20
Ott
2009

Io non voglio il posto fisso, ma Tremonti…

Toh, è arrivato l’elogio tremontiano del posto fisso. L’elogio di un mondo antico ed immobile: dopo il servizio di leva, un bel posticino in banca o in fabbrica, un percorso di carriera fatto soprattutto di avanzamenti di anzianità, il mutuo per l’acquisto della casa, la caccia al radicamento e all’insediamento nei gangli della burocrazia interna, colleghi – a volte amici, a volte avversari, spesso prima l’una e poi l’altra cosa – che reciprocamente si vedono crescere, diventare padri o madri, poi brizzolati ed infine anziani. Una vita, un solo destino, legato a quello di un’azienda. Ti può andar bene, ma ti può andare anche male.

Elogio del posto fisso e critica della mobilità. La critica ad una condizione zingara e precaria: l’università, spesso il master o il corso di formazione post-laurea, lo stage, il primo contratto solo per la sostituzione di una lavoratrice in maternità, poi un rinnovo per nove mesi, caterve di curricula in giro, la scelta tra un posto così così sotto casa o un lavoro meglio pagato, ma a Bruxelles o a Berlino, la continua ricerca di nuove competenze, il cambio di lavoro come via per aumentare il proprio reddito. Una vita, più destini, frutto della propria capacità di reinventarsi. Ti può andare male, ma ti può andare anche molto bene.

Certo, la descrizione delle due condizioni non è scevra dalle convinzioni personali di chi scrive (io non voglio il posto fisso, voglio guadagnare). E più d’uno può rispondere che il posto fisso ha i suoi vantaggi, che permette più facilmente ad una giovane coppia di realizzare un proprio progetto di famiglia, o che il lavoro non è tutto nella vita. Nessuno può convincere nessuno, ovviamente, ci sarà sempre chi cercherà una maggiore stabilità, anche a costo di un reddito minore, e chi preferirà la mobilità e l’autonomia. In un’economia aperta e dinamica, ci sarebbe spazio per tutte le aspirazioni: chi volesse stabilità se la pagherebbe con un reddito mediamente più basso ed una maggiore dipendenza dal destino del suo datore di lavoro.

Il problema sorge quando si ha un mercato del lavoro duale e rigido, come quello italiano. In un contesto del genere, la ricerca del posto fisso diventa una chimera e la mobilità da stimolante diventa frustrante, e nemmeno premiante dal punto di vista economico.
E’ chiaro a tutti che di questo dovrebbe occuparsi la politica: aprire il mercato del lavoro, collegare i salari alla produttività, alleggerire il carico fiscale, far ripartire l’economia e con essa le opportunità di lavoro e di crescita, combattere i privilegi e premiare il merito e la creatività. Tremonti, o chi per lui, si occupi di togliere lacci e lacciuoli all’economia italiana e lasci gli italiani, soprattutto i giovani, liberi di scegliere tra posto fisso e posto non fisso. Con i pro e i contro che questo comporta.

Insomma, ancora una volta il Tremonti ministro dimostra di essere più apprezzabile di questo Tremonti filosofo morale: come ha scritto Oscar Giannino, la mobilità, cioè la formazione continua, permette all’ascensore sociale di funzionare; la liberalizzazione del mercato del lavoro, e non certo la sua chiusura, permette ai giovani di entrare nel mercato del lavoro (soprattutto in un paese che, come ha ricordato lo stesso Giannino, ha un tasso di occupazione tra i 25 e i 29 anni inferiore di undici punti percentuali a quello medio europeo).

PS. Sollecitazione (non richiesta) agli under 35: anziché chiedere il posto fisso, perché non pensiamo a realizzare un nuovo Sessantotto? Non un Sessantotto dei diritti, ma un Sessantotto della libertà. Non uno scontro, ma un patto intergenerazionale: chiediamo a chi ha troppe garanzie di accettare una loro riduzione e “redistribuzione”. Ergo, aumento dell’eta pensionabile in cambio di un irrobustimento degli ammortizzatori sociali.

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10 Responses

  1. Paolo

    Un commento leggermente OT (e me ne scuso), ma l’argomento mi pare interessante.
    Exit Strategy, ovvero come drenare l’eccesso di liquidità immesso sul mercato dalle bance centrali. Dal Sole24Ore di stamane: “La Fed cede temporaneamente alle banche asset finanziari come buoni del Tesoro. In cambio riceve liquidità e si impegna a riacquistare più avanti nel tempo a un prezzo leggermente superiore gli asset.”
    Io non sono un addetto ai lavori e non capisco. Qualcuno mi può aiutare per favore?
    Cioè, alla fine, se ti ho regalato una macchina nuova un anno fa’, come faccio a farmela restituire? Non mi pare una grande idea prenderla temporaneamente in prestito, anche perchè la macchina rimane comunque tua. Magari venirtela a rubare nottetempo…
    Grazie per il chiarimento che vorrete darmi.

  2. Sono operazioni di pronti contro termine invertite, chiamate “reverse repo”. Servono a drenare liquidità in eccesso, evitando che possa finire col causare pressioni inflazionistiche ad esempio attraverso concessione di credito. Il pronti contro termine è fatto così, tecnicamente è un finanziamento garantito da titoli. Nel caso del reverse repo, la Fed prende a prestito liquidità, garantendola con titoli del proprio portafoglio, per una scadenza determinata, e che potrà essere rinnovata indefinitamente. In questo modo, le banche effettuano un impiego di liquidità, che viene remunerato. Per stare sulla sua similitudine, non si tratta di un regalo, ma di un prestito.
    Rigurado la notizia del 24Ore, la Fed ha smentito di essere prossima a intraprendere reverse repo, affermando di aver solo testato i sistemi di settlement con le banche.

  3. Sono d’accordo con la possibilita’ d’un nuovo ’68, stavolta libertario.

    La priorita’ e’ secondo me informare i nostri coetanei del fatto che sindacati-Confindustria-politica-Vaticano hanno creato e modellato un mondo del lavoro in Italia atto a FREGARCI TUTTO O QUASI TUTTO.

    Bisogna spiegare ai nostri coetanei, soprattutto ai comunisti (di sinistra e del Pdl) che questa marea di pensionati che va in pensione a 50 anni (come il matematico Piergiorgio Odifreddi) passera’ i prossimi 50 anni a VIVERE SULLE NOSTRE SPALLE, e lo Stato sequestrera’ meta’ del nostro stipendio ogni mese per mantenere questo tipo di parassiti…

    Non ci vuole un patto intergenerazionale secondo me, ci vuole una presa di coscienza dei giovani e poi uno SCONTRO GENERAZIONALE, rigorosamente nonviolento e Gandhiano, nel quale tutti insieme dobbiamo dire ai nostri genitori e ai nostri nonni: “Avete finito di rubarci i nostri soldi?”.

    Ci vuole presa di coscienza: la maggior parte dei ragazzi in Italia non sa neanche cosa sia il debito pubblico!

  4. Vittorio

    Posto fisso si o no? Una grande bufala. Io penso che servisse un argomento occupare le prime pagine dei giornali lo stesso giorno in cui escono le motivazioni del giudizio della Corte sul Lodo Alfano.

  5. Andrea Giuricin

    Il ragionamento è perfetto.
    Vi deve essere la libertà di ogni individuo di scegliere tra un posto fisso con un reddito inferiore e un lavoro più flessibile, ma più remunerativo.
    È necessario liberalizzare il mercato del lavoro italiano che è fortemente duale, con una generazione (quella dei nostri genitori) fortemente protetta e una (quella nostra) con poche possibilità.
    Liberalizzare il mercato del lavoro significa aumentare la possibilità di scelta di tutti e cercare di far emergere le qualità di ogni individuo.
    Non è un caso che in Italia la spesa pensionistica supera il 15,5 per cento del Prodotto Interno Lordo e copre il 60 per cento delle spese di welfare.
    Io credo che questo discorso di modificazione del mercato del lavoro non debba essere un ragionamento esclusivo della destra o della sinistra, ma deve superare gli schieramenti al fine di dare maggiori possibilità a tutti gli italiani.
    Gli investimenti fatti dai giovani nella propria istruzione molte volte sono inutili, poiché si trovano di fronte ad un mercato del lavoro bloccato. Il tasso di disoccupazione giovanile in Italia è al 24,5 per cento contro una media generale del 7,4 per cento. Questi dati
    In definitiva concordo pienamente con la proposta del patto intergenerazionale, ma in cambio dell’irrobustimento degli ammortizzatori sociali dovrebbe essere anche eliminato il mercato duale oggi esistente.

  6. Riccardo

    Dai, è chiaro che Tremonti non lo pensa veramente. Posto fisso per tutti, hahaha, mi scappa da ridere. E’ in atto una strategia mediatica populista che comprende la sparata di ieri di Brunetta sulla banda larga per tutti. Mi posso già immaginare il prossimo titolo del Vernacoliere ;-).
    Piuttosto, mi sembra grave il fatto che qualcuno lo possa prendere sul serio.
    Comunque, già che siamo sotto natale, io ho un desiderio: vorrei tornare bambino. Posso?

  7. Piero

    Qualora ci fosse un vero mercato del lavoro la mobilità risulterebbe elemento determinante dell’incontro tra domanda ed offerta, ma dato l’elevato numero di microimprese italiane a controllo familiare che richiedono una competenza a basso valore aggiunto, la mobilità unita con il dumping di costo tra le numerose fattispecie contrattuali generali porta alla precarietà. Il “nanismo” delle nostre imprese espone il sistema Italia anche al rischio di basse competenze imprenditoriali, necessarie al crescere della complessità organizzativa e dimensionale delle imprese.
    Condivido il concetto del sig. Giannino sulla mobilità, ma in un sistema Italia dove una bassa produttività è generata dai bassi salari piuttosto che l’inverso mi resta difficile pensare ad un modello di mobilità del lavoro che generi formazione continua del fattore “capitale intellettuale”, soprattutto quando i nostri imprenditori pagano una flessibilità ad un costo minore della rigidità.

  8. Piero

    @Vittorio

    bingo.. intanto la realtà è indipendente dai proclami.. catturo qualche consenso.. picchio un pò la confindustria che mi ha girato i suoi giornali contro.. ma quasi tutti ci siam cascati.. pure io 🙁

    PS: però ricordiamoci che la Confindustria è come la Cei.. se la legano al dito.. possono far anche finta lì x lì di far la pace… ma alla lunga gliela faran pagare..

  9. “E’ chiaro a tutti che di questo dovrebbe occuparsi la politica: aprire il mercato del lavoro, collegare i salari alla produttività, alleggerire il carico fiscale, far ripartire l’economia e con essa le opportunità di lavoro e di crescita, combattere i privilegi e premiare il merito e la creatività. Tremonti, o chi per lui, si occupi di togliere lacci e lacciuoli all’economia italiana e lasci gli italiani, soprattutto i giovani, liberi di scegliere tra posto fisso e posto non fisso. Con i pro e i contro che questo comporta”

    La pensiamo allo stesso modo: Non è questione di posto fisso o di lavoro autonomo. La questione è un sistema che dia la possibilità di esprimersi e realizzarsi attraverso il lavoro che si sceglie in libertà. Di qualunque tipo esso sia.

  10. Piero

    PS: noto solo ora che sopra di me c’è un altro Piero.. che non sono io.. e che la pensa quasi come me… Ciao Piero by Piero 🙂

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