12
Lug
2011

Contro il default vendere vendere vendere

I mercati finanziari non ci stanno dicendo nulla che non sapessimo. Ci ricordano, dolorosamente, che un individuo, una famiglia, un’azienda o uno Stato non può, contemporaneamente, essere sommerso dai debiti e continuare a spendere più di quel che guadagna. Ci ricordano, cioè, che abbiamo due problemi: l’eccesso di debito e l’eccesso di spesa (non dico, per ovvie ragioni, deficit di entrate). I due problemi si intrecciano – lo sbilancio di un anno è l’aumento del debito dell’anno successivo – ma vanno tenuti separati. Anche le soluzioni si intrecciano – meno spesa oggi vuole dire meno debito domani, e meno debito oggi vuol dire meno spesa per interessi domani – e pure loro vanno tenute separate. Per risolvere il problema della spesa, c’è l’imbarazzo della scelta. Per risolvere il problema del debito, una persona, una famiglia, un’azienda o uno Stato deve anzitutto fare una cosa: vendere il suo attivo patrimoniale per estinguere il debito.

Il nostro debito pubblico ammonta, come si vede dal contatore qui a fianco, a circa 1900 miliardi di euro. Secondo la Decisione di finanza pubblica 2011, nel 2010 abbiamo speso per interessi quasi 73 miliardi di euro, a fronte di un debito pubblico di circa 1843 miliardi. Vale a dire abbiamo pagato un interesse medio di poco inferiore al 4 per cento. Questo significa che ogni euro di minore debito oggi, equivale a minori spese oggi e per sempre di 0,04 euro. Il deficit di bilancio è sostanzialmente coincidente con la spesa per interessi: in altre parole, ci siamo indebitati per pagare gli interessi. Di fronte a questi dati, c’è una sola cosa da fare: vendere tutto il patrimonio pubblico, mobiliare e immobiliare, che non sia strettamente essenziale allo svolgimento delle attività che solo le amministrazioni pubbliche possono svolgere, come hanno suggerito anche Roberto Perotti e Luigi Zingales. Questo implica due cose:

  • Vanno esternalizzate tutte le attività che il mercato può svolgere al posto dello Stato;
  • Vanno affidate al mercato – e vanno finanziate dai consumatori – tutte quelle spese che non devono essere strettamente svolte dallo Stato e finanziate dai contribuenti.

La buona notizia è che, in pancia allo Stato e alle sue varie articolazioni, sta un valore immenso. Qualche mese fa, avevo tentato una sorta di piccolo censimento, nell’ambito della campagna lanciata dal Fogliovendere vendere vendere” (a cui rubo il titolo di questo post): il risultato è che il debito è un debito virtuale. Il settore pubblico in Italia possiede abbastanza attivi inessenziali da trasformare un problema enorme e apparentemente insormontabile in un non-problema. Il patrimonio edilizio, secondo una stima Ibl-Magna Carta, vale almeno 400 miliardi di euro. Poi ci sono le grandi aziende partecipate o possedute dal Tesoro: Enel, Eni, Finmeccanica, Terna, Poste, Ferrovie, la Rai, eccetera, il cui valore si può stimare (conservativamente) in circa 50 miliardi (e altrettanti – un terzo dei quali entrerebbe nelle disponibilità del Tesoro attraverso la Cdp – potrebbero essere estratti da una riorganizzazione del solo gruppo Eni, su cui tornerò nei prossimi giorni). La galassia delle municipalizzate, difficile da valorizzare perché dispersa ed eterogenea, produce comunque ricavi superiori ai 40 miliardi di euro: molte di queste realtà, seppure male amministrate, nascondono un valore che si potrebbe rapidamente far emergere.

Il punto è questo: la cessione degli attivi patrimoniali inessenziali all’attività del governo potrebbe consentire l’abbattimento del debito pubblico, in tempi ragionevoli, per una quota tra un minimo (nella peggiore, ma peggiore peggiore, delle ipotesi) di un quarto a un massimo attorno al 40 per cento, cioè presumibilmente nel range 475-760 miliardi. Questo determinerebbe minori spese, da ora e per sempre, assumendo il tasso di interesse medio del 2010,  tra i 19 e i 30 miliardi di euro all’anno. In altre parole, una seria politica di privatizzazioni vale potenzialmente tra la metà e i due terzi all’anno, tutti gli anni, di quello che la presunta manovra lacrime e sangue attualmente in discussione vorrebbe estrarre, principalmente attraverso maggiori tasse, da qui al 2014.

Valgono tre obiezioni – una tecnica, una finanziaria, una politica.

L’obiezione tecnica è che il processo di privatizzazioni, al di là delle difficoltà operative, non avverrebbe in due giorni (specie per il patrimonio immobiliare). La mia contro-obiezione è che non importa: i mercati non sono stupidi. Un impegno credibile ad alienare tutto questo ben di Dio verrebbe interpretato per quello che è, cioè la garanzia di quella solidità che finora è mancata. L’effetto immediato del semplice annuncio, se credibile, sarebbe quello di placare le tensioni sui mercati internazionali.

L’obiezione finanziaria è che alcuni degli attivi citati – penso ad alcune grandi aziende partecipate dal Tesoro e alcune municipalizzate – staccano cedole comparabili, o superiori, al risparmio derivante dai minori interessi sul debito. La mia contro-obiezione è articolata: da un lato abbiamo un’urgenza (abbattere il debito e rassicurare i mercati); dall’altro, la privatizzazione dei colossi pubblici avrebbe di per sé effetti pro-competitivi, e in alcuni casi faciliterebbe i processi di liberalizzazione attualmente arenati, e dunque favorirebbe la crescita del Pil. Il gettito fiscale derivante dalla maggiore base imponibile molto probabilmente supererebbe la perdita dei dividendi, o almeno la compenserebbe.

L’obiezione politica è che c’è appena stato un referendum di segno contrario. La mia risposta, qui, è pragmatica: mi dispiace per chi ha votato sì, ma avete sbagliato. Se proprio, escludiamo l’acqua (gli italiani hanno creduto di votare sull’acqua, ma hanno votato contro la razionalizzazione di tutti i servizi pubblici locali). Ma per il resto, in questo momento ci sono urgenze e circostanze che superano, per ovvie e comprensibili ragioni, il senso tutto politico di un voto, peraltro giocato largamente su disinformazione, strumentalizzazioni e populismo. Non possiamo, ora, permetterci il lusso dello statalismo, municipale e no. Abbiamo il dovere di ridurre il perimetro dello Stato prima che esso ci crolli addosso.

Privatizzare e liberalizzare è da sempre una proposta dell’Ibl, perché solo così si può rilanciare la crescita del paese in via di sottosviluppo in cui abbiamo la ventura di vivere. Oggi, però, privatizzare e liberalizzare – e usare le risorse aggiuntive derivanti da eventuali tagli alla spesa pubblica per ridurre le tasse – è qualcosa di più di un’idea, una speranza o una velleità di pochi liberisti. E’ l’unica e necessaria strada che possiamo imboccare per evitare di precipitare lentamente tra le sabbie mobili della decrescita, della sfiducia e di un debito pubblico che si accumula, anno dopo anno e giorno dopo giorno, senza altra ragione che ripagare se stesso.

Vendere le proprietà pubbliche serve alla crescita, serve ai mercati e serve a rendere sostenibile il bilancio pubblico. Vendendo tutto ci compriamo il tempo necessario a ristrutturare – cioè tagliare seriamente, scientificamente e pesantemente – la spesa pubblica. Vendendo tutto ci salviamo. Bisogna vendere, vendere, vendere. Ora o mai più. Tutto e subito.

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36 Responses

  1. Gianni

    Guardate che dopo vendere-vendere-vendere arriva esportare-esportare-esportare.

    Tremonti è riuscito a scudare qualche liretta, l’aria è quella dei vagoni diretti a Chiasso-Lugano.

    Giusto! Si attende il governo di sinistra.

    Meilleurs voeux les gars, à vous le future!

  2. Silvano Fait

    Alcuni attivi, come il patrimonio immobiliare, sono gestiti malissimo e devono essere alienati. Spesso finiscono per essere fonte di costi, anziché di ricavi. Su di una parte delle partecipacizioni credo che l’obiezione finanziaria abbia un suo senso e vada ponderata caso per caso. Paradossalmente per un motivo di tipo culturale prima ancora che economico: è necessario avere un minimo di cultura liberale e decoro etico / estetico per fare delle buone privatizzazioni. In mancanza di questo lo Stato farà quanto segue: privatizzerà senza liberalizzare (se alla partecipazione ci associo un monopolio legale ovviamente faccio più cassa) e dopo un po’ di anni ci schianterà qualche tassa populista per colpire gli extraprofitti. Cambiare tutto affinché tutto resti come prima, filosofia ben radicata in Italia.

  3. enfiteuta

    Prima di vendere, vendere, vendere, comincerei con le riforme a costo zero.

    1. stracciare il valore legale dei titoli di studio
    2. liberalizzare le professioni: TUTTE. I taxisti bloccano le città? I notai incrociano le stilografiche? Gli avvocati fanno i girotondi? Diritti a oltranza, come caterpillar
    3. eliminare ogni vincolo di accesso al mercato, specie a quello del lavoro

    un governo capace di realizzarle, si guadagnerebbe la credibilità necessaria per vendere beni pubblici

  4. Alberto

    Concordo, ma questa è solo una delle linee guida per il risanamento, l’ altra è quella del rigore nella spesa e nella ristrutturazione della forma e nella composizione dello Stato, perchè se non si inizia un percorso virtuoso e si continua allegramente ad usare ad es. auto blu a sbafo e mantenere o addirittura ampliare i carrozzoni inutili ma dispensatori di cariche politiche e di posti ad hoc per metterci dentro i propri protetti, allora nel giro di pochi anni ci mangeremo anche quest’ ultima risorsa disponibile; intanto bisogna evitare di cedere al trionfalismo, perchè i mercati sono pronti ad aggredirci non appena se ne presenti l’ occasione e siamo purtroppo sotto tiro di brutto.

  5. Non sono d’accordo di vendere ora, e’ come vendere i prodotti in scadenza al 50% del prezzo nei supermercati…i tagli intelligenti sono tagli delle province (valore intorno i 115 miliardi comprese anche le mazzette delle consulenze esterne e quindi utilita’ sociale pari a 0) proposti da Di Pietro e presenti nel programma di governo ma bloccati da PD e da PDL per motivi lobbistici, i tagli ai privilegi dei politici allineando i loro stipendi a quelli europei il sequestro dei beni degli evasori delle tasse: invece di recuperare tutta l’evasione di Valentino Rossi hanno fatto uno stralcio e Valentino Rossi si è messo d’accordo con il fisco e al posto di pagare 112 milioni di euro, ne pagherà solo 20. Si sa, essere famosi paga. Mi spiegate come facciamo a risultare credibili e impegnati a ridurre il debito pubblico? Inoltre dovremo attuare tutti quei provvedimenti a costo 0 per agevolare le imprese e soprattutto avvicinare i giovani al mondo imprenditoriale fornendo corsi di formazione e bassa tassazione…Oscar se ci tieni all’italia dacci una mano a riconquistare il nostro futuro…noi giovani siamo emarginati, distrutti e presi in giro da questa classe politica che non ci rappresenta minimamente…!buona notte

  6. AndreaBo63

    Una domanda: ma vendere a chi?
    siamo sicuri che in Italia ci siano tutti questi capitali disponibili? E all’estero? Siamo sicuri che la nostra storica inaffidabilità non faccia da freno? E inoltre siamo sicuri che i nostri politici accettino di vendere agli “stranieri”? Io non ci credo.

  7. LucaS

    Inutile dire che se avessimo venduto anni fa avremmo incassato enormemente di più… e siccome venderemo solo quando avremo l’acqua alla gola incasseremo molto di meno!

  8. Massimo Peruzzo

    prima di vendere dobbiamo sistemare la spesa corrente. se io mi tolgo il capitale, ma non la spesa, alla lunga torno ad essere indebitato e non ho nemmeno più il capitale. Prima via tutti gli statali non produttivi (forze armate in primis), e poi vendiamo (ammesso che qualcuno comperi).

  9. Stefano

    Sig. Stagnaro,
    vendere senza prima eliminare gli sprechi sarebbe il colpo di grazia per l’Italia, che dopo pochi anni (o mesi?) sarebbe al punto di prima, senza però più nulla da vendere.
    La gravità, l’enormità del nostro problema è proprio data dall’impossibilità di eliminare gli sprechi: ad esempio, se lo stato licenziasse qualche decina di migliaia di inutili dipendenti della regione Sicilia, cosa accadrebbe? Nella migliore delle ipotesi questa gente, senza stipendio, non consumerebbe più, deprimendo il PIL; nella peggiore scoppierebbe la guerra civile.
    Quindi o si vende come propone lei e poi si va comunque in default oppure si va in default semplicemente un po’ prima, ma almeno lo stato avrà ancora delle proprietà.
    ALLORA CHE COSA FARE? Non lo so, ma le posso dire cosa NON avrebbero dovuto fare molti privati: aderire allo scudo fiscale.
    Cordiali saluti

  10. condivido ma sottolinerei più il liberalizzare, dare all’utente-contribuente la possibilità di scegliere diversi erogatori dei servizi.
    Inoltre sulle liberalizzazioni io suggerirei un campo di aplicazione che IBL purtroppo trascura : la scuola.
    Vivo a Torino zona Mirafiori Nord. Qualche anno fa una vettura delle linea 4 era “vestita” con la pubblicità dell’Istituto Salesiano E.Agnelli “retta di un anno 2.500 euro, il costo di una vacanza: l’educazione di tuo figlio, vale una vacanza?”
    Fermiamoci alla retta: iscrissi mio figlio alle medie inferiori in quella scuola (non per la pubblicità!) ed obiettivamente la retta era quella e la scuola sostanzialmente valida. Invece nello stato mi pare che ogni allievo costi più di 5.000 euro. Supponiamo che (ma non so come) lo stato ci metta ancora 500 euro per verifiche INVALSI se robe simili … OK 3.000 euro. Una gestione “salesiana” farebbe risparmiare almeno 2.000 euro ad allievo.
    Si pone un problema: in Italia, ma non in Inghilterra, scuola gestita localmente = scuola cattolica. Ma penso che il problema sia che per come è non è liberalizzata la scuola . Solo gli ordini religiosi, sempre meno, che vogliono rimanere fedeli alla volontà dei fondatori intraprendono simili avventure! Liberalizzare la scuola, farebbe nascere scuole libere non legate agli ordini religiosi… e oltre ad un risparmio per lo stato sarebbe veramente una crescita nella cultura del popolo se ci fosse una sana competizione tra salesiani e staineriani !

  11. AndreaBo

    Ma a chi vendere? Di possibili acquirenti italiani ne vedo pochi, stranieri? Disposti ad investire pesantemente sull’inaffidabile Italia? E noi siamo disposti a vendere a non italiani? Improbabile.

  12. andrea

    “L’obiezione politica è che c’è appena stato un referendum di segno contrario. La mia risposta, qui, è pragmatica: mi dispiace per chi ha votato sì, ma avete sbagliato.” Complimenti per il rispetto che ha per la democrazia, un vero liberale

  13. Lorenzo Toglia

    Caro Stagnaro,
    se Lei avesse letto la mia nota su “Come tagliare le tasse ed ab battere il debito pubblico”, apparsa sul mio profilo FB e condivisa da Oscar Giannino, avrebbe potuto obiettare agli scettici che i 4oo miliardi di patrimonio immobiliare possono essere privatizzati in appena 6 mesi, versandoli in un fondo d’investimento immobiliare.
    Le quote del fondo potrebbero poi essere offerte in concambio di titoli di Stato. Le procedure successive per il rilascio degli immobili eventualmente occupati, i relativi cambi di destinazione d’uso, ecc. sarebbero a cura della società di gestione (nella mia ipotesi partecipata dalla Cassa DD.PP.). Dal 1 gennaio 2012, il bilancio statale sarebbe affrancato di 12/15 miliardi di euro all’anno. Analoga procedura potrebbe valere per le partecipazioni azionarie da immettere in un fondo ovviamente mobiliare, portando il risparmio a circa 20 miliardi all’anno. Cioè l’entità della manovra.

  14. AGENTE000

    Patrimoniale patrimoniale patrimoniale. E vendere certo, ma solo ad italiani o stranieri che si impegnino ad investire i ricavi in Italia a non aumentare le tariffe delle utilities ad assume gli ex statali parastatali licenziati dagli enti pubblici. Quindi: il 10% degli italiani possiede il 40% della ricchezza… ed con grande commozione e senso dello stato che impegneremo tali fondi a voi (industriali, evasori, liberi professionisti, artistucoli, scrittorucoli, furbastri, e pure mafiosi e delinquenti, ecc.) sequestrati per il bene dello stato a cui anche voi appartenete.

  15. Gionata Pacor

    andrea, sarebbe bello fare un sondaggio-test per vedere quante persona hanno davvero capito cos’hanno votato.

  16. AGENTE000

    ”Per risolvere il problema del debito, una persona, una famiglia, un’azienda o uno Stato deve anzitutto fare una cosa: vendere il suo attivo patrimoniale per estinguere il debito.”

    E no caro Stagnaro, i soci di una azienda, prima di vendere i macchinari ed i capannoni, fanno l’aumento di capitale in ragione del numero delle azioni, quindi del capitale, possedute.
    I cittadini-soci dello stato Italia dovranno contribuire di tasca propria in ragione dei loro patrimoni.
    Io come piccolo socio di Italia Spa voglio versare la mia parte di aumento, voglio che si vendano solo gli assett non profittevoli e voglio che si licenzino i dipendenti che non servono a niente!!!
    E’ chiaro sig. Stagnaro? La roba tua te la vendi da solo, la roba di tutti no!

  17. @andrea
    Perchè forse il referendum che aboliva il ministero dell’agricoltura ha avuto effetto? O quello sulla responsabilità dei magistrati? O quello sul finanziamento dei partiti ? O sulla privatizzazione della RAI?

  18. Angelo

    Se non si cuciono prima le tasche e soprattutto in modo definitivo, vendere servirebbe solo ad aumentare la spesa pubblica, spesa che andrebbe poi scialacquata in maniera inutile come sempre, sarebbe come ricaricare il bancomat a uno spendaccione…con la differenza che al prossimo viaggio al Monte dei Pegni (perchè di questo si tratta) ci resterebbe poco o niente da impegnare

  19. Borderline Keroro

    Ho appena sentito la notizia di 67’000 nuovi assunti nella scuola.
    Ne sentivamo la mancanza, grazie!
    Adesso tra meno spese e nuove tasse, come invocato anche da Draghi, chissà che strada sceglieranno?
    Ho il sospetto di dover passare in farmacia per il Lasonil.
    H.

  20. gjovi

    vendere vendere vendere = idioota idioota idioota
    quello che serve è sganciarsi dalla moneta-debito, nazionalizzare le banche , ripudiare il debito. ( vedi islanda ).

  21. Io abolirei anche il demanio, trasformandolo in proprietà (alienabile) dello Stato e degli enti locali: sai quanto altro patrimonio da privatizzare!

    Avevo letto tra l’altro di un “tavolo interministeriale” che ha lavorato in questi anni e ha progettato l’abolizione del demanio…

  22. stefano

    In riferimento all’articolo vendere,vendere,vendere chi ha scritto magari era favorevole alle costruzioni delle centrali nucleari,peccato per lui che dopo la Merkel anche il premier nipponico parli di futuro senza nucleare.
    Sono d’accordo con la dismissione del patrimonio immobiliare e di aziende non strategiche come la rai ecc.ecc. ma per quanto riguarda l’acqua e l’energia che sono vitali per l’essere umano debbono rimanere pubbliche.
    Poche cose ma gestite bene per il bene degli italiani.

  23. ennio

    Mi sembra di vedere un copione già visto… quello dell’argentina prima del default (vedi Diario di un saccheggio su youtube)………vendere o svendere ai soliti volponi ? (vedi privatizzazione telecom ai capitalisti “de noantri”).
    Piuttosto cominciamo a razionalizzare la spesa con una buona legge sulla corruzione che ogni anno ci fregano almeno 60 miliardi di euro !!!!!!!
    Una risma di carta costa meno a me che ne compro massimo 5 alla volta che allo Stato che ne compra migliaia ….
    Aboliamo province ed enti inutili… riduciamo lo stipendio dei parlamentari da subito non dal 2013, riduciamo il numero dei parlamentari e tagliamo tutti i finanziamenti che lo stato elargisce a destra e a manca … a cominciare da quello sui giornali !!!
    Questi sono i segnali di svolta che i mercati si attendono!!

  24. marcello_mi

    UN BEL DEFAULT E BUONANOTTE AL SECCHIO!!
    Magari rimborsiamo i creditori europei, e agli altri ciccia. Dovremmo metterci d’accordo con Spagna, Portogallo, Grecia e Irlanda, e DICHIARARE DEFAULT TUTTI INSIEME!!!! I debiti pubblici sono capitali di rischio, non ce lo dobbiamo dimenticare. Il rimborso non è scontato (infatti per rischi più alti si pagano interessi più alti). I “geni” della finanza remano contro? Lasciamoli col cerino in mano!!! E poi quand’è che usciamo dall’euro? Ma non doveva “proteggerci” dal fallimento? Ditelo ai greci… dobbiamo riprenderci la sovranità monetaria.

  25. andrea

    @roberto: e allora? bisogna continuare a disattenderli tutti? Penso invece il contrario, dobbiamo pretendere che vengano attuati.

  26. lord galaha

    queste teorie liberali, adesso dopo quello che noi comuni mortali abbiamo scoperto con la crisi del 2008???

    Non credo che in questo paese c’è più spazio per una propaganda liberista così spudorata.

    Se lo stato vende l’asset sano (ENI, ENEL, FINMECCANICA) non è nell’interesse dell’Italia. Se qualcuno vuole depredare il patrimonio comune, è libero di depredare la Rai. Ma guardacaso la Rai non è indicata per una possibile privatizzazione, a chi può interessare?
    Nella finanziaria ci sono interventi per razionalizzare il patrimonio immobiliare. Al momento come iniziativa questa può bastare se è accompagnata ad una seria riduzione degli sprechi.

  27. erasmo67

    Invece si aumenta di 1.2 % la pressione fiscale così lo stato ha 70mld in più all’anno da spendere.

    Direi che…

    … ma che lo dico a fare. Più chiaro di così

  28. giancarlo

    erasmo67 :Invece si aumenta di 1.2 % la pressione fiscale così lo stato ha 70mld in più all’anno da spendere.
    Direi che…
    … ma che lo dico a fare. Più chiaro di così

    del resto quei 70 miliardi non sono certo soldi loro. sono soldi della gente.
    in parte (20 miliardi) sono sgravi fiscali nel 730 o deduzioni per lavoro dipendente, prima casa, interessi mutui, familiari a carico.
    ma ai ricchi che gli interessa sgravarsi i farmaci o le visite mediche? pertanto la ‘gente’ che viene colpita da questa mannaia sono sempre i soliti: classe media di lavoratori dipendenti e classi medio basse e basse, pensionati e dipendenti. Giuro che se potessi evaderei anche io, come fanno commercianti, professionisti ecc ecc.
    ma non lo posso fare.
    quel che posso fare è sperare che Vendola, nel prossimo governo spinga per una quanto mai giusta imposta patrimoniale.
    per carità, anche io pagherò sulla mia prima casa…
    ma voglio vedere gente con seconde e terze case in montagna o al mare, pagare profumatamente, per una volta.
    mi sono beccato la fregatura dell’ISI, la fregatura del 6 per mille di amato del 1992. e ora anche questa di berlusconi? la fregatura di amato era doppia per la gente comune: ha colpito i depositi in conto, che ovviamente appartenevano in misura maggiore a chi non aveva titoli in portafoglio.
    ora basta.
    votero rifondazione!!!
    viva l’imposta patrimoniale

  29. occorre tenere presente che il patrimonio immobiliare pubblico è in gran parte degli enti locali. in cambio che si dà?
    inoltre, sarebbe utile una riflessione sul fatto che il deficit di bilancio è sostanzialmente coincidente anche con la differenza fra quanto danno e quanto ricevono dal “centro” le prime tre regioni in credito: Lombardia, Veneto, Emilia Romagna. regioni che, con l’attuale livello di pressione fiscale, potrebbero azzerare in pochi anni la propria quota di debito pubblico, qualora venisse distribuito in base alla popolazione residente (la Lombardia dovrebbe accollarsi 1/6 del debito pubblico nazionale, 320 miliardi).

  30. Carlo Stagnaro

    Dai numerosi commenti – grazie! – mi sembra emergano due obiezioni, od osservazioni, principali.
    1) Vendere, ma a chi?
    2) Vendere, e poi?
    (Tralascio l’obiezione “benaltrista”: certo che ci sono altre cose da fare, ma l’una non esclude l’altra).
    Sul primo punto, francamente non credo che il “chi compra” sia rilevante (tranne in casi specifici: non venderei le reti a soggetti verticalmente integrati, per esempio). Anzi: vendere avendo in mente chi compra, o cercando di escludere alcuni, rischia di determinare o un gettito inferiore, o condizioni anticompetitive. Detto questo, mi pare importante evidenziare una cosa: anche la privatizzazione fatta peggio, nelle condizioni più sciagurate, è meglio di una non privatizzazione. Chiunque abbia recentemente volato con Alitalia può confermarlo.
    2) Ovviamente, privatizzare serve a due scopi: ridurre il debito e creare condizioni competitive nei mercati interessati. In assenza di robusti tagli alla spesa pubblica, privatizzando non si fa altro che rimandare il momento del dunque. In altre parole, privatizzare non è alternativo a riformare la spesa pubblica, ma è una precondizione, perché 2.1) consente di abbattere il debito e dunque la spesa per interessi, 2.2) permette di liberalizzare mercati oggi ostaggio di monopoli pubblici, con effetti pro-crescira, e 2.3) limita il perimetro dello Stato, abituandoCI e abituandoLI a pensare a uno Stato strutturalmente più piccolo e con meno interessi. Privatizzare è, dunque, utile e necessario a prescindere, ma almeno alcune delle conseguenze positive delle privatizzazioni rischiano di essere vanificate se contestualmente non si interviene con la scure sulla spesa pubblica.

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