18
Set
2009

Dieci domande a Giulio Tremonti

Ieri sera ho guardato la prima puntata della nuova stagione di Ballarò. Il dibattito è stato a suo modo divertente, ma alla fine anche inconcludente. Ne è nato uno scambio di sms con un amico, col quale ci siamo divertiti a immaginare le domande che ci avrebbe fatto piacere poter porre al ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, che al di là di ogni ragionevole dubbio ha dominato il dibattito. Solo che nessuno lo ha messo di fronte ai problemi reali del paese, né di fronte ai passaggi più eroici del suo ragionamento. Ecco, quindi, quello che avremmo voluto chiedergli.

Read More

18
Set
2009

Il ponte dei signorotti

Spetterà alla Consob il compito di fissare, con un regolamento, le norme per non far scattare l’opa obbligatoria nel caso in cui un patto parasociale superi il 30 per cento di una società. E’ questa la soluzione contenuta nel decreto legislativo approvato oggi dal Consiglio dei ministri, che corregge le norme sull’Opa.

Read More

18
Set
2009

I conti di Obama, i nostri e la corda sull’abisso

Se si applicano le proiezioni del Congressional Budget Office alle proposte presentate e sostenute dall’amministrazione Obama, quest’anno la spesa primaria federale Usa toccherà il record dal secondo dopoguerra – un 26% del GDP che a noi italiani abituati al doppio farà pure sorridere, ma negli USA fa tremare. Soprattutto, di qui al 2018 la spesa pubblica federale resterà ancora in deficit a botte non inferiori del 5% del GDP l’anno, con un debito pubblico aggiuntivo superiore ai 9 trilioni di dollari. Il debito pubblico passerebbe così dal 41% del GDP precrisi, a superare il 100% nel 2020. È una corda tesa sull’abisso. E poiché noi all’America ci teniamo innanzitutto per se stessa, e poi perché senza di lei il mondo cresce meno e cresce peggio, il problema che “ci” riguarda è: come uscirne? Read More

18
Set
2009

Niente di nuovo lassù in Germania

A dieci giorni dalle elezioni in Germania, pubblichiamo qui di seguito la traduzione del contributo inviatoci dall’amico Dirk Friedrich, giovane giurista e blogger, redattore della rivista di cultura politica Eigentümlich Frei (EF-Magazin) e membro della corrente libertaria dell’FDP  (Libertäre Plattform).

Il prossimo 27 settembre si terranno le elezioni politiche per eleggere il Bundestag numero diciassette nella storia della Repubblica Federale. Ai nuovi deputati toccherà confrontarsi con una mole infinita di vecchi problemi, che anziché essere stati affrontati, sono stati letteralmente rinviati dall’attuale governo di Angela Merkel. A livello di politica interna in agenda c’è da anni il problema del finanziamento delle casse sociali. La critica al contributo assicurativo unico e all’idea stessa del fondo sanitario (Gesundheitsfonds), istituito dal governo è più forte che mai. Medici e pazienti si lamentano di continuo dei bassi salari e degli altissimi costi. L’impronta estremamente anticoncorrenziale della riforma conduce a ciò che è del tutto inevitabile in un sistema socialista, ossia la corruzione. I primi scandali di mazzette non fanno che confermarlo. Read More

18
Set
2009

John Stossel, un libertario alla Fox

Una piccola, buona notizia sul fronte dei media americani. Il più noto giornalista e anchor-man libertario d’America, John Stossel, lascerà la ABC per approdare al gruppo Fox. Sul credo libertario del giornalista non ci sono dubbi: basti ricordare che quando nel 2001 Health Care News gli chiese di descrivere la sua posizione, egli rispose: “Sono jeffersoniano. Il governo migliore è quello che governa meno”. Read More

17
Set
2009

Auto, ci sono Confindustrie coraggiose

Non vi sarà sfuggito che l’apertura del Sole 24 ore di oggi recitava “Incentivi o auto al disastro”. Solo che le virgolette non c’erano. Dunque l’appello della Fiat non veniva riportato come della Fiat, bensì integralmente fatto proprio dal quotidiano diretto dal molto “Fiat sensibile” Gianni Riotta.  Nel pomeriggio la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, ha corretto il tiro, parlando della necessità del sostegno “a settori fondamentali”. Non citando l’auto da sola, estendendo l’elenco all’edilizia e ad altri, era una significativa presa di distanza, dall’apertura del Sole così netta a favore solamente di Torino. Ma l’esempio oggi viene da Berlino. Il presidente di turno di BusinessEurope, il network che unisce le associazioni industriali dei Paesi dell’UE, è un tedesco a nome della BDI, la Confindustria tedesca. Ebbene Junger Thumann non ha avuto dubbi né peli sulla lingua, affermando di essere “assolutamente contrario” alla decisione assunta dal governo Merkel di salvare OPEL e di pilotarla verso gli austro-russi di MAGNA. Il governo tedesco ha impropriamente interferito con il mercato, di fatto impedendo in Germania e altrove la spinta alle necessarie ristrutturazioni, visto che l’auto europea soffre di una sovraccapacità produttiva acclarata di almeno il 30 %.  Parole di Thumann, confindustriale di Germania. Parole ben dette.

17
Set
2009

Meno credito: ciò che le banche centrali NON riescono a impedire, e perché

Negli Stati Uniti, dove a differenza che da noi non comanda l’ABI, da un paio di giorni media e bloggers si interrogano a centinaia su questa chart. Si riferiva a questo, Pietro Monsurrò nel suo post di questa mattina. A produrla e commentarla, sono stati economisti come Tim Congdon del FMI e David Rosenberg di Gluksin Shelf. La massa degli impieghi continua a diminuire negli USA a un tasso dell’1% al mese, per ogni mese da 11 mesi a questa parte. La deflazione del credito si aggiunge a quella dei prezzi, dei salari, degli asset immobiliari. Non  male, se si pensa che tutti intonano la canzone “siamo fuori dalla crisi”. Tra i tanti commenti, mi limito a segnalarne alcuni, come quello di Ambrose Evans-Pritchard sul Telegraph, quello di Tyler Durden su Zerohedge, quello di Mr Practical su Minyanville. Si potrebbe pensare che questi dati interessano solo gli americani. È sbagliato: perché la restrizione di credito, con molta più opacità sui dati, è in corso anche da noi. Di conseguenza, ne de derivano tre importanti constatazioni. Read More

17
Set
2009

2009 Fuga da Copenhagen / Washington si allontana da Kyoto

Il solco tra l’America di Barack Obama e l’Europa di Josè Manuel Barroso e Nicolas Sarkozy si allarga, rendendo i due vasi sempre meno comunicanti. Almeno sulle faccende climatiche. Dopo le indiscrezioni raccolte dal Guardian di cui ho dato conto ieri tocca a Harry Reid, capo dei democratici al Senato, tirare lo sciacquone sulle velleità di Bruxelles. Ecco le parole con cui Reid getta la spugna:

Read More

17
Set
2009

Una recessione alle porte?

Non si fa in tempo a dire che la recessione sia finalmente finita che “il lungo urlante ed inamabil gufo” di macphersoniana memoria fa capolino, stavolta incarnandosi in questo articolo del Telegraph, che sostiene che M1 sta calando, M2 sta calando, M3 (come fanno a saperlo lo ignoro) sta calando, i prestiti delle banche stanno calando, e quindi ristiamo al ’29.

Un rapido controllo mi ha convinto che i dati non sono campati per aria, e quindi parrebbe che ci siano condizioni di stress in molti aggregati monetari e creditizi americani, anche senza tirare in ballo la disoccupazione, che ormai ha raggiunto livelli europei. E’ possibile dunque che la discesa non sia ancora finita e che ci saranno nuove crisi da qualche parte, anziché la tanto auspicata ripresa.

In ogni caso, diciamocelo, una buona volta: questa storia del ’29 ha un po’ stufato. La depressione che è seguita alla crisi del  ’29, senza pressioni (sin dai tempi di Hoover) a non tagliare i salari, senza protezionismo,  senza le spinte a rafforzare i sindacati e i cartelli, sarebbe stata così grave e così duratura? Probabilmente non ci sarebbe stata la disoccupazione al 20% fino al ’41 senza le grandi riforme del salvatore della patria dell’epoca, Barack… no, volevo dire F. D. Roosevelt. Il resto è più difficile da dire, e in letteratura credo di aver contato quasi una dozzina di spiegazioni possibili (e non credo di aver esaurito la lista), ma, essendo il ’29 un unicum nella storia economica, non bisogna esagerare con i paragoni.

Di rischi ce ne sono, ovviamente, ma non bisogna vedere la grande depressione guardando solo agli aggregati monetari e finanziari: c’era molto di più, purtroppo per loro e per nostra fortuna. Che quel di più torni, sfortunatamente, non me la sento, comunque, di escluderlo. Voglio essere ottimista, e quindi il paragone tra Smoot-Hawley Act e pneumatici cinesi non ho intenzione di farlo: nel primo c’erano 20,000 merci.