23
Mag
2014

I difetti dell’Unione Europea

Come tutte le costruzioni politiche, l’Unione Europea ha una serie di problemi, per la maggior parte legati proprio al fatto che si tratta di costruzioni politiche. Questi difetti però hanno già creato seri guai, in primis l’attuale Eurocrisi (contribuendo a finanziare la miopia dei politici italiani), e peggiorerebbero ulteriormente se l’integrazione europea proseguisse lungo la strada finora percorsa.

Metà del bilancio dell’UE (circa l’1% del PIL europeo) è sprecato in sussidi agricoli, che drogano il mercato e fanno concorrenza sleale ai paesi del Terzo Mondo. La Politica Agricola Comune (PAC) serve a tener buona la Francia, e anche se è in atto un processo di riforma, non è mai troppo presto per eliminarla del tutto. Questo consentirebbe di dimezzare la spesa pubblica per l’UE, risparmiando circa mezzo punto di PIL.

L’Unione Europea è un’area chiusa: verso l’esterno vige il protezionismo, con poche eccezioni come politiche speciali verso alcuni paesi, e la nobile – ma data la PAC forse irrilevante – iniziativa EBA (Everything But Arms) di eliminazione delle barriere doganali verso i paesi più poveri. L’UE abusa delle regole antidumping per creare barriere commerciali, e in questo si comporta come gli stati membri che fanno protezionismo tramite regolamentazione.

L’Unione Europea regolamenta e legifera in continuazione, e dato che il lobbying di norma consiste nell’ottenere privilegi o sussidi a spese altrui, ciò rappresenta un problema. È sorta però a riguardo una mitologia: la maggioranza delle leggi assurde vengono infatti dalle autorità nazionali, come l’obbligo di usare buste riciclabili (sarebbe una buona idea, se resistessero) o di vendere l’olio d’oliva solo se etichettato. Circolano poi notizie completamente inventate, come le sentenze contro i bidet e l’impiego dell’Eurogendfor in chiave antisommossa. Sebbene fermare gli euroburocrati sia certamente una buona idea, fermare gli italoburocrati è sicuramente un’idea migliore.

L’Unione Europea è già in parte, e rischia di diventare ancora di più in futuro, un meccanismo di socializzazione del rischio: è il problema tipico nella finanza, dove i profitti sono degli azionisti e dei manager e le perdite dei contribuenti. Con l’euro il problema è stato esteso agli stati membri, che possono perpetuare politiche irresponsabili contando sull’eventuale aiuto UE, e il rischio sarà ancora maggiore con l’ESM, il cui scopo è proprio tenere basso il costo del debito degli stati membri, nonostante sia stato l’azzeramento degli spread ad aver provocato la crisi.

L’Unione Europea può permettersi prese di posizione liberali perché non è responsabile verso gli elettori: un’unione politica europea porterebbe a politiche corporative e clientelari, anche perché verrebbe a mancare la concorrenza tra sistemi istituzionali diversi. Meglio un’Europa “tecnica” che un’Europa “politica”, se non altro nel primo caso potrebbe fare da contrappeso agli Stati membri. L’Europa non è una nazione, e non lo sarà mai.

L’Unione Europea rischia invece di diventare un federalismo all’italiana. Mentre negli USA stati e città possono fallire senza che intervenga Washington, in Europa il fallimento sovrano è tabù. Ma cosa farebbero i politici nazionali se potessero spendere o fare politiche sindacali sapendo che il debito è pagato dall’ESM e gli assegni di disoccupazione da Bruxelles?

A parte qualche generica critica agli euroburocrati, nessuno dei difetti dell’Unione Europea è criticato dagli euro-scettici: per questo si può dire che gli europeisti siano a favore dei difetti dell’UE e gli anti-europeisti contrari ai suoi pregi.

Eppure l’UE ha molti difetti, e il potenziale di creare grossi problemi, soprattutto in campo finanziario. Però in fin dei conti più spesa e più debito sembra proprio ciò che gli antieuropeisti vogliono, con la loro insistenza con la “sovranità”, cioè il diritto di continuare le solite vecchie politiche che stanno rovinando il paese.

Avrei voluto una campagna elettorale incentrata su questi temi, e sui notevoli pregi dell’UE precedentemente ricordati. Europeismo e antieuropeismo presentano entrambi notevoli rischi, e anche se finora l’UE ha avuto un effetto sostanzialmente benefico, non parleremmo oggi di avanzata del populismo (anche se, almeno a guardare l’Olanda, potrebbe rivelarsi un falso allarme) senza l’Eurocrisi prodotta dall’interazione nefasta tra istituzioni europee e politiche nazionali.

3 Responses

  1. Francesco_P

    L’Europa non può funzionare perché esistono tre Stati che hanno il diritto di fare politica estera (Germania, Francia e GB), mentre gli altri no. Caso tipico ed eclatante è la guerra di Libia, voluta dai francesi per sottrarre all’ENI lo sfruttamento dei giacimenti libici con le conseguenze che tutti possiamo vedere: anarchia, gruppi terroristici, mercanti schiavi con conseguente invasione dell’Italia da parte di orde di diseredati. Ovviamente all’Europa delle asimmetrie tutto ciò non bastava e ci rifilarono Monti come punizione dantesca. Monti seppe far peggio di Berlusconi, D’Alema e Prodi messi assieme. Vi immaginate un’America in cui la California, il Texas e lo Stato di New York fanno politiche esteri divergenti, mentre gli altri devono solo adeguarsi?

    L’Europa non può funzionare perché è un’unione di grandi Stati unitari ottocenteschi e di finti federalismi (anche quello tedesco è molto finto). Ne discendono dei rapporti asimmetrici e la resistenza alla creazione di un Governo Federale. L’Europa dei cento Stati potrebbe, invece, funzionare.

    E’ chiaro che in questa Europa non possono che crearsi rapporti asimmetrici che tendono ad aggravarsi nel tempo. Anziché convergere verso il meglio, i 28 Stati tendono a divergere sempre più.

    Purtroppo il livello del dibattito è molto scadente, sia nella nostra penisola che nel resto d’Europa.

    Finisco con una piccola nota: che l’euro sia un pasticcio è chiaro fin delle origini. Però gli anti-euro propugnano come vantaggi il fare più debito e la svalutazione competitiva. Sono abbastanza vecchio per essere stato fregato dalla lira. Non nego di essere stato fregato anche dall’euro. Non è tanto la moneta, quanto la pesantezza dello Stato e della burocrazia a zavorrare lo sviluppo economico e la capacità di restare al passo con il resto del mondo. La follia burocratica e corporativa è aumentata in Italia; in più si è aggiunta la follia della pesantissima burocrazia europea con le sue normative kafkiane.

  2. Monsurrò mette molto opportunamente il dito nella piaga di questa Unione Europea che piace sempre meno.

    Le ragioni per cui siamo rimasti indietro, relegati a semplici attori di seconda categoria ce la spiega benissimo Alessandro Caprettini nel suo saggio L’EURO CASTA ITALIANA – http://www.amazon.it/Leurocasta-italiana-Alessandro-Caprettini/dp/8856609401/ref=sr_1_1?s=books&ie=UTF8&qid=1401720724&sr=1-1&keywords=L%27EUROCASTA+ITALIANA -, dove espone in maniera illuminante la qualità e l’impegno dei nostri rappresentanti a Bruxelles e Starsburgo.

    Inoltre, sono totalmente d’accordo sulla critica ai sussidi all’agricoltura – difesa con unghie e denti dalla Francia e dalla Germania -, settore che, in fondo, non rappresenta più del 2% della Popolazione, mentre il 98% deve pagati il costi delle sovvenzioni concesse a tale segmento vergognosamente privilegiato.
    Ma l’aspetto peggiore, e Monsurrò a ragione lo sottolinea, è la scandalosa, sleale ed arbitraria concorrenza che l’Europa fa proprio ai Paesi vicini più bisognosi e certamente con maggiore vocazione per le attività nei campi… ed a questo proposito è utile ricordare un altro pedagogico saggio dell’economista africana Dambisa Moyo – LA CARITA’ CHE UCCIDE http://www.amazon.it/carità-uccide-dellOccidente-stanno-devastando/dp/8817050059/ref=sr_1_1?s=books&ie=UTF8&qid=1401720684&sr=1-1&keywords=LA+CARITà+CHE+UCCIDE – in cui elenca tutte le distorsioni generate dalla cosiddetta solidarietà dell’Occidente, mentre in realtà stiamo, molto ipocritamente danneggiando tutto il continente Africano, invece di incentivarne lo sviluppo, stiamo finanziando la corruzione di regimi che poco o niente fanno per i propri cittadini, ridotti a meri sudditi.

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