18
Mar
2011

Salviamo le rinnovabili virtuose dalla danza delle ore

Riceviamo dal Prof. Angelo Spena e volentieri pubblichiamo

Un criterio premiante per le filiere promettenti

La convulsa bagarre sul Decreto rinnovabili rischia di far perdere un’occasione irripetibile di fare chiarezza. L’urgenza di salvare il principio di legittimo affidamento e di garantire la certezza del diritto evitando retroattività formali e sostanziali non deve infatti comprimere l’esigenza di strutturare bene il futuro delle incentivazioni, finalizzandole alla selezione ed alla stabilizzazione delle filiere suscettibili di fornire un concreto contributo alla copertura del fabbisogno energetico a costi competitivi. La gatta frettolosa farebbe i gattini ciechi. Lavoriamo per parti: rendiamo quanto prima affidabile ed equo il transitorio, ma approfondiamo con calma il progetto di rientro degli incentivi nell’ordinario.

Il timore semmai è che la soluzione del burrascoso confronto sia troppo politica, e troppo poco tecnica. E che di tecnica faccia capolino solo quella economica e non anche quella ingegneristica. L’usuale astrattezza degli economisti riguardo ad esempio alla maturazione dei mercati, al progresso tecnologico, all’obsolescenza, matematicamente certi che tempo sia uguale a sviluppo, inopinatamente e in perfetta buona fede può infatti ritardare che i nodi vengano al pettine. Fatico sinceramente a considerare il residuo progresso tecnologico di filiere ormai quasi quarantenni ancora come una variabile dipendente dall’approccio economico adottato in Italia. Non c’è bisogno di scrutarlo con algoritmi macroeconomici: basta estrapolarlo dai dati storici tecnico-economici. Può essere, senza intermediazioni, direttamente misurato, soppesato, giudicato. Già oggi. Da ieri.

Al di là della valenza etico-ambientale, o del fatto che premiano il capitale e non il lavoro, è infatti sulla producibilità (pdf) che si giudica la concretezza delle rinnovabili come opzione per l’energia. Allora, coraggio: cosa impedisce di dare un giudizio ex-post sulla utilità degli incentivi già erogati da anni mediante ad esempio un Valore di Virtuosità VV = V1 x V2, in cui V1 porti in conto i progressi del costo unitario annuo della potenza installata e del relativo impatto territoriale (ad esempio usando il reciproco di €/mq anno) in pale eoliche, pannelli ecc, e V2 porti in conto la maggiore efficienza ottenuta con l’innovazione, computando l’energia resa dalla medesima grandezza estensiva (ad esempio kWh/mq anno)? Andiamo a vedere se il valore del prodotto VV (kWh prodotti per € investito) è cresciuto o no nel periodo in cui sono stati applicati gli incentivi; e se così è accaduto anche per entrambi e separatamente sia V1 che V2.

I dati sono disponibili. Perché non fare i conti? Che male c’è a supportare anche con questo numero semplice e intuitivo un serio criterio di selezione delle rinnovabili che potrebbero ancora avere un futuro (pdf) ? Non è giusto che i giudizi negativi che hanno da più parti recentemente investito il settore ricadano indistintamente e acriticamente a pioggia, proprio come i vecchi incentivi, su tutte le filiere, gli operatori, le applicazioni. Proviamo a discernere il grano dal loglio. Solo così possiamo salvare in modo condiviso sotto il profilo sociale ed economico ciò che di valido l’imprenditoria italiana ha espresso negli ultimi dieci anni.

Anche perché il recente position paper dell’IBL (vedi IBL n.13 del 10 marzo 2011) dimostra che aver concentrato in due-tre anni la crescita prevista per un decennio porterà ad un raddoppio del costo degli incentivi al solo fotovoltaico (da quasi 9 a più di 15 miliardi di € cumulati nel decennio, anche senza superare il plafond di 8000 MW). Spaventati? Beh, questo è niente. Tenetevi forte. Il diavolo si nasconde nei dettagli. IBL ha assunto come dato in ingresso il numero di ore annue equivalenti di funzionamento dei pannelli fornito dall’Autorità per l’energia per il 2009: 613 ore (MWh/MW), precisando di ritenere la stima estremamente conservativa. Giusto. Dovete infatti sapere che i business plan fotovoltaici vengono redatti in Italia ipotizzando producibilità che vanno da una media di oltre 1300 fino a un massimo di 1500 ore/anno, per un arcano effetto di amplificazione dell’ottimismo, già a partire dai dati climatici e poi via via fino a quelli prestazionali del sistema. La stima dell’AEEG (pdf), verosimilmente determinata dai ritardi occorsi nell’entrata in produzione degli impianti, tuttavia risulta ben più che prudenziale. Se infatti i business plan fossero veritieri (si basano tra l’altro su stime ENEA(Guida Fotovoltaico Enea), deputato governativo a dare i numeri) i miliardi di € al 2020 non sarebbero 15 ma più di 35! Per fortuna tuttavia i business plan sono bugiardi, e la verità, come sostengo (  www.ilsole24ore.com 10 settembre 2009, Energia: sulle rinnovabili i numeri non tornano di Luca Salvioli) da anni, è che in Italia in media tra nord e sud e nel corso del tempo più di 1100-1200 ore/anno non si possono sperare (e anche per questo la grid parity è una chimera; ma questa è un’altra storia). Quindi la proiezione più realistica della forbice che nasce dallo studio IBL è una spesa circa doppia: non meno di 30 miliardi di €. (Per tacere di oneri accessori e di sistema aggiuntivamente emungibili ai clienti elettrici). Appena un ordine di grandezza sotto la patrimoniale!

Merita preoccupata attenzione tuttavia questa singolare danza delle ore: 600, 1000, 1500 all’anno fa una bella differenza, visto che tutti i costi sono inversamente proporzionali. Ai promotori del fotovoltaico che fino a ieri millantavano 1400-1500 ore/anno per prefigurare ghiotti tempi di ritorno, in questi giorni piace accettare 600. Quasi tre volte di meno! Un po’ di serietà.

Appunto, proviamo a discernere il grano dal loglio.

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3 Responses

  1. La stima sulla producibilità degli impianti fotovoltaici deriva da un data-base sull’insolazione. C’è un software, disponibile on line (http://re.jrc.ec.europa.eu/pvgis/apps4/pvest.php?lang=it), che stima la producibilità di un impianto in date condizioni di installazione (inclinazione, angoli) e in un certo sito. Sono dati ufficiali dell’UE e il software stima piuttosto bene. 1.200-1.500 paio dati del tutto ragionevoli!

  2. maverick100

    Intervista a Rubbia

    Domanda: “La Francia dice oggi che l’impatto di questo disastro potrebbe essere superiore al grado 7 di Chernobyl.Lei che dice è troppo presto per previsioni?”

    Risposta Rubbia : “Si tratta di un fenomeno diverso da Chernobyl: quello è stato un fenomeno di esplosione. Qui il combustibile, pur essendo spento, produce calore e questo provoca un riscaldamento che diventa incontrollabile. Si sa che la quantità di radiazioni che uno riceve si misura in Sievert. Persone che hanno 2.5 Sievert hanno probabilità del 50% di morire. Ora sappiamo che di questi reattori la quantità di radiazione è dell’ordine di

    10 MILIARDI Sievert.

    Quindi c’è un quantitativo immenso di radioattività dentro questo contenitore.”

    Dieci miliardi di Sievert. Prima di fare l’analisi costi benefici bisognerebbe capire quali sono i rischi reali invece di usare la calcolatrice

  3. Alberto

    Angelo, ho fatto la tesi con te da Caputo nel ’75. Sei tu vero?
    Ti ricordi gli impianti di pompaggio nel sistema di produzione ENEL?
    Che fine hai fatto? MI farebbe molto piacere rivederti, sempre che tu sia disponibile.

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