26
Giu
2009

Liberisti sulla luna

Il quinto numero di Wired Italia, la versione nostrana della storica rivista californiana dedicata all’innovazione, è un numero monografico sulla luna, Marte e dintorni. Un po’ troppo per me, che non provo alcuna fascinazione per le scienze, ed al moonwalk di Aldrin ed Armstrong preferivo il moonwalk di Michael Jackson.

Tuttavia, mi sono soffermato con interesse su questa chiacchierata tra Luca Sofri e Peter Diamandis, pioniere delle esplorazioni spaziali private. In primo luogo, mi ha colpito la concezione quasi randiana del progresso evidenziata in questo passaggio:

Ok, mi stavo chiedendo se un’accademia impegnata a individuare e a premiare i talenti sia convinta che la storia la cambino i singoli anziché i popoli…
«Io credo che tutti i grandi cambiamenti vengano dagli individui e dai piccoli gruppi capaci di prendersi grandi rischi e compiere cose straordinarie».

In secondo luogo, ho apprezzato l’insistenza di Diamandis su un approccio privato e di mercato alle esplorazioni galattiche, particolarmente perché ho sempre considerato il celodurismo astrale dei governi tra le forme di spesa pubblica più odiose.

Infine, mi ha strappato un sorriso lo scambio dedicato alle ricostruzioni cospirazioniste dell’allunaggio.

Ti sei mai chiesto da ragazzo se magari lo sbarco fosse tutta una balla, come sostengono i matti cospirazionisti?
«Una balla cosa?».

Sai… la storia che non sono andati sulla Luna e tutto quel mondo di congetture, ti ha mai incuriosito?
«Ma è ridicolo! Mi meraviglio che tu me lo domandi!».

Non sto cercando di convincerti, mi chiedevo se uno come te…
«Ma figuriamoci: è pieno di imbecilli, in giro!».

Ok, non ti avevo chiesto se pensi che le teorie siano vere. Lasciamo stare. È che quel film con Elliott Gould (Capricorn One, 1978, ndr) non era niente male…
«Luca, tra dieci minuti devo andare. Vuoi davvero passarli a parlare di questo?».

No?
«Dai. Prossima domanda».

Mi sono sopreso a pensare a Bruno Leoni, che aveva trovato il tempo di applicare il suo multiforme ingegno anche alla spedizione del 1969, non senza simpatia per la tesi cospirazionista. E, chiudendo la rivista, non ho potuto fare a meno di pensare che il mio (e nostro) eroe intellettuale avrebbe forse saputo scalfire le certezze di Diamandis.

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