24
Ott
2013

I sei punti critici della nuova imposta immobiliare, che da 20 bn può arrivare a 30 di gettito

La legge di stabilità è solo all’inizio del suo esame parlamentare. Ma a otto giorni dal suo varo abbiamo finalmente testi, e si è fatta così giustizia di alcuni proclami troppo roboanti, al suo varo mentre per altro il Consiglio dei ministri ancora era ben lungi dall’esser concluso. Sappiamo per esempio che il saldo della manovra per il 2014 vede la spesa pubblica aumentare di 2,6 miliardi, e che sul fronte fiscale la somma degli sgravi fiscali previsti e dei numerosi aggravi contestualmente disposti smentisce l’annuncio “niente più tasse”, visto che lo Stato incassa circa un miliardo di euro in più nel 2014 rispetto al 2013. Sappiamo che sul fronte delle pensioni la mancata indicizzazione vale 3,5 miliardi di euro in meno ai pensionati in un triennio, mentre il contributo di solidarietà sulle maxi rendite vale solo 21 milioni di euro l’anno. E via continuando.

Molte saranno le voci sulle quali il Parlamento cambierà in profondità il testo. Basta vedere le dichiarazioni di Pd e Pdl negli ultimi due giorni. Ma una cosa è sicura. La correzione dovrà per forza riguardare la nuova imposizione immobiliare che ingloba le “vecchie” IMU e Tares sostituendole con la Trise, composta dalla somma di Tasi e Tari. Stando alla relazione tecnica della legge di stabilità, il nuovo tributo dovrebbe portare ai Comuni dalle abitazioni principali 3.764 milioni di euro, invece dei 3.331 milioni garantiti dalla vecchia IMU. Sempre in teoria, la nuova imposta non dovrebbe superare il gettito complessivo – compreso di seconde case e immobili strumentali – del 2013, cioè 20 miliardi visto che dai 24 dell’anno precedente andrebbe defalcata la seconda rata 2013 di 4 miliardi (ancora da coprire). Al contrario, stando al dispositivo varato, l’imposizione sulla prima casa sembra proprio poter passare come detto da 3,3 ad almeno 3,7 miliardi. E quella complessiva può sfiorare addirittura i 30 miliardi invece dei 20 previsti nel 2013. E’ ovvio che incertezze di questo genere, per milioni di italiani alle prese con un reddito disponibile a prezzi correnti tornato a quello di 25 anni fa e con rate di mutui per questo sempre più ardue da coprire, esercitino un pesante effetto-sfiducia. Che non si riverbera solo sull’immobiliare, già in crisi verticale di suo e con compravendite nei primi sei mesi scese a 200mila unità dai 400mila precrisi, ma che colpisce anche i consumi generali. Per difendere la casa, se non so quanto pagherò davvero fino a che i Comuni approveranno i bilanci l’anno prossimo, risparmierò anche più del giusto e comprimerò così ulteriormente la domanda interna. E’ veramente bizzarro, come si possa essere concepito un simile pasticcio proprio mentre si dichiara di voler dare fiducia agli italiani.

Vediamo quali sono, gli almeno sei aspetti sui quali i conti non tornano.

 

Primo: l’aliquota Tasi prima casa. La Tasi, ricordiamolo, è l’imposta sui servizi indivisibili, che ingloba dunque una componente patrimoniale. Il Tesoro ha fatto un conto medio del gettito tenendo per ferma l’aliquota base, dell’1 per mille. Ma in realtà il conto è fatto senza l’oste, perché l’aliquota Tasi può salire fino al 2,5 nello stesso 2014. E per gli anni successivi nulla si dice, aprendo la porta all’incertezza di ulteriori aumenti. A fare la differenza saranno i Comuni, pienamente titolari della decisione sull’aliquota a seconda delle condizioni del proprio conto economico. Inutile dire che, in una situazione di tensione generalizzata delle finanze locali, supporre che a tenersi al minimo dell’aliquota saranno in tanti sindaci non è un esercizio ragionevole, ma di fantascienza. Apparentemente, visto che l’aliquota IMU andava dal 4 per mille base al 6 maggiorabile dai Comuni, il vantaggio dovrebbe essere netto, ma…

 

Secondo: le detrazioni sulla prima casa. La vecchia Imu prevedeva una detrazione di 200 euro per tutti. In più, anche se la norma scadeva a dicembre 2013, a questa soglia si aggiungevano altri 50 euro per ogni figlio convivente nella prima abitazione e inferiore ai 26 anni di età. Il combinato disposto era tale che oltre 4 milioni di unità immobiliari registrate come “prime case”, un buon 20% dei potenziali soggetti d’imposta, risultavano “sotto la linea” ed erano così completamente esenti dal tributo. Le detrazioni non sono più previste con la nuova TASI. In realtà i 400 milioni di maggior gettito TRISE dalla prima casa, che si deducono dai testi varati dal Tesoro, vengono tutti di qui. Al ministero hanno ragionato che poiché la detrazione sui figli conviventi veniva meno a fine anno, la base impositiva andava reintegrata esattamente come se la detrazione non ci fosse stata. Ma c’era eccome, e una furbizia contabile non può giustificare che che chi non pagava ora pagherà, al contempo dicendogli che non è vero.

 

Terzo. L’aliquota complessiva. La vecchia aliquota massima IMU sulle altre abitazioni diverse dalla prima casa era fissata nel 10,6 per mille. Le nuove norme prevedono che quello resti come tetto, aggiungendovi però l’aliquota base della nuova Tasi, e così arriviamo all’11,6. Ragioniamo sempre nell’ipotesi realistica delle estese difficoltà finanziarie dei Comuni. Poiché sappiamo dai dati del gettito 2012 che l’aliquota media IMU sulle abitazioni diverse dalla prima casa è stata intorno al 9,3 per mille, fare i conti dell’aggravio possibile nel 2014 è agevole. La Tasi, se ha come tetto l’11,6 per mille della rendita immobiliare, può salire di 2,3 punti rispetto alla vecchia IMU. Cioè del 30% del gettito complessivo precedente. Ed ecco perché, se sommate gli aggravi su tantissime prime case prima esenti dall’IMU, la vasta applicazione possibile della Tasi al 2,5 per mille invece che all’1 per mille (che da solo secondo il Tesoro vale 3,7 miliardi), e l’aumento generalizzato fino a un terzo del prelievo sugli altri immobili, spannometricamente ma non sbagliando arrivate fino a oltre 9 miliardi di gettito potenziale aggiuntivo tra prime case e altre abitazioni (senza prima casa abrogata nel 2013, se si conferma anche l’abrogazione della seconda rata). In altre parole, si potrebbe passare da 20 a quasi 30 miliardi sul totale.

 

Quarto. Le facoltà dei Comuni. Il governo si difende da questo conto – ripetiamo deducibile dalle norme varate – affermando di aver dato un bonus ai Comuni di un miliardo, per “star sotto” al precedente gettito IMU. Capite bene che 30 miliardi di possibile gettito meno un miliardo fa sempre 29 miliardi rispetto a 20, e la stangata resta. Con un nuovo siluro al mercato immobiliare, sceso nel primo semestre 2013 a 200mila compravendite dalle oltre 400 mila del precrisi. Come è evidente, occorre porre delle “griglie” più penetranti alle facoltà concesse ai Comuni. E’ giusto che la nuova imposta sia pienamente “locale”. Ma nel cambio di passo e con l’acqua alla gola tanto diffusa nelle Autonomie, l’effetto può essere disastroso. In questi giorni, per fare un esempio, Roma e Milano sono ancora alle prese con l’approvazione del bilancio preventivo 2013, e tengono tutte le aliquote del prelievo fiscale al massimo loro possibile. Oltretutto, visti i tempi di approvazione dei bilanci preventivi comunali, che slittano sempre più verso fine anno, significa che quanto davvero si pagherà potremo apprenderlo solo in sede di conguaglio, poco prima dell’ultima rata: tra un anno, appunto.

 

Quinto. Dalle imprese, ditte individuali e società, nel 2012 venivano 16,7 miliardi di IMU pagato all’aliquota del 7,6 per mille su capannoni a immobili vari e diversi strumentali all’attività di lavoro. Da questa cifra, le deduzioni previste con la Tasi a fini Irpef – per i titolari di ditte individuali – e Ires – per le società, varranno in tutto 274 milioni, secondo la relazione tecnica della legge di stabilità. Stiamo parlando di uno sgravio alle imprese pari a meno di un sessantesimo del gettito totale precedente. In quanto la deducibilità Ires-Irpef del 20% dell’imposta sugli immobili strumentali, prevista dalla stessa legge di stabilità, crea uno sconto medio da 58 euro ogni 100mila di valore catastale, ma la Tasi produce un aggravio che può arrivare ai 100 euro. Ergo ancora una volta gli effetti tendono ad elidersi,e le imprese resteranno a portafoglio assai più vuoto di quanto sperassero all’annuncio della deduzione.

 

Sesto. L’Irpef sullo “sfitto”. In ogni caso, le deduzioni per le imprese sono collegate al ritorno in tassazione Irpef delle abitazioni sfitte, sia pur promettendo di non prevederlo nella generalità dei casi ma con attenzione a congiunti. Qui la questione è di principio: per molti proprietari tenere sfitte una seconda casa significa da una parte temere i mancati pagamenti di affittuari in difficoltà, dall’altra necessità se si sta tentando di venderla, dovendo scontare i tempi di molto allungatisi su un asfittico mercato immobiliare per la realizzazione del valore del bene. Significa, in altre parole, colpire chi è in difficoltà. Insieme ai titolari prima casa prima esenti, a coloro che hanno seconde abitazioni in Comuni dove l’aliquota era prima lontana da quella massima, mentre oggi magari i Comuni faranno una scelta diversa, e agli imprenditori che avranno solo una modestissima boccata d’ossigeno. Niente male, come bilancio di un’operazione presentata come “epocale”, e concepita invece dal Tesoro come strumento per liberarsi dalle pretese dei Comuni a spese del contribuente e con aliquote crescenti negli anni.

You may also like

L’autogol di mostrare i denti alla Svizzera, dopo il referendum, e il precedente a cui guardare
Roma, le alluvioni, lo Stato che fa tutto tranne l’essenziale. Modesta proposta di un’Agenzia per il Ripristino Territoriale
La lezione Fiat-Electrolux: al sindacato, ai media e a “Destinazione Italia”
Poste, un errore colossale anche se piace a quasi tutti

5 Responses

  1. Matteo

    Caro oscar,
    Ti chiamo per nome visto che sono un tuo accanito lettore e sostenitore.
    Questa volta però non sono per nulla concorde con te. A mio modo di vedere la “casa” in Italia e un’anomalia bella e buona e se il mercato è bloccato non dipende più di tanto dalla tassazione. Lavoro nell’ambito delle costruzioni ed ho da poco comprato casa e sono già di nuovo in cerca di una nuova casa in quanto fortunatamente abbiamo da poco avuto una bimba e vista la gioia e la volontà di averne una seconda (o secondo) la casa deve allargarsi…. Devo però dirti che almeno per quanto riguarda modena la situazione e assurda, sono calate le vendite e vero ma i prezzi? No quelli no al limite possiamo parlare di un calo dei prezzi degli immmobili vetusti, ma sul nuovo no per non parlare di immobili ristrutturati che hanno quotazioni che con la realtà hanno poco a che fare… Secondo me in Italia abbiamo un grosso problema di mercato immobiliare, ma questo non deriva dalla tassazione ma dalle regole del gioco. I terreni sono troppo pochi e hanno costi spesso vicini o superiori alla metà del costo dell’immobile, le imprese non sono incentivate a vendere, ma piuttosto ad attendere, forse un bel regime di tassazione pesante su immobili invenduti/sfitti e sui terreni urbanizzati abbasserebbe i prezzi xché renderebbe costoso attender ex la vendita. Insomma la mia idea e che se si introducessero disincentivi al mantenimento dello status quo peraltro progressivi nel tempo forse si velocizzerebbe il tutto abbassando i prezzi pur di vendere, non si può pensare che un appartamento di 70 mt in periferia costi 200 Milano euro…. Il tutto solo xché la terra ne costa 100… Secondo me questo e il problema principale… Tra l’altro questo spingerebbe anche a pensare a criteri di costruzione nuovi maggiormente improntati anche al risparmio xché oggi si costruisce ancora come 50 anni fa…. Con gli stessi costi, non c’è stata un evoluzione dello stile xché non e stata necessaria in quanto le quotazioni garantivano guadagni anche con i vecchi metodi…. Secondo me si potrebbe fare molto per il settore con una mossa del genere e ne beneficerebbero tutti i cittadini a costo forse di uno shock iniziale, ma serve un cambio di passo e questa volta non è dalla de tassazione….. Anzi le dirò di più io sono per entrate molto più patrimoniali che derivanti dal reddito…. Se non fosse come dice sempre lei che se gli diamo 10 euro in più da una parte questi se li fumano e non modificano per niente il resto…. Comunque è bello sognare un Italia dove si paghi molto di più per quello che si ha e molto di meno per quel che si fa… Secondo me faremmo un enorme passo in avanti… Ma ci vuole un piano pluriennale mentre qua siamo abituati a pensare a cosa fare al massimo stasera…
    Grazie come sempre per le tue lucide letture

  2. Mike_M

    Caro Giannino, tutto ciò era ampiamente prevedibile da almeno un anno. Qui si vuole puramente e semplicemente confiscare il patrimonio immobiliare degli italiani, che altro non è che la tradizionale forma di risparmio degli stessi. Mi viene da gridare con tutto il fiato che ho in corpo: STATO LADRO E TASSASSINO !

  3. gianluca

    In disaccordo con precedente intervento di Matteo su tutto . Analisi completamente sbagliata. Le tasse sugli immobili sono altissime e sono la rovina di questo paese che faceva dell’edilizia e della gestione immobiliare un suo punto di forza, un qualcosa che non si poteva fare in Cina, la fonte di lavoro n. 1 nel paese.
    Tornando ai punti critici : punto quinto
    La deducibilità dell’imu l’avevano promessa almeno 50% , il 20% non risolve nulla. I problemi grossi ce li ha chi fa gestione immobiliare (cioè una impresa che affitta immobili propri) che per questa indeducibilità arriva ad essere tassata al 90% e chi fa comunque della gestione di un immobile il proprio business ( come un albergatore ad esempio ) . Premetto che i numeri che sto dando non sono campati in aria ma presi da un caso reale, ovviamnete semplifico. Una impresa proprietaria di immobili, non ha debiti con nessuno, paga circa 80 mila euro di imu . Complice la crisi , pur sbattendosi, riesce a ricavare ‘solo’ 250 mila euro dagli affitti. Ha 50 mila euro di costi di gestione (manutenzione degli immobili, un dipendente, costi generali) , quindi paga ires su 200 . Quante tasse paga in totale ? 80 imu + altri 80 di ires , totale 160 . Quindi , concludendo, ha pagato 160 di tasse per metterne in tasca 40 . E dove sta la remunerazione del patrimonio ? Stato, grazie, come è umano lei…

  4. Vincenzo N.

    Mi domando cosa sia successo a Giannino che un tempo era entrato a far parte della larga schiera di coloro i quali, quando si parlava di abolizione IMU prima casa, giravano la faccia dall’altra parte rivolgendola al cuneo fiscale.
    Giannino un tempo era antipatrimoniliasta, poi era stato sedotto da MM, he invece era il suo principale avversario, e poi era unito alla congiura del silenzio sulla tassazione immobiliare. Che finalmente si sia reso conto che le tasse sulla casa sono le prime che la gente vede e percepisce mi pare un progresso.
    Le tasse sulla casa vanno azzerate, bisogna tornare a prima dell’ISI, altroché!!

  5. Oscar Giannino

    caro Vincenzo, non mi è successo propprio niente: tento di spiegarmi. NOn ho affatto cambiato idea sul fatto che i mesi dedicatio all’abrogazione IMU prima casa andavano invece uimpiegati a reperire risorse per abbattere il cuneo fiscale, in quanto questa seconda misura ha effetti maggiori sul rilancio del Pil, a patto che non sia di entità trascuravile o trascurabilissima come ci tocca invece nella legge di stabilità. Il problema del nostro sistema fiscale è che in questi ultimi anni ha aumentato sia le imposte dirette – aliquota marginale irpef e solidarietà – sia quelle indirette – due volte l’aliiquota ordinaria IVA _ sia le patrimoniali – su casa, risparmio, auto, barche. velivoli, etc etc. Ed è questo l’errore, perché a gidare le scelte è solo la sete di cassa pubblòica all0’insegukentod ella spesa che non scende, mentre – a maggior ragioone in un paese con decrescita dell’115 del Pil procapite dal 2007 – occorrerebbe pensare a interventi fiscali tenendo come prioprità l’effetto incentivo-diuincentivo che essi esercitano sulla crescita, mentre per il saldo di bilancio in regola occorre lavorare sulla spesa pubblica. Erfgo: se mi chiedi qual è la scelta ideale in un paese iperpatrimonializzato come il nostro, per crescere di più sarebbe giysto disincentiovare gli eccessi di patrimonializzazione, ergo una componente patrimoniale significativa – non c’entra nulla con la superbotta èpatrimoniale per abbattwere il debito dui cui paRLANO de benedetti e cgil – può aver senso eccome MA A FIANCO DI UNA SIGNIFIATIVA RIDUZIONE delle imposte sui redditi. Qui ionvece si procede per loggica accrescitiva a casaccio, non c’è alcuna visione, vedi l’ulteriore bastonata sul risparmio: per effetto di tutto cioò il patrimionio viene colpito senza affatto dare respiro ai redditi… E l’esemopuio di queta logiocva accrescitiva è il modo in cui al tesoro hanno scritto il finto-pasticcio TRISE, in realtà grimaldello per assicurarsi maggiori entrrate a venire, questo è il senso dell’articvolo.

Leave a Reply