveri malcapitati. Se le piace. Nel frattempo che fa la fila magari potra pensare alle reali cause dell attuale situazione, che pare accanirsi solo sui popoli euro. E sugli altri molto meno. Non so come lei si possa compiacere di cotanta miseria autoinflitta. Che tristezza infinita leggere certi discorsi fatti da nostri concittadini.

  2. alexzanda

    ovvio che era meglio la troika, la realtà italiana è che la spesa pubblica non è stata tagliata nè dalla sinistra, nè dalla destra, nè dai tecnici, nè adesso dalla grande coalizione sinistra/destra/centro…… solo la troika taglierà forse, e dico forse perchè sono sicuro che anche da noi, soprattutto da noi, troverà ostacoli importanti dalla magistratura (corte costituzionale che boccerà i tagli, ha già iniziato con la sentenza sul no al prelievo del 3%).
    il problema italiano è culturale, la popolazione – che è preparatissima e molto agguerrita giuridicamente, ideologizzata ed imbevuta di pretese e diritti – ormai è convinta di avere tutti i diritti, che tutto è dovuto, che la colpa è degli evasori e dei ricchi sfruttatori, ha coltivato l’invidia sociale e non mollerà mai su nulla, così condannandoci al declino sicuro e inarrestabile, più in grande è la rappresentazione di napoli e del sud, furbissimi eppur così furbi e maliziosi da aver disintegrato la loro stessa città

  3. Giorgio

    Invocare l’intervento della troika è fare come quel marito che x fare dispetto alla moglie…

  4. Mike_M

    Purtroppo o per fortuna, la troika arriverà anche da noi. Francamente, non riesco ad immaginare altro di fronte all’italica ignavia.

  5. Piero

    A mio avviso, oltre alla corruzione/clientelismo, la posta più grossa sono le pensioni già in essere. Le varie riforme hanno di fatto scaricato tutto il peso su chi ci deve ancora andare. E nel caso dei giovani precari mai ci andrà. Bisognerebbe Ricalcolare Tutte le Pensioni in Essere con il Contributivo per la parte eccedente i 2000/3000 euro lordi. Alla faccia della corte costituzionale, degli alti burocrati e dei dirigenti privati e di tutti i vari fondi privilegiati confluiti nell’inps. Non sarebbe nè di destra nè di sinistra. Teniamo conto che, a mio parere, nel giro di due o tre anni l’Inps nn avrà più i soldi x pagare quelle in essere. Ed i governi dovranno scegliere: o tagliarle a ch ne ha troppa immeritata o far patrimonialona.

  6. Riccardo

    2011 Index of Economic Freedom
    Australia: 34%
    Taiwan: 18%

    Per i soliti benaltristi, da notare che non si tratta di paesi sull’orlo del fallimento o in cui la disoccupazione è al 30%, ma di paesi in cui la disoccupazione non esiste ed il PIL pro capite si prevede che raggiungerà il top a livellomondiale nei prossimi anni.
    Sono inoltre paesi (parlo di Taiwan) in cui il pil è dato dall’industria (non dalla finanza).

  7. Enrico

    Carissimo Oscar,
    nel farti i complimenti per l’ottimo articolo, resto allibito da alcuni dei commenti che vedono in un intervento della troika una condanna autoinflitta.
    Preoccupa infatti come alcune persone non comprendano la gravità della situazione italiana e pensino che esistano soluzioni magiche o che la colpa sia dei cattivi banchieri.
    Costoro avranno un brusco risveglio quando lo Stato andrà in dissesto e i tagli drastici diventeranno a quel punto inevitabili e molto più dolorosi.
    Con stima.

  8. Luca

    Queste elucubrazioni nichiliste (..presto la troika anche in Italia!!) segnalano il tramonto irreversibile della fallimentare ideologia neoliberista. No, non ci sarà alcun (ulteriore) commissariamento x l’Italia..al contrario vedremo un forte allentamento delle demenziali politiche rigoriste in salsa tedesca a favore di politiche interventiste di tipo Keynesiano.Il pendolo della storia economica ha cambiato direzione. Non ne siete convinti?..bhè stiamo a vedere. Interessante poi, a livello politico, il risultato delle prossime elezioni europee e i suoi riflessi sulle direttive di Bruxelles

  9. Piero

    x Mike: Troika arriverà se e quando : 1) Monti/Saccomanni/Napolitano/Draghi/Amici degli International andranno in minoranza in Italia [Silvio=Pericolo number one ma nn è certo il solo dentro/fuori il parlamento] 2) Usa ridurranno stampe e banche d’affari cercheranno buon motivo x andar al ribasso..
    PS: FMI propone patrimoniale 10%, Tedeschi 5%, nessuno vuole default che ricadrebbe anche su creditori esteri (detto papale papale nel Fiscal Monitor)

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