1
Giu
2010

Bond price-targeting: come aizzare la speculazione

Riceviamo da Leonardo Baggiani (IHC) e volentieri pubblichiamo.

Viviamo in tempi interessanti. Ciò che viene smentito un giorno, come interventi diretti della BCE sul mercato e sciacquoni di centinaia di miliardi di euro a scadenze medio-lunghe, viene offerto il giorno dopo come soluzione ad una incipiente crisi del mercato. L’acquisto di titoli di Stato da parte della BCE sul mercato primario è vietato dal suo statuto, ma nulla vieta che si cambi la norma, la si eluda attraverso terzi soggetti (banche private, un SPV pubblico…), o si passi a interventi sul mercato secondario, tranne il danno alla credibilità e alla (supposta) indipendenza della Banca Centrale.

In ogni caso l’idea è stata presentata, e riguarda interventi a sostegno dei titoli di Stato finiti sotto attacco della “speculazione”. Ve lo dico subito: potrebbe essere la mossa peggiore da fare.

Attacchi speculativi. A parte che nessuno è in grado di distinguere un attacco speculativo coordinato da una legittima fuga da titoli schifosi, quando sento dire “attacco speculativo” ricordo il lungo percorso di teorie e modelli che hanno cercato di descrivere per-ché e per-come i più grandi speculatori-investitori del mondo vadano ad attaccare un sistema di tassi di cambio fissi. Il tasso di cambio fisso è una sorta di “prezzo della valuta nazionale” deciso politicamente per vari motivi che qui non interessano. Per tenere fisso questo prezzo la Banca Centrale deve prontamente acquistare gli eccessi di offerta e vendere in caso di punta della domanda, sedando così le spinte di mercato che altrimenti agirebbero sul tasso di cambio. In un attacco speculativo una parte del mercato vende a raffica la valuta acquistando quella cui la prima è ancorata, costringendo la Banca Centrale a fare l’opposto. I volumi e la durata dell’attacco portano ad esaurire le riserve valutarie (teorie del I tipo), oppure costringono alla creazione di moneta per acquisire (magari tramite currency swap) la valuta-ancora (o “perno” come nella terminologia inglese “peg”) da rivendere subito per contrastare l’attacco (teorie del II tipo), oppure costringono al rialzo dei tassi per rafforzare la propria valuta (teorie del III tipo). Difendere il tasso di cambio quindi implica il potersi trovare senza riserve (I tipo), oppure costringere alla creazione di moneta facendo pagare all’economia una inflazione crescente (II tipo), oppure porta a strangolare l’economia tramite tassi elevati (III tipo). Quanto più vasto e lungo è l’attacco, quanto maggiori sono questi “costi” della difesa; se tali costi superano i vantaggi (politici per lo più) prima che gli speculatori anneghino nei debiti contratti per esercitare questa offensiva, l’attacco avrà successo, il cambio verrà lasciato libero di svalutarsi, gli speculatori realizzeranno un grosso utile, l’economia verrà strozzata dai tassi e i cittadini verranno consumati dall’inflazione (e se a qualcuno venisse in mente di dire che per lo meno si potrà esportare di più, ricordo come fatto qui che questo è a vantaggio solo di una lobby).

Insomma, si deve capire che quanto accade in un attacco speculativo (vedi SME ‘92-’93 e Sud-Est Asiatico ‘97-’98) è causato dalla volontà politica di tenere un prezzo (il tasso di cambio) ad un livello diverso da quello che il mercato liberamente determinerebbe: questa decisione comporta una reazione meccanica ed automatica da parte delle autorità monetarie, e questa reazione ha dei costi crescenti, quindi protrarla troppo a lungo ne annulla la convenienza. In tale cornice si ha allora lo spazio per una scommessa speculativa: “scommettiamo che la Banca Centrale abbandonerà prima che schiantiamo noi speculatori?”.

La proposta fatta in sede europea fa pensare a un qualche fondo che vada ad acquistare certi titoli di Stato nel momento in cui il rendimento che devono offrire diventa “eccessivo” (nel senso di insostenibile per le casse del Paese). Dato che il rendimento è il tasso che sconta rimborso e pagamenti del titolo al prezzo corrente, maggiore è il rendimento e minore è il prezzo del titolo: il fondo allora acquisterebbe titoli di Stato per mantenere i prezzi dei titoli sopra un certo minimo, si impegnerebbe in un Bond-Price Targeting, e il suo impegno è di farlo costantemente (o meglio “sistematicamente”, con tutti gli echi che questo termine rimanda da qui). Credo che si cominci a vedere il parallelo con il caso dei tassi di cambio fissi…

Quel che si dice ufficialmente è che tale strumento di intervento sarebbe necessario per contrastare la speculazione sui titoli di Stato. Io spero vivamente che sia solo una stronzata sparata urbi et orbi per imbonirsi l’ignorante uomo della strada, perché se politici e tecnici ci credono davvero siamo in mano all’élite degli incoscienti.

Questo strumento di intervento, proprio per sua natura, mette sul mercato un meccanismo sistematico di acquisto di titoli in caso di flussi di vendita che può venir teoricamente sollecitato all’infinito, od almeno finché il SPV avrà risorse, oppure finché il collaterale effetto inflazionistico o l’eventuale spinta sui tassi di interesse non danneggeranno tutta l’economia dell’area euro più di quanto potrebbe il default di uno dei suoi membri. Va detto poi che, paradossalmente, più è grande l’Unione Monetaria, minore sarà il peso del singolo Paese “sotto attacco”, quindi minori saranno i costi relativi al default del singolo Paese e pertanto più bassa sarà la soglia di uscita da questo schema di protezione. Aggiungo che i tempi di resistenza del SPV si accorciano se l’intera area monetaria si trova già sotto altre pressioni inflazionistiche sui prezzi (ad esempio provenienti dall’import di materie prime), perché più facilmente si raggiungerà il limite di “sopportazione”. Infine sottolineo che la perniciosità della “speculazione” aumenta quanto più questa può contare su un ambiente di “credito facile” e “tassi bassi” (vecchia considerazione già su IHC), in quanto per dispiegare e mantenere “l’attacco” è necessario indebitarsi continuamente e, chiaramente, questo è più facile se già le Banche Centrali stanno stimolando il credito e tenendo i tassi di interesse bassi. Quante di queste condizioni “aggravanti” siano già presenti e quante siano prospettabili, lo lascio intuire a chi sta leggendo.

In breve, la soluzione del SPV Anti-Speculazione fornisce proprio quel che mancava sul globo terracqueo per condurre un attacco speculativo sui titoli pubblici: un perno (il “peg” di cui sopra) su cui la speculazione possa far leva. Datemi un punto d’appoggio e vi sbriciolerò i mercati! L’ambiente creditizio opportuno è già presente. Se poi un giorno la speculazione attaccherà forzando la resistenza del SPV qualcuno potrà dire “visto che c’era un pericolo di attacco?”.

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5 Responses

  1. salvo88

    veramente un ottimo articolo! quasi piango a leggerlo pensando a tutta la disinformazione che passa nei media più importanti.

  2. Diego d'Andria

    Complimenti per l’eccellente articolo.

    Non mi è chiaro quale modello teorico (se mai ce n’è uno), o almeno quale idea di fondo, abbiano in testa quelli dell’ “’élite degli incoscienti”. Prendiamo il caso della Grecia: i timori di un default hanno radici nella situazione realmente grave dei conti pubblici, e la “speculazione” c’entra poco e niente (semmai se una scintilla d’innesco c’è stata, è da cercare nel declassamento del rating operato dalle agenzie…). Con il SPV in azione, chi decide se intervenire acquistando titoli di stato greci, quale sia il rendimento “giusto”, per quanto tempo sostenere il titolo contro gli “attacchi speculativi”? Su quali basi e/o regole? Oppure (persino peggio!) sarà lasciata alla discrezionalità di un qualche comitato politico?

    Spero che almeno i paesi più virtuosi in termini di aspettative inflattive (Germania, nord Europa…) si rendano conto dell’assurdità e della scarsa convenienza, per loro, di una BCE che getta secchiate di Euro nei debiti dei paesi spreconi e finanziariamente sbilanciati. Non erano, queste, le premesse su cui si basò la nascita dell’Eurozona.

  3. @Diego d’Andria
    Eh, a volte mi chiedo anche io cosa abbiano in testa; posso solo supporre che stiano cercando di “guadagnare tempo”, sbarcare l’annata nella speranza che le cose si rimettano sufficientemente dal rendere l’assorbimento di titoli di Stato meno problematico. Fosse così non c’è nessun modello teorico sotto, solo mero opportunismo politico di chi è formalmente responsabile di qualcosa giusto per il tempo del proprio mandato.
    Faccio un solo un appunto: le agenzie di rating c’entrano ben poco: secondo te un analista qualunque aspettava un report di moody’s sul debito o un declassamento sulla Spagna per sapere che il debito è alto e la Spagna è piena di letame? Sono sicuro che tu sapessi queste cose da solo. Le agenzie di rating arrivano sempre in ritardo, al massimo servono come “scusa” per orchestrare vendite massicce da parte delle mani forti. Al massimo. Certo, i vincoli statutari di alcuni fondi “obbligano” a vendere titoli sotto un certo rating, e in quel senso un declassamento ha effetti sul mercato, ma niente vieta al fondo di alleggerirsi già prima… e soprattutto implica un riposizionamento del portafoglio, non una emorragia di vendite secondo me.

    Grazie Diego, vedrò di proporne altri se OG lo permette.

  4. Diego d'Andria

    Leonardo, IHC :
    Faccio un solo un appunto: le agenzie di rating c’entrano ben poco: secondo te un analista qualunque aspettava un report di moody’s sul debito o un declassamento sulla Spagna per sapere che il debito è alto e la Spagna è piena di letame? Sono sicuro che tu sapessi queste cose da solo. Le agenzie di rating arrivano sempre in ritardo, al massimo servono come “scusa” per orchestrare vendite massicce da parte delle mani forti. Al massimo.

    Gentile Leonardo,

    è certamente come hai scritto, difatti ho intenzionalmente parlato di “innesco” e non di “colpa” o altro che sottintendesse un nesso causale. Ciò che intendevo è che, al più, il declassamento del rating greco potrebbe (col condizionale, eh!) aver agito da segnale per avviare un contemporaneo movimento sui mercati nel senso di vendite in massa. Il rischio del debito sovrano greco era già lì, ovviamente, solo che quando si tratta di Stati, è difficile dire se e quando il default passa dall’essere un evento remotamente possibile, ad un evento concretamente da temere (vedi il caso Italia: al 115% e rotti di debito/PIL e col deficit che non rientra, lo spread BTp-Bund è salito a piccoli passi da febbraio dopo che le notizie su Spagna e Grecia cominciarono a circolare, e adesso i giornali titolano cose come “è fuga verso i bund tedeschi”. È, questo, puro effetto psicologico da panico generalizzato, o adattamento razionale ma graduale delle aspettative?).

    A parte questo punto marginale, mi sa che la tua tesi del “guadagnare tempo” è quella giusta. Mi pare davvero strano, però, che i tedeschi lascino fare, visto il diverso atteggiamento (sacrosanto) che ebbero a mostrare non molti anni or sono quando si fece l’Euro.

    Saluti e grazie.

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