La fesseria dell’Economist di oggi
Sono d’accordo con quanto più volte scritto da Alberto Mingardi: l’Economist è una lettura che vale sempre la pena di fare. Ma quando parla dell’Italia di Berlusconi, spesso siamo a fesserie sesquipedali. L’intervento odierno spiega il successo di Silvio al G8 e la delusione dei gossippari, rimasti sinora con un pugno di mosche in mano mentre si attendevano di matare il toro, con la bombastica tesi per la quale in realtà Silvio regna con il consenso perché gli italiani sono evasori fiscali incalliti, dunque si fidano di lui perché sanno che così avranno più possibilità di farla franca. La tesi si fonda su due paper elaborati da Silvia Giannini e Maria Cecilia Guerra. Peccato che si nasconda al lettore che si tratti notoriamente di due studiose che innervavano con le loro puntute consulenze il viceministero retto da Vincenzo Visco, nella passata legislatura. E questo passi. Ma il punto è che quei papers si sono rivelati fallaci nella tesi. Sostenevano che il calo dell’Iva nel 2008 era superiore al calo dei consumi, e che dunque andava letto come più evasione. Le revisioni al ribasso del Pil e dei consumi relativi al 2008, avvenuto solo due mesi fa, hanno confermato che il calo dell’Iva al contrario correttamente “leggeva” il dato dell’economia reale, che le due studiose sottostimavano. Basta dare un’occhiata alle serie storiche Bankitalia sui coefficienti di elasticità tra calo del gettito delle diverse imposte e deteriorarsi della congiuntura, per fare giustizia di sciocchezze di questo genere, che derivano dalla lettura “politica” dei dati. Che l’Economist si riduca a questo è un segno che anche i migliori giornali non riescono a evitare di diventare prigionieri delle porprie tesi, rispetto alla realtà quando essa si mostra oggettivamente diversa.