10
Lug
2011

Dovremmo davvero mettere al rogo gli speculatori?

Da qualche giorno circola con sempre più insistenza la tesi secondo cui la speculazione starebbe mettendo in ginocchio le banche italiane e minaccerebbe addirittura la stabilità del bilancio statale. Se con l’espressione speculazione ci si riferisce al mercato finanziario internazionale, è sicuramente vero che nell’ultima settimana i titoli di Unicredit e di Intesa hanno ceduto molte posizioni, proprio mentre lo spread tra i titoli italiani e quelli tedeschi (ad esempio) cresceva in maniera significativa.

Quando si usa il termine “speculazione”, però, s’intende dire assai di più.

Qualcuno, come il viceministro tedesco Werner Hoyer, ha parlato di “speculazioni irrazionali” in un’intervista rilasciata a La Stampa. La tesi sottesa è che in definitiva tutto va bene, l’Italia è sulla buona strada, le banche sono solide e quello che dicono i mercati conta poco o nulla, perché quanti vendono e comprano titoli esprimono giudizi infondati e incoerenti. I vertici politici conoscono davvero la realtà, mentre i responsi emergenti dai mercati sono frutto di una sorta di follia collettiva. Peccato che Hoyer giochi da pompiere spendendo solo parole, mentre chi ha acceso l’incendio ha messo sul tavolo i propri soldi.

In generale, però, ben più che irrazionale la speculazione è rappresentata come perversa, rapace, prepotente. Per molti, lo speculatore è un criminale. Anzi, è assai peggio di un criminale, come ebbe a sintetizzare ottimamente Bertolt Brecht: “In fondo, cos’è rapinare una banca a paragone del fondarne una?”.

Nello specifico, l’idea è che i titoli delle banche italiane e perfino i nostri bond statali valgano assai di più, ma siano deprezzati per iniziativa di alcuni avventurieri senza scrupoli che prima fanno loro perdere valore (vendendo massicciamente) e poi magari realizzano profitti acquistando i medesimi titoli quando il prezzo è crollato. La narrazione prevede essenzialmente tre soggetti: un gruppo di capitalisti cinici, spregiudicati e (quasi) onnipotenti che sono in grado di fare e disfare fortune; aziende e Stati sostanzialmente passivi, che sono in balia di questi sommovimenti e vedono i propri titoli salire e scendere senza poter far molto; il solito “parco buoi” – versione finanziaria della vecchia plebe ignorante – che compra i titoli quando sono le quotazioni sono alte e li vende quando esse sono scese.

In questa situazione, che fare?

La risposta che sembra venire da ogni parte è sempre la stessa: bisogna regolamentare. Il mercato è irrazionale e feroce, e quindi c’è bisogno che qualche Autorità (un politico, un professore, un burocrate) lo metta sotto controllo. A finire sotto il fuoco della critica, in particolare, è il cosiddetto naked short selling, che permette di operare allo scoperto e anche vendere titoli che non si posseggono: ovviamente pagandone lo scotto nel caso in cui i titoli in questione si rafforzino. (Massimo Mucchetti, ad esempio, sul Corriere della Sera interpreta questa posizione).

La tesi di quanti vogliono imbrigliare gli scambi è però davvero curiosa, perché si fa fatica a comprendere che senso abbia reagire al cattivo giudizio dei mercati impedendo loro di esprimersi. Chi compra e vende titoli oppure azioni rischia del suo nella convinzione di aver compreso dove va dirigendosi il mercato. D’altra parte, un’impresa che sceglie di quotarsi in borsa e uno Stato che emette propri bond devono sapere che, da quel momento in poi, vi sarà chi esprimerà opinioni differenti – e magari spiacevoli – sulle loro prospettive economiche.

Da un lato si fanno pressioni sulla Consob e dall’altro già si parla – poteva forse mancare? – di un probabile intervento di qualche Procura, affinché si colpisca chi avrebbe venduto dolosamente… (ne parla addirittura Il Sole 24 Ore).

Un’altra considerazione elementare. Mentre i moralizzatori più o meno colbertisti condannano gli gnomi della finanza globale, mentre non ci stupirebbe vedere in televisione un qualche ministro mettersi a citare gli scritti fantaeconomici di Ezra Pound o del maggiore Clifford Douglas, l’uomo della strada si chiede per quale motivo quei signori onnipotenti della finanza plutocratica – si trovino a Londra o a New York, poco importa – attaccano i bond italiani, quelli portoghesi e quelli greci, e non invece i titoli svizzeri o tedeschi. Se il gioco è tanto semplice e la manipolazione così evidente, perché non realizzare profitti ancora maggiori con altri titoli di Stato?

L’uomo della strada ha capito molto più degli esperti, perché sa che l’Italia è indebitata e sa che questo va producendo conseguenze assai gravi all’intero sistema produttivo: banche incluse. Se negli ultimi mesi a entrare in crisi sono stati taluni titoli europei e non altri, è perché gli investitori non sono disposti ad accettare un 2% di interesse da un titolo che ha buone probabilità di essere declassato. Chi negli anni scorsi aveva comprato titoli argentini con interessi stratosferici non era molto autorizzato a lamentarsi quando si è trovato di fronte il fallimento di Buenos Aires.

Bisognerebbe anche ricordare che gli speculatori (gli attori della finanza) fanno parte di un complesso sistema economico che include anche quanti, avendo qualche risparmio, cercano investimenti che offrano un buon rapporto tra rischi e benefici. E se il caos politico ed economico dell’Italia non promette un futuro roseo, è chiaro che i potenziali acquirenti dei nostri Bot esigono interessi più elevati.

Gli speculatori fanno il loro mestiere: comprano e vendono, rischiando i loro capitali. Dovremmo anzi ringraziarli dato che, con le loro iniziative, permettono una migliore circolazione delle informazioni (i prezzi, si sa, sono soprattutto veicoli di conoscenze).

Di fronte ai pericoli che minacciano la società italiana è ridicolo puntare il dito su chi oggi è assai meno disposto di ieri a valutare positivamente il nostro debito pubblico. Bisognerebbe invece mettere sotto processo chi ha assunto dipendenti statali e ora non vuole ridurne il numero; su cui continua a rinviare ogni liberalizzazione; su cui nemmeno è sfiorato dall’idea di mettere sul mercato le imprese parastatali, dall’Eni all’Enel, anche perché deve piazzare i propri uomini (honi soit qui mal y pense) in questo o quel consiglio d’amministrazione.

L’attuale sistema economico, per i suoi intrecci tra Stato e mercato, ha molti difetti e merita interventi coraggiosi. Ma non è certo contestando l’azione degli speculatori e invocando un’ulteriore regolazione che ci si muoverà nella direzione giusta.

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15 Responses

  1. sutor

    se tutti quelli che se la prendono con cosiddetta speculazione volessere dimostrare la loro fiducia nel sistema Italia potrebbero iniziare a comperare BOT CCT ecc.
    Se ogni ministro comperasse 100.000,00 Euro di BOT………..
    Tanto sono più che sicuri no ? e poi rendono anche bene…………
    d

  2. Stefano2

    L’azione sulla Consob: tipica mossa da tipico governo che, di fronte a un problema (es. traffico), invece di trovarvi una soluzione (es. investire sulla viabilità), decide di negarlo o di cancellare chi lo causa (es. blocco auto). In questo caso si tenta, spero invano, di negare l’esistenza di una crisi dei conti pubblici, ormai tuttavia palese, o di impedire ai mercati di dare il proprio impietoso giudizio sulle spese “pazze” dello Stato italiano.
    Il bello è che l’Italico medio è stato così indottrinato da non vedere ciò che a una qualsiasi mente minimamente lucida sfugge. Mi domando se mai troveremo una via d’uscita da questi problemi. Troppi interessi ancora sono coinvolti.

  3. Borderline Keroro

    Quoto sutor e Stefano2.
    In parte anche Gianluca. In parte perché se è vero che è ora di piantarla di spremere i piccoli risparmiatori, il fatto che questi debbano per forza investire in BOT e CCT non mi trova d’accordo.
    Se poi vogliamo parlare di snellire lo Stato e le sue propaggini territoriali, qui possiamo parlarne. Togliendo però l’illicenziabilità dei pubblici dipendenti.

  4. mick

    Meno male che almeno qualcuno non è allineato sulla propaganda di regime: da Bossia a Bersani passando per Casini.
    Il migliore, pur nella sua incoscenza, è stato sicuramente Gasparri… ancora un po’ e accusava le potenze plutocratiche anglosassoni.

  5. Non penso di confondere i termini finanza e speculazione (perlomeno me lo auguro). Però continuo a rimanere sorpreso (forse per ignoranza) dalla necessità e, anzi, dall’esistenza di strumenti come i naked short sells. All’università e, più banalmente, al mercato sotto casa, mi insegnano che prima compro un bene e poi (con o senza investimento) lo rivendo consapevole di assumere oneri (se ho investito male) e onori (se ho investito bene). Mi piace e anzi è da salvaguardare l’oscillazione dei titoli, vuol dire che c’è mercato, che c’è informazione e che c’è una pluralità di operatori che singolarmente non possono influenzare il prezzo (ahhhh … la concorrenza perfetta). Secondo me questa è la finanza e la sua funzione di agevolare e supportare lo sviluppo economico e remunerare gli investimenti.
    Quello che invece non sopporto è che ci sia la possibilità di comprare in scoperto o addirittura non comprare (naked) lucrando solo su aspettative su un titolo. La borsa a mio giudizio dovrebbe essere il luogo in cui domanda e offerta di capitali sulla base di piani di investimento e di risultati economici si incontrano, in cui se opto per l’acquisto di una azione è perché ho aspettative di medio/lungo termine, credo nel management, credo nel business ecc. Ormai invece il sistema mi sembra depravato, la borsa è prevalentemente un luogo di scommesse (anche sofisticate) in cui gli aspetti reali hanno sempre meno peso, esiste un isteria di fondo diffusa globalmente, una iperreattività a qualunque notizia, l’orizzonte temporale è al massimo il quarter, vedo banche di caratura internazionale oscillare del 8% in un giorno (cosa ha di diverso Banca intesa o Unicredit rispetto alla settimana scorsa??).
    In questi casi il danaro è usato solo per fare solo danaro (senza passare per un business, per lo sviluppo di imprenditoria, di un progetto, di un investimento) come bene a se stante, non mi piace! Questa secondo me è la speculazione, che vive sui soldi e sulle spalle di altri (che siano cittadini, imprenditori, creditori, fornitori poco importa) e che secondo me deve essere combattuta in quanto come un parassita vive e lucra sulla pelle di altri.

  6. DPzn

    La manovra economica sta forzando i piccoli risparmiatori ad emigrare dai titoli di stato ai depositi vincolati. E lo stato dovrà rinunciare ad una parte, anche se minoritaria, di investitori! Si è fatto un bel regalo alle banche, che evidentemente hanno il fiato corto per crediti inesigibili (o investimenti sbagliati, non lo so); allora, forse la tanto sbandierata solidità delle banche italiane non esiste: se avessi investito in titoli bancari, avrei venduto immediatamente. Forse ai piccoli risparmiatori conviene pagare e tenersi i titoli, onde evitare “manovre”(si fa per dire…) stile Amato.

  7. Capisco l’intento dell’articolo e simpatizzo per l’ottica che lo ispira (laisser-faire, laisser-passer sempre e dovunque) ma mi permetto porre all’attenzione di tutti queste due perplessità sotto forma di domanda: (1) I fondi pensione e i fondi d’investimento che stanno scaricando (più che giustamente) i titoli italiani (bancari e del debito pubblico) non sono forse gli stessi che ne hanno acquistati fino a tempi recentissimi una sporta, foraggiando le mafie di stato e permettendo sprechi colossali con piena conoscenza della realtà? (2) e questi stessi fondi non saranno quelli che, dopo qualche trucco contabile e a qualche aggiustamento temporaneo dei conti dello stato, saranno di nuovo lì a comperare titoli e a sostenere i baracconi mafiosi che si chiamano stati nazionali?
    Io sono per colui che corre dei rischi imprenditoriali sulla base di una intuizione produttiva (beni e servizi). Questa è la vera speculazione, nel significato vero del termine (osservare, valutare e poi agire). Questi non li chiamo speculatori ma semplici banditi. Banditi erano prima quando prestavano i soldi alle mafie e banditi rimangono anche adesso quando li mettono (giustamente) al riparo.

  8. antonio

    cosa vuol dire speculare ? Lo speculatore è quell’individuo schifoso che non mi presta i soldi perchè l’ho già “bidonato” più volte. Lo speculatore è l’egoista che vende una casa per 200.000 euro, rifiutando la mia offerta di 150.000. Lo speculatore è quell’essere immondo che non compra il mio prosciutto, ma preferisce rivolgersi a chi gli garantisce prezzi più bassi e qualità più alta.

    Abbiamo vissuto giorni drammatici. Ma come spesso accade in Italia il dramma è convissuto con la farsa.

    Penso all’attacco di Libero contro la perfida Merkel. Ma come può dichiararsi liberale e liberista un giornale che esprime tanta diffidenza e tanta sfiducia verso il libero mercato ? Roba da Partito Marxista-Leninista Italiano.

    Penso al TG1 che nel riferire l’odierna sottoscrizione di BOT annotava che l’operazione ha soddisfatto i risparmiatori che riceveranno un ricco interesse sull’investimento.

    Dr. Giannino la smetta di essere pessimista. Ascolti Minzolini. Se lo spread tra BTP e Bund dovesse ancora aumentare, dove sta il problema? Pensi ai risparmiatori che avranno migliori opportunità di guadagno.

  9. pietro27

    se invece di parlare degli speculatori, si parlasse dello stato che deve emettere la moneta e non farsela prestare dalle banche, tutto sarebbe più semplice. Ma in questo paese è proibito parlare di signoraggio. se non oggi sarà domani, questo sistema ci porterà alla rovina perchè ha dentro di se il virus dell’auto distruzione altro che discussioni forbite sull’economia!!

  10. ANDREA

    Una azienda che, con grande fatica, produce beni, posti di lavoro, paga + del 50% del suo utile allo stato. stesso vale per un operaio che lavora per produrre e mantenere la sua famiglia. Chi specula, che se va bene non produce nulla, ma nella maggior parte dei casi crea turbative sui mercati finanziari, materie prime ecc., deve pagare solo il 12,50??? la borsa è nata per gli investitori e la speculazione era un effetto collaterale, per me negativo, ma comunque minimale ora è divenuto predominante, come negli anni 70 nel settore immobiliare, e come lo si è corretto allora con una riforma fiscale stessa cosa bisogna fare ora con la speculazione finaziaria per il nostro ed il loro bene visto che presi da questo gioco al massacro stanno bruciando l’albero sul quale vivono??????

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