16
Apr
2010

Il Senato fa una doccia fredda all’isterismo climatico

Il Senato ha approvato, mercoledì, una mozione con primi firmatari Antonio D’Alì (presidente della Commissione Ambiente) e Guido Possa (presidente della Commissione Istruzione) che impegna il governo a muoversi, presso l’Unione europea e le Nazioni unite, per ottenere una maggiore razionalità nelle politiche climatiche. Il punto di partenza è lo scandalo del climategate, ossia lo scandalo delle email in cui alcuni scienziati con un ruolo chiave nell’Ipcc discutevano di come far apparire l’evidenza più catastrofista. L’approvazione della mozione è un segno di vitalità da parte delle istituzioni parlamentari, e anche una dimostrazione che nel muro di gomma dell’ambientalismo ideologico si stanno aprendo delle crepe. Non mancano, però, aspetti controversi.

La mozione è costruita in modo molto intelligente perché distingue chiaramente gli aspetti scientifici da quelli politici. Infatti, i senatori non entrano nel merito del dibattito su quanto e come le emissioni antropogeniche influenzino il clima globale. Si limitano a riconoscere che la credibilità dell’Ipcc è in crisi, e che le prospettive per un “Kyoto 2” sono state grandemente ridimensionate dall’esito del meeting di Copenhagen (qui l’analisi di Corrado Clini per Chicago-blog). E’ chiaro, insomma, che non c’è la disponibilità da parte dei protagonisti globali (Usa e Cina anzitutto) a firmare cambiali in bianco per la riduzione delle emissioni. Alla luce di questo, l’Europa dovrebbe – e ci sono gli strumenti legali – rivedere il suo pacchetto energia e clima, che, per quel che riguarda il taglio delle emissioni, ha un rapporto tra i costi (certi) e i (dubbi) benefici del tutto sproporzionato.

Considerato tutto questo, i senatori chiedono al governo una serie di impegni, tra cui i principali sono:

sostenere in sede ONU un’accurata e indipendente revisione delle procedure di selezione e sintesi della letteratura scientifica utilizzata dall’IPCC ed una revisione degli assetti dei suoi organi preposti alla valutazione delle strategie ambientali, con particolare riferimento all’avvicendamento dei suoi vertici a seguito dell’attività ispettiva avviata;

chiedere la riorganizzazione dell’IPCC riconducendolo, come all’origine della sua costituzione, ad un vero organo scientifico dedicato unicamente alla molto complessa problematica dei cambiamenti climatici, sgombrandolo quindi dall’immotivata interferenza di altre discipline;

proseguire nell’azione di analisi derivanti dalle conclusioni del Consiglio europeo del dicembre 2008 e di prevedere l’opportunità anche di una revisione dell’accordo 20-20-20 e comunque, come già fatto in occasione del recente vertice italo-francese, di escluderne con assoluta certezza il possibile inasprimento verso livelli di maggior impegno;

adoperarsi affinché la politica dell’ONU e dell’Unione europea si incentri su emergenze planetarie concretamente affrontabili nell’elaborazione di progetti che contengano ragionevoli certezze sul rapporto costi/benefici (ad esempio deforestazione, lotta agli inquinanti, lotta all’inquinamento marino, eliminazione dei rifiuti tossici, smaltimento dei rifiuti, risparmio energetico);

E’ negazionismo, come ha sostenuto l’opposizione nel motivare la sua ferma contrarietà? A me non pare. Mi sembra, piuttosto, che i senatori stiano facendo il proprio mestiere di esercitare, coi mezzi a loro disposizione, quel controllo parlamentare su decisioni vincolanti che, finora, non è stato possibile. E che, in effetti, neppure oggi è pienamente possibile, in quanto la mozione di per sé non fa altro che esprimere un sentimento e delle richieste, che il governo è libero di accettare o respingere. E’ vero che Palazzo Chigi è limitato, nella sua libertà di manovra, dagli impegni internazionali che disgraziatamente sono stati assunti (anche, a volte, per miopia o incapacità). Tuttavia, una maggior decisione, e una maggior consapevolezza, sarebbero di grande utilità: questo è specialmente vero per il ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, assente dall’Aula durante la discussione, che fino a oggi non ha dato prova di avere una posizione definita su un tema a cui non è lecito si sottragga. Il governo è d’accordo o no che l’intero processo dell’Ipcc, mezzo politico mezzo scientifico (con la metà politica più uguale dell’altra…), dovrebbe essere rivisto? E’ vero o no che, rispetto al 2007 quando il pacchetto 20-20-20 maturò, il mondo è cambiato? E’ vero o no che Copenhagen, da qualunque punto di vista la si guardi, segna una discontinuità importante nelle negoziazioni?

Queste domande sono, purtroppo, destinate a restare senza risposta. Infatti su una cosa Roberto Della Seta, che ha portato in aula la posizione del Pd, ha pienamente ragione:

So anche – lo dico a chi oggi rappresenta il nostro Esecutivo in quest’Aula – che a me e al mio Gruppo non piace affatto l’atteggiamento scelto dal Governo per tirarsi fuori da questo evidente impaccio: far finta di niente, lasciar passare tale mozione sapendo che poi non se ne terrà nessun conto. Noi preferiremmo che le parole del Parlamento, in questo caso del Senato, venissero prese sul serio e che, una volta pubblicamente condivise, fossero poi applicate.

Questa è, in effetti, la ciliegina mancante che rovina il gusto della torta cucinata dal Senato. L’altra cattiva, si fa per dire, notizia sta nel fatto che, come era purtroppo prevedibile, l’indagine sul climategate si sta rivelando meno attenta e promettente di quanto avrebbe potuto essere. Infatti, il tanto decantato International Science Assessment Panel nominato dall’Università dell’East Anglia per indagare su se stessa (…) ha scagionato gli imputati dalle accuse. Le motivazioni stanno in uno striminzito rapporto di 8 pagine. La cosa interessante è che, a dispetto del tono generalmente assolutorio e quasi paternalistico verso gli scienziati, si trovano perle di questo genere (tutte da p.5):

Recent public discussion of climate change and summaries and popularizations of the work of CRU and others often contain oversimplifications that omit serious discussion of uncertainties emphasized by the original authors.

we found a small group of dedicated if slightly disorganised researchers who were ill-prepared for being the focus of public attention.

it is very surprising that research in an area that depends so heavily on statistical methods has not been carried out in close collaboration with professional statisticians.

we observed that there were important and unresolved questions that related to the availability of environmental data sets.

Ora, ognuno è libero di valutare le cose come vuole, ma qui c’è scritto che i ricercatori dell’East Anglia:

1) Parlando col pubblico in generale, stiracchiavano l’evidenza delle loro stesse ricerche per renderla più catastrofista;

2) Erano disordinati e disorganizzati e dunque impreparati a un confronto pubblico sui loro metodi;

3) Mancavano delle necessarie competenze statistiche, in un campo in cui tutto è statistica;

4) Non sono stati in grado di mettere a disposizione dell’indagine i loro data set, rendendo così sostanzialmente irreplicabili i loro risultati.

Nessuno di questi problemi è, di per sé, drammatico, se riguarda qualche oscuro scribacchino accademico. Quello che l’indagine non dice – perché, in effetti, non era suo compito dirlo – è che tra i disordinati paraculi dell’East Anglia (mi pare una sintesi appropriata dei risultati) c’erano Phil Jones e Keith Briffa, due lead author dei rapporti Ipcc. Cioè, la summa theologiae della climatologia politica è stata compilata sotto la supervisione di due che, naturalmente in buona fede, non sono in grado di conservare adeguatamente i dati su cui basano le loro ricerche.

Un’ultima annotazione, a proposito di conflitti di interesse. Copio dalla biografia del presidente del comitato di investigazione, Lord Oxburgh:

he is honorary president of the Carbon Capture and Storage Association, chairman of Falck Renewables, a wind energy firm, an advisor to Climate Change Capital, and a director of GLOBE, the Global Legislators Organisation for a Balanced Environment. The University of East Anglia did not see any conflict of interest.

Naturalmente, nel condurre la sua indagine ha saputo mettere da parte i suoi interessi personali e non si è lasciato condizionare dal fatto che il successo delle sue attività economiche dipende anche dal grado di convinzione con cui i governanti del mondo industrializzato credo nella catastrofe climatica. Naturalmente, il fatto che avesse un interesse concreto e diretto nel proclamare l’immacolata concezione dei rapporti Ipcc non pregiudica in alcun modo la sua serenità nel guidare un’indagine “indipendente”.

Sì, come no.

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5 Responses

  1. gobettiano

    Per chi come me non possiede le competenze per avere una fondata opinione, la vicenda è scandalosa e mina alla radice le credibilità dell’IPCC. E’ desolante dover constatare che perfino per un tema di questa levatura, con queste implicazione, con questi costi per l’intera umanità non si riescano a superare conflitti di interesse o privati egoismo..

  2. mauretto

    Premesso che non inquinare, o inquinare meno, è meglio che inquinare, credo che attualmente le serie statistiche siano contaminate dalle variazioni delle condizioni di microclima al contorno, e quindi stimino in modo non accurato la variazione delle condizioni ambientali.
    D’altra parte, mentre la matematica non è un’opinione (a parità di assiomi iniziali), la statistica lo è: si prende un presentatore di dati professionista e questi saprà presentare i dati in modo appropriato, soprattutto in condizioni di misure opinabili. Paradossalmente, l’assenza di statistici rende palese l’inaffidabilità attuale dei dati, che magari uno statistico divulgatore avrebbe saputo nascondere.

  3. Non sono affatto d’accordo con Carlo, che pure stimo. Penso che il problema del cambiamento climatico sia abbastanza solido, scientificamente, da essere preso in considerazione. Ridurre il consumo di fossili vuol dire ridurre anche l’inquinamento dovuto agli altri prodotti della combustione, vuol dire investire in ricerca e sviluppo, e far parte tra vent’anni del gruppo d’elite, invece dinseguire come al solito

    Faccio fatica a distinguere tra questa posizione e le posizioni più retrograde sugli OGM, ad esempio. Mi pare un modo miope di opporsi ai cambiamenti.

    Sarebbe più utile un contributo del pensiero liberale su come guidare questa transizione epocale, ad esempio con una carbon tax che smonti il meccanismo cap&trade, e con l’abolizione degli incentivi alle energie rinnovabili, che mi sembrano un favore dei soliti noti, e una distorsione non piccola del mercato.

  4. Pippo

    Nel 1983 i verdi affermavano che un albero su tre delle foreste svizzere era irrimediabilmente ammalato: il che ha portato un vecchio e saggio montanaro vallesano a proporre di appendere i verdi ai restanti alberi sani prima che si rendesse necessario ricorrere a costose strutture artificiali. Le foreste svizzere sono aumentate e godono tutt’ora di ottima salute.
    Il blocco dei lavori diretti ad ammodernare alcune centrali idroelettriche allo scopo aumentane notevolmente il rendimento e stato levato dagli stessi dietro compensi di svariate diecine di milioni di franchi in minima parte spesi per creare mai esistiti ambienti paludosi a 2000 m di quota con delizioso apporto, per la gioia degli alpeggiatori, di imponenti e altrettanto mai esitite colonie di zanzare.
    Si è scoperto che i dati sulle temperature di vaste superfici interne dell’america sono tratti non da stazioni di misura locali (inesistenti) ma dalla estrapolazione di misure effettuate da stazioni distanti migliaia di chilometri dalle zone considerate.
    Credo sia comprensibile a tutti che i problemi più facili da risolvere siano quelli inesistenti sopratutto perchè un opportuno e mirato trattamento mediatico-politico ne rende la soluzione assai redditizia.
    Ci aspettiamo una imponente marcia verde verso l’Islanda che provochi la messa al bando di tutti i micidiali fenomeni vulcanici a cominciare da quelli locali.

  5. “Per chi come me non possiede le competenze per avere una fondata opinione, la vicenda è scandalosa e mina alla radice le credibilità dell’IPCC.”

    La credibilità dell’ IPCC é minata in partenza dal suo primo report, e se l’ organismo é ancora in piedi é solo perchè essendo un panel istituzionalizzato e non criticabile chiunque vi aderisce o lo supporta viene di conseguenza reso inattaccabile. Se tutti conoscessero la storia del primo report IPCC e la famosa controversia sulle modifiche post-review ci si renderebbe conto che i contenuti e le deduzioni di questo report hanno bassissima base scientifica. Per riassumere, si tratta di un report autoreferenziale perchè basato su studi altrui e revisionato da scienziati che spesso son stati alla base degli studi utilizzati. Inoltre in fase di revisione furono mosse dai revisori svariate critiche, e proposte svariate modifiche, ne fu prodotta una versione ‘revisionata’ per avere l’ agreement degli studiosi, ma poi la versione ufficiale fu modificata senza tenere conto delle modifiche nate dalla revisione. Fino a poco tempo fa esistevano perfino su wikipedia le pagine relative a quella che é nota come “chapter 8 controversy” ma ad un certo punto quest pagina é sparita e reindirizzata a una più generica pagina di critiche, tra le quali però quella del famoso e famigerato capitolo 8 non compare più. Fortunatamente esistono svariate analisi del rapporto IPCC e dei suoi errori, che vi invito a cercare su internet e diffondere.
    Alessandro

    Se v va date una lettura a questo:
    http://www.odlt.org/dcd/docs/Seitz%20-%20A%20Major%20Deception%20on%20Global%20Warming.pdf

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